1000 resultados para propoli,attività antimicrobica,acidi grassi,attività antiossidante,oli essenziali


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Il core catalitico della DNA polimerasi III, composto dalle tre subunità α, ε e θ, è il complesso minimo responsabile della replicazione del DNA cromosomiale in Escherichia coli. Nell'oloenzima, α ed ε possiedono rispettivamente un'attività 5'-3' polimerasica ed un'attività 3'-5' esonucleasica, mentre θ non ha funzioni enzimatiche. Il presente studio si è concentrato sulle regioni del core che interagiscono direttamente con ε, ovvero θ (interagente all'estremità N-terminale di ε) e il dominio PHP di α (interagente all'estremità C-terminale di ε), delle quali non è stato sinora identificato il ruolo. Al fine di assegnare loro una funzione sono state seguite tre linee di ricerca parallele. Innanzitutto il ruolo di θ è stato studiato utilizzando approcci ex-vivo ed in vivo. I risultati presentati in questo studio mostrano che θ incrementa significativamente la stabilità della subunità ε, intrinsecamente labile. Durante gli esperimenti condotti è stata anche identificata una nuova forma dimerica di ε. Per quanto la funzione del dimero non sia definita, si è dimostrato che esso è attivamente dissociato da θ, che potrebbe quindi fungere da suo regolatore. Inoltre, è stato ritrovato e caratterizzato il primo fenotipo di θ associato alla crescita. Per quanto concerne il dominio PHP, si è dimostrato che esso possiede un'attività pirofosfatasica utilizzando un nuovo saggio, progettato per seguire le cinetiche di reazione catalizzate da enzimi rilascianti fosfato o pirofosfato. L'idrolisi del pirofosfato catalizzata dal PHP è stata dimostrata in grado di sostenere l'attività polimerasica di α in vitro, il che suggerisce il suo possibile ruolo in vivo durante la replicazione del DNA. Infine, è stata messa a punto una nuova procedura per la coespressione e purificazione del complesso α-ε-θ

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Background: l’epilessia è una malattia cerebrale che colpisce oggigiorno circa l’1% della popolazione mondiale e causa, a chi ne soffre, convulsioni ricorrenti e improvvise che danneggiano la vita quotidiana del paziente. Le convulsioni sono degli eventi che bloccano istantaneamente la normale attività cerebrale; inoltre differiscono tra i pazienti e, perciò, non esiste un trattamento comune generalizzato. Solitamente, medici neurologi somministrano farmaci, e, in rari casi, l’epilessia è trattata con operazioni neurochirurgiche. Tuttavia, le operazioni hanno effetti positivi nel ridurre le crisi, ma raramente riescono a eliminarle del tutto. Negli ultimi anni, nel campo della ricerca scientifica è stato provato che il segnale EEG contiene informazioni utili per diagnosticare l'arrivo di un attacco epilettico. Inoltre, diversi algoritmi automatici sono stati sviluppati per rilevare automaticamente le crisi epilettiche. Scopo: lo scopo finale di questa ricerca è l'applicabilità e l'affidabilità di un dispositivo automatico portatile in grado di rilevare le convulsioni e utilizzabile come sistema di monitoraggio. L’analisi condotta in questo progetto, è eseguita con tecniche di misure classiche e avanzate, in modo tale da provare tecnicamente l’affidabilità di un tale sistema. La comparazione è stata eseguita sui segnali elettroencefalografici utilizzando due diversi sistemi di acquisizione EEG: il metodo standard utilizzato nelle cliniche e il nuovo dispositivo portatile. Metodi: è necessaria una solida validazione dei segnali EEG registrati con il nuovo dispositivo. I segnali saranno trattati con tecniche classiche e avanzate. Dopo le operazioni di pulizia e allineamento, verrà utilizzato un nuovo metodo di rappresentazione e confronto di segnali : Bump model. In questa tesi il metodo citato verrà ampiamente descritto, testato, validato e adattato alle esigenze del progetto. Questo modello è definito come un approccio economico per la mappatura spazio-frequenziale di wavelet; in particolare, saranno presenti solo gli eventi con un’alta quantità di energia. Risultati: il modello Bump è stato implementato come toolbox su MATLAB dallo sviluppatore F. Vialatte, e migliorato dall’Autore per l’utilizzo di registrazioni EEG da sistemi diversi. Il metodo è validato con segnali artificiali al fine di garantire l’affidabilità, inoltre, è utilizzato su segnali EEG processati e allineati, che contengono eventi epilettici. Questo serve per rilevare la somiglianza dei due sistemi di acquisizione. Conclusioni: i risultati visivi garantiscono la somiglianza tra i due sistemi, questa differenza la si può notare specialmente comparando i grafici di attività background EEG e quelli di artefatti o eventi epilettici. Bump model è uno strumento affidabile per questa applicazione, e potrebbe essere utilizzato anche per lavori futuri (ad esempio utilizzare il metodo di Sincronicità Eventi Stocas- tici SES) o differenti applicazioni, così come le informazioni estratte dai Bump model potrebbero servire come input per misure di sincronicità, dalle quali estrarre utili risultati.

