966 resultados para Tesi, Gestione Aziendale, Strategia


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In this dissertation the pyrolytic conversion of biomass into chemicals and fuels was investigated from the analytical point of view. The study was focused on the liquid (bio-oil) and solid (char) fractions obtainable from biomass pyrolysis. The drawbacks of Py-GC-MS described so far were partially solved by coupling different analytical configurations (Py-GC-MS, Py-GC-MIP-AED and off-line Py-SPE and Py-SPME-GC-MS with derivatization procedures). The application of different techniques allowed a satisfactory comparative analysis of pyrolysis products of different biomass and a high throughput screening on effect of 33 catalysts on biomass pyrolysis. As the results of the screening showed, the most interesting catalysts were those containing copper (able to reduce the high molecular weight fraction of bio-oil without large yield decrease) and H-ZSM-5 (able to entirely convert the bio-oil into “gasoline like” aromatic products). In order to establish the noxious compounds content of the liquid product, a clean-up step was included in the Py-SPE procedure. This allowed to investigate pollutants (PAHs) generation from pyrolysis and catalytic pyrolysis of biomass. In fact, bio-oil from non-catalytic pyrolysis of biomass showed a moderate PAHs content, while the use of H-ZSM-5 catalyst for bio-oil up-grading determined an astonishing high production of PAHs (if compared to what observed in alkanes cracking), indicating an important concern in the substitution fossil fuel with bio-oil derived from biomass. Moreover, the analytical procedures developed in this thesis were directly applied for the detailed study of the most useful process scheme and up-grading route to chemical intermediates (anhydrosugars), transportation fuels or commodity chemicals (aromatic hydrocarbons). In the applied study, poplar and microalgae biomass were investigated and overall GHGs balance of pyrolysis of agricultural residues in Ravenna province was performed. A special attention was put on the comparison of the effect of bio-char different use (fuel or as soil conditioner) on the soil health and GHGs emissions.

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Pharmaceutical residues contaminate aquatic ecosystems as a result of their widespread human and veterinary usage. Since continuously released and not efficiently removed, certain pharmaceuticals exhibit pseudo-persistence thus generating concerns for the health of aquatic wildlife. This work aimed at assessing on mussels Mytilus galloprovincialis, under laboratory conditions, the effects of three pharmaceuticals, carbamazepine (antiepileptic), propranolol (β-blocker) and oxytetracycline (antibiotic), to evaluate if the human-based mode of action of these molecules is conserved in invertebrates. Furthermore, in the framework of the European MEECE Programme, mussels were exposed to oxytetracycline and copper at increasing temperatures, simulating variations due to climate changes. The effects of these compounds were assessed evaluating a battery of biomarkers, the expression of HSP70 proteins and changes in cAMP-related parameters. A decrease in lysosomal membrane stability, induction of oxidative stress, alterations of cAMP-dependent pathway and the induction of defense mechanisms were observed indicating the development of a stress syndrome, and a worsening in mussels health status. Data obtained in MEECE Programme confirmed that the toxicity of substances can be enhanced following changes in temperature. The alterations observed were obtained after exposure to pharmaceuticals at concentrations sometimes lower than those detected in the aquatic environment. Hence, further research is advisable regarding subtle effects of pharmaceuticals on non-target organisms. Furthermore, results obtained during a research stay in the laboratories of Cádiz University (Spain) are presented. The project aimed at measuring possible effects of polluted sediments in Algeciras Bay (Spain) and in Cádiz Bay, by assessing different physiological parameters in caged crabs Carcinus maenas and clams Ruditapes decussatus exposed in situ for 28 days. The neutral red retention assay was adapted to these species and proved to be a sensitive screening tool for the assessment of sediment quality.

