542 resultados para Contractions
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Fast skeletal muscles of mdx (X chromosome-linked muscular dystrophy) mice were injected after birth with a recombinant adenovirus containing a minidys- trophin gene, a 6.3-kbp cDNA coding for the N- and C-terminal ends of dystrophin. Adult muscles were challenged by forced lengthening during tetanic contractions. Stretch-induced mechanical and histological damages were much reduced in injected muscles, in direct proportion of the Miniber of fibers expressing minidystrophin. Damaged fibers were preferentially found among minidystrophin-negative regions. Minidystrostrophin confers an important functional and structural protection of limb muscles against high mechanical stress, even after a partial somatic gene transfer.
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The purpose of this study was to identify guanine nucleotide-binding proteins (G proteins) involved in the agonist- and guanosine 5'-[gamma-thio]triphosphate (GTP[gamma-S])-induced increase in the Ca2+ sensitivity of 20-kDa myosin light chain (MLC20) phosphorylation and contraction in smooth muscle. A constitutively active, recombinant val14p21rhoA.GTP expressed in the baculovirus/Sf9 system, but not the protein expressed without posttranslational modification in Escherichia coli, induced at constant Ca2+ (pCa 6.4) a slow contraction associated with increased MLC20 phosphorylation from 19.8% to 29.5% (P < 0.05) in smooth muscle permeabilized with beta-esein. The effect of val14p21rhoA.GTP was inhibited by ADP-ribosylation of the protein and was absent in smooth muscle extensively permeabilized with Triton X-100. ADP-ribosylation of endogenous p21rho with epidermal cell differentiation inhibitor (EDIN) inhibited Ca2+ sensitization induced by GTP [in rabbit mesenteric artery (RMA) and rabbit ileum smooth muscles], by carbachol (in rabbit ileum), and by endothelin (in RMA), but not by phenylephrine (in RMA), and only slowed the rate without reducing the amplitude of contractions induced in RMA by 1 microM GTP[gamma-S] at constant Ca2+ concentrations. AlF(4-)-induced Ca2+ sensitization was inhibited by both guanosine 5'-[beta-thio]diphosphate (GDP[beta-S]) and by EDIN. EDIN also inhibited, to a lesser extent, contractions induced by Ca2+ alone (pCa 6.4) in both RMA and rabbit ileum. ADP-ribosylation of trimeric G proteins with pertussis toxin did not inhibit Ca2+ sensitization. We conclude that p21rho may play a role in physiological Ca2+ sensitization as a cofactor with other messengers, rather than as a sole direct inhibitor of smooth muscle MLC20 phosphatase.
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Microtubules have been proposed to function as rigid struts which oppose cellular contraction. Consistent with this hypothesis, microtubule disruption strengthens the contractile force exerted by many cell types. We have investigated alternative explanation for the mechanical effects of microtubule disruption: that microtubules modulate the mechanochemical activity of myosin by influencing phosphorylation of the myosin regulatory light chain (LC20). We measured the force produced by a population of fibroblasts within a collagen lattice attached to an isometric force transducer. Treatment of cells with nocodazole, an inhibitor of microtubule polymerization, stimulated an isometric contraction that reached its peak level within 30 min and was typically 30-45% of the force increase following maximal stimulation with 30% fetal bovine serum. The contraction following nocodazole treatment was associated with a 2- to 4-fold increase in LC20 phosphorylation. The increases in both force and LC20 phosphorylation, after addition of nocodazole, could be blocked or reversed by stabilizing the microtubules with paclitaxel (former generic name, taxol). Increasing force and LC20 phosphorylation by pretreatment with fetal bovine serum decreased the subsequent additional contraction upon microtubule disruption, a finding that appears inconsistent with a load-shifting mechanism. Our results suggest that phosphorylation of LC20 is a common mechanism for the contractions stimulated both by microtubule poisons and receptor-mediated agonists. The modulation of myosin activity by alterations in microtubule assembly may coordinate the physiological functions of these cytoskeletal components.
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We describe a nonpeptide mimetic analog of an invertebrate peptide receptor. Benzethonium chloride (Bztc) is an agonist of the SchistoFLRFamide (PDVDHVFLRFamide) receptors found on locust oviducts. Bztc competitively displaces [125I-labeled Y1]SchistoFLRFamide binding to both high- and low-affinity receptors of membrane preparations. Bztc mimics the physiological effects of SchistoFLRFamide on locust oviduct, by inhibiting myogenic and induced contractions in a dose-dependent manner. Bztc is therefore recognized by the binding and activation regions of the SchistoFLRFamide receptors. This discovery provides a unique opportunity within insects to finally target a peptide receptor for the development of future pest management strategies.
