1000 resultados para Controllo attivo, sovralimentazione, motori aeronautici


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La mostra è diventata un nuovo paradigma della cultura contemporanea. Sostenuta da proprie regole e da una grammatica complessa produce storie e narrazioni. La presente ricerca di dottorato si struttura come un ragionamento critico sulle strategie del display contemporaneo, tentando di dimostrare, con strumenti investigativi eterogenei, assumendo fonti eclettiche e molteplici approcci disciplinari - dall'arte contemporanea, alla critica d'arte, la museologia, la sociologia, l'architettura e gli studi curatoriali - come il display sia un modello discorsivo di produzione culturale con cui il curatore si esprime. La storia delle esposizioni del XX secolo è piena di tentativi di cambiamento del rapporto tra lo sviluppo di pratiche artistiche e la sperimentazione di un nuovo concetto di mostra. Nei tardi anni Sessanta l’ingresso, nella scena dell’arte, dell’area del concettuale, demolisce, con un azzeramento radicale, tutte le convenzioni della rappresentazione artistica del dopoguerra, ‘teatralizzando’ il medium della mostra come strumento di potere e introducendo un nuovo “stile di presentazione” dei lavori, un display ‘dematerializzato” che rovescia le classiche relazioni tra opera, artista, spazio e istituzione, tra un curatore che sparisce (Siegelaub) e un curatore super-artista (Szeemann), nel superamento del concetto tradizionale di mostra stessa, in cui il lavoro del curatore, in quanto autore creativo, assumeva una propria autonomia strutturale all’interno del sistema dell’arte. Lo studio delle radici di questo cambiamento, ossia l’emergere di due tipi di autorialità: il curatore indipendente e l’artista che produce installazioni, tra il 1968 e il 1972 (le mostre di Siegelaub e Szeemann, la mimesi delle pratiche artistiche e curatoriali di Broodthaers e la tensione tra i due ruoli generata dalla Critica Istituzionale) permette di inquadrare teoricamente il fenomeno. Uno degli obbiettivi della ricerca è stato anche affrontare la letteratura critica attraverso una revisione/costruzione storiografica sul display e la storia delle teorie e pratiche curatoriali - formalizzata in modo non sistematico all'inizio degli anni Novanta, a partire da una rilettura retrospettiva della esperienze delle neoavanguardie – assumendo materiali e metodologie provenienti, come già dichiarato, da ambiti differenti, come richiedeva la composizione sfaccettata e non fissata dell’oggetto di studio, con un atteggiamento che si può definire comparato e post-disciplinare. Il primo capitolo affronta gli anni Sessanta, con la successione sistematica dei primi episodi sperimentali attraverso tre direzioni: l’emergere e l’affermarsi del curatore come autore, la proliferazione di mostre alternative che sovvertivano il formato tradizionale e le innovazioni prodotte dagli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale. Esponendo la smaterializzazione concettuale, Seth Siegelaub, gallerista, critico e impresario del concettuale, ha realizzato una serie di mostre innovative; Harald Szeemann crea la posizione indipendente di exhibition maker a partire When attitudes become forms fino al display anarchico di Documenta V; gli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale, soprattutto Marcel Broodhthears col suo Musée d’Art Moderne, Départment des Aigles, analizzano la struttura della logica espositiva come opera d’arte. Nel secondo capitolo l’indagine si sposta verso la scena attivista e alternativa americana degli anni Ottanta: Martha Rosler, le pratiche community-based di Group Material, Border Art Workshop/Taller de Arte Fronterizo, Guerrilla Girls, ACT UP, Art Workers' Coalition che, con proposte diverse elaborano un nuovo modello educativo e/o partecipativo di mostra, che diventa anche terreno del confronto sociale. La mostra era uno svincolo cruciale tra l’arte e le opere rese accessibili al pubblico, in particolare le narrazioni, le idee, le storie attivate, attraverso un originale ragionamento sulle implicazioni sociali del ruolo del curatore che suggeriva punti di vista alternativi usando un forum istituzionale. Ogni modalità di display stabiliva relazioni nuove tra artisti, istituzioni e audience generando abitudini e rituali diversi per guardare la mostra. Il potere assegnato all’esposizione, creava contesti e situazioni da agire, che rovesciavano i metodi e i formati culturali tradizionali. Per Group Material, così come nelle reading-room di Martha Rosler, la mostra temporanea era un medium con cui si ‘postulavano’ le strutture di rappresentazione e i modelli sociali attraverso cui, regole, situazioni e luoghi erano spesso sovvertiti. Si propongono come artisti che stanno ridefinendo il ruolo della curatela (significativamente scartano la parola ‘curatori’ e si propongono come ‘organizzatori’). La situazione cambia nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. Oltre agli sconvolgimenti geopolitici, la fine della guerra fredda e dell’ideologia, l’apertura ai flussi e gli scambi conseguenti al crollo delle frontiere, i profondi e drammatici cambiamenti politici che coinvolgono l’Europa, corrispondono al parallelo mutamento degli scenari culturali e delle pratiche espositive. Nel terzo capitolo si parte dall’analisi del rapporto tra esposizioni e Late Capitalist Museum - secondo la definizione di Rosalind Krauss - con due mostre cruciali: Le Magiciens de la Terre, alle origini del dibattito postcoloniale e attraverso il soggetto ineffabile di un’esposizione: Les Immatériaux, entrambe al Pompidou. Proseguendo nell’analisi dell’ampio corpus di saggi, articoli, approfondimenti dedicati alle grandi manifestazioni internazionali, e allo studio dell’espansione globale delle Biennali, avviene un cambiamento cruciale a partire da Documenta X del 1997: l’inclusione di lavori di natura interdisciplinare e la persistente integrazione di elementi discorsivi (100 days/100 guests). Nella maggior parte degli interventi in materia di esposizioni su scala globale oggi, quello che viene implicitamente o esplicitamente messo in discussione è il limite del concetto e della forma tradizionale di mostra. La sfida delle pratiche contemporanee è non essere più conformi alle tre unità classiche della modernità: unità di tempo, di spazio e di narrazione. L’episodio più emblematico viene quindi indagato nel terzo capitolo: la Documenta X di Catherine David, il cui merito maggiore è stato quello di dichiarare la mostra come format ormai insufficiente a rappresentare le nuove istanze contemporanee. Le quali avrebbero richiesto - altrimenti - una pluralità di modelli, di spazi e di tempi eterogenei per poter divenire un dispositivo culturale all’altezza dei tempi. La David decostruisce lo spazio museale come luogo esclusivo dell’estetico: dalla mostra laboratorio alla mostra come archivio, l’evento si svolge nel museo ma anche nella città, con sottili interventi di dissimulazione urbana, nel catalogo e nella piattaforma dei 100 giorni di dibattito. Il quarto capitolo affronta l’ultima declinazione di questa sperimentazione espositiva: il fenomeno della proliferazione delle Biennali nei processi di globalizzazione culturale. Dalla prima mostra postcoloniale, la Documenta 11 di Okwui Enwezor e il modello delle Platforms trans-disciplinari, al dissolvimento dei ruoli in uno scenario post-szeemanniano con gli esperimenti curatoriali su larga scala di Sogni e conflitti, alla 50° Biennale di Venezia. Sono analizzati diversi modelli espositivi (la mostra-arcipelago di Edouard Glissant; il display in crescita di Zone of Urgency come estetizzazione del disordine metropolitano; il format relazionale e performativo di Utopia Station; il modello del bric à brac; la “Scuola” di Manifesta 6). Alcune Biennali sono state sorprendentemente autoriflessive e hanno consentito un coinvolgimento più analitico con questa particolare forma espressiva. Qual è l'impatto sulla storia e il dibattito dei sistemi espositivi? Conclusioni: Cos’è la mostra oggi? Uno spazio sotto controllo, uno spazio del conflitto e del dissenso, un modello educativo e/o partecipativo? Una piattaforma, un dispositivo, un archivio? Uno spazio di negoziazione col mercato o uno spazio di riflessione e trasformazione? L’arte del display: ipotesi critiche, prospettive e sviluppi recenti.

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L’obiettivo di questa tesi è il progetto di un convertitore di potenza di tipo low power da applicare a sorgenti fotovoltaiche in regime di basso irraggiamento. Il convertitore implementa un controllo con inseguimento del punto di massima potenza (maximum power point tracking) della caratteristica della sorgente fotovoltaica. Una prima parte è dedicata allo studio delle possibilità esistenti in materia di convertitori e di algoritmi di MPPT. Successivamente, in base alle specifiche di progetto è stata selezionata una combinazione ottimale per l'architettura del convertitore di potenza in grado di bilanciare efficienza dell'algoritmo di controllo e requisiti intrinseci di potenza.

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Progetto meccanico di manipolatore a sei gradi di libertà e progetto, implementazione e collaudo dei sistemi preposti al comando, al controllo e all’attuazione del manipolatore. Per il controllo dei movimenti del braccio robotico viene utilizzato un puntatore nel quale è integrato un led ad infrarossi attivabile tramite pulsante. Il segnale relativo alla posizione che deve assumere il braccio articolato viene indirizzato, sempre in ambiente Labview, ad una scheda di controllo dei servomotori adibiti alla movimentazione del manipolatore. Al fine di verificare la precisione e la ripetibilità del sistema progettato sono state effettuate 60 misure dell’errore di posizionamento dei servomotori.

