844 resultados para Somatotipo piragüistas, piragüistas élite, Somatotipo kayak-canoa, Somatotipo cubano


Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Call me Ismail. Così inizia notoriamente il celebre romanzo di Herman Melville, Moby Dick. In un altro racconto, ambientato nel 1797, anno del grande ammutinamento della flotta del governo inglese, Melville dedica un breve accenno a Thomas Paine. Il racconto è significativo di quanto – ancora nella seconda metà dell’Ottocento – l’autore di Common Sense e Rights of Man sia sinonimo delle possibilità radicalmente democratiche che l’ultima parte del Settecento aveva offerto. Melville trova in Paine la chiave per dischiudere nel presente una diversa interpretazione della rivoluzione: non come una vicenda terminata e confinata nel passato, ma come una possibilità che persiste nel presente, “una crisi mai superata” che viene raffigurata nel dramma interiore del gabbiere di parrocchetto, Billy Budd. Il giovane marinaio della nave mercantile chiamata Rights of Man mostra un’attitudine docile e disponibile all’obbedienza, che lo rende pronto ad accettare il volere dei superiori. Billy non contesta l’arruolamento forzato nella nave militare. Nonostante il suo carattere affabile, non certo irascibile, l’esperienza in mare sulla Rights of Man rappresenta però un peccato difficile da espiare: il sospetto è più forte della ragionevolezza, specie quando uno spettro di insurrezione continua ad aggirarsi nella flotta di sua maestà. Così, quando, imbarcato in una nave militare della flotta inglese, con un violento pugno Billy uccide l’uomo che lo accusa di tramare un nuovo ammutinamento, il destino inevitabile è quello di un’esemplare condanna a morte. Una condanna che, si potrebbe dire, mostra come lo spettro della rivoluzione continui ad agitare le acque dell’oceano Atlantico. Nella Prefazione Melville fornisce una chiave di lettura per accedere al testo e decifrare il dramma interiore del marinaio: nella degenerazione nel Terrore, la vicenda francese indica una tendenza al tradimento della rivoluzione, che è così destinata a ripetere continuamente se stessa. Se “la rivoluzione si trasformò essa stessa in tirannia”, allora la crisi segna ancora la società atlantica. Non è però alla classica concezione del tempo storico – quella della ciclica degenerazione e rigenerazione del governo – che Melville sembra alludere. Piuttosto, la vicenda rivoluzionaria che ha investito il mondo atlantico ha segnato un radicale punto di cesura con il passato: la questione non è quella della continua replica della storia, ma quella del continuo circolare dello “spirito rivoluzionario”, come dimostra nell’estate del 1797 l’esperienza di migliaia di marinai che tra grida di giubilo issano sugli alberi delle navi i colori britannici da cui cancellano lo stemma reale e la croce, abolendo così d’un solo colpo la bandiera della monarchia e trasformando il mondo in miniatura della flotta di sua maestà “nella rossa meteora di una violenta e sfrenata rivoluzione”. Raccontare la vicenda di Billy riporta alla memoria Paine. L’ammutinamento è solo un frammento di un generale spirito rivoluzionario che “l’orgoglio nazionale e l’opinione politica hanno voluto relegare nello sfondo della storia”. Quando Billy viene arruolato, non può fare a meno di portare con sé l’esperienza della Rights of Man. Su quel mercantile ha imparato a gustare il dolce sapore del commercio insieme all’asprezza della competizione sfrenata per il mercato, ha testato la libertà non senza subire la coercizione di un arruolamento forzato. La vicenda di Billy ricorda allora quella del Paine inglese prima del grande successo di Common Sense, quando muove da un’esperienza di lavoro all’altra in modo irrequieto alla ricerca di felicità – dal mestiere di artigiano all’avventura a bordo di un privateer inglese durante la guerra dei sette anni, dalla professione di esattore fiscale alle dipendenze del governo, fino alla scelta di cercare fortuna in America. Così come Paine rivendica l’originalità del proprio pensiero, il suo essere un autodidatta e le umili origini che gli hanno impedito di frequentare le biblioteche e le accademie inglesi, anche Billy ha “quel tipo e quel grado di intelligenza che si accompagna alla rettitudine non convenzionale di ogni integra creatura umana alla quale non sia ancora stato offerto il dubbio pomo della sapienza”. Così come il pamphlet Rights of man porta alla virtuale condanna a morte di Paine – dalla quale sfugge trovando rifugio a Parigi – allo stesso modo il passato da marinaio sulla Rights of Man porta al processo per direttissima che sentenzia la morte per impiccagione del giovane marinaio. Il dramma interiore di Billy replica dunque l’esito negativo della rivoluzione in Europa: la rivoluzione è in questo senso come un “violento accesso di febbre contagiosa”, destinato a scomparire “in un organismo costituzionalmente sano, che non tarderà a vincerla”. Non viene però meno la speranza: quella della rivoluzione sembra una storia senza fine perché Edward Coke e William Blackstone – i due grandi giuristi del common law inglese che sono oggetto della violenta critica painita contro la costituzione inglese – “non riescono a far luce nei recessi oscuri dell’animo umano”. Rimane dunque uno spiraglio, un angolo nascosto dal quale continua a emergere uno spirito rivoluzionario. Per questo non esistono cure senza effetti collaterali, non esiste ordine senza l’ipoteca del ricorso alla forza contro l’insurrezione: c’è chi come l’ufficiale che condanna Billy diviene baronetto di sua maestà, c’è chi come Billy viene impiccato, c’è chi come Paine viene raffigurato come un alcolizzato e impotente, disonesto e depravato, da relegare sul fondo della storia atlantica. Eppure niente più del materiale denigratorio pubblicato contro Paine ne evidenzia il grande successo. Il problema che viene sollevato dalle calunniose biografie edite tra fine Settecento e inizio Ottocento è esattamente quello del trionfo dell’autore di Common Sense e Rights of Man nell’aver promosso, spiegato e tramandato la rivoluzione come sfida democratica che è ancora possibile vincere in America come in Europa. Sono proprio le voci dei suoi detrattori – americani, inglesi e francesi – a mostrare che la dimensione nella quale è necessario leggere Paine è quella del mondo atlantico. Assumendo una prospettiva atlantica, ovvero ricostruendo la vicenda politica e intellettuale di Paine da una sponda all’altra dell’oceano, è possibile collegare ciò che Paine dice in spazi e tempi diversi in modo da segnalare la presenza costante sulla scena politica di quei soggetti che – come i marinai protagonisti dell’ammutinamento – segnalano il mancato compimento delle speranze aperte dall’esperienza rivoluzionaria. Limitando la ricerca al processo di costruzione della nazione politica, scegliendo di riassumerne il pensiero politico nell’ideologia americana, nella vicenda costituzionale francese o nel contesto politico inglese, le ricerche su Paine non sono riuscite fino in fondo a mostrare la grandezza di un autore che risulta ancora oggi importante: la sua produzione intellettuale è talmente segnata dalle vicende rivoluzionarie che intessono la sua biografia da fornire la possibilità di studiare quel lungo periodo di trasformazione sociale e politica che investe non una singola nazione, ma l’intero mondo atlantico nel corso della rivoluzione. Attraverso Paine è allora possibile superare quella barriera che ha diviso il dibattito storiografico tra chi ha trovato nella Rivoluzione del 1776 la conferma del carattere eccezionale della nazione americana – fin dalla sua origine rappresentata come esente dalla violenta conflittualità che invece investe il vecchio continente – e chi ha relegato il 1776 a data di secondo piano rispetto al 1789, individuando nell’illuminismo la presunta superiorità culturale europea. Da una sponda