975 resultados para Inscriptions, Egyptian.
Resumo:
In den letzten drei Jahrzehnten sind Fernerkundung und GIS in den Geowissenschaften zunehmend wichtiger geworden, um die konventionellen Methoden von Datensammlung und zur Herstellung von Landkarten zu verbessern. Die vorliegende Arbeit befasst sich mit der Anwendung von Fernerkundung und geographischen Informationssystemen (GIS) für geomorphologische Untersuchungen. Durch die Kombination beider Techniken ist es vor allem möglich geworden, geomorphologische Formen im Überblick und dennoch detailliert zu erfassen. Als Grundlagen werden in dieser Arbeit topographische und geologische Karten, Satellitenbilder und Klimadaten benutzt. Die Arbeit besteht aus 6 Kapiteln. Das erste Kapitel gibt einen allgemeinen Überblick über den Untersuchungsraum. Dieser umfasst folgende morphologische Einheiten, klimatischen Verhältnisse, insbesondere die Ariditätsindizes der Küsten- und Gebirgslandschaft sowie das Siedlungsmuster beschrieben. Kapitel 2 befasst sich mit der regionalen Geologie und Stratigraphie des Untersuchungsraumes. Es wird versucht, die Hauptformationen mit Hilfe von ETM-Satellitenbildern zu identifizieren. Angewandt werden hierzu folgende Methoden: Colour Band Composite, Image Rationing und die sog. überwachte Klassifikation. Kapitel 3 enthält eine Beschreibung der strukturell bedingten Oberflächenformen, um die Wechselwirkung zwischen Tektonik und geomorphologischen Prozessen aufzuklären. Es geht es um die vielfältigen Methoden, zum Beispiel das sog. Image Processing, um die im Gebirgskörper vorhandenen Lineamente einwandfrei zu deuten. Spezielle Filtermethoden werden angewandt, um die wichtigsten Lineamente zu kartieren. Kapitel 4 stellt den Versuch dar, mit Hilfe von aufbereiteten SRTM-Satellitenbildern eine automatisierte Erfassung des Gewässernetzes. Es wird ausführlich diskutiert, inwieweit bei diesen Arbeitsschritten die Qualität kleinmaßstäbiger SRTM-Satellitenbilder mit großmaßstäbigen topographischen Karten vergleichbar ist. Weiterhin werden hydrologische Parameter über eine qualitative und quantitative Analyse des Abflussregimes einzelner Wadis erfasst. Der Ursprung von Entwässerungssystemen wird auf der Basis geomorphologischer und geologischer Befunde interpretiert. Kapitel 5 befasst sich mit der Abschätzung der Gefahr episodischer Wadifluten. Die Wahrscheinlichkeit ihres jährlichen Auftretens bzw. des Auftretens starker Fluten im Abstand mehrerer Jahre wird in einer historischen Betrachtung bis 1921 zurückverfolgt. Die Bedeutung von Regentiefs, die sich über dem Roten Meer entwickeln, und die für eine Abflussbildung in Frage kommen, wird mit Hilfe der IDW-Methode (Inverse Distance Weighted) untersucht. Betrachtet werden außerdem weitere, regenbringende Wetterlagen mit Hilfe von Meteosat Infrarotbildern. Genauer betrachtet wird die Periode 1990-1997, in der kräftige, Wadifluten auslösende Regenfälle auftraten. Flutereignisse und Fluthöhe werden anhand von hydrographischen Daten (Pegelmessungen) ermittelt. Auch die Landnutzung und Siedlungsstruktur im Einzugsgebiet eines Wadis wird berücksichtigt. In Kapitel 6 geht es um die unterschiedlichen Küstenformen auf der Westseite des Roten Meeres zum Beispiel die Erosionsformen, Aufbauformen, untergetauchte Formen. Im abschließenden Teil geht es um die Stratigraphie und zeitliche Zuordnung von submarinen Terrassen auf Korallenriffen sowie den Vergleich mit anderen solcher Terrassen an der ägyptischen Rotmeerküste westlich und östlich der Sinai-Halbinsel.
