505 resultados para ovulation
Resumo:
The very low density lipoprotein (VLDL) receptor is a recently cloned member of the low density lipoprotein (LDL) receptor family that mediates the binding and uptake of VLDL when overexpressed in animal cells. Its sequence is 94% identical in humans and rabbits and 84% identical in humans and chickens, implying a conserved function. Its high level expression in muscle and adipose tissue suggests a role in VLDL triacylglycerol delivery. Mutations in the chicken homologue cause female sterility, owing to impaired VLDL and vitellogenin uptake during egg yolk formation. We used homologous recombination in mouse embryonic stem cells to produce homozygous knockout mice that lack immunodetectable VLDL receptors. Homozygous mice of both sexes were viable and normally fertile. Plasma levels of cholesterol, triacylglycerol, and lipoproteins were normal when the mice were fed normal, high-carbohydrate, or high-fat diets. The sole abnormality detected was a modest decrease in body weight, body mass index, and adipose tissue mass as determined by the weights of epididymal fat pads. We conclude that the VLDL receptor is not required for VLDL clearance from plasma or for ovulation in mice.
Resumo:
L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
Resumo:
O objetivo do experimento I foi avaliar a redução do tempo de permanência do dispositivo de P4 de 9 para 7 dias sob parâmetros reprodutivos de vacas Nelore. Foram utilizadas 674 vacas lactantes entre 40-60 dias pós parto que receberam no início do protocolo (d0) BE + CIDR. No momento da retirada do CIDR foi administrado PGF2 α, ECP e eCG. A IATF ocorreu 55 e 48 horas após a retirada do dispositivo nos tratamentos 7d-CIDR e 9d-CIDR, respectivamente. Dez dias após a IA foi realizada colheita de sangue para dosagem de P4 sérica e confirmação da ovulação. Vacas tratadas com 7d-CIDR apresentaram menor (p < 0,01) folículo ovulatório em relação ao 9d-CIDR. No entanto, a concentração de P4 pós-IA, taxas de ovulação, detecção de estro e prenhez não foram influenciadas pelo tempo de permanência do CIDR. Assim, o uso do CIDR por 7 dias promoveu desempenho reprodutivo semelhante em vacas Nelore comparado ao protocolo com 9 dias. O experimento II teve o objetivo de avaliar os efeitos da reutilização do CIDR por até 35 dias de uso em vacas e 42 dias em novilhas Nelore. Utilizou-se 749 vacas lactantes 40-60 dias pós parto e 92 novilhas púberes. No d0 os animais receberam BE + CIDR novo (CIDR1) ou previamente usado por 7 (CIDR2), 14 (CIDR3), 21 (CIDR4), 28 (CIDR5) e 35 (CIDR6) dias. No momento da retirada do CIDR (d7) foi administrado PGF2 α, ECP, eCG e exame de US para mensuração do maior folículo (FD), além de colheita de sangue para dosagem de P4. A IATF ocorreu 55 horas após a retirada do dispositivo. O diâmetro do FD foi maior (p < 0,01) de acordo com o maior número de usos do CIDR nas vacas, a concentração de P4 reduziu nos CIDRs reutilizados porém se mantiveram acima de 1,5 ng/ml e a taxa de prenhez não foi afetada pela reutilização do dispositivo por até 5 vezes em vacas e o sexto uso em novilhas. O protocolo com 7 dias de permanência permite a reutilização do CIDR por até 6 vezes mantendo a mesma eficiência reprodutiva. No experimento III o objetivo foi avaliar se a aplicação do eCG dois dias antes da retirada do dispositivo aumenta o tamanho do FO, CL e taxa de prenhez. Foram utilizadas 681 vacas lactantes 40-60 dias pós parto e 182 novilhas púberes. Os animais foram distribuídos em dois tratamentos com aplicação de eCG no quinto (5d-eCG) ou sétimo dia (7d-eCG). No d0, os animais receberam BE + CIDR e no dia 7 o CIDR foi retirado e administrado PGF2 α e ECP. Dez dias após a IA foi realizada US para mensuração do CL e colheita de sangue para dosagem de P4. A IATF ocorreu 55 horas após a retirada do dispositivo. O tratamento 5d-eCG aumentou (p < 0,01) o FO nas vacas em relação ao grupo 7deCG e o mesmo ocorreu nas novilhas. Em vacas, a concentração de P4 pós IA foi mais alta (p = 0,04) no 5d-eCG. Em novilhas o diâmetro do CL pós-IA foi maior (p < 0,01) no 5d-eCG. No entanto, a antecipação da aplicação do eCG foi eficiente em aumentar o folículo ovulatório no momento da IATF, mas não aumentou a taxa de prenhez
Resumo:
