933 resultados para sequencing batch reactors


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In questa tesi viene seguito il lavoro di test delle schede ROD del layer 2 del Pixel Detector dell’ esperimento ATLAS, che mira a verificare la loro corretta funzionalità, prima che vengano spedite nei laboratori del CERN. Queste nuove schede gestiscono i segnali in arrivo dal Pixel Detector di ATLAS, per poi inviarli ai computer per la successiva elaborazione. Le schede ROD andranno a sostituire le precedenti schede SiROD nella catena di acquisizione dati dell’esperimento, procedendo dal nuovo strato IBL, e proseguendo con i tre layer del Pixel Detector, corroborando l’aggiornamento tecnologico e prestazionale necessario in vista dell’incremento di luminosità dell’esperimento.

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Negli ultimi 10 anni i blooms attribuibili alla dinoflagellata bentonica Ostreopsis cf. ovata sono aumentati in termini di frequenza ed intensità lungo le coste del Mediterraneo, avendo ripercussioni negative sulla salute umana e forti impatti sulle comunità marine bentoniche, ciò a seguito della produzione di potenti tossine (composti palitossina-simili) da parte della microalga. Tra i fattori ecologici che innescano o regolano le dinamiche dei bloom tossici le interazioni tra microalghe e batteri sono in misura sempre maggiore oggetto di ricerca. In questo studio è stata analizzata la struttura filogenetica della comunità batterica associata ad O. cf. ovata in colture batch e valutate le dinamiche successionali della stessa in relazione alle differenti fasi di crescita della microalga (oltre che in relazione alle dinamiche di abbondanza virale). Lo studio filogenetico è stato effettuato tramite l’ausilio di metodiche molecolari di sequenziamento di next generation (Ion Torrent). Le abbondanze dei batteri e delle particelle virali sono state determinate tramite microscopia ad epifluorescenza; l’abbondanza cellulare algale è stata stimata tramite metodo Uthermohl. Il contributo della frazione batterica ad elevata attività respiratoria è stato determinato tramite doppia colorazione con coloranti DAPI e CTC. Dai dati emersi si evince che la comunità batterica attraversa due fasi di crescita distinte, una più marcata e concomitante con la fase esponenziale di O. cf. ovata, l'altra quando la microalga è in fase media stazionaria. Per quanto concerne la composizione filogenetica della comunità sono stati rilevati 12 phyla, 17 classi e 150 generi, sebbene i dati ottenuti abbiano rilevato una forte dominanza del phylum Proteobacteria con la classe Alphaproteobacteria, seguita dal phylum Bacteroidetes con la classe Sphingobacteria. Variazioni nella struttura filogenetica della comunità batterica, a livello di generi, tra le diverse fasi di crescita della microalga ha permesso di evidenziare ed ipotizzare particolari interazioni di tipo mutualistico e di tipo competitivo.

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Il Dimetilsolfoniopropionato (DMSP) è un metabolita secondario prodotto da vari organismi marini, tra cui molte microalghe. Ad oggi pochi studi riguardano gli effetti dei fattori ambientali sulla produzione di DMSP nelle microalghe tossiche, tuttavia si ipotizza che la carenza di azoto (N-dep) possa influire sulla produzione di tossine e DMSP. In questo lavoro è stata indagata nella dinoflagellata Ostreopsis cf. ovata: la presenza e l’andamento del DMSP lungo tutte le fasi di crescita; i possibili effetti di differenti condizioni di crescita (i.e. bilanciata e N-dep) sulla produzione del metabolita e delle tossine. La scelta della dinoflagellata è giustificata dalle sue frequenti fioriture dannose nel Mediterraneo e dall’osservazione, in studi pregressi, di una comunità batterica associata ai suoi blooms in grado di utilizzare il DMSP come fonte energetica. Lo studio mostra per la prima volta da parte di O. cf ovata la produzione del DMSP, riportando un trend temporale simile nelle due condizioni. Si evidenzia: un minimo a fine fase esponenziale; un massimo nella prima fase stazionaria; una riduzione al termine della fase stazionaria. Il confronto fra le due condizioni evidenzia un effetto positivo di N-dep nella produzione di DMSP, evidenziato anche dal maggior tasso di produzione, che potrebbe avvenire per: utilizzare il DMSP rispetto ad altri osmoliti azotati; rilasciare nell’ambiente composti carboniosi e sulfurei, prodotti a seguito dello stress cellulare. I risultati indicherebbero come N-dep possa interferire nella sintesi di tossine e DMSP in maniera opposta, non per competizione diretta del nutriente nei processi di sintesi, ma a seguito dei cambiamenti fisiologici della microalga dovuti alla carenza nutrizionale. Infine la produzione di DMSP da parte della microalga conferma l’instaurarsi di una fase d’interazione mutualistica con i batteri ad essa associati facilitata dal DMSP, importante per lo sviluppo della popolazione algale e dei conseguenti rischi sanitari ed ecosistemici.

