999 resultados para Bioingegneria, Modelli matematici, Volume del liquido interstiziale
Resumo:
Questo lavoro si concentra sullo studio fluidodinamico del flusso multifase cavitante di un iniettore per applicazioni a motori ad iniezione diretta (GDI). L’analisi è stata svolta tramite l’uso del software CFD (Computational Fluid Dynamics) Star-CCM+^® sviluppato da CD-ADAPCO. L’obiettivo di questo studio è investigare i motivi che portano ad un diverso comportamento tra i rilievi della prova sperimentale di caratterizzazione dell’iniettore e quanto atteso dai valori nominali dettati dalla specifica dell’iniettore, con particolare riferimento alla distribuzione di portata fra i diversi ugelli. Il presente lavoro fa parte di una coppia di elaborati collegati tra loro e, pertanto, ha inoltre lo scopo di fornire dati utili allo sviluppo dell’altro tema di analisi mirato alla individuazione di parametri di qualità della miscela aria-combustibile non reagente utili alla previsione della formazione del particolato prodotto dalla combustione di un motore GDI. L’elaborato, costituito di 5 capitoli, è strutturato secondo lo schema sottostante. Nel capitolo 1 vengono presentate le motivazioni che lo hanno avviato e viene esposto lo stato dell’arte della tecnologia GDI. Il capitolo 2 è a sfondo teorico: in esso vengono riportati i fondamenti del processo di cavitazione nella prima parte e i modelli numerici utilizzati nell’analisi nella seconda. Il capitolo 3 descrive la modellazione e successiva validazione dei modelli tramite confronto con il test case ‘Comprensive hydraulic and flow field documentation in model throttle experiments under cavitation conditions’ (E. Winklhofer, 2001). Nella scelta dei modelli e dei parametri relativi, l’analisi si è basata su precedenti lavori trovati in letteratura. Successivamente è stato svolto uno studio di sensibilità per valutare la stabilità della soluzione a piccole variazioni nei valori dei parametri. La scelta dei parametri modellistici nel caso di interesse, l’iniettore multihole, si è basata inizialmente sui valori ‘ottimali’ ottenuti nel test case ed è l’argomento del capitolo 4. All’interno del capitolo si parla inoltre dell’analisi di sensibilità successiva, svolta con lo scopo di comprendere i motivi che portano allo sbilanciamento tra fori corrispondenti e al maggiore sviluppo del getto centrale rispetto agli altri. Nel capitolo 5 dopo un breve riepilogo dei punti fondamentali trattati nello svolgimento dell’elaborato, si tirano le conclusioni sull’analisi e si espongono gli sviluppi futuri.
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Il sito archeologico della città romana di Suasa, nell’entroterra marchigiano, costituisce l'area di intervento della Tesi di Laurea. Il tema progettuale riguarda la musealizzazione del sito e del relativo scavo nell'ambito marchigiano. Si è stabilito come obiettivo progettuale quello di rievocare, proteggere e conservare le tracce archeologiche e la città nel suo insieme. Il progetto mette in evidenza l’estensione dell’insediamento urbano attraverso la riproposizione in superficie di tutte le tracce rinvenute mediante i sondaggi effettuati dagli archeologi. Particolare attenzione è stata posta a Fòro, Domus dei Coiedii e Decumano, attraverso lo scavo di una finestra archeologica con lo scopo di avvicinare il visitatore alla quota degli scavi. Osservando i resti si è concluso che l’atteggiamento progettuale dovesse differenziarsi a seconda dei casi con interventi mirati e specifici: il Decumano, di cui è evidente un'ampia parte del basolato, è stato preservato dal continuo passaggio dei visitatori mediante l’inserimento di una passerella sopraelevata e traslata rispetto ad esso; L'intento progettuale riguardante il Fòro è quello di rievocarne la forma e la relazione che esso instaurava con la città e col paesaggio circostante. La scelta architettonica è ricaduta sulla riproposizione in volume dell'edificio, attraverso la semplificazione della sagoma e l'utilizzo di tecnologie moderne, senza tuttavia negare i principi compositivi romani. Tale involucro viene posizionato al di sopra del dato preesistente senza punti di contatto con esso, mentre la struttura vi poggia direttamente. Atteggiamento differente è stato adottato per la musealizzazione della Domus dei Coiedii; l’intenzione progettuale è, in questo caso, conseguenza della necessità di coprire e rendere fruibile ed apprezzabile, oltre che proteggere, l'intero scavo, in quanto le tracce risultano essere più consistenti e costituite inoltre da una ricca compagine di elementi musivi in un buono stato di conservazione. Definiti tali obiettivi è risultato necessario studiare un percorso museografico interno.