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Nell’ambito della Chimica Sostenibile e dell’applicazione dei suoi principi per la salvaguardia dell’ambiente, il progetto di dottorato ha riguardato lo sviluppo di materiali innovativi e lo studio della loro interazione con sistemi biologici e biomimetici. In particolare l’attività si è focalizzata sulla sintesi di liquidi ionici ed indagini delle interazioni con membrane cellulari e sull’utilizzo ed isolamento di molecole da fonti rinnovabili. I liquidi ionici sono sali organici liquidi a temperature inferiori ai 100 °C; sono considerati promettenti solventi a ridotta tossicità, ma vanno chiarite a pieno le modalità di interazione con i sistemi biologici ed i meccanismi di tossicità. A questo scopo è stata impiegata una batteria di test bio-chimici, con saggi di fluorescenza e colorimetrici, che hanno permesso di discriminare le diverse tipologie di interazioni con varie strutture di membrana. Le informazioni raccolte sono servite per progettare sostanze meno dannose per le strutture cellulari, al fine di scegliere le funzionalità molecolari che consentano ai liquidi ionici di mantenere la loro attività ma di essere meno dannosi per l’ambiente. Per quanto riguarda l’utilizzo ed isolamento di molecole da fonte rinnovabili, si è utilizzata la tecnica della pirolisi per l’ottenimento di starting materials ed il loro impiego nella sintesi di chemicals in alternativa a composti derivanti da fonti fossili. La pirolisi tradizionale della cellulosa fornisce una molecola interessante, per semplicità denominata LAC, in quantità insufficienti ad un uso applicativo. Nell’ambito delle ricerche svolte è stato scoperto che la pirolisi condotta in presenza di catalizzatori meso-strutturati (MCM-41) drogati con metalli di transizione, fornisce buone quantità di LAC. LAC si è dimostrato promettente sia per la produzione di nuove molecole con possibili applicazioni nella chimica fine e farmaceutica, che come monomero per nuovi polimeri (copolimero ed omopolimero).

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Lo scopo di questa tesi è quello di valutare l'effetto della salinizzazione dei suoli sugli invertebrati edafici. Nell'ambito di questo obiettivo generale sono state effettuate due distinte attività di ricerca: una indagine sul campo e una serie di esperimenti di laboratorio. Lo studio sul campo è stato condotto nella Pineta di San Vitale (Ravenna, Italia). L'obiettivo specifico è stato quello di valutare la qualità biologica dei suoli attraverso l'analisi del popolamento dei microartropodi edafici, in relazione alla diversità del suolo e in particolare alla salinizzazione. La qualità biologica dei suoli è stata valutata mediante l'indice QBS-ar. La Pineta è stata campionata nella zona Est, più colpita da intrusione salina e nella zona Ovest dove questo fenomeno è meno evidente. I campionamenti sono stati effettuati in primavera ed estate. I risultati confermano che le caratteristiche chimico-fisiche si modificano in base al gradiente sommità dunali-depressioni interdunali. Per quanto riguarda il popolamento dei microartropodi alcune caratteristiche sono comuni alla maggior parte delle stazioni con lo stesso pedotipo. Non è stato evidenziato alcuno stress sui popolamenti attribuibule alla salinizzazione. Nel complesso, i valori di QBS-ar sono piuttosto elevati. Gli esperimenti di laboratorio sono stati finalizzata alla valutazione degli effetti combinati della salinità del suolo e della contaminazione da pesticidi (chlorpyrifos) sul lombrico Eisenia andrei. Nel complesso, i risultati indicano che effetti avversi sui lombrichi sono possibili a livelli di salinizzazione dei suoli ancora compatibili a concentrazioni di chlorpyrifos che sono piuttosto alte in confronto con i tipici risultati di campo, ma ancora compatibili con l'uso consigliato.

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Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.

