863 resultados para Middle East specialists
Resumo:
Pós-graduação em Psicologia do Desenvolvimento e Aprendizagem - FC
Resumo:
Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
Resumo:
Najash rionegrina Apesteguia & Zaher, 2006, a terrestrial fossil snake from the Upper Cretaceous of Argentina, represents the first known snake with a sacrum associated with robust, well-developed hind limbs. Najash rionegrina documents an important gap in the evolutionary development towards limblessness, because its phylogenetic affinities suggest that it is the sister group of all modern snakes, including the limbed Tethyan snakes Pachyrhachis, Haasiophis, and Eupodophis. The latter three limbed marine fossil snakes are shown to be more derived morphologically, because they lack a sacrum, but have articulated lymphapophyses, and their appendicular skeleton is enclosed by the rib cage, as in modern snakes.
Resumo:
The thesis concerns, from an economic and institutional point of view, the migration process in connection with development issues, focusing on the Middle East and North Africa region. Adopting a south-south perspective of migration flows, which is focusing on migration from the Maghreb and Mashreq towards the GCC, the research focuses on the linkage between migration and local development (LED), considering the economic implication that temporary migration flows (trough physical and human capital accumulation) have for the labour exporting countries of the region. Since south-south migration flows are both temporary and skilled, the research points out that return migrants from the GCC can have a significant impact for the growth of recipient countries, as they transfer capital through remittances on regular basis and, once back, they can use human capital acquired abroad to promote economic initiatives. Starting from the descriptive analysis on international migration flows (from an historical to a systemic point of view), and focusing on the patterns of people movements in the Gulf Migration System and on the role remittances have in the region as a strategy for both household survival and local development, the research considers the economics of migrant remittances from a micro and macro perspective and the main direct and indirect effects that remittances have on the local communities. The review of the economic literature on international remittances and on local development shows how migration is an alternative strategy of financing local economic development (LED) especially for low-middle income countries (among them the Maghreb countries). The linkage between return migration, remittances, human capital formation and the promotion of local development in the Egyptian case is the focus of the empirical investigation.
Resumo:
La ricerca oggetto di questa tesi, come si evince dal titolo stesso, è volta alla riduzione dei consumi per vetture a forte carattere sportivo ed elevate prestazioni specifiche. In particolare, tutte le attività descritte fanno riferimento ad un ben definito modello di vettura, ovvero la Maserati Quattroporte. Lo scenario all’interno del quale questo lavoro si inquadra, è quello di una forte spinta alla riduzione dei cosiddetti gas serra, ossia dell’anidride carbonica, in linea con quelle che sono le disposizioni dettate dal protocollo di Kyoto. La necessità di ridurre l’immissione in atmosfera di CO2 sta condizionando tutti i settori della società: dal riscaldamento degli edifici privati a quello degli stabilimenti industriali, dalla generazione di energia ai processi produttivi in senso lato. Nell’ambito di questo panorama, chiaramente, sono chiamati ad uno sforzo considerevole i costruttori di automobili, alle quali è imputata una percentuale considerevole dell’anidride carbonica prodotta ogni giorno e riversata nell’atmosfera. Al delicato problema inquinamento ne va aggiunto uno forse ancor più contingente e diretto, legato a ragioni di carattere economico. I combustibili fossili, come tutti sanno, sono una fonte di energia non rinnovabile, la cui disponibilità è legata a giacimenti situati in opportune zone del pianeta e non inesauribili. Per di più, la situazione socio politica che il medio oriente sta affrontando, unita alla crescente domanda da parte di quei paesi in cui il processo di industrializzazione è partito da poco a ritmi vertiginosi, hanno letteralmente fatto lievitare il prezzo del petrolio. A causa di ciò, avere una vettura efficiente in senso lato e, quindi, a ridotti consumi, è a tutti gli effetti un contenuto di prodotto apprezzato dal punto di vista del marketing, anche per i segmenti vettura più alti. Nell’ambito di questa ricerca il problema dei consumi è stato affrontato come una conseguenza del comportamento globale della vettura in termini di efficienza, valutando il miglior compromesso fra le diverse aree funzionali costituenti il veicolo. Una parte consistente del lavoro è stata dedicata alla messa a punto di un modello di calcolo, attraverso il quale eseguire una serie di analisi di sensibilità sull’influenza dei diversi parametri vettura sul consumo complessivo di carburante. Sulla base di tali indicazioni, è stata proposta una modifica dei rapporti del cambio