all’altra dell’Atlantico, la storiografia ha così implicitamente alzato un confine politico e intellettuale tra Europa e America, un confine che attraverso Paine è possibile valicare mostrandone la debolezza. Parlando di prospettiva atlantica, è però necessario sgombrare il campo da possibili equivoci: attraverso Paine, non intendiamo stabilire l’influenza della Rivoluzione americana su quella francese, né vogliamo mostrare l’influenza del pensiero politico europeo sulla Rivoluzione americana. Non si tratta cioè di stabilire un punto prospettico – americano o europeo – dal quale leggere Paine. L’obiettivo non è quello di sottrarre Paine agli americani per restituirlo agli inglesi che l’hanno tradito, condannandolo virtualmente a morte. Né è quello di confermare l’americanismo come suo unico lascito culturale e politico. Si tratta piuttosto di considerare il mondo atlantico come l’unico scenario nel quale è possibile leggere Paine. Per questo, facendo riferimento al complesso filone storiografico dell’ultimo decennio, sviluppato in modo diverso da Bernard Bailyn a Markus Rediker e Peter Linebaugh, parliamo di rivoluzione atlantica. Certo, Paine vede fallire nell’esperienza del Terrore quella rivoluzione che in America ha trionfato. Ciò non costituisce però un elemento sufficiente per riproporre l’interpretazione arendtiana della rivoluzione che, sulla scorta della storiografia del consenso degli anni cinquanta, ma con motivi di fascino e interesse che non sempre ritroviamo in quella storiografia, ha contribuito ad affermare un ‘eccezionalismo’ americano anche in Europa, rappresentando gli americani alle prese con il problema esclusivamente politico della forma di governo, e i francesi impegnati nel rompicapo della questione sociale della povertà. Rompicapo che non poteva non degenerare nella violenza francese del Terrore, mentre l’America riusciva a istituire pacificamente un nuovo governo rappresentativo facendo leva su una società non conflittuale. Attraverso Paine, è infatti possibile mostrare come – sebbene con intensità e modalità diverse – la rivoluzione incida sul processo di trasformazione commerciale della società che investe l’intero mondo atlantico. Nel suo andirivieni da una sponda all’altra dell’oceano, Paine non ragiona soltanto sulla politica – sulla modalità di organizzare una convivenza democratica attraverso la rappresentanza, convivenza che doveva trovare una propria legittimazione nel primato della costituzione come norma superiore alla legge stabilita dal popolo. Egli riflette anche sulla società commerciale, sui meccanismi che la muovono e le gerarchie che la attraversano, mostrando così precise linee di continuità che tengono insieme le due sponde dell’oceano non solo nella circolazione del linguaggio politico, ma anche nella comune trasformazione sociale che investe i termini del commercio, del possesso della proprietà e del lavoro, dell’arricchimento e dell’impoverimento. Con Paine, America e Europa non possono essere pensate separatamente, né – come invece suggerisce il grande lavoro di Robert Palmer, The Age of Democratic Revolution – possono essere inquadrate dentro un singolo e generale movimento rivoluzionario essenzialmente democratico. Emergono piuttosto tensioni e contraddizioni che investono il mondo atlantico allontanando e avvicinando continuamente le due sponde dell’oceano come due estremità di un elastico. Per questo, parliamo di società atlantica. Quanto detto trova conferma nella difficoltà con la quale la storiografia ricostruisce la figura politica di Paine dentro la vicenda rivoluzionaria americana. John Pocock riconosce la difficoltà di comprendere e spiegare Paine, quando sostiene che Common Sense non evoca coerentemente nessun prestabilito vocabolario atlantico e la figura di Paine non è sistemabile in alcuna categoria di pensiero politico. Partendo dal paradigma classico della virtù, legata antropologicamente al possesso della proprietà terriera, Pocock ricostruisce la permanenza del linguaggio repubblicano nel mondo atlantico senza riuscire a inserire Common Sense e Rights of Man nello svolgimento della rivoluzione. Sebbene non esplicitamente dichiarata, l’incapacità di comprendere il portato innovativo di Common Sense, in quella che è stata definita sintesi repubblicana, è evidente anche nel lavoro di Bernard Bailyn che spiega come l’origine ideologica della rivoluzione, radicata nella paura della cospirazione inglese contro la libertà e nel timore della degenerazione del potere, si traduca ben presto in un sentimento fortemente contrario alla democrazia. Segue questa prospettiva anche Gordon Wood, secondo il quale la chiamata repubblicana per l’indipendenza avanzata da Paine non parla al senso comune americano, critico della concezione radicale del governo rappresentativo come governo della maggioranza, che Paine presenta quando partecipa al dibattito costituzionale della Pennsylvania rivoluzionaria. Paine è quindi considerato soltanto nelle risposte repubblicane dei leader della guerra d’indipendenza che temono una possibile deriva democratica della rivoluzione. Paine viene in questo senso dimenticato. La sua figura è invece centrale della nuova lettura liberale della rivoluzione: Joyce Appleby e Isaac Kramnick contestano alla letteratura repubblicana di non aver compreso che la separazione tra società e governo – la prima intesa come benedizione, il secondo come male necessario – con cui si apre Common Sense rappresenta il tentativo riuscito di cogliere, spiegare e tradurre in linguaggio politico l’affermazione del capitalismo. In particolare, Appleby critica efficacemente il concetto d’ideologia proposto dalla storiografia repubblicana, perché presuppone una visione statica della società. L’affermazione del commercio fornirebbe invece quella possibilità di emancipazione attraverso il lavoro libero, che Paine coglie perfettamente promuovendo una visione della società per la quale il commercio avrebbe permesso di raggiungere la libertà senza il timore della degenerazione della rivoluzione nel disordine. Questa interpretazione di Paine individua in modo efficace un aspetto importante del suo pensiero politico, la sua profonda fiducia nel commercio come strumento di emancipazione e progresso. Tuttavia, non risulta essere fino in fondo coerente e pertinente, se vengono prese in considerazione le diverse agende politiche avanzate in seguito alla pubblicazione di Common Sense e di Rights of Man, né sembra reggere quando prendiamo in mano The Agrarian Justice (1797), il pamphlet nel quale Paine mette in discussione la sua profonda fiducia nel progresso della società commerciale. Diverso è il Paine che emerge dalla storiografia bottom-up, secondo la quale la rivoluzione non può più essere ridotta al momento repubblicano o all’affermazione senza tensione del liberalismo: lo studio della rivoluzione deve essere ampliato fino a comprendere quell’insieme di pratiche e discorsi che mirano all’incisiva trasformazione dell’esistente slegando il diritto di voto dalla qualifica proprietaria, perseguendo lo scopo di frenare l’accumulazione di ricchezza nelle mani di pochi con l’intento di ordinare la società secondo una logica di maggiore uguaglianza. Come dimostrano Eric Foner e Gregory Claeys, attraverso Paine è allora possibile rintracciare, sulla sponda americana come su quella inglese dell’Atlantico, forti pretese democratiche che non sembrano riducibili al linguaggio liberale, né a quello repubblicano. Paine viene così sottratto a rigide categorie storiografiche che per troppo tempo l’hanno consegnato tout court all’elogio del campo liberale o al silenzio di quello repubblicano. Facendo nostra la metodologia di ricerca elaborata dalla storiografia bottom-up per tenere insieme storia sociale e storia intellettuale, possiamo allora leggere Paine non solo per parlare di rivoluzione atlantica, ma anche di società atlantica: società