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La contaminazione da fonti diffuse e locali può determinare perdite di funzionalità del suolo e ripercuotesi a cascata nelle catene alimentari, attraverso la contaminazione di falde e corpi d'acqua, l'assorbimento da parte dei vegetali e degli animali fino all'uomo. Industrializzazione, urbanizzazione e pratiche agricole sono le tre principali sorgenti di metalli nei suoli. In questo lavoro di tesi, che ha avuto come area oggetto di studio parte del territorio del Comune di Ravenna, sono stati analizzati gli arricchimenti di Cr, Ni, Cu, Zn e Pb applicando una metodica impostata sul confronto tra le concentrazioni totali rinvenute in superficie e in profondità mediante il calcolo dell'Indice di Geoaccumulo. La sola determinazione delle aliquote dei metalli negli orizzonti superficiali del suolo, non è, di per sé, in grado di fornire indicazioni esaustive circa lo stato di contaminazione dei suoli. Infatti, tale informazione, non permette la distinzione tra origine naturale o arricchimento determinato da attività antropica. In più lo studio ha valutato la possibile relazione con le caratteristiche del substrato (origine del sedimento) e l'uso del suolo. Alte concentrazioni di Cr e Ni, in corrispondenza della Pineta San Vitale (area naturale) non sono attribuibili a contaminazioni di natura antropica, bensì dipendono dal parent material. La distribuzione delle anomalie per Cu, Zn e Pb, invece, sembra dipendere invece dall'uso dei suoli presenti nell'area oggetto di studio. Il contenuto naturale di questi metalli può variare notevolmente a seconda del materiale su cui si è sviluppato il suolo e questo riflette i tenori di fondo per le diverse unità. I tenori di fondo del Cr calcolati per il deposito di cordone litorale (DCL), dove oggi è impostata la Pineta San Vitale (area naturale), sono maggiori rispetto ai limiti di concentrazione previsti dal Decreto Legislativo n°152 del 2006 per questa tipologia di aree. Cu, Zn e Pb, invece, presentano tenori di fondo bassi in corrispondenza del deposito del cordone litorale (DCL), costituito da materiale a granulometria grossolana. Per questi metalli è il fattore granulometria ad avere un ruolo fondamentale nello stabilire i valori di background negli altri depositi. In ultima analisi, per valutare gli effetti e i rischi associati in presenza di alte concentrazioni di Cr, Ni, Cu, Zn e Pb, è stata quantificata la frazione che può essere resa biodisponibile con DTPA. Le anomalie riscontrate sono state confrontate in primo luogo con alcuni campioni di controllo, coerenti con i valori di background per i cinque metalli. La bassa biodisponibilità osservata per Cr e Ni riflette il forte legame di questi metalli con la fase mineralogica, non rappresentando un pericolo per le piante e di conseguenza per gli animali superiori. Cu, Zn e Pb presentano, in alcuni casi, concentrazioni biodisponibili sia proporzionali all'entità dell'anomalia evidenziata con il calcolo dell'Indice di Geoaccumulo, sia maggiori rispetto a quelle dei campioni selezionati come controlli.

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Con lo sviluppo di nuovi sistemi di telecomunicazione e con i progressi nelle applicazioni mediche ed industriali, l’uomo è sempre più esposto a campi elettromagnetici. Sorge quindi la volontà di indagare sui loro potenziali effetti nocivi, manifestatasi nel corso di diversi decenni di ricerca. Risultano di particolare interesse sanitario i campi elettromagnetici ad alta frequenza (HF-EMF) prodotti dai telefoni cellulari, in quanto il loro utilizzo implica il posizionamento dell’apparecchio in prossimità dell’orecchio, e quindi del cervello. Nel 2011 l’Agenzia Internazionale dell'OMS per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato gli HF-EMF come “possibilmente cancerogeni”, in quanto l’evidenza epidemiologica è stata giudicata “limitata”. Successivamente l’OMS si è espressa in favore di ulteriori ricerche giustificate dal crescente uso di telefoni cellulari, mentre non è stata richiesta l’adozione di misure precauzionali di limitazione al loro utilizzo. Emerge dunque la necessità di proseguire gli studi, che con questa tesi abbiamo indirizzato all’enzima acetilcolinesterasi (AChE). L’AChE svolge un ruolo importante nella trasmissione sinaptica in quanto catalizza l’idrolisi dell’acetilcolina (ACh), importante neurotrasmettitore nel sistema nervoso umano e animale. Lo studio dell’attività dell’AChE presenta una rilevante importanza dal punto di vista sanitario considerando che il deterioramento progressivo delle cellule neuronali, riscontrato nel Morbo di Alzheimer, è attribuito ad una diminuzione del livello del neurotrasmettitore ACh (Lane et al. 2005). A partire dagli anni 80, sono stati svolti studi sull’attività dell’enzima a seguito di esposizioni a EMF, i quali hanno evidenziato nella maggior parte dei casi un cambiamento dell’attività stessa. Il presente lavoro si avvale di un valido sistema di irraggiamento ad alta frequenza che simula l’esposizione ai segnali GSM; lo studio è stato svolto sulla linea cellulare PC12, cellule tumorali derivanti da feocromocitoma di ratto capaci di secernere e immagazzinare ACh e AChE. Sono state valutate in particolare l’attività enzimatica e l’espressione genica dell’AChE nelle cellule PC12 esposte ad una frequenza portante di 1,8 GHz con frequenza di modulazione di 217 Hz, condizioni alle quali lavorano comunemente gli apparati di telefonia mobile in modalità GSM, per un periodo di 24 h. I risultati ottenuti mostrano un aumento dell’attività dell’enzima AChE dei campioni irraggiati rispetto ai controlli, con variazione della Vmax ma non della Km, mentre non è stata rilevata alcuna variazione significativa dell’espressione genica, analizzata mediante PCR real-time. Nelle cellule PC12, si aveva una maggiore attività ed espressione genica dell’enzima in cellule trattate con forskolin e dbcAMP, impiegati come stimoli positivi. Questi risultati suggeriscono il coinvolgimento del sistema AMPc–dipendente nel controllo dell’espressione genica dell’enzima. L’AMPc, pur agendo tipicamente come secondo messaggero nella trasduzione del segnale chimico, in molte cellule di diversi organismi sembra essere aumentato anche in condizioni di stress. In particolare l’effetto si esplicava infatti sulla isoforma AChER, indotta in condizioni di stress. Il fatto che l’aumento dell’attività enzimatica di AChE indotto da HF-EMF non sia associato né all’aumento dell’affinità per il substrato, né all’aumento del numero di molecole, suggerisce l’ipotesi che i campi elettromagnetici ad alta frequenza agiscano sul microambiente di membrana che circonda l’enzima, per esempio determinando cambiamenti delle condizioni all’interno della matrice lipidica, influenzando fortemente la sua attività. Sarà interessante valutare in futuro come l’aumento della Vmax di reazione venga indotto in assenza di aumento dei trascritti genici. In conclusione il presente lavoro non fornisce risposte circa gli effetti del segnale GSM sulla salute umana, ma consente di affermare l’esistenza di un’interazione dei campi elettromagnetici con il modello biologico da noi utilizzato, richiamando l’attenzione sull’attività di questo enzima come possibile “indicatore” dell’interazione cellulare con tali segnali. Tale “indicatore”, ricercato da molti anni, non è mai stato individuato.