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L'evoluzione del concetto di infinito nella storia presenta difficoltà che ancora oggi non sono sono state eliminate: la nostra mente è adattata al finito, per questo quando ha a che fare con oggetti troppo grandi o troppo piccoli, essa crea delle immagini che le permettono di vederli e manipolarli. Bisogna tuttavia stare attenti alle insidie che questi modelli nascondono, perché attribuiscono agli enti originali alcune proprietà fuorvianti, che ci portano a conclusioni distorte.
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Il Lago di Cavazzo (o dei Tre Comuni) è il più esteso lago naturale del Friuli Venezia Giulia. Situato nelle Prealpi Carniche, in provincia di Udine, è ubicato in un’antica valle scavata in epoca pre – glaciale dal fiume Tagliamento, che oggi scorre circa 3 km ad Est. A partire dagli anni ’40, la S.A.D.E. (ora Edipower) ottenne le concessioni per la costruzione di una serie di impianti idroelettrici in tutto il Friuli Venezia Giulia che nel 1954 portò alla realizzazione della Centrale idroelettrica di Somplago, costruita in caverna lungo la sponda Nord – occidentale del lago. La Centrale turbina le acque di scarico provenienti dai bacini di accumulo superiori («Lumiei», «Ambiesta») e da altre prese minori sul Tagliamento, immettendo a sua volta le acque turbinate all’interno del lago di Cavazzo tramite galleria. Dai dati disponibili in letteratura, dalle cronache e dai resoconti riportati dalla popolazione locale, l’attività della Centrale ha notevolmente influenzato l’equilibrio di questo ambiente, in termini geologici, biologici ed idrologici, soprattutto a causa dell’enorme volume di acqua fredda (e relativi sedimenti) scaricata, delle continue variazioni di livello dell’acqua per regolarne il volume di invaso e dello scavo del canale emissario, localizzato nell’estremità meridionale. Nel Maggio 2015 l’ISMAR – CNR di Bologna ha effettuato un rilievo geofisico del lago, tramite tecniche non distruttive di ecografia e sismica a riflessione, in grado di analizzare la stratigrafia superficiale e la distribuzione degli apporti sedimentari, con lo scopo di quantificare da questo punto di vista l’impatto della Centrale sul lago. I dati acquisiti, che comprendono profili sismici ad alta risoluzione, profili batimetrici single/multi – beam ed immagini side – scan sonar, sono stati successivamente elaborati per realizzare varie mappe tematiche (morfobatimetria, riflettività, gradiente topografico e spessore dei sedimenti penetrabili dal segnale sismico) che hanno permesso di descrivere l’attuale assetto deposizionale del lago. Sono stati inoltre effettuati alcuni carotaggi in vari punti della conca lacustre, al fine di quantificare il tasso di sedimentazione e le caratteristiche fisiche dei depositi. Scopo di questo lavoro di Tesi è stato analizzare, interpretare e discutere in una prospettiva di evoluzione ambientale del lago i dati geofisici e geologici raccolti nell’ambito della campagna del Maggio 2015 e reperiti in bibliografia.
