553 resultados para Cryptococcus gatti
Resumo:
2015
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Beech bark disease (BBD), a non-native association of the fungal pathogen Neonectria faginata and the beech scale insect Cryptococcus fagisuga, has dramatically affected American beech within North American forests. To monitor the spread and effects of BBD in Michigan, a network of forest health monitoring plots was established in 2001 following the disease discovery in Ludington State Park (Mason County). Forest health canopy condition and basic forestry measurements including basal area were reassessed on beech trees in these plots in 2011 and 2012. The influence of bark-inhabiting fungal endophytes on BBD resistance was investigated by collecting cambium tissue from apparently resistant and susceptible beech. Vigor rating showed significant influences of BBD in sample beech resulting in reduced health and substantiated by significant increases of dead beech basal area over time. C. fagisuga distribution was found to be spatially clustered and widespread in the 22 counties in Michigan's Lower Peninsula which contained monitoring plots. Neonectria has been found in Emmet, Cheboygan and Wexford in the Lower Peninsula which may coincide with additional BBD introduction locations. Surveys for BBD resistance resulted in five apparently resistant beech which were added to a BBD resistance database. The most frequently isolated endophytes from cambium tissue were identified by DNA sequencing primarily as Deuteromycetes and Ascomycetes including Chaetomium globosum, Neohendersonia kickxii and Fusarium flocciferum. N. faginata in antagonism trials showed significant growth reduction when paired with three beech fungal endophytes. The results of the antagonism trial and decay tests indicate that N. faginata may be a relatively poor competitor in vivo with limited ability to degrade cellulose.
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El presente proyecto investiga la relación entre las organizaciones con el medio y marketing, para lo cual se debe mencionar el conflicto de intereses de la comunidad y de la organización, y como se intenta percibir a la organización como un buen vecino dentro de la comunidad. A su vez éste estudio cuenta con objetivos basados en la identificación de redes de distribución de petróleo y gas natural, tanto nacionales como internacionales, para así abarcar un sector estratégico más preciso, y mostrar las relación entre las organizaciones y la conformación de comunidades. Se tienen en cuenta factores elementales en el estudio de este sector energético, como son sus principales componentes, así como un marco teórico específico que permita desarrollar el concepto de conformación de comunidades para lograr una exitosa aplicación del mismo. Del mismo modo se incluirán temas relacionados con marketing, pero desde un punto de vista más cercano a la comunidad, tomando los medios y el marketing como un concepto más importante en el impacto de las organizaciones en la comunidad, es decir tomando el concepto de marketing como aquellas comunidades que rodean las organizaciones, como éstas dos interactúan, y que impactos tienen una sobre la otra. De la misma manera se tienen resultados en cuanto a planteamientos más profundos sobre conceptos de marketing que no son desarrollados muy a menudo, los cuales conservan su esencia fundamental y siguen impactando en silencio a las organizaciones, pero que si lo estudiamos y aprovechamos de algún modo lograremos beneficios para nuestra organización y para los intereses colectivos.
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En este trabajo se estima el efecto que tienen distintos choques a los hogares sobre el logro académico de los niños. Mediante un modelo de regresión lineal, se encuentra un efecto adverso de la presencia de choques sobre el puntaje de la prueba Saber 11. Además, los resultados sugieren que el trabajo infantil es un mecanismo por el cual los choques afectan negativamente la acumulación de capital humano. Al explorar efectos heterogéneos por sexo y edad, las estimaciones indican que el efecto de los choques es guiado por los hombres y los adolescentes mayores a 14 años.
