510 resultados para homeostatic thirst


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The progression of animal life from the paleozoic ocean to rivers and diverse econiches on the planet's surface, as well as the subsequent reinvasion of the ocean, involved many different stresses on ionic pattern, osmotic pressure, and volume of the extracellular fluid bathing body cells. The relatively constant ionic pattern of vertebrates reflects a genetic "set" of many regulatory mechanisms--particularly renal regulation. Renal regulation of ionic pattern when loss of fluid from the body is disproportionate relative to the extracellular fluid composition (e.g., gastric juice with vomiting and pancreatic secretion with diarrhea) makes manifest that a mechanism to produce a biologically relatively inactive extracellular anion HCO3- exists, whereas no comparable mechanism to produce a biologically inactive cation has evolved. Life in the ocean, which has three times the sodium concentration of extracellular fluid, involves quite different osmoregulatory stress to that in freshwater. Terrestrial life involves risk of desiccation and, in large areas of the planet, salt deficiency. Mechanisms integrated in the hypothalamus (the evolutionary ancient midbrain) control water retention and facilitate excretion of sodium, and also control the secretion of renin by the kidney. Over and above the multifactorial processes of excretion, hypothalamic sensors reacting to sodium concentration, as well as circumventricular organs sensors reacting to osmotic pressure and angiotensin II, subserve genesis of sodium hunger and thirst. These behaviors spectacularly augment the adaptive capacities of animals. Instinct (genotypic memory) and learning (phenotypic memory) are melded to give specific behavior apt to the metabolic status of the animal. The sensations, compelling emotions, and intentions generated by these vegetative systems focus the issue of the phylogenetic emergence of consciousness and whether primal awareness initially came from the interoreceptors and vegetative systems rather than the distance receptors.

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We have generated mice with a null mutation at the Ada locus, which encodes the purine catabolic enzyme adenosine deaminase (ADA, EC 3.5.4.4). ADA-deficient fetuses exhibited hepatocellular impairment and died perinatally. Their lymphoid tissues were not largely affected. Accumulation of ADA substrates was detectable in ADA-deficient conceptuses as early as 12.5 days postcoitum, dramatically increasing during late in utero development, and is the likely cause of liver damage and fetal death. The results presented here demonstrate that ADA is important for the homeostatic maintenance of purines in mice.