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Questa tesi di laurea è uno studio magmatologico, sedimentologico e morfostrutturale dei depositi dell’eruzione del Vesuvio del 1944, con particolare riferimento ai depositi di valanghe ardenti associati ad essa. Lo studio è stato affrontato utilizzando metodologie petrografiche, di chimica dei minerali e geotermo-barometriche al fine di ricavare informazioni sul sistema magmatico e sulla dinamica eruttiva nel corso dell’eruzione. I dati petrochimici e l’utilizzo di modelli geotermo-barometrici, unitamente alle informazioni dalla letteratura, indicano che il fattore di trigger che ha determinato il passaggio dalla iniziale effusione di colate laviche alle successive intense fasi di attività esplosiva ultrastromboliana è rappresentato dalla risalita di magma meno evoluto e più ricco in volatili dalla camera magmatica profonda (11-22 km) verso quella più superficiale (circa 3 km) dove ha interagito con il magma lì presente. Durante queste fasi a maggiore esplosività si è avuto sulla parte sommitale del cono un rapido accumulo di materiale ad elevata temperatura e l’instaurarsi di condizioni di overloading dei fianchi con aumento dell’angolo di pendio e conseguente instabilità. Ciò ha verosimilmente determinato la generazione di flussi di valanghe ardenti per rimobilizzazione sin-deposizionale del materiale piroclastico da caduta, probabilmente in seguito ad eventi sismici come elementi di innesco. I flussi di valanghe ardenti del 1944 sono stati interpretati come flussi granulari secchi, in base ai dati sedimentologici e vulcanologici raccolti nel corso dell’attività di terreno, rendendo possibile l’applicazione dei modelli elaborati da Castioni (2015) per la stima della velocità massima del flusso e degli assi maggiore e minore del deposito corrispondente. Sono state ricavate velocità che variano da un minimo di circa 4 m/s ad un massimo di circa 16 m/s in un range che è tipico di flussi granulari in ambiente vulcanico. Le variazioni della velocità sono state messe in relazione con la morfologia del pendio, il tipo di materiale coinvolto nel processo di rimobilizzazione e l’organizzazione interna del flusso, evidenziando in particolare come le maggiori lunghezze siano raggiunte dai flussi che hanno la possibilità di scorrere su pendii più omogenei e con più ridotte variazioni dell'angolo di pendio. La definizione di valori di velocità per i flussi di valanghe ardenti dell'eruzione del 1994 fornisce un ulteriore elemento utile per la valutazione della pericolosità vulcanica del Vesuvio.
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Il presente lavoro si prefigge come scopo la validazione e successiva taratura dei modelli di cavitazione di Merkle e Kunz, basati sulla modellazione del trasferimento di massa, implementati nel software OpenFOAM. Lo studio riguarda la fluidodinamica computazionale. L'operazione di taratura e condotta dall'utente variando i parametri liberi dei vari modelli, con lo scopo di avvicinare il risultato computazionale a quello sperimentale.
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Dall'analisi dei big data si possono trarre degli enormi benefici in svariati ambiti applicativi. Uno dei fattori principali che contribuisce alla ricchezza dei big data, consiste nell'uso non previsto a priori di dati immagazzinati in precedenza, anche in congiunzione con altri dataset eterogenei: questo permette di trovare correlazioni significative e inaspettate tra i dati. Proprio per questo, il Valore, che il dato potenzialmente porta con sè, stimola le organizzazioni a raccogliere e immagazzinare sempre più dati e a ricercare approcci innovativi e originali per effettuare analisi su di essi. L’uso fortemente innovativo che viene fatto dei big data in questo senso e i requisiti tecnologici richiesti per gestirli hanno aperto importanti problematiche in materia di sicurezza e privacy, tali da rendere inadeguati o difficilmente gestibili, gli strumenti di sicurezza utilizzati finora nei sistemi tradizionali. Con questo lavoro di tesi si intende analizzare molteplici aspetti della sicurezza in ambito big data e offrire un possibile approccio alla sicurezza dei dati. In primo luogo, la tesi si occupa di comprendere quali sono le principali minacce introdotte dai big data in ambito di privacy, valutando la fattibilità delle contromisure presenti all’attuale stato dell’arte. Tra queste anche il controllo dell’accesso ha riscontrato notevoli sfide causate dalle necessità richieste dai big data: questo elaborato analizza pregi e difetti del controllo dell’accesso basato su attributi (ABAC), un modello attualmente oggetto di discussione nel dibattito inerente sicurezza e privacy nei big data. Per rendere attuabile ABAC in un contesto big data, risulta necessario l’ausilio di un supporto per assegnare gli attributi di visibilità alle informazioni da proteggere. L’obiettivo di questa tesi consiste nel valutare fattibilità, caratteristiche significative e limiti del machine learning come possibile approccio di utilizzo.
