Assembly processes of invertebrate communities in springs across different spatial scales

Il presente lavoro ha lo scopo di comprendere i processi sottesi ai pattern di coesistenza tra le specie di invertebrati sorgentizi, distinguendo tra dinamiche stocastiche e deterministiche. Le sorgenti sono ecosistemi complessi e alcune loro caratteristiche (ad esempio l’insularità, la stabilità termica, la struttura ecotonale “a mosaico”, la frequente presenza di specie rare ed endemiche, o l’elevata diversità in taxa) le rendono laboratori naturali utili allo studio dei processi ecologici, tra cui i processi di assembly. Al fine di studiare queste dinamiche è necessario un approccio multi-scala, per questo motivi sono state prese in considerazione tre scale spaziali. A scala locale è stato compiuto un campionamento stagionale su sette sorgenti (quattro temporanee e tre permanenti) del Monte Prinzera, un affioramento ofiolitico vicino alla città di Parma. In questa area sono stati valutati l’efficacia e l’impatto ambientale di diversi metodi di campionamento e sono stati analizzati i drivers ecologici che influenzano le comunità. A scala più ampia sono state campionate per due volte 15 sorgenti della regione Emilia Romagna, al fine di identificare il ruolo della dispersione e la possibile presenza di un effetto di niche-filtering. A scala continentale sono state raccolte informazioni di letteratura riguardanti sorgenti dell’area Paleartica occidentale, e sono stati studiati i pattern biogeografici e l’influenza dei fattori climatici sulle comunità. Sono stati presi in considerazione differenti taxa di invertebrati (macroinvertebrati, ostracodi, acari acquatici e copepodi), scegliendo tra quelli che si prestavano meglio allo studio dei diversi processi in base alle loro caratteristiche biologiche e all’approfondimento tassonomico raggiungibile. I campionamenti biologici in sorgente sono caratterizzati da diversi problemi metodologici e possono causare impatti sugli ambienti. In questo lavoro sono stati paragonati due diversi metodi: l’utilizzo del retino con un approccio multi-habitat proporzionale e l’uso combinato di trappole e lavaggio di campioni di vegetazione. Il retino fornisce dati più accurati e completi, ma anche significativi disturbi sulle componenti biotiche e abiotiche delle sorgenti. Questo metodo è quindi raccomandato solo se il campionamento ha come scopo un’approfondita analisi della biodiversità. D’altra parte l’uso delle trappole e il lavaggio della vegetazione sono metodi affidabili che presentano minori impatti sull’ecosistema, quindi sono adatti a studi ecologici finalizzati all’analisi della struttura delle comunità. Questo lavoro ha confermato che i processi niche-based sono determinanti nello strutturare le comunità di ambienti sorgentizi, e che i driver ambientali spiegano una rilevante percentuale della variabilità delle comunità. Infatti le comunità di invertebrati del Monte Prinzera sono influenzate da fattori legati al chimismo delle acque, alla composizione e all’eterogeneità dell’habitat, all’idroperiodo e alle fluttuazioni della portata. Le sorgenti permanenti mostrano variazioni stagionali per quanto riguarda le concentrazioni dei principali ioni, mentre la conduttività, il pH e la temperatura dell’acqua sono più stabili. È probabile che sia la stabilità termica di questi ambienti a spiegare l’assenza di variazioni stagionali nella struttura delle comunità di macroinvertebrati. L’azione di niche-filtering delle sorgenti è stata analizzata tramite lo studio della diversità funzionale delle comunità di ostracodi dell’Emilia-Romagna. Le sorgenti ospitano più del 50% del pool di specie regionale, e numerose specie sono state rinvenute esclusivamente in questi habitat. Questo è il primo studio che analizza la diversità funzionale degli ostracodi, è stato quindi necessario stilare una lista di tratti funzionali. Analizzando il pool di specie regionale, la diversità funzionale nelle sorgenti non è significativamente diversa da quella misurata in comunità assemblate in maniera casuale. Le sorgenti non limitano quindi la diversità funzionale tra specie coesistenti, ma si può concludere che, data la soddisfazione delle esigenze ecologiche delle diverse specie, i processi di assembly in sorgente potrebbero essere influenzati da fattori stocastici come la dispersione, la speciazione e le estinzioni locali. In aggiunta, tutte le comunità studiate presentano pattern spaziali riconoscibili, rivelando una limitazione della dispersione tra le sorgenti, almeno per alcuni taxa. Il caratteristico isolamento delle sorgenti potrebbe essere la causa di questa limitazione, influenzando maggiormente i taxa a dispersione passiva rispetto a quelli a dispersione attiva. In ogni caso nelle comunità emiliano-romagnole i fattori spaziali spiegano solo una ridotta percentuale della variabilità biologica totale, mentre tutte le comunità risultano influenzate maggiormente dalle variabili ambientali. Il controllo ambientale è quindi prevalente rispetto a quello attuato dai fattori spaziali. Questo risultato dimostra che, nonostante le dinamiche stocastiche siano importanti in tutte le comunità studiate, a questa scala spaziale i fattori deterministici ricoprono un ruolo prevalente. I processi stocastici diventano più influenti invece nei climi aridi, dove il disturbo collegato ai frequenti eventi di disseccamento delle sorgenti provoca una dinamica source-sink tra le diverse comunità. Si è infatti notato che la variabilità spiegata dai fattori ambientali diminuisce all’aumentare dell’aridità del clima. Disturbi frequenti potrebbero provocare estinzioni locali seguite da ricolonizzazioni di specie provenienti dai siti vicini, riducendo la corrispondenza tra gli organismi e le loro richieste ambientali e quindi diminuendo la quantità di variabilità spiegata dai fattori ambientali. Si può quindi concludere che processi deterministici e stocastici non si escludono mutualmente, ma contribuiscono contemporaneamente a strutturare le comunità di invertebrati sorgentizi. Infine, a scala continentale, le comunità di ostracodi sorgentizi mostrano chiari pattern biogeografici e sono organizzate lungo gradienti ambientali principalmente collegati altitudine, latitudine, temperatura dell’acqua e conducibilità. Anche la tipologia di sorgente (elocrena, reocrena o limnocrena) è influente sulla composizione delle comunità. La presenza di specie rare ed endemiche inoltre caratterizza specifiche regioni geografiche.