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Nel sesso maschile il carcinoma della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente ed è tra le prime cause di morte per tumore. Ad oggi, sono disponibili diverse strategie terapeutiche per il trattamento del CaP, ma, come comprovato dall’ancora alta mortalità, spesso queste sono inefficaci, a causa soprattutto dello sviluppo di fenomeni di resistenza da parte delle cellule tumorali. La ricerca si sta quindi focalizzando sulla caratterizzazione di tali meccanismi di resistenza e, allo stesso tempo, sull’individuazione di combinazioni terapeutiche che siano più efficaci e capaci di superare queste resistenze. Le cellule tumorali sono fortemente dipendenti dai meccanismi connessi con l’omeostasi proteica (proteostasi), in quanto sono sottoposte a numerosi stress ambientali (ipossia, carenza di nutrienti, esposizione a chemioterapici, ecc.) e ad un’aumentata attività trascrizionale, entrambi fattori che causano un accumulo intracellulare di proteine anomale e/o mal ripiegate, le quali possono risultare dannose per la cellula e vanno quindi riparate o eliminate efficientemente. La cellula ha sviluppato diversi sistemi di controllo di qualità delle proteine, tra cui gli chaperon molecolari, il sistema di degradazione associato al reticolo endoplasmatico (ERAD), il sistema di risposta alle proteine non ripiegate (UPR) e i sistemi di degradazione come il proteasoma e l’autofagia. Uno dei possibili bersagli in cellule tumorali secretorie, come quelle del CaP, è rappresentato dal reticolo endoplasmatico (RE), organello intracellulare deputato alla sintesi, al ripiegamento e alle modificazioni post-traduzionali delle proteine di membrana e secrete. Alterazioni della protestasi a livello del RE inducono l’UPR, che svolge una duplice funzione nella cellula: primariamente funge da meccanismo omeostatico e di sopravvivenza, ma, quando l’omeostasi non è più ripristinabile e lo stimolo di attivazione dell’UPR cronicizza, può attivare vie di segnalazione che conducono alla morte cellulare programmata. La bivalenza, tipica dell’UPR, lo rende un bersaglio particolarmente interessante per promuovere la morte delle cellule tumorali: si può, infatti, sfruttare da una parte l’inibizione di componenti dell’UPR per abrogare i meccanismi adattativi e di sopravvivenza e dall’altra si può favorire il sovraccarico dell’UPR con conseguente induzione della via pro-apoptotica. Le catechine del tè verde sono composti polifenolici estratti dalle foglie di Camellia sinesis che possiedono comprovati effetti antitumorali: inibiscono la proliferazione, inducono la morte di cellule neoplastiche e riducono l’angiogenesi, l’invasione e la metastatizzazione di diversi tipi tumorali, tra cui il CaP. Diversi studi hanno osservato come il RE sia uno dei bersagli molecolari delle catechine del tè verde. In particolare, recenti studi del nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come il Polyphenon E (estratto standardizzato di catechine del tè verde) sia in grado, in modelli animali di CaP, di causare un’alterazione strutturale del RE e del Golgi, un deficit del processamento delle proteine secretorie e la conseguente induzione di uno stato di stress del RE, il quale causa a sua volta l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR. Nel presente studio su due diverse linee cellulari di CaP (LNCaP e DU145) e in un nostro precedente studio su altre due linee cellulari (PNT1a e PC3) è stato confermato che il Polyphenon E è capace di indurre lo stress del RE e di determinare l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR, le quali possono fungere da meccanismo di sopravvivenza, ma anche contribuire a favorire la morte cellulare indotta dalle catechine del tè verde (come nel caso delle PC3). Considerati questi effetti delle catechine del tè verde in qualità di induttori dell’UPR, abbiamo ipotizzato che la combinazione di questi polifenoli bioattivi e degli inibitori del proteasoma, anch’essi noti attivatori dell’UPR, potesse comportare un aggravamento dell’UPR stesso tale da innescare meccanismi molecolari di morte cellulare programmata. Abbiamo quindi studiato l’effetto di tale combinazione in cellule PC3 trattate con epigallocatechina-3-gallato (EGCG, la principale tra le catechine del tè verde) e due diversi inibitori del proteasoma, il bortezomib (BZM) e l’MG132. I risultati hanno dimostrato, diversamente da quanto ipotizzato, che l’EGCG quando associato agli inibitori del proteasoma non produce effetti sinergici, ma che anzi, quando viene addizionato al BZM, causa una risposta simil-antagonistica: si osserva infatti una riduzione della citotossicità e dell’effetto inibitorio sul proteasoma (accumulo di proteine poliubiquitinate) indotti dal BZM, inoltre anche l’induzione dell’UPR (aumento di GRP78, p-eIF2α, CHOP) risulta ridotta nelle cellule trattate con la combinazione di EGCG e BZM rispetto alle cellule trattate col solo BZM. Gli stessi effetti non si osservano invece nelle cellule PC3 trattate con l’EGCG in associazione con l’MG132, dove non si registra alcuna variazione dei parametri di vitalità cellulare e dei marcatori di inibizione del proteasoma e di UPR (rispetto a quelli osservati nel singolo trattamento con MG132). Essendo l’autofagia un meccanismo compensativo che si attiva in seguito all’inibizione del proteasoma o allo stress del RE, abbiamo valutato che ruolo potesse avere tale meccanismo nella risposta simil-antagonistica osservata in seguito al co-trattamento con EGCG e BZM. I nostri risultati hanno evidenziato, in cellule trattate con BZM, l’attivazione di un flusso autofagico che si intensifica quando viene addizionato l’EGCG. Tramite l’inibizione dell’autofagia mediante co-somministrazione di clorochina, è stato possibile stabilire che l’autofagia indotta dall’EGCG favorisce la sopravvivenza delle cellule sottoposte al trattamento combinato tramite la riduzione dell’UPR. Queste evidenze ci portano a concludere che per il trattamento del CaP è sconsigliabile associare le catechine del tè verde con il BZM e che in futuri studi di combinazione di questi polifenoli con composti antitumorali sarà importante valutare il ruolo dell’autofagia come possibile meccanismo di resistenza.