Radiotherapy with scanning carbon ion beams: biological dose analysis for partial treatment delivery
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L’uso di particelle cariche pesanti in radioterapia prende il nome di adroterapia. L’adroterapia permette l’irraggiamento di un volume bersaglio minimizzando il danno ai tessuti sani circostanti rispetto alla radioterapia tradizionale a raggi X. Le proprietà radiobiologiche degli ioni carbonio rappresentano un problema per i modelli radiobiologici a causa della non linearità della loro efficacia biologica. In questa tesi presenteremo gli algoritmi che possono essere usati per calcolare la dose fisica e biologica per un piano di trattamento del CNAO (Centro Nazionale Adroterapia Oncologica). Un caso di particolare interesse è l’eventualità che un piano di trattamento venga interrotto prima del dovuto. A causa della non linearità della sopravvivenza cellulare al variare della quantità di dose ricevuta giornalmente, è necessario studiare gli effetti degli irraggiamenti parziali utilizzando algoritmi che tengano conto delle tante variabili che caratterizzano sia i fasci di ioni che i tessuti irraggiati. Nell'ambito di questa tesi, appositi algoritmi in MATLAB sono stati sviluppati e implementati per confrontare la dose biologica e fisica assorbita nei casi di trattamento parziale.
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Il presente progetto è stato svolto in collaborazione con la Cineteca di Bologna e verte sulla riprogettazione dell'odierna interfaccia Web, in funzione della sua visualizzazione mobile non considerata nella progettazione del 2008, in particolare nella sua parte che concerne la programmazione degli spettacoli in ambito cinematografico. Raccolti i suggerimenti degli utenti e approfondite le richieste della Cineteca, affrontando con i responsabili IT della Fondazione le criticità emerse, la ristrutturazione delle sezioni presenti e l'aggiunta di nuove funzionalità, si è impostato il lavoro come segue. In primis, si è eseguita una ricerca, avvalendosi di fonti autorevoli nella letteratura di settore, con un focus incentrato sull’Usabilità. Questa ha portato a presentare una panoramica di tale tematica, per concentrarsi poi sulle peculiarità dei dispositivi mobili, toccando vari aspetti: da un approfondimento dalle caratteristiche dell’uso fino una collocazione anche storica alla realtà mobile. Successivamente, si è proseguito analizzando nel dettaglio tutti i vari elementi da includere, sia dal punto di vista concettuale che posizionale, in riferimento a varie soluzioni proposte dalla letteratura di settore. Ciò preferendo i modelli principalmente utilizzati, dunque maggiormente familiari agli utenti, e i metodi normalizzati per la risoluzione di singole problematiche frequenti nella presentazione delle informazioni. Il risultato è un progetto di interfaccia più vicina all'esperienza quotidiana dell'utente, concretizzatosi con la realizzazione di un prototipo per mezzo di applicativi che simulano un device e mostrano anteprime grafiche dell'interfaccia medesima, nella fattispecie della natura e della collocazione dei singoli componenti sullo schermo. Il lavoro, pertanto, si pone l’obiettivo di rispondere a comuni e debite aspettative dell'utenza in fatto di comodità, efficienza e immediatezza di consultazione della Programmazione anche in mobilità.