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Il presente lavoro di tesi ha come punto focale la descrizione, la verifica e la dimostrazione della realizzabilità dei Workflow Patterns di Gestione del Flusso(Control-Flow) e Risorse (Resource) definiti da parte della Workflow Pattern Initiative (WPI)in JOLIE, un innovativo linguaggio di programmazione orientato ai servizi nato nell'ambito del Service Oriented Computing. Il Service Oriented Computing (SOC) è un nuovo modo di pensare la programmazione di applicazioni distribuite, i cui concetti fondamentali sono i servizi e la composizione. L’approccio SOC definisce la possibilità di costruire un’applicazione in funzione dei servizi che ne realizzano il comportamento tramite una loro composizione, definita secondo un particolare flusso di lavoro. Allo scopo di fornire la necessaria conoscenza per capire la teoria, le meccaniche e i costrutti di JOLIE utilizzati per la realizzazione dei pattern, il seguente lavoro di tesi è stato diviso in quattro parti, corrispondenti ad altrettanti capitoli. Nel primo capitolo viene riportata una descrizione generale del SOC e della Business Process Automation (BPA), che costituisce l’ambiente in cui il SOC è inserito. Per questo viene fatta una disamina della storia informatica sui sistemi distribuiti, fino ad arrivare ai sistemi odierni, presentando in seguito il contesto del BPA e delle innovazioni derivanti dalle sue macro-componenti, di cui il SOC fa parte. Continuando la descrizione dell’approccio Service Oriented, ne vengono presentati i requisiti (pre-condizioni) e si cerca di dare una definizione precisa del termine “servizio”, fino all'enunciazione dei principi SOC declinati nell’ottica delle Service Oriented Architectures, presentando in ultimo i metodi di composizione dei servizi, tramite orchestrazione e coreografia. L’ultima sezione del capitolo prende in considerazione il SOC in un’ottica prettamente industriale e ne evidenzia i punti strategici. Il secondo capitolo è incentrato sulla descrizione di JOLIE, gli aspetti fondamentali dell’approccio orientato ai servizi, che ne caratterizzano profondamente la definizione concettuale (SOCK), e la teoria della composizione dei servizi. Il capitolo non si pone come una descrizione esaustiva di tutte le funzionalità del linguaggio, ma considera soprattutto i concetti teorici, le strutture di dati, gli operatori e i costrutti di JOLIE utilizzati per la dimostrazione della realizzabilità dei Workflow Pattern del capitolo successivo. Il terzo capitolo, più lungo e centrale rispetto agli altri, riguarda la realizzazione dei workflow pattern in JOLIE. All'inizio del capitolo viene fornita una descrizione delle caratteristiche del WPI e dei Workflow Pattern in generale. In seguito, nelle due macro-sezioni relative ai Control-Flow e Resource pattern vengono esposte alcune nozioni riguardanti le metodologie di definizione dei pattern (e.g. la teoria sulla definizione delle Colored Petri Nets) e le convezioni adottate dal WPI, per passare in seguito al vero e proprio lavoro (sperimentale) di tesi riguardo la descrizione dei pattern, l’analisi sulla loro realizzabilità in JOLIE, insieme ad un codice di esempio che esemplifica quanto affermato dall'analisi. Come sommario delle conclusioni raggiunte sui pattern, alla fine di ognuna delle due sezioni definite in precedenza, è presente una scheda di valutazione che, con lo stesso metodo utilizzato e definito dalla WPI, permette di avere una rappresentazione generale della realizzabilità dei pattern in JOLIE. Il quarto capitolo riguarda gli esiti tratti dal lavoro di tesi, riportando un confronto tra le realizzazioni dei pattern in JOLIE e le valutazioni del WPI rispetto agli altri linguaggi da loro considerati e valutati. Sulla base di quanto ottenuto nel terzo capitolo vengono definite le conclusioni del lavoro portato avanti sui pattern e viene delineato un’eventuale scenario riguardante il proseguimento dell’opera concernente la validazione ed il completamento della studio. In ultimo vengono tratte alcune conclusioni sia riguardo JOLIE, nel contesto evolutivo del linguaggio e soprattutto del progetto open-source che è alla sua base, sia sul SOC, considerato nell’ambito del BPA e del suo attuale ambito di sviluppo dinamico.