elettro-attuato con lo scopo di ottimizzare il compromesso tra consumi e prestazioni, senza inficiare considerevolmente queste ultime. La soluzione proposta è stata effettivamente realizzata e provata su vettura, dando la possibilità di verificare i risultati ed operare un’approfondita attività di correlazione del modello di calcolo per i consumi. Il beneficio ottenuto in termini di autonomia è stato decisamente significativo con riferimento sia ai cicli di omologazione europei, che a quelli statunitensi. Sono state inoltre analizzate le ripercussioni dal punto di vista delle prestazioni ed anche in questo caso i numerosi dati rilevati hanno permesso di migliorare il livello di correlazione del modello di simulazione per le prestazioni. La vettura con la nuova rapportatura proposta è stata poi confrontata con un prototipo di Maserati Quattroporte avente cambio automatico e convertitore di coppia. Questa ulteriore attività ha permesso di valutare il differente comportamento tra le due soluzioni, sia in termini di consumo istantaneo, che di consumo complessivo rilevato durante le principali missioni su banco a rulli previste dalle normative. L’ultima sezione del lavoro è stata dedicata alla valutazione dell’efficienza energetica del sistema vettura, intesa come resistenza all’avanzamento incontrata durante il moto ad una determinata velocità. Sono state indagate sperimentalmente le curve di “coast down” della Quattroporte e di alcune concorrenti e sono stati proposti degli interventi volti alla riduzione del coefficiente di penetrazione aerodinamica, pur con il vincolo di non alterare lo stile vettura.
Resumo:
Il Medio Oriente è una regione in cui le scarse risorse idriche giocano un ruolo fondamentale nei rapporti e nelle relazioni tra gli Stati. Soprattutto nell'area di Israele, Palestina e Giordania la natura transfrontaliera delle fonti idriche condivise è considerata da qualche ricercatore come un catalizzatore del più ampio conflitto arabo-israeliano. Altri studiosi, tuttavia, vedono nella cooperazione regionale sulle risorse idriche un potenziale cammino verso una pace duratura veicolata dalla natura interdipendente delle fonti idriche comuni a più territori. Dato che l'acqua è l'elemento che per molti aspetti contribuisce allo sviluppo sociale ed economico e dato che le fonti idriche sotterranee e di superficie non conoscono confini e si muovono liberamente nel territorio, la cooperazione tra gli Stati rivieraschi delle risorse idriche dovrebbe arrivare a prevalere sul conflitto. Unica nel suo genere, l'ong trilaterale israelo-palestinese giordana Friends of the Earth Middle East, FoEME, ha fatto proprio tale auspicio e dal 1994 punta a sviluppare progetti di cooperazione per la salvaguardia del patrimonio naturale dell'area del bacino del fiume Giordano e del Mar Morto. Attraverso l'esperienza del Progetto Good Water Neighbors, GWN, avviato nel 2002, sta lavorando ad una serie di iniziative nel campo dell'environmental awareness e del social empowerment a favore di comunità israeliane, palestinesi e giordane transfrontaliere che condividono risorse idriche sotterranee o di superficie. Operando inizialmente a livello locale per identificare i problemi idrico-ambientali di ogni comunità selezionata e lavorare con i cittadini (ragazzi, famiglie e amministratori municipali) per migliorare la conoscenza idrica locale attraverso attività di educazione ambientale, di water awareness e piani di sviluppo urbano eco-compatibile, il Progetto GWN ha facilitato a livello transfrontaliero i rapporti tra le comunità confinanti abbattendo la barriera di sfiducia e sospetto che normalmente impedisce relazioni pacifiche, ha coadiuvato l'analisi dei problemi idrici comuni cercando di risolverli attraverso uno sforzo programmatico condiviso e sostenibile, per giungere infine a livello regionale ad incoraggiare la gestione idrica comune attraverso lo scambio di informazioni, il dialogo e lo sforzo/impegno cooperativo congiunto tra gli attori parte del GWN al fine di incentivare la pace attraverso l'interesse comune della tutela delle fonti idriche condivise. Gli approcci di local development e participation, le azioni di confidence building e il peacebuilding attraverso la tutela ambientale applicati con il metodo di bottom up all'interno di un contesto non pacificato come quello del conflitto arabo-israeliano, fanno del Progetto GWN un esperimento innovativo e originale. Le comunità israeliane, palestinesi e giordane selezionate hanno imparato a migliorare le proprie condizioni idrico-ambiennali cooperando assieme e sfruttando l'interdipendenza dalle fonti idriche condivise, avviando nel contempo rapporti pacifici con società sempre considerate nemiche. La sfida è stata quella di far comprendere le potenzialità di una cooperazione locale, in vista di un coordinamento regionale e di uno sforzo comune in grado di generare un beneficio collettivo. La lezione appresa finora durante questi primi sette anni di Progetto è stata quella di capire che non è necessario attendere la fine del conflitto per poter essere di aiuto alle proprie comunità o per un benessere personale, ma si può agire subito, anche nel pieno dell'Intifada al-Aqsa e con i coprifuoco.