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Se describe y explica el proceso de deforestación del área ocupada por los bosques de algarrobo en el oeste de La Rioja y Catamarca, a partir de mediados de siglo XIX hasta la actualidad. Este proceso estuvo asociado al desmonte del bosque nativo y a los cambios de uso del suelo originados por diferentes y sucesivos procesos socio– económicos, que tuvieron como actividades emergentes la minería, el ferrocarril y la demanda de productos forestales, generada principalmente por actividades productivas y de consumo desarrolladas en otras regiones. A partir del análisis de fuentes históricas y de imágenes satelitales (en gabinete), sumado al muestreo del bosque nativo y entrevistas en profundidad (en trabajo campo), fue calculado el volumen y la distribución espacial del bosque afectado por las actividades descriptas. Se estudiaron además las modalidades de aprovechamiento social del recurso forestal y algunas características del mundo del trabajo asociado a estas actividades, así como también, el rol gubernamental en la política forestal, especialmente después de 1930. Entre los principales resultados se destaca que la explotación forestal, intensificada desde 1850, nunca mermó considerablemente. Las miles de hectáreas desmontadas y la cantidad de forestales talados representaron un importante impacto ambiental principalmente, y en primer lugar, en Pipanaco y Chilecito, trasladándose posteriormente al resto de los valles.
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La abundancia y bajo costo del recurso hídrico en el Alto Valle de Río Negro combinados con un manejo ineficiente del mismo, principalmente durante la primera parte de la primavera, época en la que los productores riegan con mayor frecuencia para luchar pasivamente contra las probables heladas tardías, permiten inferir que los nitratos presentes en el suelo, así como el aportado por los fertilizantes nitrogenados, están sujetos al lixiviado durante una gran parte del ciclo productivo. En la actualidad no existen estudios regionales que ilustren la variación estacional de la concentración de nitratos en la zona de exploración radical de frutales, por lo que se inició el presente trabajo con el propósito de: a) medir la concentración de los nitratos en el perfil del suelo cultivado con manzanos, desde el período de floración hasta el inicio de caída de hojas, con fertilización nitrogenada en dos dosis y sin fertilización a distintas profundidades de extracción; b) determinar la eficiencia del riego a manto de dicho monte. Se ensayaron dos concentraciones de nitrógeno, adicionado como nitrato de amonio en dos oportunidades: el 50% a la caída de los pétalos y el 50% restante cercano a la cosecha, correspondiendo a dosis de 100 kg ha-1 (N1), 200 kg ha-1 (N2) y un testigo sin agregado de N (N0), durante el período 2004-2005 y 2005-2006. Para determinar los niveles de N en el suelo, expresado como nitratos, se extrajeron muestras del mismo a tres profundidades 0-30; 30-60; 60-90 cm, al inicio de floración, antes del primer riego y después de cada riego. La lámina de agua empleada para el riego a manto osciló entre 1712 y 2400 mm, con un aprovechamiento a campo del 30%. La concentración de nitratos fue baja cuando no se fertilizó, manteniéndose alrededor de 22 mg kg-1 en superficie y reduciéndose a la mitad a la profundidad de 30-60 cm, durante el período de muestreo. En ambas dosis empleadas, el contenido de nitratos del suelo fue mayor llegando a 175 y 300 mg kg-1, respectivamente. Estos valores se igualan a los del testigo a los 30 días en el caso de N1 y a los 60 días para N2. Los resultados permiten inferir que la concentración de nitratos fue efímera en el perfil del suelo y mejoró la eficiencia de riego, principalmente durante la primavera con el fin de minimizar pérdidas de nitrógeno.
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El objetivo del trabajo fue determinar sobre 10 clones de álamos, provenientes de cruzamientos intraespecíficos de Populus deltoides e interespecíficos de Populus x canadensis, implantados en Teodelina, Santa Fe, Argentina (34°09' S; 61°15' W), la concentración de nutrientes inorgánicos en su corteza y leño, y sus relaciones con los volúmenes comerciales alcanzados a los 9 años de edad y la densidad básica de la madera. Se apearon ejemplares seleccionados, se calculó su volumen comercial individual y se determinaron la densidad básica y las concentraciones de Ca, Mg, P y K en fuste y corteza. Se realizó análisis de la varianza, test de comparación de medias de Tukey y correlación simple de los diferentes parámetros evaluados. Los resultados arrojaron diferentes contenidos de nutrientes por clon y concentraciones más bajas en la madera que en la corteza, en todos los casos. No hubo correlaciones significativas entre el volumen comercial obtenido, los valores de densidad básica de la madera y los nutrientes inorgánicos, indicando eficiencias individuales en el uso de los recursos inorgánicos.