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Numerosi studi hanno mostrato come i meccanismi epigenetici di regolazione della cromatina svolgano un ruolo centrale nel controllare la trascrizione genica. E’ stato infatti dimostrato che complessi inibitori come SWI/SNF e gli enzimi ad esso associati quali istone deacetilasi (HDAC) e protein arginin-metiltrasferasi (PRMT), siano coinvolti nel controllo della crescita, differenziazione e proliferazione cellulare. Diversi studi hanno mostrato come i meccanismi epigenetici di controllo della trascrizione genica svolgano un ruolo di primo piano nel promuovere la sopravvivenza cellulare in leucemie/linfomi di derivazione dai linfociti B come la leucemia linfatica cronica, il linfoma mantellare ed i linfomi associati al virus di Epstein-Barr (EBV). Tuttavia, molto poco e’ conosciuto circa i meccanismi epigenetici di controllo della trascrizione che divengono operativi e che contribuiscono al processo di trasformazione dei linfociti B. PRMT5 e’ un enzima che di-metila specificamente residui argininici sugli istoni (H) 3 (H3R8) ed 4 (H4R3). PRMT5 ed HDAC lavorano in concerto per reprimere la trascrizione di specifici geni oncosoppressori. In questo progetto sono stati studiati i meccanismi e le conseguenze dell’iperespressione di PRMT5 durante il processo di trasformazione dei linfociti B indotto da EBV, e’ stata dimostrata l’importanza di questo enzima nel processo di trasformazione, e sono stati studiati nuovi metodi per inibirne l’espressione/attivita’. In particolare si e’ dimostrato che l’espressione di PRMT5 e’ ridotta o assente in linfociti B normali (o attivati da stimoli fisiologici) ed elevata in linee cellulari linfoblastoidi immortalizzate o completamente trasformate. Elevati livelli citosolici di PRMT5 sono detectabili dopo 4 giorni dall’infezione di linfociti B normali con EBV, PRMT5 e’ detectabile a livello nucleare, dove esercita la sua funzione repressoria la trascrizione, a partire dal giorno 8. L’utilizzo di specifici small interference RNAs (siRNA) in linee cellulari linfoblastoidi ha permesso di dimostrare la riduzione dell’espressione di PRMT5, la riduzione della metilazione degli istoni target di PRMT5, inibizione della proliferazione cellulare e abbassamento della soglia di sensibilita’ cellulare a stimoli pro-apoptotici. Esperimenti di co-immunoprecipitazione cromatinica hanno permesso di evidenziare che in queste cellule PRMT5 e’ parte di un complesso proteico a funzione inibitoria e che questo complesso si lega alla regione promotrice di specifici geni oncosoppressori quali ST7, GAS e NM23, inibendone la trascrizione. Si e’ inoltre provveduto a sviluppare una categoria di inibitori allosterici di PRMT5: l’attivita’ terapeutica/la specificita’ in vitro e la modalita’ di somministrazione ottimale in modelli murini di linfoma non-Hodgkin, sono in corso di valutazione.

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La tematica del presente scritto è l’analisi teorico-sperimentale del sistema edificio-impianto, che è funzione delle soluzioni progettuali adottate, dei componenti scelti e del tipo di conduzione prevista. La Direttiva 2010/31/CE sulle prestazioni energetiche degli edifici, entrata in vigore l’8 luglio 2010, pubblicata sulla Gazzetta Europea del 18 giugno 2010, sostituirà, dal 1º febbraio 2012, la direttiva 2002/91/CE. La direttiva prevede che vengano redatti piani nazionali destinati ad aumentare il numero di “edifici a energia quasi zero” e che entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere “edifici a energia quasi zero”, per gli edifici pubblici questa scadenza è anticipata al 31 dicembre 2018. In questa prospettiva sono stati progettati due “edifici a energia quasi zero”, una villa monofamiliare e un complesso scolastico (scuola dell’infanzia, elementare, media inferiore) attualmente in via di realizzazione, con l’obiettivo principale di fornire un caso studio unico per ogni tipologia in quanto anche modulare e replicabile nella realtà del nostro territorio, che anticipano gli obiettivi fissati dalla Direttiva 2010/31/CE. I risultati ottenibili dai suddetti progetti, esposti nella tesi, sono il frutto di un attenta e proficua progettazione integrata, connubio tra progettazione architettonica ed energetico/impiantistica. La stessa progettazione ha esaminato le tecnologie, i materiali e le soluzioni tecniche “mirate” ai fini del comfort ambientale e di un’elevata prestazione energetica dell’edificio. Inoltre è stato dedicato ampio rilievo alla diagnosi energetica degli edifici esistenti attraverso 4 casi studio, i principali svolti durante i tre anni di dottorato di ricerca, esemplari del patrimonio edilizio italiano. Per ogni caso studio è stata condotta una diagnosi energetica dell’edificio, valutati i risultati e definita la classe energetica, ed in seguito sono stati presi in considerazione i possibili interventi migliorativi sia da un punto di vista qualitativo sia economico tenendo conto degli incentivi statali per l’incremento dell’efficienza energetica.