e politica costituiscono un unico orizzonte d’indagine dal quale esce ridimensionata l’interpretazione della rivoluzione come rivoluzione esclusivamente politica, che – sebbene in modo diverso – tanto la storiografia repubblicana quanto quella liberale hanno rafforzato, alimentando indirettamente l’eccezionale successo americano contro la clamorosa disfatta europea. Entrambe le sponde dell’Atlantico mostrano una società in transizione: la costruzione della finanza nazionale con l’istituzione del debito pubblico e la creazione delle banche, la definizione delle forme giuridiche che stabiliscono modalità di possesso e impiego di proprietà e lavoro, costituiscono un complesso strumentario politico necessario allo sviluppo del commercio e al processo di accumulazione di ricchezza. Per questo, la trasformazione commerciale della società è legata a doppio filo con la rivoluzione politica. Ricostruire il modo nel quale Paine descrive e critica la società da una sponda all’altra dell’Atlantico mostra come la separazione della società dal governo non possa essere immediatamente interpretata come essenza del liberalismo economico e politico. La lettura liberale rappresenta senza ombra di dubbio un salto di qualità nell’interpretazione storiografica perché spiega in modo convincente come Paine traduca in discorso politico il passaggio da una società fortemente gerarchica come quella inglese, segnata dalla condizione di povertà e miseria comune alle diverse figure del lavoro, a una realtà sociale come quella americana decisamente più dinamica, dove il commercio e le terre libere a ovest offrono ampie possibilità di emancipazione e arricchimento attraverso il lavoro libero. Tuttavia, leggendo The Case of Officers of Excise (1772) e ricostruendo la sua attività editoriale alla guida del Pennsylvania Magazine (1775) è possibile giungere a una conclusione decisamente più complessa rispetto a quella suggerita dalla storiografia liberale: il commercio non sembra affatto definire una qualità non conflittuale del contesto atlantico. Piuttosto, nonostante l’assenza dell’antico ordine ‘cetuale’ europeo, esso investe la società di una tendenza alla trasformazione, la cui direzione, intensità e velocità dipendono anche dall’esito dello scontro politico in atto dentro la rivoluzione. Spostando l’attenzione su figure sociali che in quella letteratura sono di norma relegate in secondo piano, Paine mira infatti a democratizzare la concezione del commercio indicando nell’indipendenza personale la condizione comune alla quale poveri e lavoratori aspirano: per chi è coinvolto in prima persona nella lotta per l’indipendenza, la visione della società non indica allora un ordine naturale, dato e immutabile, quanto una scommessa sul futuro, un ideale che dovrebbe avviare un cambiamento sociale coerente con le diverse aspettative di emancipazione. Senza riconoscere questa valenza democratica del commercio non è possibile superare il consenso come presupposto incontestabile della Rivoluzione americana, nel quale tanto la storiografia repubblicana quanto quella librale tendono a cadere: non è possibile superare l’immagine statica della società americana, implicitamente descritta dalla prima, né andare oltre la visione di una società dinamica, ma priva di gerarchie e oppressione, come quella delineata dalla seconda. Le entusiastiche risposte e le violente critiche in favore e contro Common Sense, la dura polemica condotta in difesa o contro la costituzione radicale della Pennsylvania, la diatriba politica sul ruolo dei ricchi mercanti mostrano infatti una società in transizione lungo linee che sono contemporaneamente politiche e sociali. Dentro questo contesto conflittuale, repubblicanesimo e liberalismo non sembrano affatto competere l’uno contro l’altro per esercitare un’influenza egemone nella costruzione del governo rappresentativo. Vengono piuttosto mescolati e ridefiniti per rispondere alla pretese democratiche che provengono dalla parte bassa della società. Common Sense propone infatti un piano politico per l’indipendenza del tutto innovativo rispetto al modo nel quale le colonie hanno fino a quel momento condotto la controversia con la madre patria: la chiamata della convenzione rappresentativa di tutti gli individui per scrivere una nuova costituzione assume le sembianze di un vero e proprio potere costituente. Con la mobilitazione di ampie fasce della popolazione per vincere la guerra contro gli inglesi, le élite mercantili e proprietarie perdono il monopolio della parola e il processo decisionale è aperto anche a coloro che non hanno avuto voce nel governo coloniale. La dottrina dell’indipendenza assume così un carattere democratico. Paine non impiega direttamente il termine, tuttavia le risposte che seguono la pubblicazione di Common Sense lanciano esplicitamente la sfida della democrazia. Ciò mostra come la rivoluzione non possa essere letta semplicemente come affermazione ideologica del repubblicanesimo in continuità con la letteratura d’opposizione del Settecento britannico, o in alternativa come transizione non conflittuale al liberalismo economico e politico. Essa risulta piuttosto comprensibile nella tensione tra repubblicanesimo e democrazia: se dentro la rivoluzione (1776-1779) Paine contribuisce a democratizzare la società politica americana, allora – ed è questo un punto importante, non sufficientemente chiarito dalla storiografia – il recupero della letteratura repubblicana assume il carattere liberale di una strategia tesa a frenare le aspettative di chi considera la rivoluzione politica come un mezzo per superare la condizione di povertà e le disuguaglianze che pure segnano la società americana. La dialettica politica tra democrazia e repubblicanesimo consente di porre una questione fondamentale per comprendere la lunga vicenda intellettuale di Paine nella rivoluzione atlantica e anche il rapporto tra trasformazione sociale e rivoluzione politica: è possibile sostenere che in America la congiunzione storica di processo di accumulazione di ricchezza e costruzione del governo rappresentativo pone la società commerciale in transizione lungo linee capitalistiche? Questa non è certo una domanda che Paine pone esplicitamente, né in Paine troviamo una risposta esaustiva. Tuttavia, la sua collaborazione con i ricchi mercanti di Philadelphia suggerisce una valida direzione di indagine dalla quale emerge che il processo di costruzione del governo federale è connesso alla definizione di una cornice giuridica entro la quale possa essere realizzata l’accumulazione del capitale disperso nelle periferie dell’America indipendente. Paine viene così coinvolto in un frammentato e dilatato scontro politico dove – nonostante la conclusione della guerra contro gli inglesi nel 1783 – la rivoluzione non sembra affatto conclusa perché continua a muovere passioni che ostacolano la costruzione dell’ordine: leggere Paine fuori dalla rivoluzione (1780-1786) consente paradossalmente di descrivere la lunga durata della rivoluzione e di considerare la questione della transizione dalla forma confederale a quella federale dell’unione come un problema di limiti della democrazia. Ricostruire la vicenda politica e intellettuale di Paine in America permette infine di evidenziare un ambiguità costitutiva della società commerciale dentro la quale il progetto politico dei ricchi mercanti entra in tensione con un’attitudine popolare critica del primo processo di accumulazione che rappresenta un presupposto indispensabile all’affermazione del capitalismo. La rivoluzione politica apre in questo senso la società commerciale a una lunga e conflittuale transizione verso il capitalismo Ciò risulta ancora più evidente leggendo Paine in Europa (1791-1797). Da una sponda all’altra dell’Atlantico, con Rights of Man egli esplicita ciò che in America ha preferito mantenere implicito, pur raccogliendo la sfida democratica lanciata