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Purpose. Mice rendered hypoglycemic by a null mutation in the glucagon receptor gene Gcgr display late-onset retinal degeneration and loss of retinal sensitivity. Acute hyperglycemia induced by dextrose ingestion does not restore their retinal function, which is consistent with irreversible loss of vision. The goal of this study was to establish whether long-term administration of high dietary glucose rescues retinal function and circuit connectivity in aged Gcgr−/− mice. Methods. Gcgr−/− mice were administered a carbohydrate-rich diet starting at 12 months of age. After 1 month of treatment, retinal function and structure were evaluated using electroretinographic (ERG) recordings and immunohistochemistry. Results. Treatment with a carbohydrate-rich diet raised blood glucose levels and improved retinal function in Gcgr−/− mice. Blood glucose increased from moderate hypoglycemia to euglycemic levels, whereas ERG b-wave sensitivity improved approximately 10-fold. Because the b-wave reflects the electrical activity of second-order cells, we examined for changes in rod-to-bipolar cell synapses. Gcgr−/− retinas have 20% fewer synaptic pairings than Gcgr+/− retinas. Remarkably, most of the lost synapses were located farthest from the bipolar cell body, near the distal boundary of the outer plexiform layer (OPL), suggesting that apical synapses are most vulnerable to chronic hypoglycemia. Although treatment with the carbohydrate-rich diet restored retinal function, it did not restore these synaptic contacts. Conclusions. Prolonged exposure to diet-induced euglycemia improves retinal function but does not reestablish synaptic contacts lost by chronic hypoglycemia. These results suggest that retinal neurons have a homeostatic mechanism that integrates energetic status over prolonged periods of time and allows them to recover functionality despite synaptic loss.

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The volumes contain student notes on a course of medical lectures given by Dr. Benjamin Rush (1746-1813) while he was Professor of the Institutes of Medicine and Clinical Practice at the University of Pennsylvania Medical School, likely in circa 1800-1813. The notes indicate Rush often referenced the works or teachings of contemporaries such as Scottish physicians William Cullen, John Brown, John Gregory, and Robert Whytt, and Dutch physician Herman Boerhaave. He frequently included anecdotes and case histories of his own patients, as well as those of other doctors, to illustrate his lecture topics. He also advised students to take notes on the lectures after they ended to allow them to focus on what they were hearing. Volume 1 includes notes on: physician conduct during visits to patients; human and animal physiology; voice and speech; the nervous system; the five senses; and faculties of the mind. Volume 2 includes notes on: food, the sources of appetite and thirst, and digestion; the lymphatic system; secretions; excretions; theories of nutrition; differences in the minds and bodies of women and men; reproduction; pathology; a table outlining the stages of disease production; “disease and the origin of moral and natural evil”; contagions; the role of food, drink, and clothing in producing disease; worms; hereditary diseases; predisposition to diseases; proximate causes of diseases; and pulmonary conditions. Volume 3 includes notes on: the pulse; therapeutics, such as emetics, sedatives, and digitalis, and treatment of various illnesses like pulmonary consumption, kidney disease, palsy, and rheumatism; diagnosis and prognosis of fever; treatment of intermitting fever; and epidemics including plague, smallpox, and yellow fever, with an emphasis on the yellow fever outbreaks in Philadelphia in 1793 and 1797.