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In ambito oncologico il dolore affligge la maggior parte dei pazienti (incidenza riportata dal 53 al 90%), in tutte le fasi della malattia: nonostante l’esistenza di Linee Guida (OMS), l’attuale “undertreatment” del sintomo dolore oncologico, legato a un inappropriato uso degli oppioidi, in Italia raggiunge stime fino al 40% dei casi. Segnalazioni recenti sul consumo degli oppioidi in Italia riportano un aumento imputabile a un solo farmaco (fentanil TTS), il che suggerisce un comportamento prescrittivo inappropriato. Letteratura in merito alle valutazioni di efficacia delle terapie di controllo del dolore sia in fase iniziale – quando la terapia medica oncologica è attiva- sia in fase avanzata di malattia – quando il controllo del dolore si configura come una delle principali terapie di supporto- è ormai disponibile , con un buon livello di affidabilità. Quello che è necessario è aumentare la capacità del Servizio Sanitario di trasferire nella pratica clinica e assistenziale i risultati della ricerca sulla efficacia delle cure. Questi i quesiti ai quali la ricerca ha inteso rispondere: a. Le competenze globalmente espresse dal servizio sanitario dell’Emilia Romagna sono adeguate per consentire un tempestivo, globale, appropriato ed efficace controllo del dolore oncologico, in tutte le fasi della malattia e lungo tutto il percorso di assistenza si a domiciliare che ospedaliero, per tutti i malati che ne hanno bisogno? b. Quali raccomandazioni possiamo fornire, basate sulle evidenze di efficacia, a clinici e gestori per migliorare l’identificazione del bisogno, la scelta del trattamento, il suo monitoraggio, la possibilità di garantirne l’accesso e la disponibilità non solo in ospedale ma anche a domicilio? c. Quale efficacia hanno dimostrato i percorsi di formazione relativi al riconoscimento e al controllo del dolore messi in atto finora? d. Quali percorsi possono essere raccomandati per mettere a disposizione dei cittadini le conoscenze scientifiche sul controllo del dolore oncologico?

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Il Cloud computing è probabilmente l'argomento attualmente più dibattuto nel mondo dell'Information and Communication Technology (ICT). La diffusione di questo nuovo modo di concepire l'erogazione di servizi IT, è l'evoluzione di una serie di tecnologie che stanno rivoluzionando le modalit à in cui le organizzazioni costruiscono le proprie infrastrutture informatiche. I vantaggi che derivano dall'utilizzo di infrastrutture di Cloud Computing sono ad esempio un maggiore controllo sui servizi, sulla struttura dei costi e sugli asset impiegati. I costi sono proporzionati all'eettivo uso dei servizi (pay-per-use), evitando dunque gli sprechi e rendendo più efficiente il sistema di sourcing. Diverse aziende hanno già cominciato a provare alcuni servizi cloud e molte altre stanno valutando l'inizio di un simile percorso. La prima organizzazione a fornire una piattaforma di cloud computing fu Amazon, grazie al suo Elastic Computer Cloud (EC2). Nel luglio del 2010 nasce OpenStack, un progetto open-source creato dalla fusione dei codici realizzati dall'agenzia governativa della Nasa[10] e dell'azienda statunitense di hosting Rackspace. Il software realizzato svolge le stesse funzioni di quello di Amazon, a differenza di questo, però, è stato rilasciato con licenza Apache, quindi nessuna restrizione di utilizzo e di implementazione. Oggi il progetto Openstack vanta di numerose aziende partner come Dell, HP, IBM, Cisco, e Microsoft. L'obiettivo del presente elaborato è quello di comprendere ed analizzare il funzionamento del software OpenStack. Il fine principale è quello di familiarizzare con i diversi componenti di cui è costituito e di concepire come essi interagiscono fra loro, per poter costruire infrastrutture cloud del tipo Infrastructure as a service (IaaS). Il lettore si troverà di fronte all'esposizione degli argomenti organizzati nei seguenti capitoli. Nel primo capitolo si introduce la definizione di cloud computing, trattandone le principali caratteristiche, si descrivono poi, i diversi modelli di servizio e di distribuzione, delineando vantaggi e svantaggi che ne derivano. Nel secondo capitolo due si parla di una delle tecnologie impiegate per la realizzazione di infrastrutture di cloud computing, la virtualizzazione. Vengono trattate le varie forme e tipologie di virtualizzazione. Nel terzo capitolo si analizza e descrive in dettaglio il funzionamento del progetto OpenStack. Per ogni componente del software, viene illustrata l'architettura, corredata di schemi, ed il relativo meccanismo. Il quarto capitolo rappresenta la parte relativa all'installazione del software e alla configurazione dello stesso. Inoltre si espongono alcuni test effettuati sulla macchina in cui è stato installato il software. Infine nel quinto capitolo si trattano le conclusioni con le considerazioni sugli obiettivi raggiunti e sulle caratteristiche del software preso in esame.