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La carbamazepina fu commercializzata a partire dagli anni Sessanta; è un analgesico anticonvulsivante e specifico per la nevralgia del trigemino ed è uno dei principali farmaci usati nel trattamento dell’epilessia. La sua azione più nota a livello del sistema nervoso è quella di rallentare il recupero dei canali al sodio, sebbene abbia anche effetti metabolici importanti interferendo con il ciclo degli inositoli e con la GSK-3 (glicogeno sintasi-chinasi 3). Tale sostanza è sotto la lente d’ingrandimento sia per le sue caratteristiche chimico-fisiche (vedi la sua alta persistenza in ambiente) sia per la sua alta tossicità per la salute umana. Le sue proprietà terapeutiche spesso sono accompagnate da effetti collaterali sia nei pazienti che assumono direttamente il medicinale, sia negli organismi non-bersaglio che vengono a contatto con i residui ed i metaboliti del farmaco in ambiente. Le principali fonti di contaminazione dell’ambiente sono rappresentate dagli scarichi domestici, urbani, ospedalieri ed industriali e dagli effluenti di impianti di depurazione. Inoltre, l’uso irriguo di acque contenenti residui del farmaco oppure fenomeni di esondazione di corpi idrici contaminati contribuiscono ampiamente alla distribuzione di questo composto nei suoli. La matrice suolo ha avuto relativamente poca attenzione per quanto riguarda gli effetti dell’inquinamento sugli organismi in generale, ed in particolare non vi sono studi sui farmaci. Il presupposto di questo studio dunque è stato quello di mettere a punto una metodologia volta a valutare gli effetti all’esposizione del farmaco carbamazepina su organismi bioindicatori, i lombrichi della specie Eisenia andrei. Il seguente progetto è durato da Maggio 2012 a Febbraio 2013, periodo in cui sono stati effettuati saggi sub cronici per valutare l’effetto di suoli sperimentalmente contaminati con il farmaco sui parametri del ciclo vitale del lombrico (accrescimento, mortalità e riproduzione) e su una serie di biomarker cellulari (neutral red retention assay, accumulo lisosomiale di lipofuscine, accumulo lisosomiale di lipidi neutri insaturi, attività dell’enzima acetilcolinsterasi, attività dell’enzima catalasi, attività dell’ enzima glutatione-S-transferasi e concentrazione di malondialdeide). I risultati ottenuti mostrano che la carbamazepina non ha effetti sui parametri del ciclo vitale. Per quanto riguarda i parametri fisiologici si notano tuttavia dei risultati diversi. L’accumulo lisosomiale di lipofuscine e lipidi neutri indica che il metabolismo dei vermi risulta in qualche modo alterato dall’esposizione alla carbamazepina alle concentrazioni saggiate. Queste alterazioni potrebbero essere spiegate da un effetto di tipo ossidante; infatti i due biomarker oltre a rappresentare un segnale di alterazione metabolica rappresentano anche un indicazione di perossidazione lipidica. Queste osservazioni meritano di essere approfondite studiando il bioaccumulo e la degradazione della carbamazepina nei suoli, che potrebbero essere alla base della diversità di risultati rispetto alla tossicità evidenziata negli organismi acquatici. A fronte della consapevolezza dei rischi potenziali dovuti alla presenza di farmaci nelle acque e nel suolo, molto resta da fare per ampliare le conoscenze su questa tipologia di contaminazione, in particolare nei campi del monitoraggio e del comportamento ambientale, degli studi ecotossicologici e delle procedure e tecnologie idonee a limitare la loro immissione nell’ambiente.

