703 resultados para Funeral Rites.


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Pós-graduação em História - FCHS

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Prendendo in esame diverse angolature d’analisi è indagata la situazione attuale della produzione tradizionale della ceramica salentina. La ricerca comprende la descrizione della situazione culturale attuale, l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati raccolti sul campo e la costruzione di un quadro generale multidimensionale della rappresentazione di un’area culturale. Il primo capitolo della tesi tratta il problema teorico dei linguaggi specialistici e delle peculiarità a essi legati. La dottoranda fornisce un quadro completo ed esaustivo della bibliografia sia italiana che anglosassone sull’argomento affrontato. Questo capitolo fa da introduzione al problema della comunicazione specialistica nell’ambito della quale si svolgono le interviste. Il secondo capitolo presenta la metodologia utilizzata durante la ricerca svolta sul campo. La metodologia della ricerca sul campo include i metodi etnografici di osservazione partecipante e linguistico antropologici di interviste non strutturate. Il terzo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione etnografica del processo produttivo. Questo capitolo ha un valore rilevante per l’intera ricerca poiché oltre ai termini italiani sono riportati tutti i termini tradizionali e descritti dettagliatamente i momenti della produzione. Va dimostrata una profonda conoscenza della lavorazione della ceramica nel Salento non solo nel suo stato attuale ma anche nel passato. Come parte conclusiva di questo capitolo è proposta una riflessione di carattere filosofico e antropologico sul ruolo dell’artigiano come Creatore, proponendo paragoni con la figura del Demiurgo platonico descritto nel “Timeo” e l’analisi del cambiamento dello statuto di oggetto da manufatto a oggetto industriale basandosi sul lavoro di Baudrillard. Il quarto capitolo è strutturato in modo diverso rispetto agli altri perché rappresenta la parte centrale della tesi e propone quattro diversi tipi di analisi linguistica possibile. La prima analisi riguarda l’ideologia linguistica e la sua espressione nel parlato inosservato. E’ fornita la prospettiva teorica sulla problematica di ideologia linguistica e dimostrata la conoscenza dei testi sia di natura sociologica (Althusser, Bourdieu, Gouldner, Hobsbawm, Thompson, Boas) che di natura linguistica (Schieffelin Bambi B., Woolard Kathryn A., Kroskrity Paul V., eds. 1998 Language ideologies : practice and theory. New York Oxford, Oxford University press). Golovko analizza i marcatori spazio-temporali utilizzati dagli artigiani per costruire le tassonomie del pronome “noi” e la contrapposizione “noi” – altri. Questa analisi consente di distinguere i diversi livelli d’inclusione ed esclusione del gruppo. Un altro livello di analisi include la valutazione degli usi del passato e del presente nel parlato per costruire le dimensioni temporali del discorso. L’analisi dei marcatori spazio-temporali consente di proporre una teoria sulla “distanza” tra i parlanti che influisce la scelta del codice oppure la sua modifica (passaggio dal dialetto all’italiano, la scelta della varietà a seconda dell’interlocutore). La parte dedicata all’ideologia si conclude con un’analisi profonda (sia quantitativa che qualitativa) dei verbi di moto che sono stati raggruppati in una categoria denominata dalla Golovko “verbi di fase” che rappresentano usi non standard dei verbi di moto per esprimere il passaggio da una fase all’altra. Il termine “fasale” prende spunto non dalla letteratura linguistica ma dal libro di Van Gennep “Les rites de passage” che discute dell’importanza dei riti di passaggio nella cultura africana e nella ricerca etnografica e folkloristica. È stato rilevato dalla dottoranda che i passaggi da una fase produttiva all’altra hanno un valore particolare anche nella produzione della ceramica e soprattutto negli usi particolari dei verbi di moto. Analizzati in profondità, questi usi particolari rispecchiano non solo fattori linguistici ma anche la visione e la percezione di queste fasi delicate in modo particolare dagli artigiani stessi. Sono stati descritti i procedimenti linguistici come personalizzazione e alienazione dell’oggetto. Inoltre la dottoranda ha dimostrato la conoscenza della letteratura antropologica non solo inerente la zona da lei studiata ma anche di altre come, ad esempio, dell’Africa Sub Sahariana. Nella parte successiva del quarto capitolo viene proposta un’altra chiave di lettura delle problematiche linguistiche: l’analisi del lessico utilizzato dagli artigiani per poter classificare i gruppi identitari presenti nella comunità studiata. E’ proposta l’analisi dei rapporti all’interno dei gruppi professionali che sono generalmente classificati come solidarietà e distinzione. La terminologia ha origine sociologica, infatti viene proposto un quadro teorico degli studi sulla solidarietà (Durkheim, Appandurai, Harré, Zoll) e l’adattamento del termine in questo senso coniato da Bourdieu “la distiction”. L’identità linguistica è affrontata sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista sociologico. Per svolgere l’analisi sulle identità assunte dagli artigiani e poter ricondurre la scelta volontaria e a volte non conscia di uno stile (consistente di un insieme di termini) inteso come espressione d’identità assunta dagli artigiani, la dottoranda riflette sul termine “stile” nella sua accezione sociolinguistica, com’è usuale negli studi anglosasoni di ultima generazione (Coupland, Eckert, Irvine e altri). La dottoranda fornisce una classificazione delle identità e ne spiega la motivazione basandosi sui dati empirici raccolti. La terza parte del quarto capitolo è dedicata all’analisi del linguaggio specialistico degli artigiani e alla descrizione dei tratti solitamente assegnati a questo tipo di linguaggio (monoreferenziaità, trasparenza, sinteticità e altri). La dottoranda svolge un’analisi di carattere semantico dei sinonimi presenti nel linguaggio degli artigiani, analizza il rapporto con la lingua comune, riporta l’uso delle metafore e casi di produttività linguistica. L’ultima parte del quarto capitolo consiste nell’analisi dei tratti non standard nel linguaggio degli artigiani classificati considerando il livello di variazione (lessico, morfologia e morfosintassi e sintassi) e spiegati con gli esempi tratti dalle interviste. L’autrice riflette sui cambiamenti avvenuti nella lingua parlata italiana e nella sua varietà regionale basandosi sui lavori “classici” della linguistica italiana (Berruto, Sobrero, Stehl, Bruni, D’Achille, Berretta, Tempesta e altri) studiandone attentamente i processi evidenziati nella sua descrizione. Lo scopo e l’apice della tesi consiste nell’analisi del repertorio linguistico degli artigiani e la discussione delle dinamiche in corso (livellamento del dialetto, convergenza e divergenza del dialetto, italianizzazione e regionalizzazione dell’italiano). La dottoranda propone un suo schema di rapporti tra italiano e dialetto motivando pienamente la sua teoria. A corollario la tesi è composta anche da un glossario dei termini tecnici e un album fotografico che aumentano l’interesse del lavoro dandogli un valore culturale.