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Le sommeil est un besoin vital et le bon fonctionnement de l’organisme dépend de la quantité et de la qualité du sommeil. Le sommeil est régulé par deux processus : un processus circadien qui dépend de l’activité des noyaux suprachiasmatiques de l’hypothalamus et qui régule le moment durant lequel nous allons dormir, et un processus homéostatique qui dépend de l’activité neuronale et se reflète dans l’intensité du sommeil. En effet, le sommeil dépend de l’éveil qui le précède et plus l’éveil dure longtemps, plus le sommeil est profond tel que mesuré par des marqueurs électroencéphalographiques (EEG). Des études ont montré que le bon fonctionnement de ces deux processus régulateurs du sommeil dépend de la plasticité synaptique. Ainsi, les éléments synaptiques régulant la communication et la force synaptique sont d’importants candidats pour agir sur la physiologie de la régulation du sommeil. Les molécules d’adhésion cellulaire sont des acteurs clés dans les mécanismes de plasticité synaptique. Elles régulent l’activité et la maturation des synapses. Des études ont montré que leur absence engendre des conséquences similaires au manque de sommeil. Le but de ce projet de thèse est d’explorer l’effet de l’absence de deux familles de molécule d’adhésion cellulaire, les neuroligines et la famille des récepteur Eph et leur ligand les éphrines dans les processus régulateurs du sommeil. Notre hypothèse est que l’absence d’un des membres de ces deux familles de molécule affecte les mécanismes impliqués dans le processus homéostatique de régulation du sommeil. Afin de répondre à notre hypothèse, nous avons étudié d’une part l’activité EEG chez des souris mutantes n’exprimant pas Neuroligine‐1 (Nlgn1) ou le récepteur EphA4 en condition normale et après une privation de sommeil. D’autre part, nous avons mesuré les changements moléculaires ayant lieu dans ces deux modèles après privation de sommeil. Au niveau de l’activité EEG, nos résultats montrent que l’absence de Nlgn1 augmente la densité des ondes lentes en condition normale et augment l’amplitude et la pente des ondes lentes après privation de sommeil. Nlgn1 est nécessaire au fonctionnement normal de la synchronie corticale, notamment après une privation de sommeil, lui attribuant ainsi un rôle clé dans l’homéostasie du sommeil. Concernant le récepteur EphA4, son absence affecte la durée du sommeil paradoxal ainsi que l’activité sigma qui dépendent du processus circadien. Nos résultats suggèrent donc que ce récepteur est un élément important dans la régulation circadienne du sommeil. Les changements transcriptionnels en réponse à la privation de sommeil des souris n’exprimant pas Nlgn1 et EphA4 ne sont pas différents des souris sauvages. Toutefois, nous avons montré que la privation de sommeil affectait la distribution des marques épigénétiques sur le génome, tels que la méthylation et l’hydroxyméthylation, et que l’expression des molécules régulant ces changements est modifiée chez les souris mutantes pour le récepteur EphA4. Nos observations mettent en évidence que les molécules d’adhésion cellulaire, Nlgn1 et le récepteur EphA4, possèdent un rôle important dans les processus homéostatique et circadien du sommeil et contribuent de manière différente à la régulation du sommeil.