Urban ecosystems – tapping the human resource

In order to take an interest in environmental issues, people need an idea of what ‘the environment’ is, and to have access to something worth caring about. In the UK, around 90% of us already live in towns or cities, and by 2030, around 60% of the world’s population will live in urban areas. But without a vocal set of ‘owners’, public land such as parks and allotments can easily be lost. The majority of the UK's ‘natural’ areas have historically been created, managed or modified by humans. and we should appreciate urban habitats just as much as pristine reserves for the ecosystem services they provide. In particular, scruffy and overlooked brownfield sites can be amazing refugia for insect and plant species which can no longer persist in a countryside dominated by industrialised agriculture.

A temporary connection for an aluminium space frame

This thesis examines theoretically and experimentally the behaviour of a temporary end plate connection for an aluminium space frame structure, subjected to static loading conditions. Theoretical weld failure criterions are derived from basic fundamentals for both tensile and shear fillet welds. Direct account of weld penetration is taken by incorporating it into a more exact poposed weld model. Theoretical relationships between weld penetration and weld failure loads, failure planes and failure lengths are derived. Also, the variation in strength between tensile and shear fillet welds is shown to be dependent upon the extent of weld penetration achieved/ The proposed tensile weld failure theory is extended to predict the theoretical failure of the welds in the end plate space frame connection. A finite element analysis is conducted to verify the assumptions made for this theory. Experimental hardness and tensile tests are conducted to substantiate the extent and severity of the heat affected zone in aluminium alloy 6082-T6. Simple transverse and longitudinal fillet welded specimens of the same alloy, are tested to failure. These results together with those of other authors are compared to the theoretical predictions made by the proposed weld failure theories and by those made using Kamtekar's and Kato and Morita's failure equations, the -formula and BS 8118. Experimental tests are also conducted on the temporary space frame connection. The maximum stresses and displacements recorded are checked against results obtained from a finite element analysis of the connection. Failure predictions made by the proposed extended weld failure theory, are compared against the experimental results.

Media, ecology and conservation:using the media to protect the world's wildlife and ecosystems

The second book in The Converging World series, Media, Ecology and Conservation focuses on global connectivity and the role of new digital and traditional media in bringing people together to protect the world's endangered wildlife and conserve fragile and threatened habitats. New media offers opportunities for like-minded individuals, community groups, businesses and public organisations to learn and work cooperatively for the good of all species. One of the key themes of this book explores the important issue of how new information and communication technologies mediate the natural world, and our understanding of our place in it. By exploring the role of film, television, video, photography and the internet in animal conservation in the USA, India, Africa, Australia and the United Kingdom John Blewitt investigates the politics of media representation surrounding important controversies such as the trade in bushmeat, whaling and habitat destruction. The work and achievements of media/conservation activists are located within a cultural framework that simultaneously loves nature, reveres animals but too often ignores the uncomfortable realities of species extinction and animal cruelty.