Osmosis Theme Park: piano per la rigenerazione urbana della ex discarica di Küçükçekmece ad Istanbul
Resumo:
Questa tesi di laurea nasce dall’approfondimento del progetto che abbiamo sviluppato nel laboratorio di progettazione architettonica frequentato presso la Middle East Technical University, METU, di Ankara, Turchia, durante l’anno accademico 2011-12. La prima parte del corso, tenuto dai professori S. Özkan e Z. Mennan, consisteva nello studio e analisi critica dei progetti in concorso per il bando “Istanbul Theme Park” e nella riproposizione, da presentare a gruppi, di uno dei masterplan studiati, con le modifiche ritenute necessarie a fronte delle considerazioni fatte e di nuove idee progettuali. Lo step successivo è stato quello di approfondire individualmente la progettazione architettonica di un area di almeno 100.000 mq in scala 1:500 e di un edificio in dettaglio 1:200. Date le tempistiche molto ridotte del corso, che si completava in tredici settimane, abbiamo scelto di continuare il lavoro e approfondire, con l’aiuto della prof.ssa V. Orioli e dell’arch. E. Brighi, l’elaborazione del masterplan arrivando ad una definizione maggiore di tutta l’area e non solamente delle aree di interesse approfondite durante la permanenza in Turchia. Il progetto presentato è quindi il frutto di un anno di lavoro sulla riqualificazione di un area di 150 ettari precedentemente adibita a discarica, situata nella parte occidentale di Istanbul. L’obiettivo che abbiamo perseguito è stato quello di ricreare nella periferia della metropoli turca uno stralcio di città con caratteri più “europei”, comprendendo in un solo grande ambito di progetto tutte le funzioni necessarie alla vita di un quartiere cittadino ma anche le grandi strutture attrattive richieste dal concorso. Durante il nostro percorso abbiamo cercato anche di non perdere di vista il contesto in cui lavoravamo e le abitudini della società turca con cui ci andavamo a confrontare. Nonostante la forte occidentalizzazione delle zone ricche delle grandi città come Istanbul, Ankara e Izmir, gli stili di vita europeo e turco sono fondamentalmente differenti e progettare una città, o uno stralcio di essa, per un popolo diverso necessita la conoscenza dei suoi valori fondamentali e delle abitudini che ne scandiscono le giornate.
Resumo:
La Peste dei Piccoli Ruminanti (PPR) è una patologia virale ed acuta che colpisce i piccoli ruminanti, diffusa in Africa Sub-Sahariana, in Medio Oriente ed in Asia Meridionale. Questo lavoro si propone di effettuare il primo studio epidemiologico sulla PPR nella Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD), che comprende i Campi Profughi Saharawi, in territorio algerino, ed i “Territori Liberati” del Sahara Occidentale, valutando la potenziale presenza, prevalenza e distribuzione del virus della PPR in questi territori. Lo studio si è basato su una metodica di campionamento “a cluster” secondo la tecnica “a due stadi”. Sono stati individuati 23 siti di campionamento dai quali sono stati raccolti un totale di 976 campioni di siero prelevati da pecore, capre e cammelli. I campioni sono stati prelevati in Marzo ed Aprile 2008. I risultati dei test Competitive-Elisa hanno evidenziato una sieroprevalenza nel 28,26% degli animali testati, benché durante la raccolta dei campioni nessun animale abbia presentato sintomi clinici riferibili alla PPR. Tra Gennaio e Maggio 2010, in seguito ad episodi di aumentata mortalità nella popolazione ovi-caprina presente nei Campi Profughi, le autorità veterinarie locali sospettarono un outbreak di PPR. Tra Maggio ed Ottobre 2010 è stato sviluppato un outbreak investigation nei Campi Profughi Saharawi con lo scopo di confermare la circolazione del PPRV. I risultati di laboratorio hanno confermato la presenza del virus nel 33,33% dei campioni. Il sequenziamento del genoma virale ha rivelato che il virus apparteneva al Lignaggio 4 e le analisi filogenetiche hanno indicato una stretta relazione (99.3%) con il PPRV isolato durante l'epidemia di PPR in Marocco del 2008.