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Les informations sensorielles sont traitées dans le cortex par des réseaux de neurones co-activés qui forment des assemblées neuronales fonctionnelles. Le traitement visuel dans le cortex est régit par différents aspects des caractéristiques neuronales tels que l’aspect anatomique, électrophysiologique et moléculaire. Au sein du cortex visuel primaire, les neurones sont sélectifs à divers attributs des stimuli tels que l’orientation, la direction, le mouvement et la fréquence spatiale. Chacun de ces attributs conduit à une activité de décharge maximale pour une population neuronale spécifique. Les neurones du cortex visuel ont cependant la capacité de changer leur sélectivité en réponse à une exposition prolongée d’un stimulus approprié appelée apprentissage visuel ou adaptation visuelle à un stimulus non préférentiel. De ce fait, l’objectif principal de cette thèse est d’investiguer les mécanismes neuronaux qui régissent le traitement visuel durant une plasticité induite par adaptation chez des animaux adultes. Ces mécanismes sont traités sous différents aspects : la connectivité neuronale, la sélectivité neuronale, les propriétés électrophysiologiques des neurones et les effets des drogues (sérotonine et fluoxétine). Le modèle testé se base sur les colonnes d’orientation du cortex visuel primaire. La présente thèse est subdivisée en quatre principaux chapitres. Le premier chapitre (A) traite de la réorganisation du cortex visuel primaire suite à une plasticité induite par adaptation visuelle. Le second chapitre (B) examine la connectivité neuronale fonctionnelle en se basant sur des corrélations croisées entre paires neuronales ainsi que sur des corrélations d’activités de populations neuronales. Le troisième chapitre (C) met en liaison les aspects cités précédemment (les effets de l’adaptation visuelle et la connectivité fonctionnelle) aux propriétés électrophysiologiques des neurones (deux classes de neurones sont traitées : les neurones à décharge régulière et les neurones à décharge rapide ou burst). Enfin, le dernier chapitre (D) a pour objectif l’étude de l’effet du couplage de l’adaptation visuelle à l’administration de certaines drogues, notamment la sérotonine et la fluoxétine (inhibiteur sélectif de recapture de la sérotonine). Méthodes En utilisant des enregistrements extracellulaires d’activités neuronales dans le cortex visuel primaire (V1) combinés à un processus d’imagerie cérébrale optique intrinsèque, nous enregistrons l’activité de décharge de populations neuronales et nous examinons l’activité de neurones individuels extraite des signaux multi-unitaires. L’analyse de l’activité cérébrale se base sur différents algorithmes : la distinction des propriétés électrophysiologiques des neurones se fait par calcul de l’intervalle de temps entre la vallée et le pic maximal du potentiel d’action (largeur du potentiel d’action), la sélectivité des neurones est basée sur leur taux de décharge à différents stimuli, et la connectivité fonctionnelle utilise des calculs de corrélations croisées. L’utilisation des drogues se fait par administration locale sur la surface du cortex (après une craniotomie et une durotomie). Résultats et conclusions Dans le premier chapitre, nous démontrons la capacité des neurones à modifier leur sélectivité après une période d’adaptation visuelle à un stimulus particulier, ces changements aboutissent à une réorganisation des cartes corticales suivant un patron spécifique. Nous attribuons ce résultat à la flexibilité de groupes fonctionnels de neurones qui étaient longtemps considérés comme des unités anatomiques rigides. En effet, nous observons une restructuration extensive des domaines d’orientation dans le but de remodeler les colonnes d’orientation où chaque stimulus est représenté de façon égale. Ceci est d’autant plus confirmé dans le second chapitre où dans ce cas, les cartes de connectivité fonctionnelle sont investiguées. En accord avec les résultats énumérés précédemment, les cartes de connectivité montrent également une restructuration massive mais de façon intéressante, les neurones utilisent une stratégie de sommation afin de stabiliser leurs poids de connectivité totaux. Ces dynamiques de connectivité sont examinées dans le troisième chapitre en relation avec les propriétés électrophysiologiques des neurones. En effet, deux modes de décharge neuronale permettent la distinction entre deux classes neuronales. Leurs dynamiques de corrélations distinctes suggèrent que ces deux classes jouent des rôles clés différents dans l’encodage et l’intégration des stimuli visuels au sein d’une population neuronale. Enfin, dans le dernier chapitre, l’adaptation visuelle est combinée avec l’administration de certaines substances, notamment la sérotonine (neurotransmetteur) et la fluoxétine (inhibiteur sélectif de recapture de la sérotonine). Ces deux substances produisent un effet similaire en facilitant l’acquisition des stimuli imposés par adaptation. Lorsqu’un stimulus non optimal est présenté en présence de l’une des deux substances, nous observons une augmentation du taux de décharge des neurones en présentant ce stimulus. Nous présentons un modèle neuronal basé sur cette recherche afin d’expliquer les fluctuations du taux de décharge neuronale en présence ou en absence des drogues. Cette thèse présente de nouvelles perspectives quant à la compréhension de l’adaptation des neurones du cortex visuel primaire adulte dans le but de changer leur sélectivité dans un environnement d’apprentissage. Nous montrons qu’il y a un parfait équilibre entre leurs habiletés plastiques et leur dynamique d’homéostasie.

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Nonsense-mediated mRNA decay (NMD) was originally coined to define a quality control mechanism that targets mRNAs with truncated open reading frames due to the presence of a premature termination codon. Meanwhile, it became clear that NMD has a much broader impact on gene expression and additional biological functions beyond quality control are continuously being discovered. We review here the current views regarding the molecular mechanisms of NMD, according to which NMD ensues on mRNAs that fail to terminate translation properly, and point out the gaps in our understanding. We further summarize the recent literature on an ever-rising spectrum of biological processes in which NMD appears to be involved, including homeostatic control of gene expression, development and differentiation, as well as viral defense.