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Education is generally perceived as a public good which should be provided by the state. In Egypt, free and equal access to education has been guaranteed to all citizens since President Nasser’s socialist reforms in the 1950s. However, due to high population growth rates and a lack of financial resources, the public education system has been struggling to accommodate rapidly increasing numbers of students. While enrolment rates have risen steadily, the quality of state-provided services has deteriorated. Teachers and students have to cope with high class densities, insufficient facilities, a rigid syllabus and a centralized examination system. Today, teaching is among the lowest-paying occupations in the public sector. One strategy to cope with this situation is the widespread practice of private tutoring, which usually takes place at students’ homes or in commercial tutoring centers. Based on research carried out in Cairo in 2004/05 and 2006, I use an actor-centered approach to analyze the motivations of Egyptian teachers and students for participating in private tutoring and the impact that this practice has on the relationship between teachers and students. Students of all socio-economic backgrounds resort to tutoring in order to succeed in a highly competitive and exam-oriented education system. However, the form and quality of tutoring that can be accessed depends on the financial means of the family. For teachers, tutoring provides a good opportunity not only to supplement their income, but also, in the case of renowned “star teachers”, to improve their professional status and autonomy. On the informal “market of education” that has developed in Egypt during the last decades, the educational responsibilities of the state are increasingly being taken over by private actors, i.e. the process of teaching and learning is dissociated from the direct control of the state and from school as an institution. At the same time, education is turned into a marketable commodity. Despite the government’s efforts to provide free education to all citizens, the quality of social services that can be accessed in Egypt, thus, depends mainly on the financial means of the individual or the family.
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Il progetto di ricerca si è posto l'obiettivo di analizzare una serie di manufatti egizî e di tradizione egizia della Sicilia preromana e di evidenziare le eventuali sopravvivenze della cultura egittizzante sull’isola fino all'età tardoantica. La realizzazione di un corpus, aggiornato sulla scorta di nuovi rinvenimenti, di recenti riletture e di studi su materiali inediti custoditi nei musei siciliani, ha contribuito a tracciare una mappa distributiva delle aree di rinvenimento e di attestazione, con particolare riferimento alle diverse etnie che recepiscono tali prodotti e alla possibilità di ricostruire l’ambientazione storica della domanda diretta o indiretta. Si è scelto di privilegiare lo studio tipologico, iconografico e iconologico di alcune “categorie” di materiali maggiormente documentati sull’isola, quali amuleti, scarabei e scaraboidi, cretule, ushabti, gioielli, bronzi figurati, gemme, con l’individuazione di riscontri in ambito mediterraneo. La documentazione delle testimonianze antiquarie contenenti notizie su reperti oggi non più reperibili ha permesso, infine, non solo l’acquisizione d’informazioni spesso ritenute perse, ma anche una comprensione storicizzata delle dinamiche del collezionismo siciliano e del suo ruolo nel più vasto ambito europeo dal XVII al XIX secolo. È stato importante, infatti, chiarire anche alcuni aspetti della cultura egittologica del periodo, legata in genere alla circolazione di stereotipi e alla mancanza di una conoscenza diretta della realtà faraonica.
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Il presente lavoro è incentrato sulla raccolta e l’analisi dell’instrumentum fittile inscriptum – in particolare laterizi, dolia, lucerne, ceramica fine da mensa, anfore e tappi d’anfora - rinvenuto a Modena e nel suo territorio. L’attenzione è stata concentrata sul materiale bollato e, per quanto riguarda le anfore, anche sullo studio degli esemplari recanti tituli picti. Si è proceduto ad una raccolta di tutto il materiale edito, a cui si è aggiunto lo studio di un’ingente quantità di reperti provenienti da due recenti scavi suburbani: quello presso il Parco Novi Sad, che si segnala soprattutto per la ricchezza del materiale anforico, e quello di Viale Reiter, ove sono venuti alla luce numerosi scarti di cottura di lucerne a canale recanti le firme di alcuni dei più noti produttori di tali oggetti nel mondo romano. A ciascuna categoria di instrumentum è stato dedicato un capitolo, corredato di tabelle in cui è stato raccolto tutto il materiale considerato; inoltre, per i reperti del Parco Novi Sad e di Viale Reiter, è stato realizzato un catalogo corredato di riproduzioni grafiche e fotografiche. Per quanto concerne le iscrizioni dipinte, un capitolo è stato dedicato a quelle presenti sulle anforette adriatiche da pesce; quanto ai tituli picti su anfore di morfologia betica per il trasporto di salse di pesce è stato effettuato un confronto con esemplari rinvenuti in due scavi inediti a Parma, che presentano significative analogie col materiale modenese. Dall’analisi dell’instrumentum inscriptum di Mutina, pur consapevoli dei limiti insiti in una ricerca incentrata unicamente su tale tipo di materiale, è emersa un’immagine della colonia, tra la tarda età repubblicana ed il I sec. d.C., congruente con quella delineata dalle fonti letterarie, dall’epigrafia lapidaria e dai rinvenimenti archeologici, ossia di una città di notevole importanza e ricchezza.