dai friend of Common Sense: il salto in avanti che la rivoluzione atlantica deve determinare nel progresso dell’umanità è quello di realizzare la repubblica come vera e propria democrazia rappresentativa. Tuttavia, il fallimento del progetto politico di convocare una convenzione nazionale in Inghilterra e la degenerazione dell’esperienza repubblicana francese nel Terrore costringono Paine a mettere in discussione quella fiducia nel commercio che la storiografia liberale ha con grande profitto mostrato: il mancato compimento della rivoluzione in Europa trova infatti spiegazione nella temporanea impossibilità di tenere insieme democrazia rappresentativa e società commerciale. Nel contesto europeo, fortemente disgregato e segnato da durature gerarchie e forti disuguaglianze, con The Agrarian Justice, Paine individua nel lavoro salariato la causa del contraddittorio andamento – di arricchimento e impoverimento – dello sviluppo economico della società commerciale. La tendenza all’accumulazione non è quindi l’unica qualità della società commerciale in transizione. Attraverso Paine, possiamo individuare un altro carattere decisivo per comprendere la trasformazione sociale, quello dell’affermazione del lavoro salariato. Non solo in Europa. Al ritorno in America, Paine non porta con sé la critica della società commerciale. Ciò non trova spiegazione esclusivamente nel minor grado di disuguaglianza della società americana. Leggendo Paine in assenza di Paine (1787-1802) – ovvero ricostruendo il modo nel quale dall’Europa egli discute, critica e influenza la politica americana – mostreremo come la costituzione federale acquisisca gradualmente la supremazia sulla conflittualità sociale. Ciò non significa che l’America indipendente sia caratterizzata da un unanime consenso costituzionale. Piuttosto, è segnata da un lungo e tortuoso processo di stabilizzazione che esclude la democrazia dall’immediato orizzonte della repubblica americana. Senza successo, Paine torna infatti a promuovere una nuova sfida democratica come nella Pennsylvania rivoluzionaria degli anni settanta. E’ allora possibile vedere come la rivoluzione atlantica venga stroncata su entrambe le sponde dell’oceano: i grandi protagonisti della politica atlantica che prendono direttamente parola contro l’agenda democratica painita – Edmund Burke, Boissy d’Anglas e John Quincy Adams – spostano l’attenzione dal governo alla società per rafforzare le gerarchie determinate dal possesso di proprietà e dall’affermazione del lavoro salariato. Dentro la rivoluzione atlantica, viene così svolto un preciso compito politico, quello di contribuire alla formazione di un ambiente sociale e culturale favorevole all’affermazione del capitalismo – dalla trasformazione commerciale della società alla futura innovazione industriale. Ciò emerge in tutta evidenza quando sulla superficie increspata dell’oceano Atlantico compare nuovamente Paine: a Londra come a New York. Abbandonando quella positiva visione del commercio come vettore di emancipazione personale e collettiva, nel primo trentennio del diciannovesimo secolo, i lavoratori delle prime manifatture compongono l’agenda radicale che Paine lascia in eredità in un linguaggio democratico che assume così la valenza di linguaggio di classe. La diversa prospettiva politica sulla società elaborata da Paine in Europa torna allora d’attualità, anche in America. Ciò consente in conclusione di discutere quella storiografia secondo la quale nella repubblica dal 1787 al 1830 il trionfo della democrazia ha luogo – senza tensione e conflittualità – insieme con la lineare e incontestata affermazione del capitalismo: leggere Paine nella rivoluzione atlantica consente di superare quell’approccio storiografico che tende a ricostruire la circolazione di un unico paradigma linguistico o di un’ideologia dominante, finendo per chiudere la grande esperienza rivoluzionaria atlantica in un tempo limitato – quello del 1776 o in alternativa del 1789 – e in uno spazio chiuso delimitato dai confini delle singole nazioni. Quello che emerge attraverso Paine è invece una società atlantica in transizione lungo linee politiche e sociali che tracciano una direzione di marcia verso il capitalismo, una direzione affatto esente dal conflitto. Neanche sulla sponda americana dell’oceano, dove attraverso Paine è possibile sottolineare una precisa congiunzione storica tra rivoluzione politica, costruzione del governo federale e transizione al capitalismo. Una congiunzione per la quale la sfida democratica non risulta affatto sconfitta: sebbene venga allontanata dall’orizzonte immediato della rivoluzione, nell’arco di neanche un ventennio dalla morte di Paine nel 1809, essa torna a muovere le acque dell’oceano – con le parole di Melville – come un violento accesso di febbre contagiosa destinato a turbare l’organismo costituzionalmente sano del mondo atlantico. Per questo, come scrive John Adams nel 1805 quella che il 1776 apre potrebbe essere chiamata “the Age of Folly, Vice, Frenzy, Brutality, Daemons, Buonaparte -…- or the Age of the burning Brand from the Bottomless Pit”. Non può però essere chiamata “the Age of Reason”, perché è l’epoca di Paine: “whether any man in the world has had more influence on its inhabitants or affairs for the last thirty years than Tom Paine” -…- there can be no severer satyr on the age. For such a mongrel between pig and puppy, begotten by a wild boar on a bitch wolf, never before in any age of the world was suffered by the poltroonery of mankind, to run through such a career of mischief. Call it then the Age of Paine”.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

“Il museo sta cambiando. In passato, era un luogo di certezze assolute, fonte di definizioni, di valori e di dottrina in materia d'arte, a tutto campo; era il luogo in cui non ci si ponevano interrogativi ma si davano autorevoli risposte.[...]“ 1 Il collezionismo d'arte comincia con il Rinascimento italiano, che sviluppa un particolare senso della storia, un entusiasmo per i prodotti dell'Antichità classica e per tutti i generi dell'arte contemporanea, pensati per la residenza privata, e in realtà, per esse fabbricati: dipinti di soggetto mitologico, quadri di artisti fiamminghi, piccoli bronzi e, al nord arte grafica. Il collezionismo in senso stretto fu agli inizi del secolo connesso solo con le antichità. Verso la fine del Cinquecento, vanno manifestandosi parecchie innovazioni. Per la prima volta compare la parola museo, che era già stata adottata in Alessandria durante il periodo Ellenistico per designare tutto l'ambito degli edifici per la cultura in cui era compresa la biblioteca. Inizialmente tutte le collezioni erano private, ma potevano essere visitate dalle élite sociali. L‟istituzione del museo che noi oggi conosciamo, nasce dall‟ Europa illuminista del XVIII secolo: infatti in questo periodo fu deliberatamente progettato uno spazio architettonico appropriato che desse forma universalmente riconoscibile all‟idea di museo. Poniamo gli esempi del Museo di Villa Albani nel 1746 e il Museo Pio Clementino in Vaticano nel 1775, che per primi si pongono il problema della progettazione architettonica, dell‟allestimento e ordinamento adeguati a un museo aperto al pubblico. Mentre per Villa Albani si trattava pur sempre di una raccolta privata visitabile, il museo voluto dai papi Clemente XIV e Pio VI per le collezioni archeologiche era già pensato come un‟istituzione di interesse pubblico. Gli ultimi tre secoli del secondo millennio hanno visto la crescita dell‟istituzione del museo, diventata esponenziale negli ultimi decenni del XX secolo. I tempi hanno coinciso con la nascita, l‟affermazione rivoluzionaria, il trionfo e il consolidamento della cultura nell‟età della borghesia. 