Resumo:
The present study was conducted to investigate the influence of restricted food access on Solea senegalensis behaviour and daily expression of clock genes in central (diencephalon and optic tectum) and pheripheral (liver) tissues. The Senegalese sole is a marine teleost fish belonging to the Class of Actinopterygii, Order Pleuronectiformes and Family Soleidae. Its geographical distribution in the Mediterranean sea is fairly broad, covering the south and east of the Iberian Peninsula, the North of Africa and Middle East until the coast of Turkey. From a commercial perspective Solea senegalensis has acquired in recent years, a key role in aquacolture industry of the Iberian Peninsula. The Senegalese sole is also acquiring an important relevance in chronobiological studies as the number of published works focused on the sole circadian system has increased in the last few years. The molecular mechanisms underlying sole circadian rhythms has also been explored recently, both in adults and developing sole. Moreover, the consideration of the Pleuronectiformes Order as one of the most evolved teleost groups make the Senegalese sole a species of high interest under a comparative and phylogenetic point of view. All these facts have reinforced the election of Senegalese sole as model species for the present study. The animals were kept under 12L:12D photoperiod conditions and divided into three experimental groups depending on the feeding time: fed at midlight (ML), middark (MD) or random (RND) times. Throughout the experiment, the existence of a daily activity rhythm and it synchronization to the light-dark and feeding cycles was checked. To this end locomotor activity was registred by means of two infrared photocells placed in pvc tube 10 cm below the water surface (upper photocell) and the other one was located 10 cm above the bottom of the tank (bottom photocell). The photocell were connected to a computer so that every time a fish interrupted the infrared light beam, it produced an output signal that was recorded. The number of light beam interruptions was stored every 10 minutes by specialized software for data acquisition.
Resumo:
Der Orient als geographischer Topos paust sich durch populäre Medien wie kaum ein anderer. Besonders das Kino vermag es diese Imagination aufscheinen zu lassen. Der cineastisch-imaginierte Orient existiert parallel zur Lebenswelt und konstituiert auf diese Weise eine ganz eigene Wirklichkeit. Gegenstand der Arbeit ist es die Konstruktionsprinzipien des cineastischen Orients zu entschlüsseln sowie eine dafür geeignete Analyseform zu entwickeln. Der Arbeit liegt ein Grundverständnis zugrunde, dass das Unterhaltungskino als ein besonderes Medium alltäglicher Imaginationen betrachtet und auf diese Weise Welt und Wirklichkeit generierend ist. Der empirisch-analytische Teil der Arbeit entwickelt aus tradiertem filmanalytischem Handwerkszeug eine geographische Filmlektüre. Die Analyse, bzw. Lektüre, der ausgewählten Filme durchleuchtet die vom Kino transportierten Mythen und die sich wiederholenden Narrative des cineastischen Orients. Die Lektüre orientiert sich dabei an visuellen und handlungszentrierten filmischen Topoi und liest diese als filmische Standardorte. Zudem werden existierende personengebundene Stereotype herausgearbeitet, die als Grundlage der Kreation des Anderen und als Konstruktionsprinzip des Fremden verstanden werden. Diese haben Konsequenzen für eine filmisch kommunizierte und geschaffene populäre Geopolitik und ermöglichen ein Verständnis der diskursiv-gesellschaftlichen Strukturen der Filme. Die innere Logik des cineastischen Orients ist dabei nicht nur auf Bilder oder nur auf die narrativen Elemente ausgerichtet, sondern erschließt sich aus deren Kombination. Die detaillierte Lektüre der in den Kommunikations-Prozess involvierten Sequenzen und Einstellungen zeigen schließlich, wie die globalen Bilderwelten des Kinos zum Bestandteil einer intermedial hervorgebrachten und im Laufe der Zeit gewachsenen Geographie geworden sind und welche Bedeutung und Funktion die filmimmanente Geographie für die Dramaturgie des cineastischen Orients besitzt.