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En este trabajo se evalúa el comportamiento del nivel freático (NF) en un área de regadío de 75.774 ha ubicadas en el tercio inferior de la cuenca del río Atuel, departamentos de General Alvear y San Rafael en la provincia de Mendoza, y su vinculación con: las pérdidas que se producen en la red de canales, las prácticas de riego y los escurrimientos sub-superficiales de zonas más elevadas. En la zona existe una red de 193 freatímetros en la que se han registrado lecturas de niveles freáticos desde 1980 a 2008, en distintas estaciones del año. El área de estudio se dividió en cuatro sub-zonas, cada una de ellas abastecida por un canal matriz de riego. La serie existente de lecturas de NF permitió elaborar planos estacionales de isohipsas e isobatas medias. Se definieron indicadores de factor de reacción freática (FRF) y de eficiencia del sistema (IES); además, se elaboraron planos de isolíneas y tablas de salinidad (conductividad eléctrica) media del agua subterránea. El análisis de los registros recopilados muestra la dirección del flujo de agua subterránea "noroeste-sureste", isohipsas con un gradiente medio de 1,54 m.Km-1 y nivel freático (NF) con una profundidad mínima media de 1.31 m. La evidencia de zonas de recarga de agua subterránea posibilita, junto a los otros planos, una rápida identificación de zonas vulnerables al ascenso del NF. El FRF permitió establecer que se incorpora al área cultivada de Alvear-Bowen un volumen de 3,7 veces más agua que la requerida por los cultivos y que el IES es del 27%. En primavera, el riego representa el 66% del volumen incorporado a la zona mientras que las precipitaciones representan el 34 % y la superficie con NF de hasta 1,0 m de profundidad es 4,8 veces mayor al promedio del área afectada en las demás estaciones. Los resultados brindan una fuente de información actualizada para la planificación del uso del suelo en la zona, para la operación del sistema de riego y para la implementación y priorización de planes de mejora en la infraestructura.
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La fritura es un proceso altamente utilizado a nivel industrial y casero, el que considera someter a las grasas a temperaturas cercanas a los 200°C, con lo cual se producen complicados cambios físicos y químicos. En Chile, se utilizan para freír mantecas hidrogenadas las cuales han mostrado alto contenido en ácidos grasos trans (AGT). Este trabajo tiene como objetivo determinar los cambios en el perfil en ácidos grasos, con énfasis en AGT, de diferentes tipos de materias grasas hidrogenadas y aceites vegetales sometidos a calentamiento. Para esto se evaluó y se sometió a un ciclo de calentamiento por 50 h 7 diferentes tipos de materias grasas y como control se consideró a aceite de girasol, se evaluaron los tiempos 0, 10, 20, 30, 40 y 50 h. La composición en ácidos grasos se realizó por cromatografía gas - liquido previa preparación de los ésteres metílicos según Norma española, UNE-EN ISO 5509. Los resultados mostraron que la composición en ácidos grasos de todas las materias grasas estudiadas presentaron modificación durante el tratamiento térmico, observándose una disminución de los ácidos grasos poliinsaturados y un aumento o preservación de los ácidos grasos monoinsaturados y saturados. Los ácidos grasos trans mostraron contenidos importantes en mantecas hidrogenadas (20%), los que se mantuvieron constantes durante todo el calentamiento. El aceite de girasol y el de girasol alto oleico resultaron ser los más adecuados para freír, ya que no mostraron presencia de AGT y se mantuvieron aptos para ser utilizados hasta las 40 h de calentamiento.