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Per comprendere le vicende di una famiglia illustre e nobile il cui ruolo politico e sociale in Sicilia si data alle soglie del XIV secolo, non possiamo astenerci dal ricordare i fatti e gli eventi che hanno dominato la storia siciliana e determinato l’ascesa di Castelvetrano come centro signorile per eccellenza. E’ necessario, quindi, collocare geograficamente e storicamente l’isola per inserirla all’interno di un preciso quadro socio-politico. All’origine della sua storia sono sicuramente da individuare sia il legame intercorso nei secoli tra l’Asia e l’Europa, in particolare tra l’Asia Minore bizantina e l’area mediterranea unificata proprio dall’impero di Bisanzio, sia le lotte per l’egemonia tra Chiesa e Impero, (che abbastanza presto sarà impero d’Occidente) lotte che vedono entrambe le parti impegnate a contendersi il ruolo di guida politica, morale e spirituale dell’intera cristianità medievale, ritenendo ogni altro potere subordinato al proprio.

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Le Bətí-faŋ est une langue parlée dans la sous-région Afrique centrale, notamment au Cameroun, en Guinée Équatorial, au Gabon et à Sao Tomé et Principe. Le Bətí-faŋ est un peuple fier, avec un passé culturel à la fois important et mystérieux. Certains de ses aspects culturels aujourd'hui sont perdus, dû, en grande partie, à l'action de la religion occidentale et de la colonisation. De nombreuses pratiques alors usitées se voient interdites, à cause des idées préconçues et des interprétations subjectives qui sont accordées à ses pratiques. De même, la valeur et la place que l'Homme Bətí accorde à la femme dans la société s’en trouve pervertie, ceci pour servir les desseins de l’oppresseur. Cet aspect en particulier de la société traditionnelle Bətí-faŋ a souvent porté à polémique. Ces préjugés et interprétations, sont pour la plupart, fréquemment avancées sans que la philosophie de cette société, le contexte, l'époque, et le symbolisme des dits effets ou individus ne soient pris en compte. Cet article va s’arrêter sur la femme Bətí en particulier. Nous essaierons de faire ressortir le symbolisme qui entoure celle-ci. Nous insisterons sur la valeur, ainsi que sur la place et l'importance accordées à celle-ci dans la société traditionnelle des seigneurs de la forêt. Pour se faire, nous porterons notre attention sur les formes de mariages qui ont marquées cette époque. Nous nous étendrons aussi sur l’importance accordée au nombre, ainsi que son impact sur la vie culturelle de l'« Atí ». Nous brosserons enfin, un petit aperçu des rites spécifiques aux femmes qui dénotent de leur impact sur le quotidien des seigneurs de la forêt.