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Dalla collaborazione fra il Comune di Ravenna ed ENI ha preso origine il progetto “RIGED – Ra” ossia il “Progetto di ripristino e gestione delle dune costiere ravennati”. Nell’ambito di tale attività sperimentale si è voluto effettuare una caratterizzazione dell’idrologia di una limitata, ma rappresentativa, porzione dell’acquifero freatico costiero situata in un cordone di dune posto nella Pineta di Lido di Classe, a sud di Foce Bevano. Lo studio si pone di essere rappresentativo per le caratteristiche idrogeologiche delle dune costiere adriatiche nella zona di Ravenna. A tale fine è stato valutato l’andamento di alcuni parametri chimico-fisici delle acque sotterranee; inoltre, è stata monitorata mensilmente la profondità della tavola d’acqua (water table - WT). Questi monitoraggi hanno permesso di descrivere la distribuzione delle acque dolci e di quelle salate nonché la loro dinamica stagionale. Infine, è stata eseguita un’analisi idro-geochimica con l’intento di valutare la tipologia delle acque presenti nell’area in esame e la loro eventuale variazione stagionale. Per la raccolta dei campioni è stata sfruttata l’innovativa metodologia a minifiltri utilizzata da alcuni anni nel nord dell’Europa, in modo particolare in Olanda. Questa tecnica ha due caratteristiche peculiari: i tempi di campionamento vengono ridotti notevolmente ed, inoltre, permette un’ottima precisione e rappresentatività delle acque di falda a diverse profondità poiché si effettua un campionamento ogni 0,50 m. L’unico limite riscontrato, al quale vi è comunque rimedio, è il fatto che la loro posizione risulti fissa per cui, qualora vi siano delle fluttuazioni dell’acquifero al di sopra del minifiltro più superficiale, queste non vengono identificate. È consigliato quindi utilizzare questo metodo di campionamento poiché risulta essere più performante rispetto ad altri (ad esempio al sistema che sfrutta lo straddle packers SolinstTM ) scegliendo tra due diverse strategie per rimediare al suo limite: si aggiungono minifiltri superficiali che nel periodo estivo si trovano nella zona vadosa dell’acquifero oppure si accompagna sempre il campionamento con una trivellata che permetta il campionamento del top della falda. Per quanto concerne la freatimetria il campionamento mensile (6 mesi) ha mostrato come tutta l’area di studio sia un sistema molto suscettibile all’andamento delle precipitazioni soprattutto per la fascia di duna prossima alla costa in cui la scarsa vegetazione e la presenza di sedimento molto ben cernito con una porosità efficace molto elevata facilitano la ricarica dell’acquifero da parte di acque dolci. Inoltre, sul cordone dunoso l’acquifero si trova sempre al di sopra del livello medio mare anche nel periodo estivo. Per questa caratteristica, nel caso l’acquifero venisse ricaricato artificialmente con acque dolci (Managed Aquifer Recharge), potrebbe costituire un efficace sistema di contrasto all’intrusione salina. Lo spessore d’acqua dolce, comunque, è molto variabile proprio in funzione della stagionalità delle precipitazioni. Nell’area retro-dunale, invece, nel periodo estivo l’acquifero freatico è quasi totalmente al di sotto del livello marino; ciò probabilmente è dovuto al fatto che, oltre ai livelli topografici prossimi al livello medio mare, vi è una foltissima vegetazione molto giovane, ricresciuta dopo un imponente incendio avvenuto circa 10 anni fa, la quale esercita una notevole evapotraspirazione. È importante sottolineare come durante la stagione autunnale, con l’incremento delle precipitazioni la tavola d’acqua anche in quest’area raggiunga livelli superiori a quello del mare. Dal monitoraggio dei parametri chimico – fisici, in particolare dal valore dell’Eh, risulta che nel periodo estivo l’acquifero è un sistema estremamente statico in cui la mancanza di apporti superficiali di acque dolci e di flussi sotterranei lo rende un ambiente fortemente anossico e riducente. Con l’arrivo delle precipitazioni la situazione cambia radicalmente, poiché l’acquifero diventa ossidante o lievemente riducente. Dalle analisi geochimiche, risulta che le acque sotterranee presenti hanno una composizione esclusivamente cloruro sodica in entrambe le stagioni monitorate; l’unica eccezione sono i campioni derivanti dal top della falda raccolti in gennaio, nei quali la composizione si è modificata in quanto, il catione più abbondante rimane il sodio ma non si ha una dominanza di un particolare anione. Tale cambiamento è causato da fenomeni di addolcimento, rilevati dall’indice BEX, che sono causati all’arrivo delle acque dolci meteoriche. In generale, si può concludere che la ricarica superficiale e la variazione stagionale della freatimetria non sono tali da determinare un processo di dolcificazione in tutto l’acquifero dato che, nelle zone più profonde, si rivela la presenza permanente di acque a salinità molto superiore a 10 g/L. La maggior ricarica superficiale per infiltrazione diretta nelle stagioni a più elevata piovosità non è quindi in grado di approfondire l’interfaccia acqua dolce-acqua salata e può solamente causare una limitata diluizione delle acque di falda superficiali.