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L’ipertiroidismo felino rappresenta oggi la più comune endocrinopatia della specie. I capitoli 2 e 3 costituiscono una revisione della letteratura in merito agli aspetti clinici, diagnostici e terapeutici della patologia. Il capitolo 4 indaga il ruolo della dimetilarginina simmetrica (SDMA) come marker di funzionalità renale nei gatti ipertiroidei prima e dopo terapia medica. La patologia tiroidea più comune nel cane è l’ipotiroidismo. Nello studio riportato al capitolo 5 sono state indagate le performance diagnostiche di freeT3, freeT4, rT3, 3,3-T2 e 3,5-T2, misurati tramite LC-MS/MS, nel differenziare tra cani ipotiroidei, cani con patologie non-tiroidee e cani sani. La presenza di una possibile correlazione tra la gravità della condizione clinica dei pazienti ipotiroidei, le variabili emato-chimiche e le concentrazioni sieriche di cTSH è stata valutata nel capitolo 6. Il capitolo 7 valuta l’andamento dell’SDMA in cani ipotiroidei prima e dopo supplementazione ormonale. A differenza della Sindrome di Cushing dell’uomo, che è considerata una malattia rara, nel cane l’ipercortisolismo spontaneo (HC) è una delle endocrinopatie più comuni. Gli aspetti epidemiologici dell’HC e la ricerca di un metodo di monitoraggio alternativo al test di stimolazione con ACTH nei cani trattati con Trilostano sono stati approfonditi rispettivamente nei capitoli 8 e 9. A differenza dell'HC, l'ipoadrenocorticismo primario (PH) è una patologia rara nel cane. Lo scopo dello studio riportato nel capitolo 10 consiste nel descrivere le frazioni escretorie degli elettroliti urinari nei cani con PH e di indagare se esse possano rappresentare un utile supporto alla diagnosi e al trattamento del PH canino. Il riscontro accidentale di masse surrenaliche rappresenta una criticità diagnostica. Infatti, può essere difficile distinguere morfologicamente tra lesioni corticali e midollari e tra lesioni maligne e benigne. Nel capitolo 11 vengono descritti i rilievi immunoistochimici dell'incidentaloma surrenalico nel cane e viene valutato il ruolo del Ki-67 PI come indicatore di malignità.
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Il carcinoma squamocellulare è il tumore maligno orale più frequente nel gatto e si caratterizza per diagnosi spesso tardiva e prognosi infausta. Il progetto riguarda la ricerca di marker di rilevanza dia-gnostica nel carcinoma squamocellulare orale felino (FOSCC), al fine di sviluppare un test di scree-ning non invasivo. È stata condotta un’analisi retrospettiva delle disregolazioni del gene oncosoppres-sore TP53 in campioni istologici di FOSCC e di una popolazione di controllo (lesioni infiammatorie croniche orali e mucose orali normali feline). Tramite next-generation sequencing (NGS) sono state rilevate mutazioni di TP53 nel 69% dei FOSCC, ed anche l’espressione immunoistochimica della pro-teina p53 era presente nel 69% dei tumori, con una concordanza discreta (77%) fra le due alterazioni. Nella popolazione di controllo erano presenti disregolazioni di p53 solo in due lesioni infiammatorie (3%). Successivamente è stata effettuata un’analisi prospettica con NGS della metilazione del DNA di 17 geni, noti per essere disregolati nel carcinoma squamocellulare orale umano o felino, insieme all’analisi mutazionale di TP53, in campioni istologici di FOSCC e in un gruppo di controllo. Le stesse indagini molecolari sono state svolte in parallelo su campioni di cellule prelevate mediante brushing orale. Utilizzando 6 dei geni indagati differenzialmente metilati nei FOSCC (FLI1, MiR124-1, KIF1A, MAGEC2, ZAP70, MiR363) e lo stato mutazionale diTP53, è stato impostato un algoritmo diagnostico per differenziare i FOSCC dalla mucosa orale non neoplastica. Applicato ai brushing, l’algoritmo è risultato positivo (indicativo di carcinoma) in 24/35 (69%) gatti con FOSCC, contro 2/60 (3%) controlli (sensibilità: 69%; specifici-tà: 97%). La quota di FOSCC identificati era significativamente maggiore nei gatti sottoposti a prelievo in anestesia generale rispetto ai gatti svegli. Questi risultati sono incoraggianti per il riconoscimento precoce del FOSCC tramite brushing orale. Saranno necessari ulteriori studi su casistiche più ampie per validare questa metodica e migliorarne la sensibilità.