Resumo:
Klimamontoring benötigt eine operative, raum-zeitliche Analyse der Klimavariabilität. Mit dieser Zielsetzung, funktionsbereite Karten regelmäßig zu erstellen, ist es hilfreich auf einen Blick, die räumliche Variabilität der Klimaelemente in der zeitlichen Veränderungen darzustellen. Für aktuelle und kürzlich vergangene Jahre entwickelte der Deutsche Wetterdienst ein Standardverfahren zur Erstellung solcher Karten. Die Methode zur Erstellung solcher Karten variiert für die verschiedenen Klimaelemente bedingt durch die Datengrundlage, die natürliche Variabilität und der Verfügbarkeit der in-situ Daten.rnIm Rahmen der Analyse der raum-zeitlichen Variabilität innerhalb dieser Dissertation werden verschiedene Interpolationsverfahren auf die Mitteltemperatur der fünf Dekaden der Jahre 1951-2000 für ein relativ großes Gebiet, der Region VI der Weltorganisation für Meteorologie (Europa und Naher Osten) angewendet. Die Region deckt ein relativ heterogenes Arbeitsgebiet von Grönland im Nordwesten bis Syrien im Südosten hinsichtlich der Klimatologie ab.rnDas zentrale Ziel der Dissertation ist eine Methode zur räumlichen Interpolation der mittleren Dekadentemperaturwerte für die Region VI zu entwickeln. Diese Methode soll in Zukunft für die operative monatliche Klimakartenerstellung geeignet sein. Diese einheitliche Methode soll auf andere Klimaelemente übertragbar und mit der entsprechenden Software überall anwendbar sein. Zwei zentrale Datenbanken werden im Rahmen dieser Dissertation verwendet: So genannte CLIMAT-Daten über dem Land und Schiffsdaten über dem Meer.rnIm Grunde wird die Übertragung der Punktwerte der Temperatur per räumlicher Interpolation auf die Fläche in drei Schritten vollzogen. Der erste Schritt beinhaltet eine multiple Regression zur Reduktion der Stationswerte mit den vier Einflussgrößen der Geographischen Breite, der Höhe über Normalnull, der Jahrestemperaturamplitude und der thermischen Kontinentalität auf ein einheitliches Niveau. Im zweiten Schritt werden die reduzierten Temperaturwerte, so genannte Residuen, mit der Interpolationsmethode der Radialen Basis Funktionen aus der Gruppe der Neuronalen Netzwerk Modelle (NNM) interpoliert. Im letzten Schritt werden die interpolierten Temperaturraster mit der Umkehrung der multiplen Regression aus Schritt eins mit Hilfe der vier Einflussgrößen auf ihr ursprüngliches Niveau hochgerechnet.rnFür alle Stationswerte wird die Differenz zwischen geschätzten Wert aus der Interpolation und dem wahren gemessenen Wert berechnet und durch die geostatistische Kenngröße des Root Mean Square Errors (RMSE) wiedergegeben. Der zentrale Vorteil ist die wertegetreue Wiedergabe, die fehlende Generalisierung und die Vermeidung von Interpolationsinseln. Das entwickelte Verfahren ist auf andere Klimaelemente wie Niederschlag, Schneedeckenhöhe oder Sonnenscheindauer übertragbar.