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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
Resumo:
Building on the concept of Granger causality in risk in Hong et al. (2009), and focusing on an international sample of large-capitalization banks, we test for predictability in comovements in the left tails of returns of individual banks and the global system. The main results show that large individual shocks (defined as balance-sheet contractions exceeding the 1% VaR level) are a strong predictor of subsequent shocks in the global system. This evidence is particularly strong for US banks with large desks of proprietary trading. Similarly, we document strong evidence of financial vulnerabilities (exposures) to systemic shocks in US subprime creditors.
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Les prostaglandines modulent d’importants rôles physiologiques. Elles sont aussi impliquées dans le développement d’une variété de conditions pathologiques telles l’inflammation, la douleur et le cancer. La prostaglandine PGF2α et son récepteur (récepteur FP) se trouvent impliqué dans la modulation de nombreuses pathologies tels lors de l’accouchement préterme et le cancer colorectal. Récemment, nous avons fait partie d’un groupe de recherche ayant développé des modulateurs allostériques du récepteur FP. Dans une première étude, l’action du PGF2α sur le déclenchement des contractions myométriales a été évaluée, car peu d’information est connue sur la signalisation de cette prostaglandine lors de l’accouchement. Ainsi, nous avons utilisé un peptidomimétique de la deuxième boucle extracellulaire, dénommée PDC113.824. Nos résultats ont démontré que le PDC113.824 permettait de retarder la mise bas chez des souris gestantes, mais agissait de manière différente sur les multiples voies de signalisation de la PGF2α. Ainsi, le PDC113.824 inhibait la voie RhoA-ROCK, dépendante de l’activation de la protéine Gα12 par le. Les protéines RhoA-ROCK sont des acteurs clés dans le remodelage du cytosquelette d’actine et des contractions myométriales lors de l’accouchement. De plus, le PDC113.824 en présence de PGF2α agit comme un modulateur positif sur la voie dépendante de l’activation de la protéine Gαq. Le PDC113.824 serait donc un modulateur allostérique non compétitif possédant des actions à la fois de modulateurs positifs et négatifs sur la signalisation du récepteur FP Dans une seconde étude, des analogues du PDC113.824 ont été conçus et analysés dans un second modèle pathologique, le cancer colorectal. Ce cancer possède de hauts niveaux de récepteur FP. Nous avons donc étudié le rôle du récepteur FP dans le développement et la progression du cancer colorectal et l’effet de modulateurs allostériques. Il est généralement accepté que dans le cancer colorectal, la prostaglandine PGE2 permet la croissance et l’invasion tumorale, ainsi que l’angiogenèse. Toutefois, peu d’informations sont connues sur le rôle du PGF2α dans le cancer colorectal. C’est dans ce contexte que nous avons décidé d’examiner la contribution de ce récepteur dans la progression du cancer colorectal et cherché à déterminer si la modulation des fonctions du récepteur FP a un impact sur la croissance de tumeurs colorectales. Nos recherches ont révélé que l’activation du récepteur FP permet la migration et la prolifération de plusieurs lignées cellulaires humaines et murines d’adénocarcinomes colorectaux. Dans ce contexte, nos expériences ont démontré que la migration des cellules cancéreuses était dépendante de l’activation de la voie Rho. Nos résultats démontrent qu’en effet, l’activation de RhoA, une petite GTPase clé de la voie Gα12, est inhibée de façon sélective par nos composés. De plus, nos molécules allostériques sont également efficaces pour inhiber la voie de signalisation de la ß-caténine, une protéine impliquée dans la genèse du cancer colorectal. In vivo, le traitement de souris avec un des ces modulateurs a permis une inhibition effective de la croissance tumorale. Dans l’ensemble, nos résultats suggèrent donc que les modulateurs allostériques des récepteurs FP pourraient constituer une nouvelle classe de médicaments utilisés pour le traitement du cancer colorectal.
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The relative roles of high- versus low-latitude forcing of millennial-scale climate variability are still not well understood. Here we present terrestrial–marine climate profiles from the southwestern Iberian margin, a region particularly affected by precession, that show millennial climate oscillations related to a nonlinear response to the Earth's precession cycle during Marine Isotope Stage (MIS) 19. MIS 19 has been considered the best analogue to our present interglacial from an astronomical point of view due to the reduced eccentricity centred at 785 ka. In our records, seven millennial-scale forest contractions punctuated MIS 19 superimposed to two orbitally-driven Mediterranean forest expansions. In contrast to our present interglacial, we evidence for the first time low latitude-driven 5000-yr cycles of drying and cooling in the western Mediterranean region, along with warmth in the subtropical gyre related to the fourth harmonic of precession. These cycles indicate repeated intensification of North Atlantic meridional moisture transport that along with decrease in boreal summer insolation triggered ice growth and may have contributed to the glacial inception, at ∼774 ka. The freshwater fluxes during MIS 19ab amplified the cooling events in the North Atlantic promoting further cooling and leading to MIS 18 glaciation. The discrepancy between the dominant cyclicity observed during MIS 1, 2500-yr, and that of MIS 19, 5000-yr, challenges the similar duration of the Holocene and MIS 19c interglacials under natural boundary conditions.