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When Huxley proposed, Blythe imagined herself fifty years into the future at his funeral. He was such a good man, they’d say. Seventy-two is too young, they’d say. She’d nod and, she had imagined, remember this moment – them lounging in her bed during the early afternoon with the sunlight threatening to burst from behind the drawn shades, him lying on his side with his left arm anchored around her waist, and the tickle of his thumb as he traced circles on her bellybutton. She rubbed her nose against his neck and breathed. His scent was different from that of Walter. Huxley smelled of pears and basil. Walter smelled of leather and soap. She didn’t smell Walter intentionally, of course. He walked into the White Dog the prior day while she was drinking a mint-mocha cappuccino and studying for an exam on medical physiology. The wind whiffed his odor towards her. She didn’t look at him, but she couldn’t stop from inhaling. “People get married after college,” Huxley swung his right leg over and straddled her, forcing her to look at him. “It’s almost been a year since we graduated. It’s what we should do.” She had wondered if he could donate organs if he were seventy-two years old. Not his liver or heart or anything like that, of course, but maybe his eyes. It’d be a shame if they couldn’t preserve his eyes. She noticed them first: they were alert and misty blue, like Santa’s. But then she wondered if eye characteristics like color were even changed during cornea transplants. Walter had plain brown eyes. She hated brown eyes. She told people that she had brown eyes, because they were dark and no one ever looked close enough. Except Huxley. They were at dinner with mutual friends and were talking about eye color, and how they all wished that theirs were like those of the young Afghan girl on the 1985 cover of National Geographic.

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Dmitry Korobov. Social Stratification of the Alans of the North Caucasus (4th-9th Centuries A.D.) There were two stages to this project: studies of the differences between local groups of catacomb cemeteries in the North Caucasus, and an analysis of social ranks among the Alans on the basis of the large cemeteries. The first stage involved a cluster analysis of 100 cemeteries on the basis of the variables of longitude and latitude, which made it possible to identify 11 local groups of cemeteries. This was followed by a study of the difference between burial rites charcterising flat graves and barrow burials and between catacombs of different periods within these two main groups. Korobov then looked at the difference between the catacombs of various local groups. The second step was an investigation of the social structure of the Alanic tribes. Here Korobov first selected gender-specific grave goods of adult burials on the basis of large cemeteries, and compared single male and female burials on the basis of the associated grave goods. He then used a cluster analysis to draw up a subdivision of male and female burials according to their grave goods, and interpreted the results obtained with the help of ethnographic and written sources.

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Nicholas Petrov. The Monumental Barrows of the Period 700-11 AD in the Russian North-West The research deals with the monumental barrows erected in the Russian north-west in the period of 700-1100 AD, which Russian archaeological literature has traditionally named sopka-barrows. These sopka-barrows were analysed as original sacral and funeral structures and considered in the context of cultural processes under way in that region at the time. The position occupied by the sopka-barrows in the culture of the people who erected them was reconstructed on the basis of a synthesis of various kinds of sources - archaeological, written, folklore. The high barrows are not in fact a determining type of the sites of the so-called "culture of the sopka-barrows" in modern literature, which focuses rather on settlements near to which sopka-barrows are absent. Recent excavations have revealed the presence of "surface" burial places (cremation located on the top of the barrow repeatedly rather than only once) in the majority of the sopka-barrows. The materials only provide evidence about the sacrificial nature of the graves in the "body" of the sopka-barrows. They thus offer an embodiment of one element of the widespread views about the dead man's path to the world of the dead (mountain) which is traced in folklore texts. Special attention was paid to the question of the disappearance of the tradition of erecting sopka-barrows and to the nature of their role in the culture of the region during the period 1000-1200 AD. The functioning of the sopka-barrows as funeral monuments in the second millennium AD is also traced on the inlet inhumatios found in them.

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The paper will focus on basic ways of communication between the actors in the house and home and their direct social environments (esp. neighbourhood) during the early modern period. Such ways of communication were established in and through work relations, sociability, social control and certain liminal rites. So far underestimated, the neighbourhood was both helpful and inevitable to keep house and household running. A typical aspect of the practice of communication was the importance of repetitive performative events in everyday life. In order to establish and maintain social relations, the honour of the ‘house’ as such and fundamental roles like housefather and housemother had to be performed under the eyes of neighbours and other actors. Thus, empirical evidence reveals the house and home as a specific kind of stage. In contrast to the outdated concept of ‘das ganze Haus’ (the whole house) by Otto Brunner and also a reduced socioeconomic understanding of household, the openness of the house proves to be a highly relevant feature of early modern society. This openness refers to accessibility, visibility and control. The paper will explain the proposed concept and analyse concrete examples from work and wedding.