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Questa tesi intende presentare una tecnica per la sintesi di immagini realistiche al calcolatore basata sul concetto di particle tracing. Il metodo proposto opera una stima sulla densità locale dei fotoni estendendo il concetto del photon differentials anche alla gestione delle riflessioni diffusive. Si è scelto di implementare il nuovo algoritmo di illuminazione globale all’interno di XCModel come estensione del photon mapping.

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L’argomento scelto riguarda l’adozione di standard privati da parte di imprese agro-alimentari e le loro conseguenze sulla gestione globale dell’azienda. In particolare, lo scopo di questo lavoro è quello di valutare le implicazioni dovute all’adozione del BRC Global Standard for Food Safety da parte delle imprese agro-alimentari italiane. La valutazione di tale impatto è basata sulle percezioni dei responsabili aziendali in merito ad aspetti economici, gestionali, commerciali, qualitativi, organizzativi. La ricerca ha seguito due passaggi fondamentali: innanzitutto sono state condotte 7 interviste in profondità con i Responsabili Qualità (RQ) di aziende agro-alimentari italiane certificate BRC Food. Le variabili estrapolate dall’analisi qualitativa del contenuto delle interviste sono state inserite, insieme a quelle rilevate in letteratura, nel questionario creato per la successiva survey. Il questionario è stato inviato tramite e-mail e con supporto telefonico ad un campione di aziende selezionato tramite campionamento random. Dopo un periodo di rilevazione prestabilito, sono stati compilati 192 questionari. L’analisi descrittiva dei dati mostra che i RQ sono in buona parte d’accordo con le affermazioni riguardanti gli elementi d’impatto. Le affermazioni maggiormente condivise riguardano: efficienza del sistema HACCP, efficienza del sistema di rintracciabilità, procedure di controllo, formazione del personale, miglior gestione delle urgenze e non conformità, miglior implementazione e comprensione di altri sistemi di gestione certificati. Attraverso l’analisi ANOVA fra variabili qualitative e quantitative e relativo test F emerge che alcune caratteristiche delle aziende, come l’area geografica, la dimensione aziendale, la categoria di appartenenza e il tipo di situazione nei confronti della ISO 9001 possono influenzare differentemente le opinioni degli intervistati. Successivamente attraverso un’analisi fattoriale sono stati estratti 8 fattori partendo da un numero iniziale di 28 variabili. Sulla base dei fattori è stata applicata la cluster analysis di tipo gerarchico che ha portato alla segmentazione del campione in 5 gruppi diversi. Ogni gruppo è stato interpretato sulla base di un profilo determinato dal posizionamento nei confronti dei vari fattori. I risultati oltre ad essere stati validati attraverso focus group effettuati con ricercatori ed operatori del settore, sono stati supportati anche da una successiva indagine qualitativa condotta presso 4 grandi retailer inglesi. Lo scopo di questa successiva indagine è stato quello di valutare l’esistenza di opinioni divergenti nei confronti dei fornitori che andasse quindi a sostenere l’ipotesi di un problema di asimmetria informativa che nonostante la presenza di standard privati ancora sussiste nelle principali relazioni contrattuali. Ulteriori percorsi di ricerca potrebbero stimare se la valutazione dell’impatto del BRC può aiutare le aziende di trasformazione nell’implementazione di altri standard di qualità e valutare quali variabili possono influenzare invece le percezioni in termini di costi dell’adozione dello standard.