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The general aim of this work is to contribute to the energy performance assessment of ventilated façades by the simultaneous use of experimental data and numerical simulations. A significant amount of experimental work was done on different types of ventilated façades with natural ventilation. The measurements were taken on a test building. The external walls of this tower are rainscreen ventilated façades. Ventilation grills are located at the top and at the bottom of the tower. In this work the modelling of the test building using a dynamic thermal simulation program (ESP-r) is presented and the main results discussed. In order to investigate the best summer thermal performance of rainscreen ventilated skin façade a study for different setups of rainscreen walls was made. In particular, influences of ventilation grills, air cavity thickness, skin colour, skin material, orientation of façade were investigated. It is shown that some types of rainscreen ventilated façade typologies are capable of lowering the cooling energy demand of a few percent points.

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A partire dallo studio del masterplan di progetto urbano dello studio Mbm di Bohigas, per la riqualificazione del quadrante Nord-Ovest della città di Parma, viene formulata una proposta alternativa con l'approfondimento di un lotto adiacente al Torrente Parma. Si sviluppa il progetto di un edificio polifunzionale a contatto con il parco urbano e con il parco fluviale, di una piazza e di una passerella ciclopedonale che congiunge le sponde del torrente Parma. la progettazione segue i temi della sostenibilità e del risparmio energetico con l'impiego di sistemi solari, facciata ventilata, sistemi geoterici e fitodepurazione. Si approfondiscono temi quali i sistemi di controllo dell' edificio e la domotica, volti al risparmio energetico, di gestione e alla sicurezza. Le conclusioni volgono lo sguardo alla situazione del mercato nazionale e europeo in termini di valutazione del valore dell'immobile e della sua commerciabilità.

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L’argomento scelto riguarda l’adozione di standard privati da parte di imprese agro-alimentari e le loro conseguenze sulla gestione globale dell’azienda. In particolare, lo scopo di questo lavoro è quello di valutare le implicazioni dovute all’adozione del BRC Global Standard for Food Safety da parte delle imprese agro-alimentari italiane. La valutazione di tale impatto è basata sulle percezioni dei responsabili aziendali in merito ad aspetti economici, gestionali, commerciali, qualitativi, organizzativi. La ricerca ha seguito due passaggi fondamentali: innanzitutto sono state condotte 7 interviste in profondità con i Responsabili Qualità (RQ) di aziende agro-alimentari italiane certificate BRC Food. Le variabili estrapolate dall’analisi qualitativa del contenuto delle interviste sono state inserite, insieme a quelle rilevate in letteratura, nel questionario creato per la successiva survey. Il questionario è stato inviato tramite e-mail e con supporto telefonico ad un campione di aziende selezionato tramite campionamento random. Dopo un periodo di rilevazione prestabilito, sono stati compilati 192 questionari. L’analisi descrittiva dei dati mostra che i RQ sono in buona parte d’accordo con le affermazioni riguardanti gli elementi d’impatto. Le affermazioni maggiormente condivise riguardano: efficienza del sistema HACCP, efficienza del sistema di rintracciabilità, procedure di controllo, formazione del personale, miglior gestione delle urgenze e non conformità, miglior implementazione e comprensione di altri sistemi di gestione certificati. Attraverso l’analisi ANOVA fra variabili qualitative e quantitative e relativo test F emerge che alcune caratteristiche delle aziende, come l’area geografica, la dimensione aziendale, la categoria di appartenenza e il tipo di situazione nei confronti della ISO 9001 possono influenzare differentemente le opinioni degli intervistati. Successivamente attraverso un’analisi fattoriale sono stati estratti 8 fattori partendo da un numero iniziale di 28 variabili. Sulla base dei fattori è stata applicata la cluster analysis di tipo gerarchico che ha portato alla segmentazione del campione in 5 gruppi diversi. Ogni gruppo è stato interpretato sulla base di un profilo determinato dal posizionamento nei confronti dei vari fattori. I risultati oltre ad essere stati validati attraverso focus group effettuati con ricercatori ed operatori del settore, sono stati supportati anche da una successiva indagine qualitativa condotta presso 4 grandi retailer inglesi. Lo scopo di questa successiva indagine è stato quello di valutare l’esistenza di opinioni divergenti nei confronti dei fornitori che andasse quindi a sostenere l’ipotesi di un problema di asimmetria informativa che nonostante la presenza di standard privati ancora sussiste nelle principali relazioni contrattuali. Ulteriori percorsi di ricerca potrebbero stimare se la valutazione dell’impatto del BRC può aiutare le aziende di trasformazione nell’implementazione di altri standard di qualità e valutare quali variabili possono influenzare invece le percezioni in termini di costi dell’adozione dello standard.