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L’avanzamento tecnologico degli ultimi anni ha portato ad un aumento sostanziale dei dati generati giornalmente. L’analisi di queste ingenti quantità di dati si è rivelata essere troppo complessa per i sistemi tradizionali ed è stato pertanto necessario sviluppare nuovi approcci basati sul calcolo distribuito. I nuovi strumenti sviluppati in seguito a queste nuove necessità sono framework di calcolo parallelo basati sul paradigma del MapReduce, un modello di programmazione sviluppato da Google, e sistemi di gestione di basi di dati fluidi, in grado di trattare rapidamente grandi quantità di dati non strutturati. Lo scopo alla base di entrambi è quello di costruire sistemi scalabili orizzontalmente e utilizzabili su hardware di largo consumo. L’utilizzo di questi nuovi strumenti può comunque portare alla creazione di sistemi poco ottimizzati e di difficile gestione. Nathan Marz propone un’architettura a livelli che utilizza i nuovi strumenti in maniera congiunta per creare sistemi semplici e robusti: questa prende il nome di Lambda-Architecture. In questa tesi viene introdotto brevemente il concetto di Big Data e delle nuove problematiche ad esso associate, si procede poi ad illustrare i principi su cui si basano i nuovi strumenti di calcolo distribuito sviluppati per affrontarle. Viene poi definita l’Architettura Lambda di Nathan Marz, ponendo particolare attenzione su uno dei livelli che la compone, chiamato Batch Layer. I principi della Lambda Architecture sono infine applicati nella costruzione di un Batch Layer, utilizzato per l’analisi e la gestione di dati climatici con fini statistici.

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The cytidine deaminase AID hypermutates immunoglobulin genes but can also target oncogenes, leading to tumorigenesis. The extent of AID's promiscuity and its predilection for immunoglobulin genes are unknown. We report here that AID interacted broadly with promoter-proximal sequences associated with stalled polymerases and chromatin-activating marks. In contrast, genomic occupancy of replication protein A (RPA), an AID cofactor, was restricted to immunoglobulin genes. The recruitment of RPA to the immunoglobulin loci was facilitated by phosphorylation of AID at Ser38 and Thr140. We propose that stalled polymerases recruit AID, thereby resulting in low frequencies of hypermutation across the B cell genome. Efficient hypermutation and switch recombination required AID phosphorylation and correlated with recruitment of RPA. Our findings provide a rationale for the oncogenic role of AID in B cell malignancy.