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Il territorio di Ferrara è caratterizzata da un’area ad elevata concentrazione di stabilimenti a rischio di incidente rilevante e dalla movimentazione di ingenti quantitativi di sostanze pericolose sulla rete stradale, ferroviaria ed in condotta. Basti pensare che nel solo Comune di Ferrara sono ben 5 le aziende che, per tipologia e quantità di sostanze presenti, rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. 334/99 (“Attuazione delle direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”). Per questo motivo, il 24 febbraio 2012 è stato sottoscritto a Ferrara il protocollo d’intesa per l’avvio dello Studio di Sicurezza Integrato d’Area (SSIA) del polo chimico ferrarese da parte della Regione Emilia Romagna, dell’Agenzia Regionale di Protezione Civile, del Comune e della Provincia di Ferrara, dell’Ufficio Territoriale del Governo, della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco, dell’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente e delle stesse aziende del polo chimico. L’Università di Bologna, tramite il Dipartimento di Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali presso il quale è stato svolto il presente lavoro di tesi, prende parte al Consiglio Scientifico ed al Comitato Tecnico del SSIA, aventi funzioni di direzione e di gestione operativa della ricerca. Il progetto è modellato sulla precedente esperienza realizzata in regione per il polo industriale di Ravenna (progetto ARIPAR), la cui validità è stata ampiamente riconosciuta a livello nazionale ed internazionale. L’idea alla base dello studio deriva dal fatto che per avere un quadro della situazione in un’area così complessa, è necessario non solo valutare l’insieme dei rischi presenti, ma anche le loro correlazioni e le conseguenze sul territorio di riferimento. In un’analisi di rischio d’area risulta di primaria importanza l’analisi della vulnerabilità del territorio circostante il sito industriale, in quanto scenari attesi di danno di pari severità assumono una differente valenza in relazione all’effettiva presenza di bersagli nell’area di interesse. Per tale motivo il presente lavoro di tesi ha avuto l’obiettivo di istruire il censimento della vulnerabilità del territorio di Ferrara, con riferimento ai bersagli “uomo”, “ambiente” e “beni materiali”. In primo luogo si è provveduto, sulla base delle distanze di danno degli scenari incidentali attesi, a definire l’estensione dell’area in cui effettuare il censimento. Successivamente si è approfondito il censimento della vulnerabilità del bersaglio “uomo”, prendendo in considerazione sia la popolazione residente, sia i centri di vulnerabilità localizzati all’interno dell’area potenzialmente interessata da incidenti rilevanti. I centri di vulnerabilità non sono altro che luoghi ad elevata densità di persone (ad esempio scuole, ospedali, uffici pubblici, centri commerciali), spesso caratterizzati da una maggiore difficoltà di evacuazione, sia per l’elevato numero di persone presenti sia per la ridotta mobilità delle stesse. Nello specifico si è proceduto alla creazione di un database (grazie all’utilizzo del software ArcView GIS 3.2) di tutti i centri di vulnerabilità presenti, ai quali è stato possibile associare una precisa localizzazione territoriale ed altri dati di carattere informativo. In una fase successiva dello SSIA sarà possibile associare ai centri di vulnerabilità le relative categorie di popolazione, indicando per ciascuna il numero dei presenti. I dati inseriti nel database sono stati forniti in massima parte dal Comune di Ferrara e, in misura più limitata, dall’Agenzia Regionale di Protezione Civile e dalla Camera di Commercio. Presentando spesso tali dati un’aggregazione diversa da quella necessaria ai fini dello SSIA, è stato necessario un intenso lavoro di analisi, di depurazione e di riaggregazione allo scopo di renderli disponibili in una forma fruibile per lo SSIA stesso. Da ultimo si è effettuata una valutazione preliminare della vulnerabilità dei bersagli “ambiente” e “beni materiali”. Per quanto riguarda l’ambiente, si sono messe in luce le aree sottoposte a vincoli di tutela naturalistica e quindi particolarmente vulnerabili in caso di un rilascio accidentale di sostanze pericolose. Per il bersaglio “beni materiali”, non essendo stato possibile reperire dati, si è sono evidenziate le categorie di beni da censire. In conclusione, è possibile affermare che lo studio effettuato in questo lavoro di tesi, ha consentito non solo di conseguire l’obiettivo inizialmente stabilito – l’istruzione del censimento della vulnerabilità del territorio di Ferrara - ma ha contribuito anche alla definizione di una metodologia per il censimento di aree vaste che potrà essere utilmente applicata ad altre zone del territorio nazionale.