2 “Mentre prima il museo non era che un luogo pieno di oggetti, oggi è diventato un luogo pieno di idee, che vengono suggerite dalle indicazioni e dalle descrizioni accompagnanti gli oggetti esposti, dato che il museo è come un libro aperto che si offre allo studioso e a chi desidera formarsi una coltura.[...]3 1 Karsten Schubert, Museo. Storia di un'idea - dalla Rivoluzione francese ad oggi, il Saggiatore, Milano 2004, p.17. 2 Alessandra Mottola Molfino, Il libro dei musei, Umberto Alemandi & C., Torino 1991, pp. 11-22 3 Daniele Donghi, Manuale dell'architetto Volume II, Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino 1935, p. 11. 8 Un museo non è definito solo in base all'importanza e alla qualità delle sue raccolte, ma soprattutto da come vengono recepite da chi le esamina, sia per motivi di studio che per interesse personale. Per questo motivo si deve mettere in grado le diverse categorie di fruitori, di accedere al museo con il minor spreco di tempo possibile e con il maggior profitto. L'effetto che si vuole ottenere deriva sia dal metodo di esposizione degli oggetti, sia da una buona soluzione tecnica relativa alle dimensioni, alla forma, alla distribuzione, riscaldamento e ventilazione dei locali, all'illuminazione degli oggetti e ai mezzi di loro conservazione e sicurezza. Il museo moderno dovrà coniugare al suo interno museografia e museologia. Dove“[...]per museografia si intende l'insieme delle azioni progettuali, scientifiche e tecniche, tendenti alla sistemazione organizzativa del museo (distributiva, impiantistica, tecnica, architettonica, allestitiva, informatica); appartiene in genere all'opera dell'architetto, con la collaborazione di strutturisti, impiantisti e informatici. Al contrario per museologia si intende l'insieme delle azioni di ricerca storica, filologica, di comparazione critica che presiede all'ordinamento dell'esposizione delle opere; generalmente appartiene allo storico dell'arte, allo storico della scienza, all'archeologo, all'antropologo [...].”4 Confrontando progetti museografici e museali dei primi musei con esempi moderni e contemporanei, si intendono ricavare i caratteri fondamentali che permettano di presentare un progetto per museo coerente all'area di studio, e che riesca a rivelare la vera natura degli oggetti che andrà a ospitare attraverso uno studio specifico dei percorsi e degli allestimenti.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

THE TITLE OF MY THESIS IS THE ROLE OF THE IDEAS AND THEIR CHANGE IN HIGHER EDUCATION POLICY-MAKING PROCESSES FROM THE EIGHTIES TO PRESENT-DAY: THE CASES OF ENGLAND AND NEW ZEALAND IN COMPARATIVE PERSPECTIVE UNDER A THEORETICAL POINT OF VIEW, THE AIM OF MY WORK IS TO CARRY OUT A RESEARCH MODELLED ON THE CONSTRUCTIVIST THEORY. IT FOCUSES ON THE ANALYSIS OF THE IMPACT OF IDEAS ON THE PROCESSES OF POLICY MAKING BY MEANS OF EPISTEMIC COMMUNITIES, THINK TANKS AND VARIOUS SOCIOECONOMIC CONTEXTS THAT MAY HAVE PLAYED A KEY ROLE IN THE CONSTRUCTION OF THE DIFFERENT PATHS. FROM MY POINT OF VIEW IDEAS CONSTITUTE A PRIORITY RESEARCH FIELD WHICH IS WORTH ANALYSING SINCE THEIR ROLE IN POLICY MAKING PROCESSES HAS BEEN TRADITIONALLY RATHER UNEXPLORED. IN THIS CONTEXT AND WITH THE AIM OF DEVELOPING A RESEARCH STRAND BASED ON THE ROLE OF IDEAS, I INTEND TO CARRY ON MY STUDY UNDER THE PERSPECTIVE OF CHANGE. DEPENDING ON THE DATA AND INFORMATION THAT I COLLECTED I EVALUATED THE WEIGHT OF EACH OF THESE VARIABLES AND MAYBE OTHERS SUCH AS THE INSTITUTIONS AND THE INDIVIDUAL INTERESTS, WHICH MAY HAVE INFLUENCED THE FORMATION OF THE POLICY MAKING PROCESSES. UNDER THIS LIGHT, I PLANNED TO ADOPT THE QUALITATIVE METHODOLOGY OF RESEARCH WHICH I BELIEVE TO BE VERY EFFECTIVE AGAINST THE MORE DIFFICULT AND POSSIBLY REDUCTIVE APPLICATION OF QUANTITIVE DATA SETS. I RECKON THEREFORE THAT THE MOST APPROPRIATE TOOLS FOR INFORMATION PROCESSING INCLUDE CONTENT ANALYSIS, AND IN-DEPTH INTERVIEWS TO PERSONALITIES OF THE POLITICAL PANORAMA (ÉLITE OR NOT) WHO HAVE PARTICIPATED IN THE PROCESS OF HIGHER EDUCATION REFORM FROM THE EIGHTIES TO PRESENT-DAY. THE TWO CASES TAKEN INTO CONSIDERATION SURELY SET AN EXAMPLE OF RADICAL REFORM PROCESSES WHICH HAVE OCCURRED IN QUITE DIFFERENT CONTEXTS DETERMINED BY THE SOCIOECONOMIC CHARACTERISTICS AND THE TRAITS OF THE ÉLITE. IN NEW ZEALAND THE DESCRIBED PROCESS HAS TAKEN PLACE WITH A STEADY PACE AND A GOOD GRADE OF CONSEQUANTIALITY, IN LINE WTH THE REFORMS IN OTHER STATE DIVISIONS DRIVEN BY THE IDEAS OF THE NEW PUBLIC MANAGEMENT. CONTRARILY IN ENGLAND THE REFORMATIVE ACTION OF MARGARET THATCHER HAS ACQUIRED A VERY RADICAL CONNOTATION AS IT HAS BROUGHT INTO THE AMBIT OF HIGHER EDUCATION POLICY CONCEPTS LIKE EFFICIENCY, EXCELLENCE, RATIONALIZATION THAT WOULD CONTRAST WITH THE GENERALISTIC AND MASS-ORIENTED IDEAS THAT WERE FASHIONABLE DURING THE SEVENTIES. THE MISSION I INTEND TO ACCOMPLISH THORUGHOUT MY RESEARCH IS TO INVESTIGATE AND ANALYSE INTO MORE DEPTH THE DIFFERENCES THAT SEEM TO EMERGE FROM TWO CONTEXTS WHICH MOST OF THE LITERATURE REGARDS AS A SINGLE MODEL: THE ANGLO-SAXON MODEL. UNDER THIS LIGHT, THE DENSE ANALYSIS OF POLICY PROCESSES ALLOWED TO BRING OUT BOTH THE CONTROVERSIAL AND CONTRASTING ASPECTS OF THE TWO REALITIES COMPARED, AND THE ROLE AND WEIGHT OF VARIABLES SUCH AS IDEAS (MAIN VARIABLE), INSTITUTIONAL SETTINGS AND INDIVIDUAL INTERESTS ACTING IN EACH CONTEXT. THE CASES I MEAN TO ATTEND PRESENT PECULIAR ASPECTS WORTH DEVELOPING AN IN-DEPTH ANALYSIS, AN OUTLINE OF WHICH WILL BE PROVIDED IN THIS ABSTRACT. ENGLAND THE CONSERVATIVE GOVERNMENT, SINCE 1981, INTRODUCED RADICAL CHANGES IN THE SECTOR OF HIGHER EDUCATION: FIRST CUTTING DOWN ON STATE FUNDINGS AND THEN WITH THE CREATION OF AN INSTITUTION FOR THE PLANNING AND LEADERSHIP OF THE POLYTECHNICS (NON-UNIVERSITY SECTOR). AFTERWARDS THE SCHOOL REFORM BY MARGARET THATCHER IN 1988 RAISED TO A GREAT STIR ALL OVER EUROPE DUE TO BOTH ITS CONSIDERABLE INNOVATIVE IMPRINT AND THE STRONG ATTACK AGAINST THE PEDAGOGY OF THE ‘ACTIVE’ SCHOOLING AND PROGRESSIVE EDUCATION, UNTIL THEN RECOGNIZED AS A MERIT OF THE BRITISH PUBLIC SCHOOL. IN THE AMBIT OF UNIVERSITY EDUCATION THIS REFORM, TOGETHER WITH SIMILAR MEASURES BROUGHT IN DURING 1992, PUT INTO PRACTICE THE CONSERVATIVE PRINCIPLES THROUGH A SERIES OF ACTIONS THAT INCLUDED: THE SUPPRESSION OF THE IRREMOVABILITY PRINCIPLE FOR UNIVERSITY TEACHERS; THE INTRODUCTION OF STUDENT LOANS FOR LOW-INCOME STUDENTS AND THE CANCELLATION OF THE CLEAR DISTINCTION BETWEEN UNIVERSITIES AND POLYTECHNICS. THE POLICIES OF THE LABOUR MAJORITY OF MR BLAIR DID NOT QUITE DIVERGE FROM THE CONSERVATIVES’ POSITION. IN 2003 BLAIR’S CABINET RISKED TO BECOME A MINORITY RIGHT ON THE OCCASION OF AN IMPORTANT UNIVERSITY REFORM PROPOSAL. THIS PROPOSAL WOULD FORESEE THE AUTONOMY FOR THE UNIVERSITIES TO RAISE UP TO 3.000 POUNDS THE ENROLMENT FEES FOR STUDENTS (WHILE FORMERLY THE CEILING WAS 1.125 POUNDS). BLAIR HAD TO FACE INTERNAL OPPOSITION WITHIN HIS OWN PARTY IN RELATION TO A MEASURE THAT, ACCORDING TO THE 150 MPS PROMOTERS OF AN ADVERSE MOTION, HAD NOT BEEN INCLUDED IN THE ELECTORAL PROGRAMME AND WOULD RISK CREATING INCOME-BASED DISCRIMINATION AMONG STUDENTS. AS A MATTER OF FACT THE BILL FOCUSED ON THE INTRODUCTION OF VERY LOW-INTEREST STUDENT LOANS TO BE SETTLED ONLY WHEN THE STUDENT WOULD HAVE FOUND A REMUNERATED OCCUPATION (A SYSTEM ALREADY PROVIDED FOR BY THE AUSTRALIAN LEGISLATION). NEW ZEALAND CONTRARILY TO MANY OTHER COUNTRIES, NEW ZEALAND HAS ADOPTED A VERY WIDE VISION OF THE TERTIARY EDUCATION. IT INCLUDES IN FACT THE FULL EDUCATIONAL PROGRAMME THAT IS INTERNATIONALLY RECOGNIZED AS THE POST-SECONDARY EDUCATION. SHOULD WE SPOTLIGHT A PECULIARITY OF THE NEW ZEALAND TERTIARY EDUCATION POLICY THEN IT WOULD BE ‘CHANGE’. LOOKING AT THE REFORM HISTORY RELATED TO THE TERTIARY EDUCATION SYSTEM, WE CAN CLEARLY IDENTIFY FOUR ‘SUB-PERIODS’ FROM THE EIGHTIES TO PRESENT-DAY: 1. BEFORE THE 80S’: AN ELITARIAN SYSTEM CHARACTERIZED BY LOW PARTICIPATION RATES. 2. BETWEEN MID AND LATE 80S’: A TREND TOWARDS THE ENLARGEMENT OF PARTICIPATION ASSOCIATED TO A GREATER COMPETITION. 