Resumo:
SETTING: Cordoba, Spain, 1135 CE, 29th year of the reign of ‘Ali “amir al-muslimin,” second king of the Berber Almoravid dynasty, rulers of Moorish Spain from 1071 to 1147. Cordoba, the capital of Andalus and the center of the Almoravid holdings in Spain, is a bustling cosmopolitan center, a crossroads for Europe and the Middle East, and the meeting-point of three religious traditions. Most significantly, Cordoba at this time is the hub of European intellectual activity. From the square—itself impressively large and surrounded by a massive collonade, the regularity and ordered beauty of which typifies the Moorish taste for symmetry (so beloved of M.C. Escher)—can be seen the huge Cordoban mosque, erected in the 8th-century by Khalif Abd-er-Rahman I to the glory of Allah, oft forgiving, most merciful. It is the second largest building in Islam, and the bastion of the still entrenched but soon to fade Muslim presence in western Europe. SCENE: Three figures sit upon stone benches beneath the westernmost colonnade of the Cordoban mosque, involved in an animated, though friendly discussion on matters of faith and reason, knowledge and God, language and logic. The host is none other than Jehudah Halevi, and his esteemed guests Master Peter Abelard and the venerable Råmånuja, whose obviously advanced age belies his youthful voice, gleaming eye, quick hands, and general exuberance. It is autumn, early evening…
Resumo:
A Mt. Everest ice core spanning 1860–2000 AD and analyzed at high resolution for black carbon (BC) using a Single Particle Soot Photometer (SP2) demonstrates strong seasonality, with peak concentrations during the winter-spring, and low concentrations during the summer monsoon season. BC concentrations from 1975–2000 relative to 1860–1975 have increased approximately threefold, indicating that BC from anthropogenic sources is being transported to high elevation regions of the Himalaya. The timing of the increase in BC is consistent with BC emission inventory data from South Asia and the Middle East, however since 1990 the ice core BC record does not indicate continually increasing BC concentrations. The Everest BC and dust records provide information about absorbing impurities that can contribute to glacier melt by reducing the albedo of snow and ice. There is no increasing trend in dust concentrations since 1860, and estimated surface radiative forcing due to BC in snow exceeds that of dust in snow. This suggests that a reduction in BC emissions may be an effective means to reduce the effect of absorbing impurities on snow albedo and melt, which affects Himalayan glaciers and the availability of water resources in major Asian rivers.
Resumo:
International migration has increased rapidly in the Czech Republic, with more than 150,000 legally registered foreign residents at the end of 1996. A large proportion of these are in Prague - 35% of the total in December 1996. The aim of this project was to enrich the fund of information concerning the "environment", reasons and "mechanisms" behind immigration to the Czech Republic. Mr. Drbohlav looked first at the empirical situation and on this basis set out to test certain well-known migration theories. He focused on four main areas: 1) a detailed description and explanation of the stock of foreign citizens legally settled in Czech territory, concentrating particularly on "economic" migrants; 2) a questionnaire survey targeting a total of 192 Ukrainian workers (98 in the fall 1995 and 94 in the fall 1996) working in Prague or its vicinity; 3) a second questionnaire survey of 40 "western" firms (20 in 1996 and 20 in 1997) operating out of Prague; 4) an opinion poll on how the Czech population reacts to foreign workers in the CR. Over 80% of economic immigrants at the end of 1996 were from European countries, 16% from Asia and under 2% from North America. The largest single nationalities were Ukrainians, Slovaks, Vietnamese and Poles. There has been a huge increase in the Ukrainian immigrant community over both space (by region) and time (a ten-fold increase since 1993), and at 40,000 persons this represents one third of all legal immigrants. Indications are that many more live and work there illegally. Young males with low educational/skills levels predominate, in contrast with the more heterogeneous immigration from the "West". The primary reason for this migration is the higher wages in the Czech Republic. In 1994 the relative figures of GDP adjusted for parity of purchasing power were US$ 8,095 for the Czech Republic versus US$ 3,330 for the Ukraine as a whole and US$ 1,600 for the Zakarpatye region from which 49% of the respondents in the survey came. On an individual level, the average Czech wage is about US$ 330 per month, while 50% of the Ukrainian respondents put their last monthly wage before leaving for the Czech Republic at under US$ 27. The very low level of unemployment in the latter country (fluctuating around 4%) was also mentioned as an important factor. Migration was seen as a way of diversifying the family's source of income and 49% of the respondents had made their plans together with partners or close relatives, while 45% regularly send remittances to Ukraine (94% do so through friends or relatives). Looking at Ukrainian migration from the point of view of the dual market theory, these migrants' type and conditions of work, work load and earnings were all significantly worse than in the primary sector, which employs well educated people and offers them good earnings, job security and benefits. 