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The main goal of the present thesis was to study some harmful algal species which cause blooms in Italian coastal waters, leading to consequences for human health, coastal ecosystem, fishery and tourism. In particular, in the first part of this thesis the toxicity of Adriatic strains of the raphidophyte Fibrocapsa japonica was investigated. Despite several hypotheses have been proposed for the toxic mechanism of the raphidophytes, especially for the species Chattonella antiqua and C. marina, which have been studied more extensively, just a few studies on the toxic effects of these species for different organisms were reported. Moreover, a careful reading of the literature evidenced as any ichthyotoxic events reported worldwide can be linked to F. japonica blooms. Although recently several studies were performed on F. japonica strains from the USA, Japan, Australia, New Zealand, the Netherlands, Germany, and France in order to characterize their growth and toxicity features, the work reported in this thesis results one of the first investigation on the toxic effects of F. japonica for different organisms, such as bacteria, crustaceans and fish. Mortality effects, together with haemolysis of fish erythrocytes, probably due to the relatively high amount of PUFAs produced by this species, were observed. Mortality for fish, however, was reported only at a high cell density and after a long exposition period (9-10 days); moreover a significant increase of H2O2 obtained in the tanks where sea basses were exposed to F. japonica was also relevant. This result may justify the absence of ichthyotoxic events in the Italian coasts, despite F. japonica blooms detected in these areas were characterized by high cell densities. This work reports also a first complete characterization of the fatty acids produced and extracellularly released by the Adriatic F. japonica, and results were also compared with the fatty acid profile of other strains. The absence of known brevetoxins in F. japonica algal extracts was also highlighted, leading to the hypothesis that the toxicity of F. japonica may be due to a synergic effect of PUFAs and ROS. Another microalgae that was studied in this thesis is the benthic dinoflagellate Ostreopsis cf. ovata. This species was investigated with the aim to investigate the effect of environmental parameters on its growth and toxicity. O. cf. ovata, in fact, shows different blooming periods along the Italian coasts and even the reported toxic effects are variable. The results of this work confirmed the high variability in the growth dynamic and toxin content of several Italian strains which were isolated in recent years along the Adriatic and Tyrrhenian Seas. Moreover, the effects of temperature and salinity on the behaviour of the different isolates are in good agreement with the results obtained from field surveys, which evidence as the environmental parameters are important factors modulating O. cf. ovata proliferation. Another relevant result that was highlighted is the anomaly in the production of palytoxin-like compounds reported by one of the studied isolate, in particular the one isolated in 2008 in Ancona (Adriatic Sea). Only this strain reported the absence of two (ovatoxin-b and –c) of the five ovatoxins so far known in the toxin profile and a different relative abundance of the other toxins. The last aspect that was studied in this thesis regards the toxin biosythesis. In fact, toxins produced (palytoxin-like compounds) or supposed to be produced (brevetoxin-like compounds) by O. cf. ovata and F. japonica, respectively, are polyketides, which are highly oxygenated compounds synthesized by complex enzymes known as polyketide synthase (PKS) enzymes. These enzymes are multi-domain complexes that structurally and functionally resemble the fatty acid synthases (FASs). This work reports the first study of PKS proteins in the dinoflagellates O. cf. ovata, C. monotis and in the raphidophyte F. japonica. For the first time some PKSs were identified in these species, confirming the presence of PKS proteins predicted by the in silico translation of the transcripts found in K. brevis also in other species. The identification of O. cf. ovata PKSs and the localization of the palytoxin-like compounds produced by this dinoflagellate in a similar location (chloroplast) as that observed for other dinoflagellate and cyanobacterial toxins provides some indication that these proteins may be involved in polyketide biosynthesis. However, their potential function as fatty acid synthases cannot be ruled out, as plant fatty acid synthesis also occurs within chloroplasts. This last hypothesis is also supported by the fact that in all the investigated species, and in particular in F. japonica, PKS proteins were present. Therefore, these results provide an important contribution to the study of the polyketides and of the involvement of PKS proteins in the toxin biosynthesis.

