734 resultados para CRASSOSTREA GIGAS
Resumo:
Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
Resumo:
This study documents one of the slowest feeding behaviors ever recorded for a muricid gastropod in one of the most biotically rigorous regions on the planet. In Pacific Panama, Vitularia salebrosa attacks mollusks by drilling through their shells. The duration of attacks estimated by isotope sclerochronology of oyster shells collected during attacks in progress range from 90 to 230 days, while experimental observation of interactions documented one attack greater than 103 days. The prolonged nature of attacks suggests that V. salebrosa is best characterized as an ectoparasite than as a predator, which is the ancestral condition in the Muricidae. An ectoparasitic lifestyle is also evident in the unusual interaction traces of this species, which include foot scars, feeding tunnels and feeding tubes, specialized soft anatomy, and in the formation of male-female Pairs, which is consistent with protandrous hermaphroditism, as is typical in sedentary gastropods. To delay death of its host, V. salebrosa targets renewable resources when feeding, such as blood and digestive glands. A congener, Vitularia miliaris from the Indo-Pacific, has an identical feeding biology The origin and persistence of extremely slow feeding in the tropics challenges our present understanding of selective pressures influencing the evolution of muricid feeding behaviors and morphological adaptations. Previously, it has been suggested that faster feeding is advantageous because it permits predators to spend a greater proportion of time hiding in enemy-free refugia or to take additional prey, the energetic benefits of which could be translated into increased fecundity or defenses. The benefits of exceptionally slow feeding have received little consideration. In the microhabitat preferred by V. salebrosa (beneath boulders), it is possible that prolonged interactions with hosts decrease vulnerability to enemies by reducing the frequency of risky foraging events between feedings . Ectoparasitic feeding through tunnels by V. salebrosa may also reduce competitive interactions with kleptoparasites (e.g., crabs, snails) that steal food through the gaped valves of dead or dying hosts.
Resumo:
Da 25 anni la letteratura scientifica internazionale riporta studi su varie specie di microcrostacei copepodi ciclopoidi dei generi Macrocyclops, Megacyclops e Mesocyclops predatori di larve di 1a e 2a età di culicidi. Si tratta di prove di predazione in laboratorio e in pieno campo, in diverse aree del pianeta nessuna delle quali riguarda l’Italia o il resto d’Europa, contro principalmente Aedes aegypti (L.), Ae. albopictus (Skuse) e altre specie del genere Anopheles e Culex. L’allevamento massale di copepodi ciclopoidi appare praticabile e questo, assieme alle buone prestazioni predatorie, rende tali ausiliari candidati assai interessanti contro le due principali specie di zanzare, Culex pipiens L. e Ae. albpopictus, che nelle aree urbane e periurbane italiane riescono a sfruttare raccolte d’acqua artificiali di volume variabile e a regime idrico periodico o permanente. Pertanto lo scopo dello studio è stato quello di arrivare a selezionare una o più specie di copepodi candidati per la lotta biologica e valutarne la possibilità applicativa nell’ambito dei programmi di controllo delle zanzare nocive dell’ambiente urbano. L’argomento del tutto nuovo per il nostro paese, è stato sviluppato attraverso varie fasi ciascuna delle quali propedeutica a quella successiva. •Indagine faunistica nell’area di pianura e costiera sulle specie di ciclopoidi associate a varie tipologie di raccolte d’acqua naturali e artificiali (fossi, scoline, canali, risaie e pozze temporanee). I campionamenti sono stati condotti con l’obiettivo di ottenere le specie di maggiori dimensioni (≥1 mm) in ristagni con diverse caratteristiche in termini di qualità dell’acqua e complessità biocenotica. •Prove preliminari di predazione in laboratorio con alcune specie rinvenute negli ambienti campionati, nei confronti delle larve di Ae. albopictus e Cx. pipiens. Le prestazioni di predazione sono state testate sottoponendo ai copepodi larve giovani di zanzare provenienti da allevamento e calcolato il numero giornaliero di larve attaccate. •Implementazione di un allevamento pilota della specie valutata più interessante, Macrocyclops albidus (Jurine) (Cyclopoida, Cyclopidae, Eucyclopinae), per i risultati ottenuti in laboratorio in termini di numero di larve predate/giorno e per le caratteristiche biologiche confacenti agli ambienti potenzialmente adatti ai lanci. Questa parte della ricerca è stata guidata dalla finalità di mettere a punto una tecnica di allevamento in scala in modo da disporre di stock di copepodi dalla primavera, nonchè da criteri di economicità nell’impianto e nella sua gestione. •Prove di efficacia in condizioni di semicampo e di campo in raccolte d’acqua normalmente colonizzate dai