942 resultados para Scientific workflow


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[ES] This paper investigates the use of epistemic expressions in scientific English. The main aim of this research is to analyse if native speakers of English use epistemic modality in the same way than non-native speakers of English and to detect the most outstanding cognitive implications of this fact. The corpus used in this research contains 50 research papers written by native English speakers and 50 scientific papers written by Spanish researchers who use English to communicate internationally. As epistemic modals are used to indicate the possibility of some piece of knowledge, this paper focuses on epistemic modal verbs in order to detect if native speakers of English and non-native speakers of English communicate modality in the same way, or if there are differences in frequency and use. The results obtained in this analysis indicated that there are differences in the frequency of use of epistemic expressions, even if the intention of the writers is the same.

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Programa de doctorado de Gestión en la Nueva Economía. La fecha de publicación es la fecha de lectura

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Il presente lavoro nasce dall’obiettivo di individuare strumenti statistici per indagare, sotto diversi aspetti, il flusso di lavoro di un Laboratorio di Anatomia Patologica. Il punto di partenza dello studio è l’ambiente di lavoro di ATHENA, software gestionale utilizzato nell’Anatomia Patologica, sviluppato dalla NoemaLife S.p.A., azienda specializzata nell’informatica per la sanità. A partire da tale applicativo è stato innanzitutto formalizzato il workflow del laboratorio (Capitolo 2), nelle sue caratteristiche e nelle sue possibili varianti, identificando le operazioni principali attraverso una serie di “fasi”. Proprio le fasi, unitamente alle informazioni addizionali ad esse associate, saranno per tutta la trattazione e sotto diversi punti di vista al centro dello studio. L’analisi che presentiamo è stata per completezza sviluppata in due scenari che tengono conto di diversi aspetti delle informazioni in possesso. Il primo scenario tiene conto delle sequenze di fasi, che si presentano nel loro ordine cronologico, comprensive di eventuali ripetizioni o cicli di fasi precedenti alla conclusione. Attraverso l’elaborazione dei dati secondo specifici formati è stata svolta un’iniziale indagine grafica di Workflow Mining (Capitolo 3) grazie all’ausilio di EMiT, un software che attraverso un set di log di processo restituisce graficamente il flusso di lavoro che li rappresenta. Questa indagine consente già di valutare la completezza dell’utilizzo di un applicativo rispetto alle sue potenzialità. Successivamente, le stesse fasi sono state elaborate attraverso uno specifico adattamento di un comune algoritmo di allineamento globale, l’algoritmo Needleman-Wunsch (Capitolo 4). L’utilizzo delle tecniche di allineamento applicate a sequenze di processo è in grado di individuare, nell’ambito di una specifica codifica delle fasi, le similarità tra casi clinici. L’algoritmo di Needleman-Wunsch individua le identità e le discordanze tra due stringhe di caratteri, assegnando relativi punteggi che portano a valutarne la similarità. Tale algoritmo è stato opportunamente modificato affinché possa riconoscere e penalizzare differentemente cicli e ripetizioni, piuttosto che fasi mancanti. Sempre in ottica di allineamento sarà utilizzato l’algoritmo euristico Clustal, che a partire da un confronto pairwise tra sequenze costruisce un dendrogramma rappresentante graficamente l’aggregazione dei casi in funzione della loro similarità. Proprio il dendrogramma, per la sua struttura grafica ad albero, è in grado di mostrare intuitivamente l’andamento evolutivo della similarità di un pattern di casi. Il secondo scenario (Capitolo 5) aggiunge alle sequenze l’informazione temporale in termini di istante di esecuzione di ogni fase. Da un dominio basato su sequenze di fasi, si passa dunque ad uno scenario di serie temporali. I tempi rappresentano infatti un dato essenziale per valutare la performance di un laboratorio e per individuare la conformità agli standard richiesti. Il confronto tra i casi è stato effettuato con diverse modalità, in modo da stabilire la distanza tra tutte le coppie sotto diversi aspetti: le sequenze, rappresentate in uno specifico sistema di riferimento, sono state confrontate in base alla Distanza Euclidea ed alla Dynamic Time Warping, in grado di esprimerne le discordanze rispettivamente temporali, di forma e, dunque, di processo. Alla luce dei risultati e del loro confronto, saranno presentate già in questa fase le prime valutazioni sulla pertinenza delle distanze e sulle informazioni deducibili da esse. Il Capitolo 6 rappresenta la ricerca delle correlazioni tra elementi caratteristici del processo e la performance dello stesso. Svariati fattori come le procedure utilizzate, gli utenti coinvolti ed ulteriori specificità determinano direttamente o indirettamente la qualità del servizio erogato. Le distanze precedentemente calcolate vengono dunque sottoposte a clustering, una tecnica che a partire da un insieme eterogeneo di elementi individua famiglie o gruppi simili. L’algoritmo utilizzato sarà l’UPGMA, comunemente applicato nel clustering in quanto, utilizzando, una logica di medie pesate, porta a clusterizzazioni pertinenti anche in ambiti diversi, dal campo biologico a quello industriale. L’ottenimento dei cluster potrà dunque essere finalmente sottoposto ad un’attività di ricerca di correlazioni utili, che saranno individuate ed interpretate relativamente all’attività gestionale del laboratorio. La presente trattazione propone quindi modelli sperimentali adattati al caso in esame ma idealmente estendibili, interamente o in parte, a tutti i processi che presentano caratteristiche analoghe.