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Several coralligenous reefs occur in the soft bottoms of the northern Adriatic continental shelf. Mediterranean coralligenous habitats are characterised by high species diversity and are intrinsically valuable for their biological diversity and for the ecological processes they support. The conservation and management of these habitats require quantifying spatial and temporal variability of their benthic assemblages. This PhD thesis aims to give a relevant contribution to the knowledge of the structure and dynamics of the epibenthic assemblages on the coralligenous subtidal reefs occurring in the northern Adriatic Sea. The epibenthic assemblages showed a spatial variation larger compared to temporal changes, with a temporal persistence of reef-forming organisms. Assemblages spatial heterogeneity has been related to morphological features and geographical location of the reefs, together with variation in the hydrological conditions. Manipulative experiments help to understand the ecological processes structuring the benthic assemblages and maintaining their diversity. In this regards a short and long term experiment on colonization patterns of artificial substrata over a 3-year period has been performed in three reefs, corresponding to the three main types of assemblages detected in the previous study. The first colonisers, largely depending by the different larval supply, played a key role in determining the heterogeneity of the assemblages in the early stage of colonisation. Lateral invasion, from the surrounding assemblages, was the driver in structuring the mature assemblages. These complex colonisation dynamics explained the high heterogeneity of the assemblages dwelling on the northern Adriatic biogenic reefs. The buildup of these coralligenous reefs mainly depends by the bioconstruction-erosion processes that has been analysed through a field experiment. Bioconstruction, largely due to serpulid polychaetes, prevailed on erosion processes and occurred at similar rates in all sites. Similarly, the total energy contents in the benthic communities do not differ among sites, despite being provided by different species. Therefore, we can hypothesise that both bioconstruction processes and energetic storage may be limited by the availability of resources. Finally the major contribution of the zoobenthos compared to the phytobenthos to the total energetic content of assemblages suggests that the energy flow in these benthic habitats is primarily supported by planktonic food web trough the filter feeding invertebrates.

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Management and organization literature has extensively noticed the crucial role that improvisation assumes in organizations, both as a learning process (Miner, Bassoff & Moorman, 2001), a creative process (Fisher & Amabile, 2008), a capability (Vera & Crossan, 2005), and a personal disposition (Hmielesky & Corbett, 2006; 2008). My dissertation aims to contribute to the existing literature on improvisation, addressing two general research questions: 1) How does improvisation unfold at an individual level? 2) What are the potential antecedents and consequences of individual proclivity to improvise? This dissertation is based on a mixed methodology that allowed me to deal with these two general research questions and enabled a constant interaction between the theoretical framework and the empirical results. The selected empirical field is haute cuisine and the respondents are the executive chefs of the restaurants awarded by Michelin Guide in 2010 in Italy. The qualitative section of the dissertation is based on the analysis of 26 inductive case studies and offers a multifaceted contribution. First, I describe how improvisation works both as a learning and creative process. Second, I introduce a new categorization of individual improvisational scenarios (demanded creative improvisation, problem solving improvisation, and pure creative improvisation). Third, I describe the differences between improvisation and other creative processes detected in the field (experimentation, brainstorming, trial and error through analytical procedure, trial and error, and imagination). The quantitative inquiry is founded on a Structural Equation Model, which allowed me to test simultaneously the relationships between proclivity to improvise and its antecedents and consequences. In particular, using a newly developed scale to measure individual proclivity to improvise, I test the positive influence of industry experience, self-efficacy, and age on proclivity to improvise and the negative impact of proclivity to improvise on outcome deviation. Theoretical contributions and practical implications of the results are discussed.