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Mycobacterium abscessus, Mycobacterium bolletii, and Mycobacterium massiliense (Mycobacterium abscessus sensu lato) are closely related species that currently are identified by the sequencing of the rpoB gene. However, recent studies show that rpoB sequencing alone is insufficient to discriminate between these species, and some authors have questioned their current taxonomic classification. We studied here a large collection of M. abscessus (sensu lato) strains by partial rpoB sequencing (752 bp) and multilocus sequence analysis (MLSA). The final MLSA scheme developed was based on the partial sequences of eight housekeeping genes: argH, cya, glpK, gnd, murC, pgm, pta, and purH. The strains studied included the three type strains (M. abscessus CIP 104536(T), M. massiliense CIP 108297(T), and M. bolletii CIP 108541(T)) and 120 isolates recovered between 1997 and 2007 in France, Germany, Switzerland, and Brazil. The rpoB phylogenetic tree confirmed the existence of three main clusters, each comprising the type strain of one species. However, divergence values between the M. massiliense and M. bolletii clusters all were below 3% and between the M. abscessus and M. massiliense clusters were from 2.66 to 3.59%. The tree produced using the concatenated MLSA gene sequences (4,071 bp) also showed three main clusters, each comprising the type strain of one species. The M. abscessus cluster had a bootstrap value of 100% and was mostly compact. Bootstrap values for the M. massiliense and M. bolletii branches were much lower (71 and 61%, respectively), with the M. massiliense cluster having a fuzzy aspect. Mean (range) divergence values were 2.17% (1.13 to 2.58%) between the M. abscessus and M. massiliense clusters, 2.37% (1.5 to 2.85%) between the M. abscessus and M. bolletii clusters, and 2.28% (0.86 to 2.68%) between the M. massiliense and M. bolletii clusters. Adding the rpoB sequence to the MLSA-concatenated sequence (total sequence, 4,823 bp) had little effect on the clustering of strains. We found 10/120 (8.3%) isolates for which the concatenated MLSA gene sequence and rpoB sequence were discordant (e.g., M. massiliense MLSA sequence and M. abscessus rpoB sequence), suggesting the intergroup lateral transfers of rpoB. In conclusion, our study strongly supports the recent proposal that M. abscessus, M. massiliense, and M. bolletii should constitute a single species. Our findings also indicate that there has been a horizontal transfer of rpoB sequences between these subgroups, precluding the use of rpoB sequencing alone for the accurate identification of the two proposed M. abscessus subspecies.

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The time passed since the infection of a human immunodeficiency virus (HIV)-infected individual (the age of infection) is an important but often only poorly known quantity. We assessed whether the fraction of ambiguous nucleotides obtained from bulk sequencing as done for genotypic resistance testing can serve as a proxy of this parameter.

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Epilepsies have a highly heterogeneous background with a strong genetic contribution. The variety of unspecific and overlapping syndromic and nonsyndromic phenotypes often hampers a clear clinical diagnosis and prevents straightforward genetic testing. Knowing the genetic basis of a patient's epilepsy can be valuable not only for diagnosis but also for guiding treatment and estimating recurrence risks.

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Arachnomelia is a monogenic recessive defect of skeletal development in cattle. The causative mutation was previously mapped to a approximately 7 Mb interval on chromosome 5. Here we show that array-based sequence capture and massively parallel sequencing technology, combined with the typical family structure in livestock populations, facilitates the identification of the causative mutation. We re-sequenced the entire critical interval in a healthy partially inbred cow carrying one copy of the critical chromosome segment in its ancestral state and one copy of the same segment with the arachnomelia mutation, and we detected a single heterozygous position. The genetic makeup of several partially inbred cattle provides extremely strong support for the causality of this mutation. The mutation represents a single base insertion leading to a premature stop codon in the coding sequence of the SUOX gene and is perfectly associated with the arachnomelia phenotype. Our findings suggest an important role for sulfite oxidase in bone development.

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With the advent of cheaper and faster DNA sequencing technologies, assembly methods have greatly changed. Instead of outputting reads that are thousands of base pairs long, new sequencers parallelize the task by producing read lengths between 35 and 400 base pairs. Reconstructing an organism’s genome from these millions of reads is a computationally expensive task. Our algorithm solves this problem by organizing and indexing the reads using n-grams, which are short, fixed-length DNA sequences of length n. These n-grams are used to efficiently locate putative read joins, thereby eliminating the need to perform an exhaustive search over all possible read pairs. Our goal was develop a novel n-gram method for the assembly of genomes from next-generation sequencers. Specifically, a probabilistic, iterative approach was utilized to determine the most likely reads to join through development of a new metric that models the probability of any two arbitrary reads being joined together. Tests were run using simulated short read data based on randomly created genomes ranging in lengths from 10,000 to 100,000 nucleotides with 16 to 20x coverage. We were able to successfully re-assemble entire genomes up to 100,000 nucleotides in length.