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Cultural heritage is constituted by complex and heterogenous materials, such as paintings but also ancient remains. However, all ancient materials are exposed to external environment and their interaction produces different changes due to chemical, physical and biological phenomena. The organic fraction, especially the proteinaceous one, has a crucial role in all these materials: in archaeology proteins reveal human habits, in artworks they disclose technics and help for a correct restoration. For these reasons the development of methods that allow the preservation of the sample as much as possible and a deeper knowledge of the deterioration processes is fundamental. The research activities presented in this PhD thesis have been focused on the development of new immunochemical and spectroscopic approaches in order to detect and identify organic substances in artistic and archaeological samples. Organic components could be present in different cultural heritage materials as constituent element (e.g., binders in paintings, collagen in bones) and their knowledge is fundamental for a complete understanding of past life, degradation processes and appropriate restauration approaches. The combination of immunological approach with a chemiluminescence detection and Laser Ablation-Inductively Coupled Plasma-Mass Spectrometry allowed a sensitive and selective localization of collagen and elements in ancient bones and teeth. Near-infrared spectrometer and hyper spectral imaging have been applied in combination with chemometric data analysis as non-destructive methods for bones prescreening for the localization of collagen. Moreover, an investigation of amino acids in enamel has been proposed, in order to clarify teeth biomolecules survival overtime through the optimization and application of High-Performance Liquid Chromatography on modern and ancient enamel powder. New portable biosensors were developed for ovalbumin identification in paintings, thanks to the combination between biocompatible Gellan gel and electro-immunochemical sensors, to extract and identify painting binders with the contact only between gel and painting and between gel and electrodes.
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Nel periodo compreso tra il 2019 e il 2022 sono state testate differenti matrici biologiche di carnivori domestici e selvatici provenienti dall’Italia e da altri Paesi europei (Norvegia, Romania). Diversi saggi molecolari, tra cui real-time PCR, end-point PCR, semi-nested PCR, retrotrascrizione e rolling circle amplification, sono stati utilizzati per ricercare il DNA o l’RNA genomico di virus e batteri. Il sequenziamento dell’intero genoma o di geni informativi dei patogeni identificati ne ha inoltre consentito la caratterizzazione genetica e l’analisi filogenetica. Gli studi, svolti presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna, erano focalizzati nei confronti di alcuni virus a DNA, come Carnivore protoparvovirus 1 in lupi dall’appennino italiano e cani dalla Romania, adenovirus canino di tipo 1 e 2 in cani e lupi provenienti dal territorio nazionale, circovirus canino in cani e lupi italiani e volpi rosse e artiche della Norvegia; virus a RNA, come il canine distemper virus in faine recuperate nel territorio italiano e il calicivirus felino in gatti con diagnosi di poliartrite; e batteri appartenenti alla specie Anaplasma phagocytophilum in gatti deceduti e sottoposti a necroscopia in Italia. Dai risultati ottenuti è emerso che gli agenti infettivi indagati circolano nelle popolazioni di carnivori domestici e selvatici in forma asintomatica o determinando talvolta sintomatologia clinica. In alcuni animali testati è stata rilevata la coinfezione con diversi agenti patogeni, condizione che può predisporre ad un aggravamento della sintomatologia clinica. Dall’analisi filogenetica sono emerse relazioni tra gli agenti infettivi rilevati nelle differenti specie animali suggerendone la trasmissione tra ospiti domestici e selvatici e confermando il ruolo epidemiologico svolto dei carnivori selvatici nel mantenimento dei patogeni nel territorio. Alla luce dei dati ottenuti, è importante sottolineare l’importanza delle misure di profilassi, in particolare la vaccinazione degli animali da compagnia, per ridurre la trasmissione e la diffusione degli agenti infettivi.