culicidi in ambito urbano: bidoni per lo stoccaggio di acqua per l’irrigazione degli orti e tombini stradali. In questo caso l’obiettivo principale è stato quello di ottenere dati sull’efficienza del controllo di M. albidus nei confronti della popolazione culicidica selvatica e sulla capacità del copepode di colonizzare stabilmente tali tipologie di focolai larvali. Risultati e conclusioni Indagine faunistica e prove di predazione in laboratorio L’indagine faunistica condotta nell’area costiera ferrarese, in quella ravennate e della pianura bolognese ha portato al rinvenimento di varie specie di ciclopoidi mantenuti in laboratorio per la conduzione delle prove di predazione. Le specie testate sono state: Acanthocyclops robustus (G. O. Sars), Macrocyclops albidus (Jurine), Thermocyclops crassus (Fischer), Megacyclops gigas (Claus). La scelta delle specie da testare è stata basata sulla loro abbondanza e frequenza di ritrovamento nei campionamenti nonché sulle loro dimensioni. Ciascuna prova è stata condotta sottoponendo a un singolo copepode, oppure a gruppi di 3 e di 5 esemplari, 50 larve di 1a età all’interno di contenitori cilindrici in plastica con 40 ml di acqua di acquedotto declorata e una piccola quantità di cibo per le larve di zanzara. Ciascuna combinazione “copepode/i + larve di Ae. albopictus”, è stata replicata 3-4 volte, e confrontata con un testimone (50 larve di Ae. albopictus senza copepodi). A 24 e 48 ore sono state registrate le larve sopravvissute. Soltanto per M. albidus il test di predazione è stato condotto anche verso Cx. pipiens. Messa a punto della tecnica di allevamento La ricerca è proseguita concentrando l’interesse su M. albidus, che oltre ad aver mostrato la capacità di predare a 24 ore quasi 30 larve di Ae. albopictus e di Cx. pipiens, dalla bibliografia risulta tollerare ampi valori di temperatura, di pH e alte concentrazioni di vari inquinanti. Dalla ricerca bibliografica è risultato che i ciclopoidi sono facilmente allevabili in contenitori di varia dimensione e foggia somministrando agli stadi di preadulto alghe unicellulari (Chlorella, Chilomonas), protozoi ciliati (Paramecium, Euplotes), rotiferi e cladoceri. Ciò presuppone colture e allevamenti in purezza di tali microrganismi mantenuti in parallelo, da utilizzare come inoculo e da aggiungere periodicamente nell’acqua di allevamento dei ciclopoidi. Nel caso di utilizzo di protozoi ciliati, occorre garantirne lo sviluppo che avviene a carico di flora batterica spontanea a sua volta cresciuta su di un substrato organico quale latte, cariossidi bollite di grano o soia, foglie di lattuga, paglia di riso bollita con cibo secco per pesci, lievito di birra. Per evitare il notevole impegno organizzativo e di manodopera nonché il rischio continuo di perdere la purezza della colonia degli organismi da utilizzare come cibo, le prove comparative di allevamento hanno portato ad un protocollo semplice ed sufficientemente efficiente in termini di copepodi ottenibili. Il sistema messo a punto si basa sull’utilizzo di una popolazione mista di ciliati e rotiferi, mantenuti nell'acqua di allevamento dei copepodi mediante la somministrazione periodica di cibo standard e pronto all’uso costituito da cibo secco per gatti. Prova di efficacia in bidoni da 220 l di capacità La predazione è stata studiata nel biennio 2007-2008 in bidoni da 220 l di capacità inoculati una sola volta in aprile 2007 con 100 e 500 esemplari di M. albidus/bidone e disposti all’aperto per la libera ovideposizione della popolazione culicidica selvatica. L’infestazione preimmaginale culicidica veniva campionata ogni due settimane fino ad ottobre, mediante un retino immanicato a maglia fitta e confrontata con quella dei bidoni testimone (senza copepodi). Nel 2007 il tasso di riduzione medio delle infestazioni di Ae. albopictus nei bidoni con copepodi, rispetto al testimone, è del 99,90% e del 100,00% rispettivamente alle dosi iniziali di inoculo di 100 e 500 copepodi/bidone; per Cx. pipiens L. tale percentuale media è risultata di 88,69% e di 84,65%. Similmente, nel 2008 si è osservato ad entrambe le dosi iniziali di inoculo una riduzione di Ae. albopictus del 100,00% e di Cx. pipiens del 73,3%. La dose di inoculo di 100 copepodi per contenitore è risultata sufficiente a garantire un rapido incremento numerico della popolazione che ha raggiunto la massima densità in agosto-settembre e un eccellente controllo delle popolazioni di Ae. albopictus. Prova di efficacia in campo in serbatoi per l’acqua irrigua degli orti La prova è stata condotta a partire dalla metà di agosto 2008 interessando 15 serbatoi di varia foggia e capacità, variabile tra 200 e 600 l, utilizzati per stoccare acqua orti famigliari nel comune di Crevalcore (BO). Ai proprietari dei serbatoi era chiesto di gestire il prelievo dell’acqua e i rifornimenti come da abitudine con l’unica raccomandazione di non svuotarli mai completamente. In 8 contenitori sono stati immessi 100 esemplari di M.albidus e una compressa