A loss of function mutation in growth differentiation factor 9 (GDF9) in sheep causes increased ovulation rate and infertility in a dosage-sensitive manner. Spontaneous dizygotic (DZ) twinning in the human is under genetic control and women with a history of DZ twinning have an increased incidence of multiple follicle growth and multiple ovulation. We sequenced the GDF9 coding region in DNA samples from 20 women with DZ twins and identified a four-base pair deletion in GDF9 in two sisters with twins from one family. We screened a further 429 families and did not find the loss of function mutation in any other families. We genotyped eight single nucleotide polymorphisms across the GDF9 locus in 379 families with two sisters who have both given birth to spontaneous DZ twins (1527 individuals) and 226 triad families with mothers of twins and their parents (723 individuals). Using case control analysis and the transmission disequilibrium test we found no evidence for association between common variants in GDF9 and twinning in the families. We conclude that rare mutations in GDF9 may influence twinning, but twinning frequency is not associated with common variation in GDF9.
Resumo:
Context: Genes from the ovarian bone morphogenetic signaling pathway (GDF9 and BMP15) are critical for normal human fertility. We previously identified a deletion mutation in GDF9 in sisters with spontaneous dizygotic (DZ) twins, but the prevalence of rare GDF9 variants in twinning families is unknown. Objective: The objective was to evaluate the frequency of rare variants in GDF9 in families with a history of DZ twinning. Design and Subjects: We recruited 3450 individuals from 915 DZ twinning families (1693 mothers of twins) and 1512 controls of Caucasian origin. One mother of DZ twins was selected from 279 of the 915 families, and a DNA sample was screened for rare variants in GDF9 using denaturant HPLC. Variants were confirmed by DNA sequencing and genotyped in the entire sample by matrix-assisted laser desorption ionization time of flight (MALDI-TOF) mass spectrometry. Results: We found two novel insertion/deletions (c.392-393insT, c.1268-1269delAA) and four missense alterations in the GDF9 sequence in mothers of twins. Two of the missense variants (c.307C > T, p.Pro103Ser and c.362C > T, p.Thr121Leu) were located in the proregion of GDF9 and two (c.1121C > T, p.Pro374Leu and c.1360C > T, p.Arg454Cys) in the mature protein region. For each variant, the frequencies were higher in cases compared with controls. The proportion of mothers of DZ twins carrying any variant (4.12%) was significantly higher (P < 0.0001) than the proportion of carriers in controls (2.29%). Conclusion: We describe new variants in the GDF9 gene that are significantly more common in mothers of DZ twins than controls, suggesting that rare GDF9 variants contribute to the likelihood of DZ twinning.
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Gametic selection during fertilization or the effects of specific genotypes on the viability of embryos may cause a skewed transmission of chromosomes to surviving offspring. A recent analysis of transmission distortion in humans reported significant excess sharing among full siblings. Dizygotic (DZ) twin pairs are a special case of the simultaneous survival of two genotypes, and there have been reports of DZ pairs with excess allele sharing around the HLA locus, a candidate locus for embryo survival. We performed an allele-sharing study of 1,592 DZ twin pairs from two independent Australian cohorts, of which 1,561 pairs were informative for linkage on chromosome 6. We also analyzed allele sharing in 336 DZ twin pairs from The Netherlands. We found no evidence of excess allele sharing, either at the HLA locus or in the rest of the genome. In contrast, we found evidence of a small but significant (P = .003 for the Australian sample) genomewide deficit in the proportion of two alleles shared identical by descent among DZ twin pairs. We reconciled conflicting evidence in the literature for excess genomewide allele sharing by performing a simulation study that shows how undetected genotyping errors can lead to an apparent deficit or excess of allele sharing among sibling pairs, dependent on whether parental genotypes are known. Our results imply that gene-mapping studies based on affected sibling pairs that include DZ pairs will not suffer from false-positive results due to loci involved in embryo survival.