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Les informations sensorielles sont traitées dans le cortex par des réseaux de neurones co-activés qui forment des assemblées neuronales fonctionnelles. Le traitement visuel dans le cortex est régit par différents aspects des caractéristiques neuronales tels que l’aspect anatomique, électrophysiologique et moléculaire. Au sein du cortex visuel primaire, les neurones sont sélectifs à divers attributs des stimuli tels que l’orientation, la direction, le mouvement et la fréquence spatiale. Chacun de ces attributs conduit à une activité de décharge maximale pour une population neuronale spécifique. Les neurones du cortex visuel ont cependant la capacité de changer leur sélectivité en réponse à une exposition prolongée d’un stimulus approprié appelée apprentissage visuel ou adaptation visuelle à un stimulus non préférentiel. De ce fait, l’objectif principal de cette thèse est d’investiguer les mécanismes neuronaux qui régissent le traitement visuel durant une plasticité induite par adaptation chez des animaux adultes. Ces mécanismes sont traités sous différents aspects : la connectivité neuronale, la sélectivité neuronale, les propriétés électrophysiologiques des neurones et les effets des drogues (sérotonine et fluoxétine). Le modèle testé se base sur les colonnes d’orientation du cortex visuel primaire. La présente thèse est subdivisée en quatre principaux chapitres. Le premier chapitre (A) traite de la réorganisation du cortex visuel primaire suite à une plasticité induite par adaptation visuelle. Le second chapitre (B) examine la connectivité neuronale fonctionnelle en se basant sur des corrélations croisées entre paires neuronales ainsi que sur des corrélations d’activités de populations neuronales. Le troisième chapitre (C) met en liaison les aspects cités précédemment (les effets de l’adaptation visuelle et la connectivité fonctionnelle) aux propriétés électrophysiologiques des neurones (deux classes de neurones sont traitées : les neurones à décharge régulière et les neurones à décharge rapide ou burst). Enfin, le dernier chapitre (D) a pour objectif l’étude de l’effet du couplage de l’adaptation visuelle à l’administration de certaines drogues, notamment la sérotonine et la fluoxétine (inhibiteur sélectif de recapture de la sérotonine). Méthodes En utilisant des enregistrements extracellulaires d’activités neuronales dans le cortex visuel primaire (V1) combinés à un processus d’imagerie cérébrale optique intrinsèque, nous enregistrons l’activité de décharge de populations neuronales et nous examinons l’activité de neurones individuels extraite des signaux multi-unitaires. L’analyse de l’activité cérébrale se base sur différents algorithmes : la distinction des propriétés électrophysiologiques des neurones se fait par calcul de l’intervalle de temps entre la vallée et le pic maximal du potentiel d’action (largeur du potentiel d’action), la sélectivité des neurones est basée sur leur taux de décharge à différents stimuli, et la connectivité fonctionnelle utilise des calculs de corrélations croisées. L’utilisation des drogues se fait par administration locale sur la surface du cortex (après une craniotomie et une durotomie). Résultats et conclusions Dans le premier chapitre, nous démontrons la capacité des neurones à modifier leur sélectivité après une période d’adaptation visuelle à un stimulus particulier, ces changements aboutissent à une réorganisation des cartes corticales suivant un patron spécifique. Nous attribuons ce résultat à la flexibilité de groupes fonctionnels de neurones qui étaient longtemps considérés comme des unités anatomiques rigides. En effet, nous observons une restructuration extensive des domaines d’orientation dans le but de remodeler les colonnes d’orientation où chaque stimulus est représenté de façon égale. Ceci est d’autant plus confirmé dans le second chapitre où dans ce cas, les cartes de connectivité fonctionnelle sont investiguées. En accord avec les résultats énumérés précédemment, les cartes de connectivité montrent également une restructuration massive mais de façon intéressante, les neurones utilisent une stratégie de sommation afin de stabiliser leurs poids de connectivité totaux. Ces dynamiques de connectivité sont examinées dans le troisième chapitre en relation avec les propriétés électrophysiologiques des neurones. En effet, deux modes de décharge neuronale permettent la distinction entre deux classes neuronales. Leurs dynamiques de corrélations distinctes suggèrent que ces deux classes jouent des rôles clés différents dans l’encodage et l’intégration des stimuli visuels au sein d’une population neuronale. Enfin, dans le dernier chapitre, l’adaptation visuelle est combinée avec l’administration de certaines substances, notamment la sérotonine (neurotransmetteur) et la fluoxétine (inhibiteur sélectif de recapture de la sérotonine). Ces deux substances produisent un effet similaire en facilitant l’acquisition des stimuli imposés par adaptation. Lorsqu’un stimulus non optimal est présenté en présence de l’une des deux substances, nous observons une augmentation du taux de décharge des neurones en présentant ce stimulus. Nous présentons un modèle neuronal basé sur cette recherche afin d’expliquer les fluctuations du taux de décharge neuronale en présence ou en absence des drogues. Cette thèse présente de nouvelles perspectives quant à la compréhension de l’adaptation des neurones du cortex visuel primaire adulte dans le but de changer leur sélectivité dans un environnement d’apprentissage. Nous montrons qu’il y a un parfait équilibre entre leurs habiletés plastiques et leur dynamique d’homéostasie.