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La tesi studia l’intermediazione attuata da agenti costituenti il campo letterario, nel processo di ammissione di autori esordienti. E’ il processo che inizia con un aspirante autore, con un dattiloscritto inedito, e termina con una casa editrice che accetta il dattiloscritto per la pubblicazione. Il risultato è duplice: da un lato permette una comprensione nuova e profonda del campo letterario italiano, che non ha ricevuto sufficiente attenzione. Dall’altro, lo studio dei processi di intermediazione ha ricadute teoriche più generali. Il campo letterario, così come definito da Bourdieu, comprende tutti gli agenti e le istituzioni che, da posizioni diverse, contribuiscono alla produzione simbolica e materiale dei libri, in quanto oggetti culturali. In questo ambito, teorie sull’intermediazione che ci sono utili sono la definizione bourdesiana di intermediario culturale, il concetto di gate-keeper, utilizzato come metafora dei filtri che si frappongono al flusso della produzione di oggetti culturali, quello di knowledge broker, figura in grado di generare innovazione, svolgendo un ruolo di intermediazione della conoscenza fra domini in cui esiste ma non è fruttuosa ed altri in cui non esiste e, infine, quella di intermediari studiati dall’economia della qualità, che non fanno scelte di produzione o consumo, ma influenzano le scelte fatte dai consumatori. Coerentemente con la sua natura esplorativa e l’approccio induttivo, la ricerca è condotta attraverso 64 interviste semistrutturate ad agenti del campo letterario italiano: editor, editori, agenti letterari, scrittori ed altri agenti, che svolgano un ruolo di intermediazione. Il primo risultato è una descrizione ricca del campo letterario italiano e degli agenti ed istituzioni che lo costituiscono. Si analizzano i criteri di selezione di autori ed opere inedite ed i canali che permettono l’accesso al campo letterario, insieme agli intermediari che li attivano. Degli intermediari si analizzano aspetti soggettivi ed oggettivi, per capire chi siano, cosa fanno e perché.

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Although rational models of formal planning have been seriously criticized by strategy literature, they not only remain a widely used organizational practice in private firms, but they have increasingly been entering public, professional organizations too, as part of public sector managerial reforms. This research addresses this apparent paradox, exploring the meaning of formal planning in public sector professional work. Curiously, this is an issue that remains under-investigated in the literature: the long debate on formal planning in strategy research devoted scant attention to its diffusion in the public sector, and public sector studies have scrutinized the introduction of other management tools in professional work, but very limitedly formal planning itself. In fact, little is known on the actual meaning of formal planning in public, professional services. This research is based upon a case of adoption of formal planning tools in a public hospital. Embracing a discourse analytical lens, it examines which formal planning discourse entered professional work, to what extent, and how professionals interpret it and engage with it in their practice. The analysis uncovers dynamics of social construction of meaning where, eventually, a formal planning discourse both shapes and is shaped by professional practice. In particular, it is found that formal planning rationality largely penetrated professional work, but not to the detriment of professional values. Morevover, formal planning ‘fails’ as a tool for rational decision making, but it takes up a knowledge work and a social value in professional work, as a tool for explicitation of action courses and for dialogue between otherwise more disconnected parts of the organization.

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Managerial and organizational cognition studies the ways cognitions of managers in groups, organizations and industries shape their strategies and actions. Cognitions refer to simplified representations of managers’ internal and external environments, necessary to cope with the rich, ambiguous information requirements that characterize strategy making. Despite the important achievements in the field, many unresolved puzzles remain as to this process, particular as to the cognitive factors that condition actors in framing a response to a discontinuity, how actors can change their models in the face of a discontinuity, and the reciprocal relation between cognition and action. I leverage on the recent case of the recorded music industry in the face of the digital technology to study these issues, through a strategy-oriented study of the way early response to the discontinuity was constructed and of the subsequent evolution of this response. Through a longitudinal historical and cognitive analysis of actions and cognitions at both the industry and firm-level during the period in which the response took place (1999-2010), I gain important insights on the way historical beliefs in the industry shaped early response to the digital disruption, on the role of outsiders in promoting change through renewed vision about important issues, and on the reciprocal relationship between cognitive and strategic change.