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Il territorio di Ferrara è caratterizzata da un’area ad elevata concentrazione di stabilimenti a rischio di incidente rilevante e dalla movimentazione di ingenti quantitativi di sostanze pericolose sulla rete stradale, ferroviaria ed in condotta. Basti pensare che nel solo Comune di Ferrara sono ben 5 le aziende che, per tipologia e quantità di sostanze presenti, rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. 334/99 (“Attuazione delle direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”). Per questo motivo, il 24 febbraio 2012 è stato sottoscritto a Ferrara il protocollo d’intesa per l’avvio dello Studio di Sicurezza Integrato d’Area (SSIA) del polo chimico ferrarese da parte della Regione Emilia Romagna, dell’Agenzia Regionale di Protezione Civile, del Comune e della Provincia di Ferrara, dell’Ufficio Territoriale del Governo, della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco, dell’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente e delle stesse aziende del polo chimico. L’Università di Bologna, tramite il Dipartimento di Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali presso il quale è stato svolto il presente lavoro di tesi, prende parte al Consiglio Scientifico ed al Comitato Tecnico del SSIA, aventi funzioni di direzione e di gestione operativa della ricerca. Il progetto è modellato sulla precedente esperienza realizzata in regione per il polo industriale di Ravenna (progetto ARIPAR), la cui validità è stata ampiamente riconosciuta a livello nazionale ed internazionale. L’idea alla base dello studio deriva dal fatto che per avere un quadro della situazione in un’area così complessa, è necessario non solo valutare l’insieme dei rischi presenti, ma anche le loro correlazioni e le conseguenze sul territorio di riferimento. In un’analisi di rischio d’area risulta di primaria importanza l’analisi della vulnerabilità del territorio circostante il sito industriale, in quanto scenari attesi di danno di pari severità assumono una differente valenza in relazione all’effettiva presenza di bersagli nell’area di interesse. Per tale motivo il presente lavoro di tesi ha avuto l’obiettivo di istruire il censimento della vulnerabilità del territorio di Ferrara, con riferimento ai bersagli “uomo”, “ambiente” e “beni materiali”. In primo luogo si è provveduto, sulla base delle distanze di danno degli scenari incidentali attesi, a definire l’estensione dell’area in cui effettuare il censimento. Successivamente si è approfondito il censimento della vulnerabilità del bersaglio “uomo”, prendendo in considerazione sia la popolazione residente, sia i centri di vulnerabilità localizzati all’interno dell’area potenzialmente interessata da incidenti rilevanti. I centri di vulnerabilità non sono altro che luoghi ad elevata densità di persone (ad esempio scuole, ospedali, uffici pubblici, centri commerciali), spesso caratterizzati da una maggiore difficoltà di evacuazione, sia per l’elevato numero di persone presenti sia per la ridotta mobilità delle stesse. Nello specifico si è proceduto alla creazione di un database (grazie all’utilizzo del software ArcView GIS 3.2) di tutti i centri di vulnerabilità presenti, ai quali è stato possibile associare una precisa localizzazione territoriale ed altri dati di carattere informativo. In una fase successiva dello SSIA sarà possibile associare ai centri di vulnerabilità le relative categorie di popolazione, indicando per ciascuna il numero dei presenti. I dati inseriti nel database sono stati forniti in massima parte dal Comune di Ferrara e, in misura più limitata, dall’Agenzia Regionale di Protezione Civile e dalla Camera di Commercio. Presentando spesso tali dati un’aggregazione diversa da quella necessaria ai fini dello SSIA, è stato necessario un intenso lavoro di analisi, di depurazione e di riaggregazione allo scopo di renderli disponibili in una forma fruibile per lo SSIA stesso. Da ultimo si è effettuata una valutazione preliminare della vulnerabilità dei bersagli “ambiente” e “beni materiali”. Per quanto riguarda l’ambiente, si sono messe in luce le aree sottoposte a vincoli di tutela naturalistica e quindi particolarmente vulnerabili in caso di un rilascio accidentale di sostanze pericolose. Per il bersaglio “beni materiali”, non essendo stato possibile reperire dati, si è sono evidenziate le categorie di beni da censire. In conclusione, è possibile affermare che lo studio effettuato in questo lavoro di tesi, ha consentito non solo di conseguire l’obiettivo inizialmente stabilito – l’istruzione del censimento della vulnerabilità del territorio di Ferrara - ma ha contribuito anche alla definizione di una metodologia per il censimento di aree vaste che potrà essere utilmente applicata ad altre zone del territorio nazionale.