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The headquarter recruit -- Gougou -- The man in the woods and forests -- How Farlingby flew -- The quality of mercy -- A chintz-covered chair -- "Rouge gagne!" -- The fourth volume -- A stuffed lion -- The resurrection of Freddy -- Liege lady mine -- Toto the tempter -- Clairvoyance -- In the lagoon -- Mrs. Crichton's convert -- Transference -- A subaltern's healing --Todminster's thirst -- White fox -- Realization -- Full-sized James -- A new leaf -- The tribute of Offa.

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Thesis (Ph.D.)--University of Washington, 2016-04

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The addition of insulin during in vitro culture has beneficial effects on rabbit preimplantation embryos leading to increased cell proliferation and reduced apoptosis. We have previously described the expression of the insulin receptor (IR) and the insulin-responsive glucose transporters (GLUT) 4 and 8 in rabbit preimplantation embryos. However, the effects of insulin on IR signaling and glucose metabolism have not been investigated in rabbit embryos. In the present study, the effects of 170 nM insulin on IR, GLUT4 and GLUT8 mRNA levels, Akt and Erk phosphorylation, GLUT4 translocation and methyl glucose transport were studied in cultured day 3 to day 6 rabbit embryos. Insulin stimulated phosphorylation of the mitogen-activated protein kinase (MAPK) Erk1/2 and levels of IR and GLUT4 mRNA, but not phosphorylation of the phosphatidylinositol 3-kinase-dependent protein kinase, Akt, GLUT8 mRNA levels, glucose uptake or GLUT4 translocation. Activation of the MAPK signaling pathway in the absence of GLUT4 translocation and of a glucose transport response suggest that in the rabbit preimplantation embryo insulin is acting as a growth factor rather than a component of glucose homeostatic control.

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The classical paradigm for T cell dynamics suggests that the resolution of a primary acute virus infection is followed by the generation of a long-lived pool of memory T cells that is thought to be highly stable. Very limited alteration in this repertoire is expected until the immune system is re-challenged by reactivation of latent viruses or by cross-reactive pathogens. Contradicting this view, we show here that the T cell repertoire specific for two different latent herpes viruses in the peripheral blood displayed significant contemporaneous co-fluctuations of virus-specific CD8(+) T cells. The coordinated responses to two different viruses suggest that the fluctuations within the T cell repertoire may be driven by sub-clinical viral reactivation or a more generalized 'bystander' effect. The later contention was supported by the observation that, while absolute number of CD3(+) T cells and their subsets and also the cell surface phenotype of antigen-specific T cells remained relatively constant, a loss of CD62L expression in the total CD8(+) T cell population was coincident with the expansion of tetramer-positive virus-specific T cells. This study demonstrates that the dynamic process of T cell expansion and contractions in persistent viral infections is not limited to the acute phase of infection, but also continues during the latent phase of infection.

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Mutants that branch profusely in the presence of a growing shoot tip have highlighted the role of graft-transmissible signals that are produced in roots and stem. Orthologous genes in Arabidopsis, pea and petunia are involved in the transmission of a novel long-distance message. These genes show varying degrees of regulation by auxin and an auxin-independent feedback system, and encode enzymes that might act on carotenoid-like substrates. Axillary bud outgrowth is under homeostatic control, involving developmental stages or checkpoints. Perturbation of the long-range messaging and auxin depletion does not guarantee that bud outgrowth will ensue at a particular node.

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Diets with more than 30 g K/kg DM have previously been associated with hypomagnesaemia in grazing cattle, and to test whether such diets lead to mineral disorders in sheep, the absorption of Mg and other elements was investigated using experimental diets to which KC I had been added to provide 27, 29, 32 or 34 g K/kg DM. The apparent absorption, balance and apparent retention of Mg, and to a lesser extent Ca, were reduced for sheep offered the diets with 32 or 34 g K/kg DM. The absorption and retention of K, Na, P, Zn, Pb and Cd was not affected by treatment. The blood intracellular Ca concentration was reduced by the diets with 29, 32 or 34 g K/kg DM, compared to the diet with 27 g K/kg DM, but the concentration of other elements was unaffected. Blood plasma Ca concentration was increased at the highest level of K inclusion, providing evidence of mild hyperkalaemia and the involvement of Ca homeostatic mechanisms. It is concluded that Mg absorption by sheep will be impaired if the diet contains more than 30 g K/kg DM, equivalent to an intake of approximately 13 g K/d, but that a high K diet may be beneficial before parturition to accustom the sheep to Ca mobilization before lactation. (c) 2005 Elsevier B.V. All rights reserved.