3. 1990-1999: A FUTHER STEP TOWARDS A COMPETITIVE MODEL BASED ON THE MARKET-ORIENTED SYSTEM. 4. FROM 2000 TO TODAY: A CONTINUOUS EVOLUTION TOWARDS A MORE COMPETITIVE MODEL BASED ON THE MARKET-ORIENTED SYSTEM TOGETHER WITH A GROWING ATTENTION TO STATE CONTROL FOR SOCIAL AND ECONOMIC DEVELOPMENT OF THE NATION. AT PRESENT THE GOVERNMENT OF NEW ZEALAND OPERATES TO STRENGHTHEN THIS PROCESS, PRIMARILY IN RELATION TO THE ROLE OF TERTIARY EDUCATION AS A STEADY FACTOR OF NATIONAL WALFARE, WHERE PROFESSIONAL DEVELOPMENT CONTRIBUTES ACTIVELY TO THE GROWTH OF THE NATIONAL ECONOMIC SYSTEM5. THE CASES OF ENGLAND AND NEW ZEALAND ARE THE FOCUS OF AN IN-DEPTH INVESTIGATION THAT STARTS FROM AN ANALYSIS OF THE POLICIES OF EACH NATION AND DEVELOP INTO A COMPARATIVE STUDY. AT THIS POINT I ATTEMPT TO DRAW SOME PRELIMINARY IMPRESSIONS ON THE FACTS ESSENTIALLY DECRIBED ABOVE. THE UNIVERSITY POLICIES IN ENGLAND AND NEW ZEALAND HAVE BOTH UNDERGONE A SIGNIFICANT REFORMATORY PROCESS SINCE THE EARLY EIGHTIES; IN BOTH CONTEXTS THE IMPORTANCE OF IDEAS THAT CONSTITUTED THE BASE OF POLITICS UNTIL 1980 WAS QUITE RELEVANT. GENERALLY SPEAKING, IN BOTH CASES THE PRE-REFORM POLICIES WERE INSPIRED BY EGALITARIANISM AND EXPANSION OF THE STUDENT POPULATION WHILE THOSE BROUGHT IN BY THE REFORM WOULD PURSUE EFFICIENCY, QUALITY AND COMPETITIVENESS. UNDOUBTEDLY, IN LINE WITH THIS GENERAL TENDENCY THAT REFLECTS THE HYPOTHESIS PROPOSED, THE TWO UNIVERSITY SYSTEMS PRESENT SEVERAL DIFFERENCES. THE UNIVERSITY SYSTEM IN NEW ZEALAND PROCEEDED STEADILY TOWARDS THE IMPLEMENTATION OF A MANAGERIAL CONCEPTION OF TERTIARY EDUCATION, ESPECIALLY FROM 1996 ONWARDS, IN ACCORDANCE WITH THE REFORMATORY PROCESS OF THE WHOLE PUBLIC SECTOR. IN THE UNITED KINGDOM, AS IN THE REST OF EUROPE, THE NEW APPROACH TO UNIVERSITY POLICY-MAKING HAD TO CONFRONT A DEEP-ROOTED TRADITION OF PROGRESSIVE EDUCATION AND THE IDEA OF EDUCATION EXPANSION THAT IN FACT DOMINATED UNTIL THE EIGHTIES. FROM THIS VIEW POINT THE GOVERNING ACTION OF MARGARET THATCHER GAVE RISE TO A RADICAL CHANGE THAT REVOLUTIONIZED THE OBJECTIVES AND KEY VALUES OF THE WHOLE EDUCATIONAL SYSTEM, IN PARTICULAR IN THE HIGHER EDUCATION SECTOR. IDEAS AS EFFICIENCY, EXCELLENCE AND CONTROL OF THE PERFORMANCE BECAME DECISIVE. THE LABOUR CABINETS OF BLAIR DEVELOPED IN THE WAKE OF CONSERVATIVE REFORMS. THIS APPEARS TO BE A FOCAL POINT OF THIS STUDY THAT OBSERVES HOW ALSO IN NEW ZEALAND THE REFORMING PROCESS OCCURRED TRANSVERSELY DURING PROGRESSIVE AND CONSERVATIVE ADMINISTRATIONS. THE PRELIMINARY IMPRESSION IS THEREFORE THAT IDEAS DEEPLY MARK THE REFORMATIVE PROCESSES: THE AIM OF MY RESEARCH IS TO VERIFY TO WHICH EXTENT THIS STATEMENT IS TRUE. IN ORDER TO BUILD A COMPREHENSIVE ANALYLIS, FURTHER SIGNIFICANT FACTORS WILL HAVE TO BE INVESTIGATED: THE WAY IDEAS ARE PERCEIVED AND IMPLEMENTED BY THE DIFFERENT POLITICAL ELITES; HOW THE VARIOUS SOCIOECONOMIC CONTEXTS INFLUENCE THE REFORMATIVE PROCESS; HOW THE INSTITUTIONAL STRUCTURES CONDITION THE POLICY-MAKING PROCESSES; WHETHER INDIVIDUAL INTERESTS PLAY A ROLE AND, IF YES, TO WHICH EXTENT.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La mia tesi approfondisce le dinamiche della cinefilia su Facebook: quali relazioni s'instaurano tra lo spettatore cinefilo, e dunque il suo particolare sguardo, e la moltitudine di frammenti di cinema dispersi nella rete; come si sono modificati i rapporti, gli atteggiamenti, i processi di negoziazione, le abitudini e soprattutto i discorsi dei cinefili al cospetto di tracce di cinema sui social network e in particolare su Facebook. Inoltreprovo a dimostrare che la cinefilia è un'esperienza costitutivamente autobiografica, cui il web permette il perpetuare potenzialmente infinito della (auto)narrazione di sé.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

As a self-styled 'female Columbus', E. Catherine Bates took a transcontinental journey across North America with a woman companion in the late 1880s and, on her return to England, published A Year in the Great Republic . This paper, following critical theory approaches to the study of travel writing, explores the ways in which several of Bates's many-layered social identities as a woman of the British e lite class came to the fore in her travel narrative. I argue that Bates constructed her narrative primarily around her shifting gender identities- as 'feminine' and 'feminist'- and suggest that imperialistic writing was less apparent because she was travelling to a place that had an 'empire-to-empire' rather than a 'colony-to-empire', relationship to Britain during its 'Age of Empire'. In this paper I am searching for a middle ground between what I have termed 'modernist' interpretations of women's travel writing and the more recent post-structural interpretations. I make the case that Victorian women travellers' revisionist commentary on gender roles, as well as their observations of domestic scenes, should remain in focus as we continue to mark them for historical study.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

In mid-July 2003, the U.S. Army Tank-Automotive & Armaments Command (TACOM) performed a series of experiments at Keweenaw Research Center (KRC), with a remote operated mine roller system. This system, named Panther Lite, consists of two M113 Armored Personnel Carriers (APC’s) connected by a Tandem Vehicle Linkage Assembly (TVLA). The system has three sets of mine rollers, two of which are connected to the front of the lead vehicle with one set trailing from the trail vehicle. Currently, the system requires two joystick controllers. One regulates the braking of the tracks, throttle, and transmission of the lead vehicle and the other controls the braking and throttle of the rear vehicle. One operator controls both joysticks, attempting to maneuver the lead vehicle along a desired path. At the same time, this operator makes compensation maneuvers to reduce lateral loads in the TVLA and to guide the rear mine rollers along the desired path. The purpose of this project is to create algorithms that would allow the slave (trail) vehicle to operate using inputs that maneuver the control (lead) vehicle. The project will be completed by first reconstructing the experimental data. Kinematic models will be generated and simulations created. The models will then be correlated with the reconstructions of the experimental data. The successful completion of this project will be a first step to eliminating the need for the second joystick.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Durante el transcurso del proyecto que se informa el equipo ha desarrollado múltiples actividades consistentes en las programadas y otras que son el resultado de los proyectos aprobados con financiamiento de múltiples instituciones. Las principales actividades a mencionar son de investigación, formación de recursos humanos y extensión. Cabe citar las actividades de formación de recursos humanos desarrolladas en el marco del programa de fortalecimiento a la extensión universitaria PROFAE, el Voluntariado Universitario, las becas CIN (Consejo Interuniversitario Nacional) Beca de estímulo a las vocaciones científicas 2012 y las becas del CEDIT (Comité Ejecutivo de Desarrollo e Innovación Tecnológica). En cuanto a investigación y extensión hemos trabajado con la Agencia Española de Cooperación Internacional para el Desarrollo, las actividades de Voluntariado Universitario con fondos de la SPU y actividades financiadas por el Programa de fortalecimiento a la extensión universitaria SPU: Redes y Promoción de las actividades de la Universidad en el exterior. Las actividades que se han desarrollado durante 2009/11 se informan en el punto 2.1.2 Acciones de transferencia que resulten del Proyecto de Investigación y que estén acreditados a través de convenios, disposiciones, contratos, etc. Otras actividades realizadas en el período: En el transcurso del período se