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La distribuzione delle Terre Rare (REE) nell’ambiente deriva da una serie di processi interagenti all’interno di un sistema dinamico che include il ciclo idrologico, attività geologiche, fisiche – chimiche (weathering), fenomeni atmosferici e attività umane. Queste contribuiscono alla dispersione superficiale di tutti gli elementi e in particolare di quelli in traccia tra cui i lantanidi (La, Ce, Pr, Nd, Pm, Sm, Eu, Gd, Tb, Dy, Tm, Ho, Er, Yb e Lu) che si ritrovano un po’ ovunque in tutte le matrici, frazionate in modo diverso. L’acqua destinata al consumo alimentare è una di queste. Prelevata di solito da acquiferi profondi, superficiali o da pozzi posti in differenti contesti litologici, può essere soggetta a modifiche importanti delle proprietà fisiche-chimiche e microbiologiche. Più acque minerali relative a marche differenti e conservate in bottiglie di vetro e PET messe a confronto, hanno dimostrato che il vetro è in grado di rilasciare numerosi elementi in funzione della tipologia di acqua contenuta, del tipo di vetro (chiaro o colorato) e delle condizioni predisponenti il rilascio (proprietà intrinseche dell’elemento, fattori esterni quali fonti di calore, ecc.). Terre rare come Ce, La, Pr, Nd, Sm, Eu, Er, Dy, Y e Sc possono essere ceduti in modo differenziale nell’acqua delle bottiglie. In più casi l’arricchimento è evidenziato da acque nelle quali è stata aggiunta anidride carbonica, mentre non si notano cambiamenti eccessivi nel corrispettive naturali. Per i contenitori in PET si registra un marcato rilascio di antimonio (Sb), ampiamente usato sotto forma di triossido di antimonio nel ciclo produttivo delle plastiche. Rispetto alle acque minerali, quelle di rubinetto soffrono gli effetti dei trattamenti di potabilizzazione e dell’interazione con il sistema di distribuzione idrico. La distribuzione dei lantanidi è influenzata dalle condizioni redox (particolarmente per Ce, ed Eu) e dalla relativa capacità di essere complessati e, quindi, mobilizzati in maniera differente. Nonostante il forte impatto delle attività umane, i valori anomali di alcuni (Gd, Nd) sono nell’ordine dei ng/L, come del resto per tutti gli altri e non costituiscono un pericolo per la salute umana. Al fattore geogenico si attribuiscono i tenori maggiori (ΣREE >1000ng/L) riscontrati in Sardegna.