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Il presente lavoro di tesi ha come punto focale la descrizione, la verifica e la dimostrazione della realizzabilità dei Workflow Patterns di Gestione del Flusso(Control-Flow) e Risorse (Resource) definiti da parte della Workflow Pattern Initiative (WPI)in JOLIE, un innovativo linguaggio di programmazione orientato ai servizi nato nell'ambito del Service Oriented Computing. Il Service Oriented Computing (SOC) è un nuovo modo di pensare la programmazione di applicazioni distribuite, i cui concetti fondamentali sono i servizi e la composizione. L’approccio SOC definisce la possibilità di costruire un’applicazione in funzione dei servizi che ne realizzano il comportamento tramite una loro composizione, definita secondo un particolare flusso di lavoro. Allo scopo di fornire la necessaria conoscenza per capire la teoria, le meccaniche e i costrutti di JOLIE utilizzati per la realizzazione dei pattern, il seguente lavoro di tesi è stato diviso in quattro parti, corrispondenti ad altrettanti capitoli. Nel primo capitolo viene riportata una descrizione generale del SOC e della Business Process Automation (BPA), che costituisce l’ambiente in cui il SOC è inserito. Per questo viene fatta una disamina della storia informatica sui sistemi distribuiti, fino ad arrivare ai sistemi odierni, presentando in seguito il contesto del BPA e delle innovazioni derivanti dalle sue macro-componenti, di cui il SOC fa parte. Continuando la descrizione dell’approccio Service Oriented, ne vengono presentati i requisiti (pre-condizioni) e si cerca di dare una definizione precisa del termine “servizio”, fino all'enunciazione dei principi SOC declinati nell’ottica delle Service Oriented Architectures, presentando in ultimo i metodi di composizione dei servizi, tramite orchestrazione e coreografia. L’ultima sezione del capitolo prende in considerazione il SOC in un’ottica prettamente industriale e ne evidenzia i punti strategici. Il secondo capitolo è incentrato sulla descrizione di JOLIE, gli aspetti fondamentali dell’approccio orientato ai servizi, che ne caratterizzano profondamente la definizione concettuale (SOCK), e la teoria della composizione dei servizi. Il capitolo non si pone come una descrizione esaustiva di tutte le funzionalità del linguaggio, ma considera soprattutto i concetti teorici, le strutture di dati, gli operatori e i costrutti di JOLIE utilizzati per la dimostrazione della realizzabilità dei Workflow Pattern del capitolo successivo. Il terzo capitolo, più lungo e centrale rispetto agli altri, riguarda la realizzazione dei workflow pattern in JOLIE. All'inizio del capitolo viene fornita una descrizione delle caratteristiche del WPI e dei Workflow Pattern in generale. In seguito, nelle due macro-sezioni relative ai Control-Flow e Resource pattern vengono esposte alcune nozioni riguardanti le metodologie di definizione dei pattern (e.g. la teoria sulla definizione delle Colored Petri Nets) e le convezioni adottate dal WPI, per passare in seguito al vero e proprio lavoro (sperimentale) di tesi riguardo la descrizione dei pattern, l’analisi sulla loro realizzabilità in JOLIE, insieme ad un codice di esempio che esemplifica quanto affermato dall'analisi. Come sommario delle conclusioni raggiunte sui pattern, alla fine di ognuna delle due sezioni definite in precedenza, è presente una scheda di valutazione che, con lo stesso metodo utilizzato e definito dalla WPI, permette di avere una rappresentazione generale della realizzabilità dei pattern in JOLIE. Il quarto capitolo riguarda gli esiti tratti dal lavoro di tesi, riportando un confronto tra le realizzazioni dei pattern in JOLIE e le valutazioni del WPI rispetto agli altri linguaggi da loro considerati e valutati. Sulla base di quanto ottenuto nel terzo capitolo vengono definite le conclusioni del lavoro portato avanti sui pattern e viene delineato un’eventuale scenario riguardante il proseguimento dell’opera concernente la validazione ed il completamento della studio. In ultimo vengono tratte alcune conclusioni sia riguardo JOLIE, nel contesto evolutivo del linguaggio e soprattutto del progetto open-source che è alla sua base, sia sul SOC, considerato nell’ambito del BPA e del suo attuale ambito di sviluppo dinamico.