han efectuado numerosas actividades tendientes a generar vínculos e interactuar con diversos actores locales. Salidas de reconocimiento del área de estudio y encuentros con actores locales en Concepción de la Sierra: Se han visitado las localidades de Concepción de la Sierra y Santa María. Se llevaron a cabo contactos y entrevistas con vecinos de Concepción de la Sierra, el párroco que atiende toda el área, directivo del área de Deportes del municipio, visita a la casa de la cultura y algunos sitios de interés relacionado al patrimonio jesuítico. Los agentes con quienes se ha contactado, manifestaron su preocupación por los bienes patrimoniales que se fueron perdiendo a lo largo de su historia reciente o que se llevaron para formar parte de museos de otras ciudades, la cual se plantean como una tarea pendiente su recupero. A raíz de esta situación, quienes poseen bienes encontrados o heredados, mantienen su apropiación hasta tanto no consideren políticas y espacios de exposición seguros y adecuados para su conservación y protección. Asimismo, se ha observado en la visita a la ciudad, la excavación por parte de particulares de restos misionales para construcciones privadas sin la presencia evidente de ninguna figura legal que proteja o regule el uso o restricción de dichos elementos. Cabe señalar, que los encuentros con los habitantes, fueron de carácter espontáneo, quienes se acercaron por iniciativa propia a los miembros del equipo de investigación, para expresar su desazón por la falta de política e inacción de sectores que tienen la facultad de decisión. También se ha observado un clima hostil de algunos manifestantes hacia el intendente de Concepción (2010) debido a gestiones poco claras según expresaron los actores con quienes se ha contactado, lo cual era evidente en el panorama de disconformidad que se presentaba en la ciudad y que se venía sosteniendo desde el mes de diciembre de 2009. Al mismo tiempo, el párroco señaló que tenían expectativas de planificar y organizar el espacio donde se erige la Iglesia, pero sus proyectos llevaban largo tiempo de espera por parte del organismo de cultura de la provincia, a quienes expusieron dichos proyectos. Observación: Los habitantes de Concepción de la Sierra, expresa su interés por el pasado, su historia y su identidad basado en la apropiación de los procesos que se desarrollan en el territorio. Están ansiosos y ávidos de dar a conocer ese pasado bajo condiciones viables de exposición y decisiones políticas acorde para la protección y seguridad. Es necesario un ordenamiento del territorio, regulación y zonificación con fines de protección, conservación y exposición del patrimonio local, incluyendo el legado jesuítico. Conversaciones en Santa María: Continuando con el recorrido por la zona, se visitó en varias oportunidades la Escuela de Familia Agrícola en el municipio de Santa María, establecimiento educativo con quien ya se han desarrollado otras actividades en proyectos anteriores, tanto de Investigación como de Extensión. De estos encuentros surgen solicitudes vinculadas a la posible construcción de la Represa Garabí, que afectaría a propiedades de familias de alumnos quienes desconocen el impacto ambiental resultante y las tierras que se inundarían si se concretase dicha obra. Requieren en ese sentido charlas y reuniones informativas con especialistas para que clarifiquen la situación derivada. También se visitó un emprendimiento familiar de elaboración, envasado y distribución de rapadura artesanal en el Paraje La Corita. El proceso consiste en la adquisición de leche de ordeñe que provee una vecina y de otro productor local, para luego iniciar la cocción, reservar y luego prepararlo para la distribución en la zona, incluyendo a la localidad San Javier y otros compradores de otros lugares que conocían el producto y se acercaban periódicamente a comprar cierta cantidad para revenderlo. El producto presenta dos variantes: 1. De leche y azúcar, 2. De leche, azúcar y maní. Según indicaron, cada vez es mayor la demanda y se encuentran analizando el modo de aumentar la producción. La difusión se dio básicamente bajo la modalidad del boca a boca o boca oreja. La Misión de Santa María La Mayor, amerita una visita toda vez que concurrimos al área, tanto por las acciones llevadas a cabo en este sitio, como también para recabar información y mantener el vínculo e interactuar con los gestores del patrimonio. Un dulce encuentro en San Javier: El 15 de abril de 2010 se concurrió a la localidad de San Javier, ocasión en la que se visita el Cerro que evoca la batalla de Mobororé sobre el río Uruguay en el que se construye la casa del bicentenario, el deteriorado hotel del ACA (Automóvil Club Argentino), el ingenio azucarero, el museo jesuítico, el Cerro Monje, y un camping. En el Cerro, conocido como “el cerrito” sobre el río Uruguay, el intendente explicó las acciones llevadas a cabo y los proyectos en vías de desarrollo. En la casa en construcción de la casa del bicentenario, se llevarían a cabo diversas actividades culturales, allí también existe un anfiteatro que se recuperaría teniendo en cuenta la vista excepcional del río y el entorno paisajístico desde este espacio en altura. Inmediatamente anexo se halla el viejo edificio del Hotel del ACA, que se encuentra en planes de concesionarlo para su restauración. Asimismo, el intendente explicó que se ha trabajado en forma conjunta con una escuela especial creándose una comisión para la redacción de una ordenanza que ya se ha aprobado para favorecer a personas con capacidades especiales, en el que se reglamenta aspectos constructivos en toda la ciudad. También se ha impulsado la creación y promoción de un frigorífico cooperativo con productores de ganado de la zona, contemplando aspectos de calidad y posterior comercialización, y que está encaminándose exitosamente. En el ingenio azucarero, el Ingeniero a cargo, explicó las diversas actividades que se realizaba en esos momentos de desarme de las maquinarias, debido a que no se realizaba la zafra en esa época. Aclaró también las posibilidades de ampliar la producción de azúcar si se pudiera adquirir moderna maquinaria sin un costo excesivo. A la vez explicó de qué manera se controlan a los productores de caña de azúcar que se inscriben para cumplir con los requisitos para la producción orgánica, considerando que San Javier forma parte de la cuenca orgánica, un programa del Ministerio del Agro y la Producción. Ello redunda en un precio más elevado para dichos productores. También se llevan a cabo otras investigaciones para la producción de derivados, a través de convenios con Cuba, como la elaboración de ron, licores, entre otros usos. El museo jesuítico que se halla en la plaza principal, se encuentra poco organizado y no adecuado para la contención de los bienes patrimoniales, así como el diseño, la exposición e interpretación para la visita. El camping de San Javier, sobre el río Uruguay, se enseñorea de un paisaje de excepcional belleza, ofreciendo la posibilidad de alojarse en cabañas y carpas y realizar actividades en el río, paseos en canoa y pesca en épocas permitidas. San Javier es también, un centro de peregrinación que convoca a miles de fieles en Semana Santa, provenientes de localidades aledañas. El punto culminante es el Cerro Monje, en cuya cima se erige una capilla y espacio para acampar. Desde este lugar, se tiene una amplia visión panorámica del río y del lindero país, Brasil. Con las localidades próximas de este país, se realiza un encuentro de integración anual entre miembros y funcionarios de municipios de ambas orillas. El puerto de San Javier, con el servicio de balsa entre Porto Xavier y Porto Xavier (Brasil), desarrolla una intensa actividad comercial, destacándose la exportación de cebolla, papa y ajo, con largas esperas de un centenar de camiones que van y vienen continuamente. La distancia a recorrer