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La ricerca riguarda lo studio del cantiere edilizio protobizantino, con particolare riferimento al ciclo della lavorazione del marmo. Quest’ultimo viene analizzato sotto il profilo amministrativo, tecnico, sociale ed artigianale. L’elemento guida della ricerca sono i marchi dei marmorari, sigle apposte da funzionari e maestranze durante il processo produttivo. Dapprima, fonti letterarie ed epigrafiche, tra cui le sigle di cava e officina su marmo, vengono esaminate per ricostruire il sistema alto-imperiale di amministrazione delle cave e di gestione dei flussi marmorei, nonché l’iter tecnico-artigianale adottato per la produzione dei manufatti. Il confronto con i dati disponibili per la tarda antichità, con particolare riferimento alle cave di Proconneso, evidenzia una sostanziale continuità della prassi burocratico-amministrativa, mentre alcuni cambiamenti si riscontrano nell’ambito produttivo-artigianale. Il funzionamento degli atelier marmorari viene approfondito attraverso lo studio dei marchi dei marmorari. Si tratta di caratteri greci singoli, multipli o monogrammi. Una ricognizione sistematica delle sigle dalla pars Orientalis dell’impero, reperite in bibliografia o da ricognizioni autoptiche, ha portato alla raccolta di circa 2360 attestazioni. Per esse si propone una classificazione tipologica tra sigle di cava, stoccaggio, officina. Tra le sigle di cava si annoverano sigle di controllo, destinazione/committenza, assemblaggio/posizionamento. Una particolare attenzione è riservata alle sigle di officina, riferibili ad un nome proprio di persona, ovvero al πρωτομαΐστωρ, il capo-bottega che supervisionava il lavoro dei propri artigiani e fungeva da garante del prodotto consegnato alla committenza. Attraverso lo studio comparato delle sigle reperite a Costantinopoli e in altri contesti si mette in luce la prassi operativa adottata dagli atelier nei processi di manifattura, affrontando anche il problema delle maestranze itineranti. Infine, sono analizzate fonti scritte di varia natura per poter collocare il fenomeno del marmo in un contesto socio-economico più ampio, con particolare riferimento alle figure professionali ed artigianali coinvolte nei cantieri e al problema della committenza.
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Con le "Imagini degli dei degli antichi", pubblicate a Venezia nel 1556 e poi in più edizioni arricchite e illustrate, l’impegnato gentiluomo estense Vincenzo Cartari realizza il primo, fortunatissimo manuale mitografico italiano in lingua volgare, diffuso e tradotto in tutta l’Europa moderna. Cartari rimodula, secondo accenti divulgativi ma fedeli, fonti latine tradizionali: come le ricche "Genealogie deorum gentilium" di Giovanni Boccaccio, l’appena precedente "De deis gentium varia et multiplex historia" di Lilio Gregorio Giraldi, i curiosi "Fasti" ovidiani, da lui stesso commentati e tradotti. Soprattutto, però, introduce il patrimonio millenario di favole ed esegesi classiche, di aperture egiziane, mediorientali, sassoni, a una chiave di lettura inedita, agile e vitalissima: l’ecfrasi. Le divinità e i loro cortei di creature minori, aneddoti leggendari e attributi identificativi si susseguono secondo un taglio iconico e selettivo. Sfilano, in trionfi intrisi di raffinato petrarchismo neoplatonico e di emblematica picta poesis rinascimentale, soltanto gli aspetti figurabili e distintivi dei personaggi mitici: perché siano «raccontate interamente» tutte le cose attinenti alle figure antiche, «con le imagini quasi di tutti i dei, e le ragioni perché fossero così dipinti». Così, le "Imagini" incontrano il favore di lettori colti e cortigiani eleganti, di pittori e ceramisti, di poeti e artigiani. Allestiscono una sorta di «manuale d’uso» pronto all’inchiostro del poeta o al pennello dell’artista, una suggestiva raccolta di «libretti figurativi» ripresi tanto dalla maniera di Paolo Veronese o di Giorgio Vasari, quanto dal classicismo dei Carracci e di Nicolas Poussin. Si rivelano, infine, summa erudita capace di attirare appunti e revisioni: l’antiquario padovano Lorenzo Pignoria, nel 1615 e di nuovo nel 1626, vi aggiunge appendici archeologiche e comparatistiche, interessate al remoto regno dei faraoni quanto agli esotici idoli orientali e dei Nuovi Mondi.