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Questa tesi parte da un evento “minore” della storia del XIX secolo per tendere, poi, ad alcuni obiettivi particolari. L’evento è costituito da uno strano funerale postumo, quello di Piero Maroncelli, carbonaro finito alla Spielberg, graziato, poi emigrato in Francia e in America, il cui corpo viene sepolto a New York nell’estate del 1846. Quarant’anni dopo, nel 1886, i resti di Maroncelli vengono esumati e – attraverso una “trafila” particolare, di cui è protagonista la Massoneria, da una sponda all’altra dell’Atlantico – solennemente trasferiti nella città natale di Forlì, dove vengono collocati nel pantheon del cimitero monumentale, inaugurato per l’occasione. Gli eventi celebrativi che si consumano a New York e a Forlì sono molto diversi fra loro, anche se avvengono quasi in contemporanea e sotto regie politiche ispirate dal medesimo radicalismo anticlericale. E’ chiaro che Maroncelli è un simbolo e un pretesto: simbolo di un’italianità transnazionale, composta di un “corpo” in transito, fuori dello spazio nazionale, ma appartenente alla patria (quella grande e quella piccola); pretesto per acquisire e rafforzare legami politici, mercè mobilitazioni di massa in un caso fondate sul festival, sulla festa en plein air, nell’altro sui rituali del cordoglio per i “martiri” dell’indipendenza. L’opportunità di comparare questi due contesti – l’Italia, colta nella sua periferia radicale e la New York della Tammany Hall -, non sulla base di ipotesi astratte, ma nella concretezza di un “caso di studio” reale e simultaneo, consente di riflettere sulla pervasività dell’ideologia democratica nella sua accezione ottocentesca, standardizzata dalla Massoneria, e, d’altro canto, sui riti del consenso, colti nelle rispettive tipicità locali. Un gioco di similitudini e di dissomiglianze, quindi. Circa gli obiettivi particolari – al di là della ricostruzione del “caso” Maroncelli -, ho cercato di sondare alcuni temi, proponendone una ricostruzione in primo luogo storiografica. Da un lato, il tema dell’esilio e del trapianto delle esperienze di vita e di relazione al di fuori del proprio contesto d’origine. Maroncelli utilizza, come strumento di identitario e di accreditamento, il fourierismo; la generazione appena successiva alla sua, grazie alla Giovine Italia, possiede già un codice interno, autoctono, cui fare riferimento; alla metà degli anni Cinquanta, ad esso si affiancherà, con successo crescente, la lettura “diplomatica” di ascendenza sabauda. Dall’altro, ho riflettuto sull’aspetto legato ai funerali politici, al cordoglio pubblico, al trasferimento postumo dei corpi. La letteratura disponibile, al riguardo, è assai ricca, e tale da consentire una precisa classificazione del “caso” Maroncelli all’interno di una tipologia della morte laica, ben delineata nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento. E poi, ancora, ho preso in esame le dinamiche “festive” e di massa, approfondendo quelle legate al mondo dell’emigrazione italiana a Mew York, così distante nel 1886 dall’élite colta di quarant’anni prima, eppure così centrale per il controllo politico della città. Dinamiche alle quali fa da contrappunto, sul versante forlivese, la visione del mondo radicale e massonico locale, dominato dalla figura di Aurelio Saffi e dal suo tentativo di plasmare un’immagine morale e patriottica della città da lasciare ai posteri. Quasi un’ossessione, per il vecchio triumviro della Repubblica romana (morirà nel 1890), che interviene sulla toponomastica, sull’edilizia cemeteriale, sui pantheon civico, sui “ricordi” patriottici. Ho utilizzato fonti secondarie e di prima mano. Anche sulle prime, quantitativamente assai significative, mi sono misurata con un lavoro di composizione e di lettura comparata prima mai tentato. La giustapposizione di chiavi di lettura apparentemente distanti, ma giustificate dalla natura proteiforme e complicata del nostro “caso”, apre, a mio giudizio, interessanti prospettive di ricerca. Circa le fonti di prima mano, ho attinto ai fondi disponibili su Maroncelli presso la Biblioteca comunale di Forlì, alle raccolte del Grande Oriente d’Italia a Roma, a periodici italoamericani assai rari, sparsi in diverse biblioteche italiane, da Milano a Roma. Mi rendo conto che la quantità dei materiali reperiti, sovente molto eterogenei, avrebbero imposto una lettura delle fonti più accurata di quella che, in questa fase della ricerca, sono riuscita a condurre. E’ vero, però, che le suggestioni già recuperabili ad un’analisi mirata al contenuto principale – le feste, la propaganda, il cordoglio – consentono la tessitura di una narrazione non forzata, nella quale il ricordo della Repubblica romana viaggia da una sponda all’altra dell’Atlantica, insieme ai resti di Maroncelli; nella quale il rituale massonico funge da facilitatore e da “mediatore culturale”; nella quale, infine, il linguaggio patriottico e la koinè democratica trans-nazionale riescono incredibilmente a produrre o a incarnare identità. Per quanto tempo? La risposta, nel caso forlivese, è relativamente facile; in quello della “colonia” italiana di New York, presto alterata nella sua connotazione demografica dalla grande emigrazione transoceanica, le cose appaiono più complesse. E, tuttavia, nel 1911, cinquantesimo dell’Unità, qualcuno, nella grande metropoli americana, si sarebbe ricordato di Maroncelli, sia pure in un contesto e con finalità del tutto diverse rispetto al 1886: segno che qualcosa, sotto traccia, era sopravvissuto.