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Jonathan Z. Smith est l’un des plus remarquables historiens des religions de l’ère contemporaine. En pratiquant un comparatisme inattendu entre des religions très différentes dans le temps et l’espace, cet Américain original a suscité de nouvelles manières de comprendre les mythes et les rites. A ses yeux, la religion sert à décrire des relations que des hommes entretiennent avec des acteurs surhumains dont la culture postule l’existence. En ce sens, il n’existe pas de religion pure et originelle, mais des sociétés qui reprennent à leurs comptes des représentations de mythes qui elles-mêmes en relisent de plus anciennes. Avec cet ouvrage qui reprend six articles majeurs écrits entre 1974 et 2004, le public français a enfin accès direct à Jonathan Z. Smith sur des points décisifs de sa pensée. Un entretien biographique passionnant les ponctue, dans lequel l’auteur évoque notamment le passé et l’avenir de sa discipline.

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The Śaiva Siddhānta Church (ŚSC), based in Kauai HI, USA, has been holding rites of conversion to Hinduism since the 1960s. These rites include studying one’s “former” religion, officially declaring severance from it in the presence of a minister or mentor, choosing and officially adopting a new Hindu name as well as aligning with “the Hindu community”. Starting from here, this paper will address the question of community with respect to (1) the meanings of the term, (2) the idea of Hinduism as “a global religion” upheld by numerous “communities” worldwide and (3) the relevance of “community” in the conversion process. For doing so, I will draw on source material published by the Himalayan Academy, a branch of the ŚSC, in the global magazine Hinduism Today, in book publications and on their various websites.

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En 1935, motivada por la trágica muerte de su amigo torero, Federico García Lorca escribe una de las más bellas composiciones poéticas de la lengua española: el Llanto por Ignacio Sánchez Mejías. Los críticos están de acuerdo en considerarla su obra cumbre: en ella se aúnan y amalgaman los supuestos de su poética con lo más granado de la tradición peninsular, tanto en lo que se refiere la forma como al tema. El género del poema, la elegía funeral, planto o llanto ha sido discutido por los estudiosos de su obra porque a los rasgos propios de la elegía, Lorca sumó los caracteres de la épica y el drama y con ello, sostienen, se alejaría del género clásico. No obstante, creo que el contenido y la estructuración de la obra tiene un estrecho parentesco con el género grecolatino y, sobre todo, con sus variantes hispánicas. El propósito de este trabajo es demostrar el parentesco del Llanto por la muerte de Ignacio Sánchez Mejias con la elegía clásica, a través del estudio de la formación y las características generales de este género.

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¿Quién prohíbe a un hombre perseguir su sombrero, llevado por el viento durante un funeral? Todos. Es decir nadie. Nadie explícitamente. Pero indudablemente hay reglas que lo prescriben, las que son ejercidas mediante una conciencia práctica: un saber tácito, compartido, que orienta a los actores, sobre cómo comportarse en la vida diaria. La antropología brinda herramientas cognitivas y metodológicas para explicar ese mecanismo, muchas veces naturalizado, que presenta soluciones prefabricadas para los problemas de la interacción.

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El propósito de este trabajo es sondear las coincidencias y, por tanto, la cooperación que es posible encontrar entre textos de diversas procedencias y dataciones, acerca de los aspectos más representativos de la figura y de la función real. En primer lugar, se describe el proceso por el cual la inauguración del poder real es rodeado progresivamente de ritos litúrgicos. Luego, se señalan los elementos más significativos que contribuyeron a la construcción del ritual de la unción real. Finalmente, se analiza la oración de consagración real del Sacramentario de Ratoldus (s. X), rastreándose en ella los elementos que permiten reconstruir algunos aspectos centrales de la teoría política que alimentó a la sociedad altomedieval. Si tenemos en cuenta de que, en ese periodo histórico, no se produjeron tratados específicos sobre el tema, el recurso a los textos litúrgicos posibilita el acceso a una fuente de documentación válida y de particular interés para los estudios del pensamiento medieval.

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El presente trabajo busca analizar las diferentes instancias del funeral de Estado de Carlos Washington Lencinas, quien actuó en el escenario político mendocino durante la primera mitad del siglo XX. Lencinas integraba las filas de la Unión Cívica Radical, que estaba en tensión con el gobierno nacional de igual tinte político. El 10 de noviembre de 1929 Lencinas fue asesinado, provocando una profunda conmoción en la población local; no obstante, su muerte junto con las instancias del funeral colaboraron con la construcción de la imagen del caudillo popular. Esta labor se basa en artículos y fotografías de la prensa local de la época y en testimonios de la arquitectura funeraria.