larvicida a base di Bacillus thuringiensis var. israelensis (B.t.i.); nei restanti 7 è stata soltanto immessa la compressa di B.t.i.. Il campionamento larvale è stato settimanale fino agli inizi di ottobre. Dopo l’introduzione in tutti i serbatoi sono stati ritrovati esemplari di copepodi, nonostante il volume di acqua misurato settimanalmente sia variato da pochi litri, in qualche bidone, fino a valori della massima capacità, per effetto del prelievo e dell’apporto dell’acqua da parte dei gestori degli orti. In post-trattamento sono state osservate differenze significative tra le densità larvali nelle due tesi solo al 22 settembre per Ae.albopictus Tuttavia in termini percentuali la riduzione media di larve di 3a-4a età e pupe nei bidoni con copepodi, rispetto al testimone, è stata de 95,86% per Ae. albopictus e del 73,30% per Cx. pipiens. Prova di efficacia in tombini stradali Sono state condotte due prove in due differenti località, interessando 20 tombini (Marano di Castenaso in provincia di Bologna nel 2007) e 145 tombini (San Carlo in provincia di Ferrara nel 2008), quest’ultimi sottoposti a spurgo e pulizia completa nei precedenti 6 mesi l’inizio della prova. L’introduzione dei copepodi nei tombini è stata fatta all’inizio di luglio nella prova di Marano di Castenaso e alla fine di aprile e giugno in quelli di San Carlo, a dosi di 100 e 50 copepodi/tombino. Prima dell’introduzione dei copepodi e successivamente ogni 2 settimane per due mesi, in ogni tombino veniva campionata la presenza culicidica e dei copepodi con dipper immanicato. Nel 2007 dopo l’introduzione dei copepodi e per tutto il periodo di studio, mediamente soltanto nel 77% dei tombini i copepodi sono sopravvissuti. Nel periodo di prova le precipitazioni sono state scarse e la causa della rarefazione dei copepodi fino alla loro scomparsa in parte dei tombini è pertanto da ricercare non nell’eventuale dilavamento da parte della pioggia, quanto dalle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua. Tra queste innanzitutto la concentrazione di ossigeno che è sempre stata molto bassa (0÷1,03 mg/l) per tutta la durata del periodo di studio. Inoltre, a questo fattore probabilmente è da aggiungere l’accumulo, a concentrazioni tossiche per M. albidus, di composti organici e chimici dalla degradazione e fermentazione dell’abbondante materiale vegetale (soprattutto foglie) in condizioni di ipossia o anossia. Nel 2008, dopo il primo inoculo di M. albidus la percentuale di tombini che al campionamento presentano copepodi decresce in modo brusco fino a raggiungere il 6% a 2 mesi dall’introduzione dei copepodi. Dopo 40 giorni dalla seconda introduzione, la percentuale di tombini con copepodi è del 6,7%. Nell’esperienza 2008 è le intense precipitazioni hanno avuto probabilmente un ruolo determinante sul mantenimento dei copepodi nei tombini. Nel periodo della prova infatti le piogge sono state frequenti con rovesci in varie occasioni di forte intensità per un totale di 342 mm. Sotto questi livelli di pioggia i tombini sono stati sottoposti a un continuo e probabilmente completo dilavamento che potrebbe aver impedito la colonizzazione stabile dei copepodi. Tuttavia non si osservano influenze significative della pioggia nella riduzione percentuale dei tombini colonizzati da copepodi e ciò fa propendere all’ipotesi che assieme alla pioggia siano anche le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua a impedire una colonizzazione stabile da parte di M. albidus. In definitiva perciò si è dimostrato che i tombini stradali sono ambienti ostili per la sopravvivenza di M. albidus, anche se, dove il ciclopoide si è stabilito permanentemente, ha dimostrato un certo impatto nei confronti di Ae. albopictus e di Cx. pipiens, che tuttavia è risultato non statisticamente significativo all’analisi della varianza. Nei confronti delle larve di Culex pipiens il copepode non permette livelli di controllo soddisfacente, confermando i dati bibliografici. Nei confronti invece di Ae. albopictus la predazione raggiunge buoni livelli; tuttavia ciò non è compensato dalla percentuale molto alta di tombini che, dopo periodi di pioggia copiosa o singoli episodi temporaleschi o per le condizioni di anossia rimangono senza i copepodi. Ciò costringerebbe a ripetute introduzioni di copepodi i cui costi attualmente non sono inferiori a quelli per trattamenti con prodotti larvicidi. In conclusione la ricerca ha portato a considerare Macrocyclops albidus un interessante ausiliario applicabile anche nelle realtà urbane del nostro paese nell’ambito di programmi integrati di contrasto alle infestazioni di Aedes albopictus. Tuttavia il suo utilizzo non si presta a tutti i focolai larvali ma soltanto a raccolte di acqua artificiali di un certo volume come i bidoni utilizzati per stoccare acqua da impiegare per l’orto e il giardino familiare nelle situazioni in cui non è garantita la copertura ermetica, lo svuotamento completo settimanale o l’utilizzo di sostanze ad azione larvozanzaricida.