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Il presente lavoro è stato avviato per caratterizzare dal punto di vista geochimico i siti di alimentazione e di riproduzione del Fenicottero ed ottenere così un dataset relativo alle concentrazioni di metalli nei sedimenti di alcune zone umide, utilizzate da questa specie per alimentarsi e riprodursi e scarsamente studiate in passato. Il lavoro di tesi qui presentato si è articolato in due differenti studi: • Un’indagine dettagliata sulla presenza e distribuzione di metalli ed elementi potenzialmente tossici nei sedimenti provenenti da alcune delle principali aree di alimentazione del Fenicottero nell’Alto Adriatico; • Un’indagine preliminare relativa ai metalli contenuti nei sedimenti provenienti da alcuni siti riproduttivi del Fenicottero nel Mediterraneo occidentale. Per quanto riguarda i siti di alimentazione sono state campionate tre zone umide dell’area deltizia del fiume Po: le Valli di Rosolina, Valle Bertuzzi e le Valli di Comacchio. Riguardo i siti riproduttivi sono state campionate cinque aree umide nel Mediterraneo occidentale: le Paludi dell’Odiel nel sud-ovest della Spagna, la Camargue in Francia, lo Stagno di Cagliari in Sardegna, le Valli di Comacchio in Emilia-Romagna e Valle Dogà in Laguna di Venezia. I 57 campioni raccolti sono stati analizzati mediante analisi XRF ed analisi termiche, presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, dell’Università di Bologna, e mediante analisi ICP-MS, presso l’AcmeLabs di Vancouver (Canada). Il complesso deltizio del fiume Po ha registrato concentrazioni anomale di Cd, Pb, Sb e Sn mostrando un generale arricchimento nei sedimenti delle aree umide investigate rispetto al valore di riferimento. Analizzando le correlazioni di questo elemento con le frazioni dei sedimenti, si è evidenziata una buona correlazione con la componente organica del sedimento. Ciò potrebbe indicare la presenza di fenomeni di adsorbimento di questo elemento ad opera della matrice organica. L’area di studio non è apparentemente interessata da importanti attività industriali, che potrebbero in parte spiegare le elevate concentrazioni di Cd, Pb, Sb e Sn. Due potenziali sorgenti antropogeniche di contaminazione sono rappresentate da un’estensiva attività agricola nelle zone limitrofe alle valli considerate e da un elevata pressione venatoria esercitata proprio all’interno di queste zone umide. In particolare, quest’ultima attività umana, potrebbe rappresentare una spiegazione più che plausibile per l’elevata presenza di Pb, messa in evidenza dallo studio, dato che fino ad pochissimi anni venivano utilizzate munizioni al Pb con conseguente rilascio in ambiente di ingenti quantitativi di questo metallo. Il Cu e lo Zn si distribuiscono invece in modo relativamente omogeneo nelle tre zone umide investigate, con un debole arricchimento di questi due elementi nei sedimenti delle Valli di Rosolina. Per quanto riguarda l’As, la sua distribuzione nell’area di studio, confrontata con i valori di background, non sembra sollevare particolare preoccupazione, cosi come la presenza di Hg in tutti e tre i siti investigati. Le Valli di Comacchio e Valle Bertuzzi sono inoltre caratterizzate da concentrazioni elevate di Cr e Ni, dati che confermano il naturale arricchimento di questi due elementi nell’area di studio evidenziato da un ampia letteratura e riconducibile ad apporti litologici provenienti dai depositi ofiolitici delle Alpi occidentali trasportati dal fiume Po verso l’Adriatico. Tuttavia, in alcuni campioni la concentrazione di Cr è molto superiore a quella caratteristica delle ofioliti di origine alpina, soprattutto per Valle Bertuzzi. Per spiegare queste anomalie sono necessarie indagini più approfondite sulla presenza e distribuzione di Cr nell’area di Comacchio e Bertuzzi. Riguardo ai 5 siti riproduttivi del Fenicottero, la colonia di Odiel (Spagna) si distingue per essere il sito maggiormente contaminato tra quelli investigati. Si sono infatti riscontrate elevate concentrazioni di As, Cu, Hg, Pb, Sb, Sn e Zn, se confrontate con quelle degli altri siti campionati. Questo risultato non sorprende. Il sito è infatti riconosciuto in letteratura come uno dei sistemi estuarini più inquinati dell’Europa occidentale, in quanto interessato dall’attività mineraria della IPB (Iberian Pyrite Belt), uno dei più importanti siti minerari mondiali, e dall’attività del polo industriale di Huelva. La colonia francese della Camargue si distingue invece per essere il sito meno impattato dall’attività antropica, non mostrando concentrazioni anomale per nessuno degli elementi in traccia analizzati. I sito riproduttivo situato nei pressi di Cagliari, in Sardegna, ha riportato elevate concentrazioni di Cd, Hg e Pb. La contaminazione di questo sito a seguito di ingenti scarichi di rifiuti industriali contenenti Hg e Pb a partire dagli anni ’60 è ben documentata in letteratura. Sebbene negli anni ’90 siano stati realizzati progetti di bonifica del sito, le concentrazioni ottenute nel presente studio sono ancora elevate suggerendo la possibilità che il processo di rimozione di Hg e Pb messo in atto in passato possa aver avuto scarsa efficacia. La colonia riproduttiva di Comacchio ha registrato concentrazioni elevate di Cr, Ni e Pb. Come già detto riguardo ai siti di alimentazione l’abbondanza di Cr e Ni nell’area è da ricondurre a fattori naturali, mentre le elevate concentrazioni di Pb non trovano riscontri in precedenti studi. La presenza di alcuni campioni con concentrazioni anomale di Cr e il generale arricchimento di Pb nel sito suggeriscono la necessità di studi più approfonditi e specifici sulla presenza di questi elementi nell’area di Comacchio. Infine, la colonia situata in Laguna di Venezia si caratterizza per avere concentrazioni relativamente elevate di Cd e Hg riconducibili all’attività del polo industriale di Porto Marghera, come già evidenziato da numerosi studi. Tuttavia, i dati del presente studio non confermano le concentrazioni anomale di Zn messe in evidenza da molti studi effettuati nell’intera laguna veneta. Ciò può trovare una spiegazione nel fatto che il sito indagato in questo studio corrisponde ad un piccola porzione dell’intera laguna, molto raramente investigato negli studi passati. Mediante il presente studio è stato quindi possibile implementare le scarse conoscenze geochimiche relative ai sedimenti di alcune zone umide frequentate dai fenicotteri nell’Alto Adriatico e, al contempo, mettere in luce alcune importanti criticità, in particolar modo riguardo Cd, Cr, Pb, Sb e Sn, la cui presenza e distribuzione nell’area dovrebbero essere ulteriormente investigate da studi futuri.

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Il Soprintendente Alfredo Barbacci fu uomo di poliedrica formazione, perito nell’uso di metodiche innovative di restauro ed esperto delle tecniche di ricomposizione delle forme architettoniche dei complessi monumentali, danneggiati dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Quel che, questo studio ha inteso indagare e comprendere, attraverso un approccio critico, sostanziato dalle carte d’archivio, è fondamentalmente il contributo, da egli ha offerto circa la valenza storica e architettonica del tessuto connettivo di base della città, da cui si originava - negli anni della sua attività - l’idea ancora inedita di un bene culturale e sociale nuovo: il centro storico tutto, con annessi monumenti, complessi architettonici nobili ed edilizia minore, di base. Dando avvio all’analisi sistematica delle teorie e della prassi di Alfredo Barbacci e alla lettura puntuale dei suoi scritti, sono stati razionalizzati il significato, le valenze e le implicazioni del termine edilizia minore all’interno del più ampio contesto del restauro dell’edilizia monumentale e alla luce degli elementi di tendenza, portati all’attenzione dal dibattito delle diverse scuole di pensiero sul restauro, a partire dai primi anni del sec. XX fino agli anni Settanta dello scorso secolo. Concretamente vi si evidenziano interessanti intuizioni e dichiarazioni, afferenti la necessità di un restauro del tipo integrato, da intendersi come strumento privilegiato di intervento sul tessuto nobile e meno nobile della città antica. Al termine della sua carriera, il contributo del Soprintendente Barbacci al dibattito scientifico si documenta da sé, nella compilazione a sua firma di quella parte della Relazione Franceschini, in cui si dava proposta di un corpo normativo alla necessità di guardare alla città storica come a un bene culturale e sociale, insistendo come al suo interno era d’uopo mantenere, nel corso di interventi restaurativi, un razionale equilibrio tra monumento ed edilizia minore già storicizzata e che non escludesse anche l’apparato paesaggistico di contorno.