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The assessment of the RAMS (Reliability, Availability, Maintainability and Safety) performances of system generally includes the evaluations of the “Importance” of its components and/or of the basic parameters of the model through the use of the Importance Measures. The analytical equations proposed in this study allow the estimation of the first order Differential Importance Measure on the basis of the Birnbaum measures of components, under the hypothesis of uniform percentage changes of parameters. The aging phenomena are introduced into the model by assuming exponential-linear or Weibull distributions for the failure probabilities. An algorithm based on a combination of MonteCarlo simulation and Cellular Automata is applied in order to evaluate the performance of a networked system, made up of source nodes, user nodes and directed edges subjected to failure and repair. Importance Sampling techniques are used for the estimation of the first and total order Differential Importance Measures through only one simulation of the system “operational life”. All the output variables are computed contemporaneously on the basis of the same sequence of the involved components, event types (failure or repair) and transition times. The failure/repair probabilities are forced to be the same for all components; the transition times are sampled from the unbiased probability distributions or it can be also forced, for instance, by assuring the occurrence of at least a failure within the system operational life. The algorithm allows considering different types of maintenance actions: corrective maintenance that can be performed either immediately upon the component failure or upon finding that the component has failed for hidden failures that are not detected until an inspection; and preventive maintenance, that can be performed upon a fixed interval. It is possible to use a restoration factor to determine the age of the component after a repair or any other maintenance action.

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Le leghe di alluminio da fonderia rivestono un ruolo fondamentale in ambito industriale e in particolare il settore dei trasporti ha notevolmente incrementato il loro impiego per la realizzazione di componenti strutturali. Al fine di aumentare ulteriormente la resistenza specifica, tali leghe possono essere impiegate come matrici per lo sviluppo di compositi (Metal Matrix Composites, MMCs), le cui fasi di rinforzo possono avere diversa composizione, forma e dimensione. In particolare, nel caso di rinforzo particellare, più le particelle sono piccole e finemente disperse nella matrice, più elevato può essere l’incremento delle prestazioni meccaniche. In quest’ottica, la ricerca ha portato allo sviluppo dapprima di compositi caratterizzati da un rinforzo micrometrico e, in anni recenti, si sta concentrando sul rinforzo nanometrico (Metal Matrix Nano Composites, MMNCs). I nano-compositi possono essere ottenuti attraverso metodologie differenti: tecniche in situ, in cui il rinforzo viene generato all’interno della matrice attraverso opportune reazioni chimiche, e tecniche ex situ, in cui i dispersoidi vengono inseriti nella matrice fusa, una volta già formati. Sebbene l’incremento prestazionale ottenibile da tali materiali sia stato dimostrato, è necessario far fronte ad alcune problematiche connesse a ciascuna tecnologia produttiva quali, ad esempio, il controllo dei parametri di processo, per quanto riguarda le tecniche in situ, e l’ottenimento di una efficace dispersione delle nano-particelle all’interno della matrice, nel caso delle metodologie ex-situ. Lo scopo della presente attività di tesi è lo studio di fattibilità, basato anche su un’ampia indagine bibliografica, e l’implementazione di metodologie produttive, su scala di laboratorio, volte allo sviluppo di MMNCs a matrice in lega di alluminio (A356, Al-Si-Mg). L’interesse è stato posto in primo luogo sul processo in situ di gas bubbling, mirato all’ottenimento di rinforzo d’allumina, indotto dalla reazione tra matrice metallica e gas ossidante (in questo caso aria secca industriale). In secondo luogo, dal punto di vista delle tecniche ex situ, è stato approfondito l’aspetto della dispersione delle particelle di rinforzo nel fuso, prestando particolare attenzione alla tecnica di trattamento ultrasonico del metallo.