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Presently AI in the koala has been based on the insemination of fresh undiluted semen collected with an artificial vagina (1). While this approach has been extremely successful, further refinement and implementation of AI for use with cryopreserved semen will require protocols that incorporate diluted semen collected by EE. Recent studies have shown that koala semen is likely to have an "ovulation factor" such that over-dilution may result in ovulation failure (2). The current study determined whether AI of EEed neat and/or diluted semen was capable of inducing a luteal phase and/or resulted in the production of pouch young. All koalas were inseminated in the breeding season between day 2 and 5 of oestrus and subsequently monitored for evidence of parturition (day 35) and return of oestrus. Successful induction of a luteal phase was based on evidence of an elevated progesterone concentration 28 days after insemination (2). All semen samples were collected by EE and seminal characteristics recorded (3). The diluent used for semen extension was Tris-citrate glucose (TCG) which contained antibiotics but no egg yolk (4). AI was conducted on conscious koalas using a "Cook koala insemination catheter" and a glass rod used to mimic penile thrusting (1). Three insemination treatments were used; (A) 1mL of undiluted semen (n = 9); (B) 2mL of 1:1 diluted semen (n = 9); and (C) 1 mL of 1:1 diluted semen (n = 9). The results of the AI trial are shown in Table 1. This study has shown that it is possible to use both neat and diluted semen (1:1; 1 or 2 mL) to successfully produce koala offspring at conception rates similar to those achieved following natural mating. Interestingly, dilution of semen had no apparent detrimental effect on induction of a luteal phase following AI.
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This thesis considers the factors involved in the determination of egg quality and fecundity in farmed stocks of rainbow trout ( Salmo gairdneri R) • Measurements of egg quality, ie. percentage survivals of eggs and fry, from the production batches of eggs of seven fish farms, showed mean survivals of 70% to eying but levels of only 35% to 4.5g fry (approx. 130 days post-fertilisation). Under optimum conditions survivals may reach 85% suggesting that husbandry methods exert significant influences on egg quality. Chemical analyses of the protein, fat, vitellogenin, ash, amino acids, free fatty acid and mineral levels of eggs of varying quality and from parents of different strains showed compositional differences even between individuals of the same stock. However, none of these differences were correlated with egg quality. Egg size showed similar variations but, again under hatchery conditions there was no correlation with differences in egg quality. The only factor which has been shown to exert a significant influence on egg quality is the time of stripping after ovulation. At 1 0°C eggs should be removed from gravid females within ten days of ovulation to achieve optimum egg and fry survival. Studies of egg production from approximately 10,000 broodstock revealed that total fecundity and egg size increased and relative fecundity decreased with increasing fish size. In general, most fish appeared to produce a constant volume of eggs. This is consistent with a hypothesis that egg size can only be increased by parallel reductions in fecundity. Feeding broodstock at half-ration (0.35% body weight day- 1 ) did not affect egg quality but reduced total fecundity and egg size and increased relative fecundity when compared with eggs produced by fish on full-ration. Comparisons of regressions of total fecundity against fish weight for three strains using ANOCO revealed that one strain was significantly more fecund than two other strains considered. Trout of the same strain maintained on different farms behaved similarly suggesting there was some reproducibility of strain characteristics.