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Nel 1997 venne isolata una popolazione cellulare con caratteristiche appartenenti a cellule endoteliali mature e a cellule progenitrici ; le cellule appartenenti a queste popolazione furono denominate EPCs (cellule endoteliali progenitrici circolanti) e fu messa in evidenza la loro capacità di dare origine a vasculogenesi postnatale. Lo scopo dello studio è stata la caratterizzazione di tale popolazione cellulare in termini biologici e la valutazione delle differenze delle EPCs in soggetti sani e nefropatici in emodialisi. È stata infine valutata l’eventuale capacità della Vitamina D di influenzare le capacità delle Late EPCs in termini di formazione di colonie in vitro e di attività anticalcifica in soggetti in insufficienza renale cronica.

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The PhD activity described in the document is part of the Microsatellite and Microsystem Laboratory of the II Faculty of Engineering, University of Bologna. The main objective is the design and development of a GNSS receiver for the orbit determination of microsatellites in low earth orbit. The development starts from the electronic design and goes up to the implementation of the navigation algorithms, covering all the aspects that are involved in this type of applications. The use of GPS receivers for orbit determination is a consolidated application used in many space missions, but the development of the new GNSS system within few years, such as the European Galileo, the Chinese COMPASS and the Russian modernized GLONASS, proposes new challenges and offers new opportunities to increase the orbit determination performances. The evaluation of improvements coming from the new systems together with the implementation of a receiver that is compatible with at least one of the new systems, are the main activities of the PhD. The activities can be divided in three section: receiver requirements definition and prototype implementation, design and analysis of the GNSS signal tracking algorithms, and design and analysis of the navigation algorithms. The receiver prototype is based on a Virtex FPGA by Xilinx, and includes a PowerPC processor. The architecture follows the software defined radio paradigm, so most of signal processing is performed in software while only what is strictly necessary is done in hardware. The tracking algorithms are implemented as a combination of Phase Locked Loop and Frequency Locked Loop for the carrier, and Delay Locked Loop with variable bandwidth for the code. The navigation algorithm is based on the extended Kalman filter and includes an accurate LEO orbit model.

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Questa tesi di carattere antropologico in ambito dottorale riguarda i rituali comunitari nelle comunità indigene messicane. Il principale oggetto della ricerca è il rituale della pioggia o di Petición de Lluvia, caratterizzato sia dal sacrificio animale che da una specifica relazione di causa-effetto con l’ambiente circostante. La ricerca etnografica è cominciata dall’ipotesi di voler verificare la persistenza nel tempo, e dunque nell’attualità, di procedure cerimoniali non appartenenti, almeno nella loro forma più lineare, alla religione cattolico-cristiana. Il luogo nel quale è avvenuta tale ricerca è la regione La Montaña di Guerrero, situata nel Messico sud-occidentale, e più precisamente la zona in cui vivono le comunità di etnia Nahua di San Pedro Petlacala, Acuilpa, e Xalpatláhuac che si trovano nelle vicinanze della cittadina di Tlapa de Comonfort. In un contesto ambientale profondamente rurale come quello della Montaña di Guerrero, la persistenza dei rituali evidenzia come le risorse naturali e gli agenti atmosferici - pioggia, vento, nubi - continuino a rappresentare gli elementi centrali che condizionano le variabili economiche di sussistenza e della riproduzione sociale. Il rituale di Petición de Lluvia rappresenta il momento di congiunzione tra la stagione secca e quella piovosa, tra la semina ed il raccolto del mais. Definito come una pratica religiosa nella quale il gruppo si identifica e partecipa con varie donazioni (ofrenda o deposito rituale), suddivisibili in alimenti/oggetti/preghiere ed azioni rituali, la cerimonia esprime l’auspicio di piogge abbondanti, con le quali irrigare i campi e continuare le attività umane. Il destinatario dell’offerta è la stessa divinità della pioggia, Tlaloc per le antiche civiltà mesoamericane, invocato sotto le mentite spoglie del santo patrono del 25 aprile, San Marcos. Il rituale è contraddistinto per tutta la sua durata dalla presenza del principale specialista religioso, sacerdote in lingua spagnola oppure «Tlahmáquetl» in lingua náhuatl.