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La presente tesi di dottorato affronta alcune delle più comuni malattie immunomediate del cane e del gatto. Il manoscritto è incentrato sugli aspetti diagnostici e terapeutici in corso di: anemia emolitica immunomediata (Immune-mediated hemolytic anemia, IMHA), trombocitopenia immunomediata (Immune-mediated thrombocytopenia, ITP) e poliartrite immunomediata (Immune-mediated polyarthritis, IMP). Il capitolo 1 costituisce un’introduzione all’argomento delle malattie immunologiche; vengono sottolineati alcuni aspetti patogenetici delle singole malattie immunomediate e riassunte le difficoltà diagnostiche e terapeutiche. Il capitolo 2 riporta uno studio riguardante una popolazione di gatti con diagnosi, o sospetto diagnostico, di IMHA che evidenziava una discrepanza tra i test diagnostici per il virus della leucemia felina (Feline Leukemia Virus, FeLV). La positività FeLV al test point of care, non confermata dalla PCR del DNA provirale, lascia spazio a diverse interpretazioni. Il capitolo 3 mostra i dati relativi al confronto tra tre diversi protocolli immunosoppressivi (glucocorticoidi, glucocorticoidi+ciclosporina, glucocorticoidi+micofenolato mofetile) in una popolazione di cani con IMHA non associativa. Il confronto verteva, principalmente, sulla risposta ematologica dei pazienti, che non si è dimostrata differente tra i tre gruppi terapeutici. Il capitolo 4 riporta una revisione della letteratura riguardante l’ITP del cane e del gatto. Si tratta di una malattia eterogenea in cui le manifestazioni cliniche appaiono variabili: alcuni pazienti sono asintomatici, altri presentano dei sanguinamenti spontanei. La mancanza di criteri diagnostici standardizzati, porta il clinico a considerare l’ITP una diagnosi “ad esclusione”. Le strategie terapeutiche non si basano purtroppo su linee guida condivise, pertanto il target della terapia rimane, ad oggi, sconosciuto. Nel capitolo 5 viene posta l’attenzione su alcuni interrogativi diagnostici e terapeutici che riguardano l’IMP del cane e del gatto. La sintomatologia clinica, caratterizzata da zoppia, febbre e riluttanza al movimento, talvolta può essere subdola. Anche in questa malattia, non vi sono evidenze scientifiche circa il regime immunosoppressivo più corretto ed indicato.
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The presented study aimed to correctly describe the (late) fruit drop pattern of sweet cherry cv. Regina grafted on ‘Gisela 5’ and investigate its internal causes. In the first season, a method to describe the fruit drop pattern was defined and validated. The second season was devoted to a province-based screening of the phenomenon to identify potential influences of environmental, physiological and management factors. The multisite trial involved 6 commercial orchards located at different elevations, from 225 up to 1175m a.s.l. The third season was dedicated to find confirmation of the hypothesis formulated during the previous year. The multisite comparison was maintained but reduced to only two orchards to allow more frequent samplings. It emerged that late fruit drop is a complex phenomenon showing variable intensity: the percentage of late fruit drop ranged from 7 to 76% of the fruitlets set, depending on the orchard and on the year considered. Two main waves of fruitlets drop have been observed: the first one was composed by unfertilized parthenocarpic fruitlets, probably caused by late or missing fertilization, that immediately after bloom already showed smaller diameters and symptoms of senescence; the second one (the focus of this study) was composed by fully developed fruits that at a certain point decreased their growth rate and got senescent. All the late dropped cherries showed an aborted embryo. This sudden change has been observed to be concomitant both with prolonged periods of low temperatures (or sudden severe decreases in the daily Growing Degree Hours accumulation) and with extraordinary high temperatures close to or above 30°C. Other factors, such as the position of the limb within the canopy, its orientation (sunny vs. shady side) or nutrition played only a marginal role. Excessive vigor can increase late fruit drop intensity but is not its main cause.