entre ambas orillas es muy corta, lo que permite el cruce en pocos minutos. En verano además, es una de las principales vías de comunicación hacia las playas del sur de Brasil. A su paso, es posible observar, los cultivos de la planta que emana dulzura al saborear alguna infusión, la caña de azúcar, y que distingue a San Javier, la dulce. El desvío de la Ruta provincial N° 30, un proyecto de largo caminar: La Ruta provincial N° 30 que atraviesa la Misión de Santos Mártires del Japón, luego de una sostenida gestión de poco más de una década por parte del equipo de investigación ante autoridades locales, de Vialidad Provincial, del Programa Misiones Jesuíticas, finalmente concretó el desvío. El trazado se realizó mediante la gestión del Intendente para la cesión de tierras de los propietarios que circundan el Cerro para la ejecución de dicho desvío evitando circular sobre el mismo, y apaciguar el continuo deterioro de los restos pétreos protegidos por la selva de dicha misión, de importancia notable para estudios e investigaciones científicas que pudiera dar cuenta de informaciones relevantes secretamente guardados bajo la vegetación. En la presentación del nuevo trazado, se sumó una vecina y una concejal del municipio, además del referido intendente municipal, quienes amablemente nos brindaron un almuerzo de trabajo, además del apoyo para realizar otras actividades de indagación y puesta en escena de circuitos turísticos locales en bicicleta por la Ruta provincial N° 30. Durante 2011, también se recorrió la zona advirtiéndose que no están concluidas las obras de consolidación del desvío por lo que el acceso por el nuevo camino se hace muy dificultoso.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Se analizara brevemente la explotación extractiva yerbatera en la región Altoparanaense, del extremo norte al igual que en la vecina área del “Contestado” controladas por Brasil luego del laudo Cleveland. El problema de la ocupación de tierras por pequeños y medianos agricultores en oposición al sistema extractivo de las grandes compañías yerbateras que utilizaban el trabajo a destajo. La utilización de la mano de obra indígena y criolla fue un elemento importante que las grandes empresas intentaron resolver para asegurarse la continuidad del proceso extractivo yerbatero. La Compañía Matte Larangeira fue desde sus comienzos una de las más representativas y poderosas empresas con una “élite regional” que influyó en un amplio espacio geográfico transfronterizo.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Este trabajo reflexiona acerca del momento constitutivo del modelo agroindustrial en Mendoza siguiendo las acciones que emprende la elite local de fines del siglo XIX para promoverlo. Basado en el planteo shumpeteriano sobre la importancia de los empresarios con respecto a la innovación para el desarrollo y el análisis de H. Nochteff sobre las carencias de políticas de ciencia y tecnología que caracterizan la economía Argentina como de adaptación tardía, se establecen una serie de diferenciaciones que colaboran a explicar el recorrido específico de la economía mendocina en su deriva pasada y actual frente el dominante patrón de acumulación nacional.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Estanislao Zeballos creó un denso corpus teórico sobre las relaciones de la Argentina con sus vecinos, especialmente con Brasil y Chile. A lo largo del siglo XX, la élite intelectual rioplatense ha mantenido en vigencia el pensamiento de Zeballos, al cual se lo ha considerado una suerte de paradigma del patriota. El presente artículo examina críticamente el pensamiento de Zeballos. Detecta que, fuertemente marcadas por el positivismo y el darwinismo social, sus ideas se deslizaron hacia posiciones xenófobas y racistas, sobre todo hacia los dos países citados. Por tal motivo, el canciller generó conflictos de límites que antes no existían, y promovió conceptos históricamente inexactos sobre la naturaleza de las relaciones internacionales en el Cono Sur.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

La ponencia se centra en el programa de la revista argentina Proa (2a época, 1924-1926). Enfoca su estrategia de promoción de una élite intelectual moderna encabezada por la figura del artista para la fundación de una "República de las letras" autónoma y de proyección internacional. En ese aspecto, Proa muestra su adscripción a una tradición elitista, espiritualista y juvenilista instalada con el Modernismo en el Río de la Plata hacia 1900. La reedición de esa ideología en una revista que propiciaba lo nuevo buscó consolidar un espacio literario a partir del cual promover una élite con aspiraciones de poder espiritual laico. Tomando como fuentes el epistolario de Güiraldes y algunos textos publicados en Proa se exponen acá algunos de los principales rasgos de ese programa, a partir de la autorrepresentación de sus escritores, del tipo de interpelación que propusieron y de su relación imaginaria con la sociedad.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

El presente trabajo se enmarca en un proyecto de investigación en proceso de elaboración, que trata sobre la política de las orquestas infanto juveniles en la Ciudad Autónoma de Buenos Aires y en la Provincia de Buenos Aires, dirigidas a la población de niños y jóvenes en situación de empobrecimiento. Nos proponemos abordar la relación entre lo culto y lo popular, y analizar los dispositivos de producción, reproducción, distinción, y diferenciación que podemos encontrar en los contenidos de las relaciones sociales en dicho espacio. Para la caracterización del vínculo entre lo culto y lo popular se tendrá en cuenta la situación actual del capitalismo global, el rol del Estado, su tratamiento de la cuestión social, así como las prácticas y representaciones de quienes llevan a cabo el proyecto. El abordaje es cualitativo, está basado en la revisión y análisis de bibliografía específica, e incluye resultados preliminares del trabajo de campo efectuado en el marco de la investigación

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

A partir de un discurso anclado en la necesidad de modernización cultural e institucional, el campo letrado de la primera mitad del siglo XIX establece nuevas formas de intervención pública en procura de captar (y mediar con) los diversos intereses del público lector. Las nuevas promociones letradas intentan llevar adelante esa tarea en los intersticios dejados por la prensa política y doctrinaria, reformulando su relación con el espacio público, y apelando a una serie de géneros menores (crónicas de moda, artículos satíricos, relatos de costumbres) que dialogan con las formas emergentes del mercado, la lógica del consumo, los temas "banales", etc. Ese nuevo emplazamiento permite revisar los modos en que la élite letrada diagramó sus proyectos literarios, culturales y políticos en el marco de las publicaciones periódicas de la primera mitad del siglo XIX.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Análisis del discurso de la élite porteña, entre finales del siglo XVIII y principios del siglo XIX, en torno a la aparición de los sectores populares, como vehículo de legitimación política

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

En los villancicos a San Pedro Nolasco, Sor Juana combina una variante alta del latín de la época -el epígrafe (Mateo, 22, 20-21) de la dedicatoria a la Virgen- con una variante baja -los "latinajos" de un bachiller en la ensaladilla-. Tomando como marco teórico el modelo de Ferguson, se advierte que el factor determinante de esta diglosia es la oposición funcionalidad/disfuncionalidad de cada variante en su contexto respectivo. El examen de las connotaciones de esa oposición permite entender esta singular diglosia latina como manifestación de las tensiones entre cultura popular y cultura de élite, propias del villancico religioso.