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An investigation was made into the nature and control of the annual reproductive cycle of the dace, Leuciscus leuciscus. It includes 1) a study of the natural reproductive cycle, 2) the use of Carp Pituitary Extract (CPE) to induce final maturation and ovulation in captive fish, 3) the effect of artificial light treatments on ovarian development and 4) the measurement of serum melatonin levels under different photoperiod regimes. Ovarian development was monitored by endocrinological data, notably serum cycles of 17-oestradiol (E2), testosterone (T), and calcium (as an index of vitellogenin), oocyte diameter, the gonadosomatic index and histological studies of the ovary. Under natural conditions, ovarian development can broadly be divided into 4 stages: 1) oogenesis which occurs immediately after spawning; 2) a primary growth phase (previtellogenic growth) prevalent between spawning and June; 3) a secondary growth phase (yolk vesicle plus vitellogenic growth) occurring between June and December and 4) final maturation and ovulation which occurs in mid-March. During the annual ovarian cycle, the sex steroids E2 and T showed two clear elevations. The first occurred initially in April followed by a rise in serum calcium levels. This subsequently initiated the appearance of yolk granules in the oocytes in June. The second rise occurred in September and levels were maintained until December, after which there was a decline in serum E2 levels. It is proposed that in the dace, high serum E2 levels between September and December were required to maintain vitellogenin production and therefore its uptake into the developing oocytes which occurred during this time, albeit at a slower rate than in the summer months. After December, prior to final maturation, whereas serum E2 and calcium levels declined, serum T levels remained elevated. In captivity, final maturation beyond the germinal vesicle migration stage failed to occur suggesting that the stimuli required for these events were absent. However ovulation could be induced by a single injection of CPE, which induced ovulation between 6 and 14 hours after treatment. Endocrine events associated with the artificial induction of spawning included a rise in serum levels of E2, T and the maturation inducing steroid 1720-dihydroxy progesterone. Photoperiodic manipulation demonstrated that whereas short or increasing daylengths were stimulatory to ovarian development, long days delayed development. Changes from long to short and constant short daylengths early in the reproductive cycle advanced maturation (up to 5 months), suggesting that the stimulus for ovarian development and maturation was a short day. However, experiments conducted later in the reproductive cycle demonstrated that only a simulated ambient photoperiod could induce final maturation. It is proposed therefore that under natural conditions the environmental stimulus for ovarian development and final maturation are short and increasing daylengths respectively. Further support that photoperiod is the dominant timing cue in this species was provided by the pattern of serum melatonin levels. Under different photoperiod treatments, serum melatonin, which is believed to be the chemical transducer of photoperiodic information (similar to other photoperiodic species) was elevated for the duration of the dark phase, indicating that the dace at least has the ability to `measure' changes in daylength.
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Changes in the concentration of some constituents in women's saliva during the menstrual cycle were studied. Saliva was used because it is easier to collect than other body fluids and is continuously available for analysis. Glucose, the enzyme 17-Acetyl-D-glucosaminidase (NAG) and Calcium which are saliva constituents and belong to three different chemical groups were selected for the study. Several analytical techniques were investigated. The fluorometric assay procedure was found to be the best because of its specificity and sensitivity for the estimation of these constituents. resides the fluorametric method a spectrophotometric method was used in the NAG determination and an atomic absorption method in the calcium estimation. Glucose was estimated by an enzymatic method. This is based on the reaction of glucose with the enzymes glucose oxidase and peroxidase to yield hydrogen peroxide, which in turn oxidises a non-fluorescent substrate, p-hydroxyphenylacetic acid, to a highly fluorescent product. The saliva samples in this determination had to be centrifuged at high speed, heated in a boiling water bath, centrifuged again and then treated with a mixture of cation and anion resins to remove the substances that inhibited the enzyme system. In the determination of the NAG activity the saliva samples were diluted with citric acid/phosphate buffer, and then centrifuged at high speed. The assay was based on the enzymic hydrolysis of the non-fluorescent substrate 4-Methyl-umbelli1eryl-p-D-glucosaminide to the highly fluorescent 4-Methyl-umbelliferone• Calcium was estimated by a fluorometric procedure based upon the measurement of the fluorescence produced by the complex formed between calcein blue and calcium, at pH 9 - 13. From the results obtained from the analysis of saliva samples of several women it was found that glucose showed a significant increase in its level around the expected time of ovulation. This was found in seven cycles out of ten. Similar results were found with the enzyme NAG. No significant change in the calcium levels was observe& at any particular time of the cycle. The levels of the glucose, the activity of the enzyme NAG and the concentration of the calcium were found to change daily, and to differ from one subject to another and in the same subject from cycle to cycle. The increase observed it salivary glucose levels and the enzyme NAG activity could be monitored to predict the time of ovulation.