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AIMS In patients presenting with spontaneous sustained ventricular tachycardia (VT) from the outflow-tract region without overt structural heart disease ablation may target premature ventricular contractions (PVCs) when VT is not inducible. We aimed to determine whether inducibility of VT affects ablation outcome. METHODS AND RESULTS Data from 54 patients (31 men; age, 52 ± 13 years) without overt structural heart disease who underwent catheter ablation for symptomatic sustained VT originating from the right- or left-ventricular outflow region, including the great vessels. A single morphology of sustained VT was inducible in 18 (33%, SM group) patients, and 11 (20%) had multiple VT morphologies (MM group). VT was not inducible in 25 (46%) patients (VTni group). After ablation, VT was inducible in none of the SM group and in two (17%) patients in the MM group. In the VTni group, ablation targeted PVCs and 12 (48%) patients had some remaining PVCs after ablation. During follow-up (21 ± 19 months), VT recurred in 46% of VTni group, 40% of MM inducible group, and 6% of the SM inducible group (P = 0.004). Analysis of PVC morphology in the VTi group further supported the limitations of targeting PVCs in this population. CONCLUSION Absence of inducible VT and multiple VT morphologies are not uncommon in patients with documented sustained outflow-tract VT without overt structural heart disease. Inducible VT is associated with better outcomes, suggesting that attempts to induce VT to guide ablation are important in this population.
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Energy harvesting devices are widely discussed as an alternative power source for todays active implantable medical devices. Repeated battery replacement procedures can be avoided by extending the implants life span, which is the goal of energy harvesting concepts. This reduces the risk of complications for the patient and may even reduce device size. The continuous and powerful contractions of a human heart ideally qualify as a battery substitute. In particular, devices in close proximity to the heart such as pacemakers, defibrillators or bio signal (ECG) recorders would benefit from this alternative energy source. The clockwork of an automatic wristwatch was used to transform the hearts kinetic energy into electrical energy. In order to qualify as a continuous energy supply for the consuming device, the mechanism needs to demonstrate its harvesting capability under various conditions. Several in-vivo recorded heart motions were used as input of a mathematical model to optimize the clockworks original conversion efficiency with respect to myocardial contractions. The resulting design was implemented and tested during in-vitro and in-vivo experiments, which demonstrated the superior sensitivity of the new design for all tested heart motions.
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The deep-sea cores M 16415-2 and M 16416-2 at about 9°N off Sierra Leone were analysed palynologically for the time interval 140,000-70,000 yr B.P. Results were presented in absolute (pollen concentration and pollen influx) and relative diagrams (pollen percentage). In a previous study it was evidenced that in northwest Africa pollen is mainly transported to the Atlantic by wind, so that the efficiency of aeolian pollen transport (pollen flux) could be used to evaluate changes in the intensity of the northeast trade winds. The glacial episodes (represented by the oxygen isotope stages 6 and 4) are characterized by strong northeast trade winds, whereas the last interglacial (stage 5) is characterized by weak trade winds. The pollen influx diagram shows that the intensity of the trade winds increased slightly during the relatively cool intervals of stage 5 (viz. 5.4 and 5.2). Tropical forest had maximally expanded around 124,000 yr B.P. (stage 5.5), around 98,000 yr B.P. (transition of stage 5.3 to 5.2), and around 70,000 yr B.P. (first part of stage 4): an increasing delay of the response of tropical forest to global intervals with maximum temperature is apparent during the last interglacial. As tropical forests need continuous humidity, the record of tropical forest monitors changes in climatic humidity south of the Sahara. During the last interglacial, the southern boundary of the Sahara shifted only little: expansions and contractions of the tropical forest area are correlated with contra-oscillations of the grass-dominated savanna zone. Great latitudinal shifts of the desert savanna boundary, on the contrary, occurred during the penultimate glacial interglacial transition (around 128,000 yr B.P.) to the north, and during the last interglacial-glacial transition (around 65,000 yr B.P.) to the south.