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In questo elaborato vengono analizzati degli scenari orbitali per le comunicazioni interplanetarie che prevedono l’uso di un satellite relay. L’architettura "two leg" considerata permette di avere un data rate di comunicazione più elevato, utilizzando un veicolo spaziale relay che, attraverso un link ottico, riceve dati da una sonda dello spazio profondo (leg-1) e li trasmette in radiofrequenza verso la Terra (leg-2). Lo scopo dell’elaborato è analizzare diverse posizioni in cui si può collocare il satellite relay, tra cui orbita LEO, orbita GEO e punti lagrangiani, trovando per ognuno vantaggi e svantaggi che permettono di capire quale geometria sia la più efficiente. A tal proposito è stata fatta un’analisi degli angoli SDP e SPD per i pianeti Marte, Venere, Nettuno e Urano, che permette di confrontare il loro andamento in un arco di tempo di dieci anni. Infine, l'elaborato presenta uno studio volto ad analizzare i requisiti della progettazione del sistema ottico, affinché esso possa comunicare con una perdita minima di link availability dovuta alla luce solare; anche in questo caso sono stati messi a confronto diversi scenari orbitali in un periodo di tempo di cento anni per capire quale fosse il più vantaggioso.
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Il presente elaborato finale si inserisce in un progetto di ricerca, svolto in collaborazione con il gruppo di ricerca di chimica metallorganica e l’azienda Biolchim S.p.A, volto alla sintesi e caratterizzazione di nuovi complessi di zinco, solubili in acqua, da impiegare nel campo agronomico come fertilizzanti. Diversi leganti sono stati studiati per la creazione di chelati di zinco, tra cui acido citrico, amminoacidi quali glicina ed alanina e acido o-idrossimandelico. La stabilità dei diversi complessi sintetizzati è stata studiata in funzione di vari range di pH e temperatura, così da valutarne la resistenza in condizioni simili a quelle reali in suolo. I prodotti solidi sono stati caratterizzati tramite IR-ATR e NMR; i complessi di zinco citrato e zinco-acido o-idrossi mandelico sono stati studiati mediante spettrometria di massa e un’analisi elementare.
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Background: la lesione del LCA è l’infortunio più frequente per quanto riguarda l’articolazione del ginocchio e nella maggior parte dei casi viene trattato tramite intervento chirurgico di ricostruzione del legamento stesso. I pazienti vengono distinti in coper e non-coper, in base alla stabilità dinamica dell’articolazione in seguito al trauma: i primi possono essere sottoposti ad un programma di allenamento neuromuscolare progressivo e della forza (NMST) di 10 sessioni, che ha l’obiettivo di ripristinare le corrette risposte neuromuscolari e il recupero della forza muscolare tramite esercizi pliometrici ed esercizi neuromuscolari avanzati. Obiettivi: indagare la conoscenza e l’utilizzo di questo tipo di trattamento da parte di fisioterapisti e chirurghi ortopedici, oltre che la collaborazione tra queste due categorie di professionisti. Materiale e metodi: 471 fisioterapisti e 106 chirurghi ortopedici sono stati sottoposti ad un questionario online, tramite l’utilizzo della piattaforma “Moduli Google©”, in lingua italiana, nel periodo dal 10/10/2021 al 10/01/2022. Il questionario prevedeva 2 domande a risposta aperta e 10 domande con più opzioni di scelta. Risultati: dallo studio è emerso che solo il 18% dei fisioterapisti e il 22% degli ortopedici utilizza lo screening nella pratica clinica quotidiana avendone sufficiente familiarità. Inoltre, il 30% dei fisioterapisti si affida spesso ad un ortopedico di fiducia e il 30% dei chirurghi si affida sempre ad un fisioterapista di fiducia. Per quanto riguarda i professionisti esperti di LCA, 4 dei 22 fisioterapisti e 16 dei 38 ortopedici affermano di applicare lo screening nella pratica clinica quotidiana avendone sufficiente familiarità. Conclusione: i risultati mostrano una ridotta conoscenza e applicazione dello screening sia da parte dei fisioterapisti che dei chirurghi ortopedici. Emerge anche una scarsa collaborazione tra le due classi di professionisti, soprattutto tra quelli non esperti di LCA.