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The importance of endogenous rhythms in the photoperiodic control of the annual reproduction cycle in female rainbow trout was investigated. The effect of photoperiod regimes on the different stages of maturation was assessed by recording the timing of ovulation and from quantifying associated changes in serum oestradiol-17,testosterone and total calcium. Maintained under constant 6L:18D and constant temperature for up to four years, rainbow trout exhibited an endogenous rhythm of maturation with a periodicity of approximately one year. This rhythm of maturation appears to be driven by an autonomous circannual oscillator or clock which can be dissociated from the neuroendocrine mechanisms controlling gonadal maturation. Under conditions of constant 18L:6D or LL the periodicity of the maturation rhythm was 5.5-6 months; it is suggested that this periodicity may be caused by a splitting or uncoupling of at least two circannual clocks involved in the control of maturation. Abrupt changes in the length of the photoperiod act as a zeitgeber to entrain the endogenous rhythm of maturation. Whether the timing of maturation is advanced or delayed depends primarily on the direction of the change in photoperiod and its timing in relation to the phase of the rhythm, with the magnitude of the alteration in photoperiod having only a supplementary effect. The effect of specific changes in photoperiod on the entrainment of the maturation cycle can be described in terms of a phase-response curve. Photic information is transduced, probably by the pineal gland, into a daily rhythm of melatonin; exposure of rainbow trout to skeleton and resonance photoperiod regimes indicated that daylength measurement is effected by endogenous circadian clock(s) rather than by hour-glass mechanisms. A gating mechanism is closely associated with the circannual clock which determines the timing of onset of maturation in virgin female rainbow trout, only allowing fish that have attained a threshold stage of development to undergo gonadal maturation. Collectively the results support the hypothesis that the female rainbow trout exhibits an endogenous circannual rhythm of maturation which can be entrained by changes in photoperiod.
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The period around the time of conception is one characterised by considerable cytological and molecular restructuring as ovulation occurs, the oocyte is fertilised and the embryonic developmental programme begins. The intrinsic processes regulating peri-conceptional progression are supplemented by environmental factors, which contribute important metabolic information that influences several aspects of the developmental programme. Indeed, there is growing evidence from different mammalian animal models, reviewed here, that the peri-conceptional environment mediated through maternal nutrition can modify development throughout gestation and affect the physiological and metabolic health of adult offspring. The concept that adult disease risk may owe its origin to the quality of peri-conceptional maternal nutrition is one, which merits further research for mechanistic understanding and devising preventive strategies. © 2012 Elsevier B.V.
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Syfte - Studien avser att undersöka om prestation gällande maximalstyrka och explosivitet varierar under menstruationscykeln. Dessutom undersöks om den psykologiska motivationen eller känslan korrelerar med prestationen. Studiens syfte är att skapa en utgångspunkt för att se om periodisering av styrketräning i relation till menstruationscykeln faser är aktuell för kvinnor inom prestationsidrotter. Metod - Testerna genomfördes under en menstruationscykel, fyra veckor. Ett test genomfördes varje vecka för att täcka in fyra faser under menstruationscykeln och för att erhålla ett konsekvent veckomönster. Menstruationscykelns faser räknades ut i efterhand för att inte i förhand påverka testdeltagarnas motivation och prestation i förhållande till menstruationscykeln. Fas 1 menstruationsfas, fas 2 intermenstruation, fas 3 intermenstruation/ägglossning och fas 4 premenstruation. I testgruppen ingick fyra kvinnor, 32 år (± 10), längd 162,8 cm (± 7,32), vikt 57,4 kg (± 5,79). I kontrollgruppen ingick en man och två kvinnor utan menstruation, 26,67 år (± 9,02), längd 168,3 cm (± 8,96), vikt 71,7 kg (± 11,02). Fysiska tester, längdhopp och knäböj. En standardiserad uppvärmning genomfördes inför varje test, följdes av tre stycken jämfota längdhopp utan ansats med två minuter vila mellan hoppen. Bästa hoppet av tre dokumenterades. Längdhopp (CV 1,8 %) (Hopkins, Schabort & Hawley, 2001), knäböj, en repetition max [1RM] (CV 1,57 %) (Urquhart, Moir, Graham & Connaboy, 2015). En specifik uppvärmning genomfördes även inför 1RM knäböj därefter försök på en repetition på 1RM. Frågeformulär gällande hälsotillstånd och motivation “Snabbkollen” (Cross & Lyle, 1999) besvarades inför varje testtillfälle. Vid sista testtillfället fick alla testdeltagare fylla i ett frågeformulär om upplevda symptom och tillstånd under den gångna menstruationscykeln. Resultat och slutsats - Det är ur denna studie svårt att tyda om menstruationscykelns olika faser skulle ha någon relevant effekt värd att ta hänsyn till när det gäller prestationen hos idrottande kvinnor. Dock visar resultaten att menstruationscykeln påverkar motivationen.