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Members of the calcareous nannofossil genus Discoaster have been used extensively to subdivide Tertiary deep-sea sediments into biostratigraphic zones or subzones (e.g., Martini, 1971; Bukry, 1973). Haq and Lohmann (1976) mapped biogeographic migrations of this group through time and over latitude. They suggested that expansions and contractions of Discoaster-dominated assemblages across latitudes reflect sea-surface temperature changes. Subsequently, late Pliocene Discoaster species were counted at closely spaced sample intervals from various Atlantic sites (Backman et al., 1986; Backman and Pestiaux, 1987; Chepstow-Lusty et al., 1989, 1991), and Indian Ocean as well as Pacific Ocean sites (Chepstow-Lusty, 1990). In addition to the biostratigraphic information revealing positions and the precision by which the different late Pliocene Discoaster species can be determined, these studies also demonstrated that discoasters strongly fluctuate in abundance as a function of time. These abundance variations occur in equatorial as well as temperate temperature regimes, and show periodicities that reflect orbital frequencies. Chepstow-Lusty et al. (1989, 1991) also suggested that the oscillating abundances partly represent productivity pressure, because discoasters tend to show low abundances under high productivity conditions and vice versa. In the Pacific Ocean, counts showing late Pliocene Discoaster abundances exist from three sites, namely Ocean Drilling Program (ODP) Site 677 in the eastern equatorial upwelling region, Core V28-179 from the central equatorial region, and Core V32-127 from the mid-latitude Hess Rise. The two Vema cores are condensed and show sedimentation rates below 0.5 cm/1000 yr, thus offering a poorly resolved stratigraphy. Hole 806C from the Ontong Java Plateau provided an opportunity to establish a highly resolved Discoaster record from the western extreme of the equatorial Pacific under an environmental setting that differed from ODP Site 677 by being less influenced by intense upwelling. The Discoaster counting technique is described by Backman and Shackleton (1983).
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Thesis (Ph.D.)--University of Washington, 2016-06
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1 On rat isolated pulmonary arteries, vasorelaxation by S-nitrosocaptopril (SNOcap) was compared with S-nitrosoglutathione (GSNO) and nitroprusside, and inhibition by SNOcap of contractions to angiotensin I was compared with the angiotensin converting enzyme (ACE) inhibitor, captopril. 2 SNOcap was equipotent as a vasorelaxant on main (i.d. 2-3 mm) and intralobar (i.d. 600 mum)pulmonary arteries (pIC(50) values: 5.00 and 4.85, respectively). Vasorelaxant responses reached equilibrium rapidly (2-3 min). 3 Pulmonary vasorelaxant responses to SNOcap, like GSNO, were (i) partially inhibited by the soluble guanylate cyclase inhibitor, ODQ (1H-(1,2,4) oxadiazolo(4,3-a)-quinoxalin-1-one; 3 muM) whereas responses to nitroprusside were abolished and (ii) potentiated by hydroxocobalamin (HCOB; NO. free radical scavenger; 100 muM) whereas responses to nitroprusside were inhibited. 4 The relative potencies for pulmonary vasorelaxation compared with inhibition of platelet aggregation were: SNOcap 7: 1; GSNO 25: 1; nitroprusside > 2000:1. 5 SNOcap, like captopril, concentration-dependently and time-dependently increased the EC50 for angiotensin I but not angiotensin II. The dependence on incubation time was independent of the presence of tissue but differed for SNOcap and captopril. This difference reflected the slow dissociation of SNOcap and instability of captopril, and precluded a valid comparison of the potency of the two drugs. After prolonged incubation (greater than or equal to 5.6 h) SNOcap was more effective than captopril. 6 Thus, in pulmonary arteries SNOcap (i) possesses NO donor properties characteristic of S-nitrosothiols but different from nitroprusside and (ii) inhibits ACE at least as effectively as captopril. These properties suggest that SNOcap could be valuable in the treatment of pulmonary hypertension.
Resumo:
Purpose: This study compared the neuromuscular efficiency (NME) of the sternocleidomastoid (SCM) and anterior scalene (AS) muscles between 20 chronic neck pain patients and 20 asymptomatic controls. Method: Myoelectric signals were recorded from the sternal head of SCM and the AS muscles as subjects performed sub-maximal isometric cervical flexion contractions at 25 and 50% of the maximum voluntary contraction (MVC). The NME was calculated as the ratio between MVC and the corresponding average rectified value of the EMG signal. Ultrasonography was used to measure subcutaneous tissue thickness over the SCM and AS to ensure that differences did not exist between groups. Results: For both the SCM and AS muscles, NME was shown to be significantly reduced in patients with neck pain at 25% MVC (p < 0.05). Subcutaneous tissue thickness over the SCM and AS muscles was not different between groups. Conclusions: Reduced NME in the superficial cervical flexor muscles in patients with neck pain may be a measurable altered muscle strategy for dysfunction in other muscles. This aberrant pattern of muscle activation appears to be most evident under conditions of low load. NME, when measured at 25% MVC, may be a useful objective measure for future investigation of muscle dysfunction in patients with neck pain.