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Con questa dissertazione di tesi miro ad illustrare i risultati della mia ricerca nel campo del Semantic Publishing, consistenti nello sviluppo di un insieme di metodologie, strumenti e prototipi, uniti allo studio di un caso d‟uso concreto, finalizzati all‟applicazione ed alla focalizzazione di Lenti Semantiche (Semantic Lenses).

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Purpose. Despite work-related stress is one of the most studied topic in organizational psychology, many aspects as for example the use of different measures (e.g. subjective and objective, qualitative and quantitative) are still under debate. According to this, in order to enhance knowledge concerning which factors and processes contribute to create healthy workplaces, this thesis is composed by four different studies aiming to understand: a) the role of relevant antecedents (e.g. leadership, job demands, work-family conflict, social support etc.) and outcomes (e.g. workplace phobia, absenteeism etc.) of work-related stress; and b) how to manage psychosocial risk factors in the workplace. The studies. The first study focused on how disagreement between supervisors and their employees on leadership style (transformational and transactional) could affect workers well-being and work team variables. The second and third study used both subjective and objective data in order to increase the quality of the reliability of the results gained. Particularly, the second study focused on job demand and its relationship with objective sickness leave. Findings showed that despite there is no direct relationship between these two variables, job demand affects work-family conflict, which in turn affect exhaustion, which leads to absenteeism. The third study analysed the role of a new concept never studied before in organizational settings (workplace phobia), as a health outcome in the JD-R model, demonstrating also its relationship with absenteeism. The last study highlighted the added value of using the mixed methods research approach in order to detect and analyse context-specific job demands which could affects workers’ health. Conclusion. The findings of this thesis answered both to open questions in the scientific literature and to the social request of managing psychosocial risk factors in the workplace in order to enhance workers well-being.

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Analyzing and modeling relationships between the structure of chemical compounds, their physico-chemical properties, and biological or toxic effects in chemical datasets is a challenging task for scientific researchers in the field of cheminformatics. Therefore, (Q)SAR model validation is essential to ensure future model predictivity on unseen compounds. Proper validation is also one of the requirements of regulatory authorities in order to approve its use in real-world scenarios as an alternative testing method. However, at the same time, the question of how to validate a (Q)SAR model is still under discussion. In this work, we empirically compare a k-fold cross-validation with external test set validation. The introduced workflow allows to apply the built and validated models to large amounts of unseen data, and to compare the performance of the different validation approaches. Our experimental results indicate that cross-validation produces (Q)SAR models with higher predictivity than external test set validation and reduces the variance of the results. Statistical validation is important to evaluate the performance of (Q)SAR models, but does not support the user in better understanding the properties of the model or the underlying correlations. We present the 3D molecular viewer CheS-Mapper (Chemical Space Mapper) that arranges compounds in 3D space, such that their spatial proximity reflects their similarity. The user can indirectly determine similarity, by selecting which features to employ in the process. The tool can use and calculate different kinds of features, like structural fragments as well as quantitative chemical descriptors. Comprehensive functionalities including clustering, alignment of compounds according to their 3D structure, and feature highlighting aid the chemist to better understand patterns and regularities and relate the observations to established scientific knowledge. Even though visualization tools for analyzing (Q)SAR information in small molecule datasets exist, integrated visualization methods that allows for the investigation of model validation results are still lacking. We propose visual validation, as an approach for the graphical inspection of (Q)SAR model validation results. New functionalities in CheS-Mapper 2.0 facilitate the analysis of (Q)SAR information and allow the visual validation of (Q)SAR models. The tool enables the comparison of model predictions to the actual activity in feature space. Our approach reveals if the endpoint is modeled too specific or too generic and highlights common properties of misclassified compounds. Moreover, the researcher can use CheS-Mapper to inspect how the (Q)SAR model predicts activity cliffs. The CheS-Mapper software is freely available at http://ches-mapper.org.