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Si compie un'indagine al fine di determinare se all'interno dell'epigrafia romana fossero presenti precise specificità locali e quale livello di consapevolezza ne avessero i fruitori del mezzo epigrafico. Campione di indagine è l'orizzonte epigrafico di Mediolanum, di cui si definiscono le specificità - monumentali, impaginative, sintattiche, ma anche relative a maestranze e committenza - per confronto con le produzioni epigrafiche circostanti. Il quadro finale è quello di una produzione ben inserita negli orizzonti cisalpino e transpadano, ma che allo stesso tempo se ne differenzia per una serie di peculiarità, che in taluni casi sembrerebbero volutamente ricercate dai committenti.
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Gli Atti di Andrea e Bartolomeo sono un testo cristiano apocrifo, probabilmente ascrivibile al V secolo d.C. e collocabile in àmbito egizio. Tale testo è tramandato in greco, copto, arabo ed etiopico e il presente lavoro consiste nell’edizione critica della versione greca, sinora inedita. La storia narra l’evangelizzazione della Partia per opera degli apostoli Andrea e Bartolomeo e di un antropofago dalle sembianze mostruose (Cristomeo/ Cristiano), convertito al cristianesimo e divenuto instrumentum fidei.
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Dopo un’introduzione sull’economia nel mondo antico e nella Galilea, la tesi affronta una rappresentazione storica de “Il Mare di Galilea tra l’antichità e oggi” (cap. 3). Seguono i capitoli sulle “Tecniche e le attrezzature di pesca” (cap.4) e su “Città, villaggi e aree di pesca” (Cap. 5). Due capitoli riguardano più particolarmente l’attività economica in senso stretto: “L’organizzazione dell’attività” (cap. 6) e “Commercio ed esportazione” (cap. 7). Chiudono la tesi due capitoli di carattere più metodologico: una rappresentazione degli agenti sociali della pesca (“i pescatori”) condotta ispirandosi alla network Analysis e un’analisi antropologica del loro sistema di vita (capitolo finale).La tesi è basata essenzialmente su tre corpi di documentazione: papiri documentari, dati archeologici, fonti storiche e letterarie. Molti dei documenti reperiti, in lingua greca, non erano mai stati tradotti in lingue moderne.La tesi consta – oltre ai diversi capitoli – anche di un’appendice documentaria molto estesa
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The Bedouin of South Sinai have been significantly affected by the politics of external powers for a long time. However, never had the interest of external powers in Sinai been so strong as since the Israeli-Egyptian wars in the second half of the 20th century when Bedouin interests started to collide with Egypt’s plans for a development of luxury tourism in South Sinai. rnrnThe tourism boom that has started in the 1980s has brought economic and infrastructure development to the Bedouin and tourism has become the most important source of income for the Bedouin. However, while the absolute increase of tourists to Sinai has trickled down to the Bedouin to some extent, the participation of Bedouin in the overall tourism development is under-proportionate. Moreover, the Bedouin have become increasingly dependent on monetary income and consequently from tourism as the only significant source of income while at the same time they have lost much of their land as well as their self-determination.rnrnIn this context, the Bedouin livelihoods have become very vulnerable due to repeated depressions in the tourism industry as well as marginalization. Major marginalization processes the Bedouin are facing are the loss of land, barriers to market entry, especially increasingly strict rules and regulations in the tourism industry, as well as discrimination by the authorities. Social differentiation and Bedouin preferences are identified as further factors in Bedouin marginalization.rnrnThe strategies Bedouin have developed in response to all these problems are coping strategies, which try to deal with the present problem at the individual level. Basically no strategies have been developed at the collective level that would aim to actively shape the Bedouin’s present and future. Collective action has been hampered by a variety of factors, such as the speed of the developments, the distribution of power or the decay of tribal structures.rnWhile some Bedouin might be able to continue their tourism