The removal of temporary organic binder from vitreous silicon carbide grinding wheels during firing

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Geographical variation in carbon dioxide fluxes from soils in agro-ecosystems and its implications for life-cycle assessment

1. Exchange of carbon dioxide (CO2) from soils can contribute significantly to the global warming potential (GWP) of agro-ecosystems. Due to variations in soil type, climatic onditions and land management practices, exchange of CO2 can differ markedly in different geographical locations. The food industry is developing carbon footprints for their products necessitating integration of CO2 exchange from soils with other CO2 emissions along the food chain. It may be advantageous to grow certain crops in different geographical locations to minimize CO2 emissions from the soil, and this may provide potential to offset other emissions in the food chain, such as transport. 2. Values are derived for the C balance of soils growing horticultural crops in the UK, Spain and Uganda. Net ecosystem production (NEP) is firstly calculated from the difference in net primary production (NPP) and heterotrophic soil respiration (Rh). Both NPP and Rh were estimated from intensive direct field measurements. Secondly, net biome production (NBP) is calculated by subtracting the crop biomass from NEP to give an indication of C balance. The importance of soil exchange is discussed in the light of recent discussions on carbon footprints and within the context of food life-cycle assessment (LCA). 3. The amount of crop relative to the biomass and the Rh prevailing in the different countries were the dominant factors influencing the magnitude of NEP and NBP. The majority of the biomass for lettuce Lactuca sativa and vining peas Pisum sativum, was removed from the field as crop; therefore, NEP and NBP were mainly negative. This was amplified for lettuces grown in Uganda (-16·5 and -17 t C ha-1 year-1 compared to UK and Spain -4·8 to 7·4 and -5·1 to 6·3 t C ha-1 year-1 for NEP and NBP, respectively) where the climate elevated Rh. 4. Synthesis and applications. This study demonstrates the importance of soil emissions in the overall life cycle of vegetables. Variability in such emissions suggests that assigning a single value to food carbon footprints may not be adequate, even within a country. Locations with high heterotrophic soil respiration, such as Spain and Uganda (21·9 and 21·6 t C ha-1 year-1, respectively), could mitigate the negative effects of climate on the C costs of crop production by growth of crops with greater returns of residue to the soil. This would minimize net CO2 emissions from these agricultural ecosystems.

Ecosystems as climate controllers – biotic feedbacks (a review)

There is good evidence that higher global temperature will promote a rise of green house gas levels, implying a positive feedback which will increase the effect of the anthropogenic emissions on global temperatures. Here we present a review about the results which deal with the possible feedbacks between ecosystems and the climate system. There are a lot of types of feedback which are classified. Some circulation models are compared to each other regarding their role in interactive carbon cycle.

Trends in research on the possible effects of climate change concerning aquatic ecosystems with special emphasis on the modelling approach

Knowledge on the expected effects of climate change on aquatic ecosystems is defined by three ways. On the one hand, long-term observation in the field serves as a basis for the possible changes; on the other hand, the experimental approach may bring valuable pieces of information to the research field. The expected effects of climate change cannot be studied by empirical approach; rather mathematical models are useful tools for this purpose. Within this study, the main findings of field observations and their implications for future were summarized; moreover, the modelling approaches were discussed in a more detailed way. Some models try to describe the variation of physical parameters in a given aquatic habitat, thus our knowledge on their biota is confined to the findings based on our present observations. Others are destined for answering special issues related to the given water body. Complex ecosystem models are the keys of our better understanding of the possible effects of climate change. Basically, these models were not created for testing the influence of global warming, rather focused on the description of a complex system (e. g. a lake) involving environmental variables, nutrients. However, such models are capable of studying climatic changes as well by taking into consideration a large set of environmental variables. Mostly, the outputs are consistent with the assumptions based on the findings in the field. Since synthetized models are rather difficult to handle and require quite large series of data, the authors proposed a more simple modelling approach, which is capable of examining the effects of global warming. This approach includes weather dependent simulation modelling of the seasonal dynamics of aquatic organisms within a simplified framework.