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In questo lavoro di tesi verrà presentato un applicativo, sviluppato con l’azienda EBWorld, per dispositivi con sistema operativo Android. L’applicazione ha come destinatari i tecnici e gli operatori sul campo di aziende clienti di EBWorld. Nel dispositivo vengono caricati i dati estratti dal database (porzioni di mappe e informazioni ad esse correlate) che vengono lette e mostrate nello schermo. Le funzionalità fornite sono: utilizzo dello strumento trail, per effettuare misurazioni; creazione di progetti all’interno delle esportazioni; inserimento di sketch, definiti in accordo con l’azienda, all’interno dei progetti; selezione degli sketch e delle informazioni estratte dal database e visualizzazione delle relative informazioni / proprietà; eliminazione di sketch inseriti. È stato effettuato uno studio di progettazione dell’interfaccia per offrire un’ottima usabilità anche in situazioni critiche.

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Our generation of computational scientists is living in an exciting time: not only do we get to pioneer important algorithms and computations, we also get to set standards on how computational research should be conducted and published. From Euclid’s reasoning and Galileo’s experiments, it took hundreds of years for the theoretical and experimental branches of science to develop standards for publication and peer review. Computational science, rightly regarded as the third branch, can walk the same road much faster. The success and credibility of science are anchored in the willingness of scientists to expose their ideas and results to independent testing and replication by other scientists. This requires the complete and open exchange of data, procedures and materials. The idea of a “replication by other scientists” in reference to computations is more commonly known as “reproducible research”. In this context the journal “EAI Endorsed Transactions on Performance & Modeling, Simulation, Experimentation and Complex Systems” had the exciting and original idea to make the scientist able to submit simultaneously the article and the computation materials (software, data, etc..) which has been used to produce the contents of the article. The goal of this procedure is to allow the scientific community to verify the content of the paper, reproducing it in the platform independently from the OS chosen, confirm or invalidate it and especially allow its reuse to reproduce new results. This procedure is therefore not helpful if there is no minimum methodological support. In fact, the raw data sets and the software are difficult to exploit without the logic that guided their use or their production. This led us to think that in addition to the data sets and the software, an additional element must be provided: the workflow that relies all of them.

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To document the current state of musculoskeletal US (MSUS) training and extent of implementation among rheumatologists in the member countries of EULAR.

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In traditional medicine, numerous plant preparations are used to treat inflammation both topically and systemically. Several anti-inflammatory plant extracts and a few natural product-based monosubstances have even found their way into the clinic. Unfortunately, a number of plant secondary metabolites have been shown to trigger detrimental pro-allergic immune reactions and are therefore considered to be toxic. In the phytotherapy research literature, numerous plants are also claimed to exert immunostimulatory effects. However, while the concepts of plant-derived anti-inflammatory agents and allergens are well established, the widespread notion of immunostimulatory plant natural products and their potential therapeutic use is rather obscure, often with the idea that the product is some sort of "tonic" for the immune system without actually specifying the mechanisms. In this commentary it is argued that the paradigm of oral plant immunostimulants lacks clinical evidence and may therefore be a myth, which has originated primarily from in vitro studies with plant extracts. The fact that no conclusive data on orally administered immunostimulants can be found in the scientific literature inevitably prompts us to challenge this paradigm.