activities, a large number of informal jobs will not be feasible anymore. The majority of the previously mostly self-employed Bedouin will probably be forced to work as day-laborers who will have lost much of their pride, dignity, sovereignty and freedom. Moreover, with a return to subsistence being impossible for the majority of the Bedouin, it is likely that an increasing number of marginalized Bedouin will turn to illegal income generating activities such as smuggling or drug cultivation. This in turn will lead to further repression and discrimination and could escalate in a serious violent conflict between the Bedouin and the government.rnrnDevelopment plans and projects should address the general lack of civil rights, local participation and protection of minorities in Egypt and promote Bedouin community development and the consideration of Bedouin interests in tourism development.rnrnWether the political upheavals and the resignation of president Mubarak at the beginning of 2011 will have a positive effect on the situation of the Bedouin remains to be seen.rn
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This paper studies the “eye” as a religious phenomenon from the multiple traditions of ancient Egypt compared with rabbinic Judaism in late antiquity using a semiotic approach based upon the theories of Umberto Eco. This method was chosen because the eye is a graphic as well as a linguistic sign which both express religious concepts. Generally, the eye represented an all-seeing and omnipresent divinity. In other words, the god was reduced to an eye, whereby the form of the symbol suggests a meaning to the viewer or religious practitioner. In this manner the eye represented the whole body of a deity in Egyptian and the power of a discerning God in rabbinic texts. By focusing upon the semantic aspect of the eye metaphor in both Egyptian and rabbinic texts two religious traditions of the visually perceivable are analyzed from a semiotic perspective.
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Tourists to the archaeological site of Tiwanaku are presented with ancient calendars, of which the Gateway of the Sun is the most important, famous, and beautiful. Arthur Posnansky and other early 20th-century archaeologists claimed that its inscriptions constituted a written calendar. These claims were intimately connected to narratives of Tiwanaku as a central source of knowledge in both pre-Columbian times and the contemporary world. Posnansky presented his interpretation of Tiwanaku’s calendars as a response to the debates of the World Calendar Movement, which in the 1930s was attempting to rationalize the Gregorian calendar. In the Gateway, Posnansky found a uniquely Bolivian response to the international, North Atlantic-dominated scientific community’s search for a rational way to keep time in the world economy. Bolivian intellectuals merged their interest in the indigenous past with their concerns about the role of the modernist Bolivian state in the global system.
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Among the many thousand scarabs, scaraboids and other stamp-seal amulets unearthed in Iron Age contexts in Cis- and Transjordan, there are many such seals showing royal Egyptian imagery on their bases. Focusing mainly on Pharaonic motifs, the paper aims to catalogue the principal iconemes, to trace their development throughout the Iron Ages and to extrapolate their significance vis-à-vis the contemporary glyptic assemblages. As will be shown, the royal imagery of the Egyptian king underwent considerable changes during pre-monarchic and monarchic times in Israel/Judah. This allows – to some extent – deducing the perception of the ‘image’ of the Egyptian king in this part of the Southern Levant at the close of the second and during the first centuries of the first millennium BCE. While the local seal production not only vividly copied earlier and contemporary Egyptian prototypes, it also developed idiosyncratic ‘Pharaonic’ motifs that were produced for the local market. On the other hand, imported Egyptian glyptic goods – such as scarabs and other amulet types – reveal further facets of the consumer behavior. They, too, shed light upon the ideological and religious preferences of the local population and illuminate the development of the vernacular attitude towards the Pharaonic symbols of power – including their obvious political and sacred connotations.