53% of respondents were working and/or staying in the Czech Republic illegally at the time of the research, 73% worked as unqualified, unskilled workers or auxiliary workers, 62% worked more than 12 hours a day, and 40% evaluated their working conditions as hard. 51% had no days off, earnings were low in relation to the number of hours worked. and 85% said that their earnings did not increase over time. Nearly half the workers were recruited in Ukraine and only 4% expressed a desire to stay in the Czech Republic. Network theories were also borne out to some extent as 33% of immigrants came together with friends from the same village, town or region in Ukraine. The number who have relatives working in the Czech Republic is rising, and many wish to invite relatives or children to visit them. The presence of organisations which organised cross-border migration, including some which resort to organising illegal documents, also gives some support for the institutional theory. Mr. Drbohlav found that all the migration theories considered offered some insights on the situation, but that none was sufficient to explain it all. He also points out parallels with many other regions of the world, including Central America, South and North America, Melanesia, Indonesia, East Africa, India, the Middle East and Russia. For the survey of foreign and international firms, those chosen were largely from countries represented by more than one company and were mainly active in market services such as financial and trade services, marketing and consulting. While 48% of the firms had more than 10,000 employees spread through many countries, more than two thirds had fewer than 50 employees in the Czech Republic. Czechs formed 80% plus of general staff in these firms although not more than 50% of senior management, and very few other "easterners" were employed. All companies absolutely denied employing people illegally. The average monthly wage of Czech staff was US$ 850, with that of top managers from the firm's "mother country" being US$ 6,350 and that of other western managers US$ 3,410. The foreign staff were generally highly mobile and were rarely accompanied by their families. Most saw their time in the Czech Republic as positive for their careers but very few had any intention of remaining there. Factors in the local situation which were evaluated positively included market opportunities, the economic and political environment, the quality of technical and managerial staff, and cheap labour and low production costs. In contrast, the level of appropriate business ethics and conduct, the attitude of local and regional authorities, environmental production conditions, the legal environment and financial markets and fiscal policy were rated very low. In the final section of his work Mr. Drbohlav looked at the opinions expressed by the local Czech population in a poll carried out at the beginning of 1997. This confirmed that international labour migration has become visible in this country, with 43% of respondents knowing at least one foreigner employed by a Czech firm in this country. Perception differ according to the region from which the workers come and those from "the West" are preferred to those coming from further east. 49% saw their attitude towards the former as friendly but only 20% felt thus towards the latter. Overall, attitudes towards migrant workers is neutral, although 38% said that such workers should not have the same rights as Czech citizens. Sympathy towards foreign workers tends to increase with education and the standard of living, and the relatively positive attitudes towards foreigners in the South Bohemia region contradicted the frequent belief that a lack of experience of international migration lowers positive perceptions of it.
Resumo:
To date, investigations of genetic diversity and the origins of domestication in sheep have utilised autosomal microsatellites and variation in the mitochondrial genome. We present the first analysis of both domestic and wild sheep using genetic markers residing on the ovine Y chromosome. Analysis of a single nucleotide polymorphism (oY1) in the SRY promoter region revealed that allele A-oY1 was present in all wild bighorn sheep (Ovis canadensis), two subspecies of thinhorn sheep (Ovis dalli), European Mouflon (Ovis musimon) and the Barbary (Ammontragis lervia). A-oY1 also had the highest frequency (71.4%) within 458 domestic sheep drawn from 65 breeds sampled from Africa, Asia, Australia, the Caribbean, Europe, the Middle East and Central Asia. Sequence analysis of a second locus, microsatellite SRYM18, revealed a compound repeat array displaying fixed differences, which identified bighorn and thinhorn sheep as distinct from the European Mouflon and domestic animals. Combined genotypic data identified 11 male-specific haplotypes that represented at least two separate lineages. Investigation of the geographical distribution of each haplotype revealed that one (H6) was both very common and widespread in the global sample of domestic breeds. The remaining haplotypes each displayed more restricted and informative distributions. For example, H5 was likely founded following the domestication of European breeds and was used to trace the recent transportation of animals to both the Caribbean and Australia. A high rate of Y chromosomal dispersal appears to have taken place during the development of domestic sheep as only 12.9% of the total observed variation was partitioned between major geographical regions.