Resumo:
Selen kann in verschiedenen Oxidationszuständen (+6, +4, ±0, -2) in unterschiedlichen Umweltkompartimenten auftreten. Verbundenen damit sind verschiedene Eigenschaften, wie z. B. die Wasserlöslichkeit, die in direktem Zusammenhang mit der Migrationsfähigkeit sowie der Bioverfügbarkeit steht. Im Rahmen der vorliegenden Arbeit wurden die Verfügbarkeit anorganischer Selenspezies und damit die Mobilisierbarkeit dieser in verschiedenen Laborexperimenten untersucht. Hierbei wurde an Goethit adsorbiertes Selenit sowohl mit einer Reinkultur des aktiv methylierenden Pilzes Alternaria alternata als auch mit einer angereicherten Umweltmischkultur inkubiert und die mikrobiologische Zugänglichkeit anhand der Bildung leichtflüchtiger, alkylierter Selenmetabolite wie z. B. Dimethylselenid und Dimethyldiselenid beobachtet. Zur Analyse dieser wurde eine cryotrapping-cryofocussing-GC-ICP-MS-Kopplung etabliert. Die Anteile der methylierten Selenverbindungen stiegen bei Verwendung von A. alternata mit der Inkubationszeit auf 10 % des gelösten Selens und 1 % des Gesamtselens an. Dieser Trend konnte während der Inkubation der Umweltmischkultur nicht beobachtet werden. Hier lagen die Anteile über den gesamten Untersuchungszeitraum bei ca. 0,5 % des gelösten bzw. 0,1 % des Gesamtselens, inklusive eines leichten Abwärtstrends, welcher wahrscheinlich durch die Nutzung der Alkylselenide als Kohlenstoffquelle hervorgerufen wurde. Weiterhin wurde das reduzierte Eisenselenidmineral Ferroselit eingesetzt, um dessen Stabilität gegenüber der Aktivität des sulfatreduzierenden Bakteriums Desulfovibrio gigas zu untersuchen. Mit zunehmender Inkubationszeit und damit verbundener, zunehmender Reduktion des im Nährmedium vorhandenen Sulfates konnte ein Anstieg leichtflüchtiger Organoselenverbindungen in der Gasphase der Kulturansätze festgestellt werden, die im unteren Nanogrammbereich lagen. Einhergehend damit wurde auch die Zunahme der Gehalte an gelöstem Selen und somit die biologisch bedingte Rücklösung aus der Mineral- in die Wasserphase beobachtet. Es konnte gezeigt werden, dass die Aktivität von Mikroorganismen einen deutlichen Einfluss auf die Stabilität von Oberflächenkomplexen des Selenits als auch von mineralischen Selenidspezies hat.
Resumo:
Ontogenetic variation in 4 trace element ((88)Sr, (137)Ba, (24)Mg, (23)Na) concentrations and their ratios to Ca were measured in statoliths of the jumbo flying squid Dosidicus gigas off the Exclusive Economic Zone of Chilean and Peruvian waters using laser ablation inductively coupled plasma mass spectrometry (LA-ICP-MS). The element compositions of statoliths showed no significant differences between females and males. All of the elements in different growth zones showed significant variations, except for Mg. Sr:Ca and Mg:Ca were good indicators for distinguishing squid from autumn and winter spawning seasons. Sr:Ca and Ba:Ca distribution patterns in statoliths confirmed that paralarvae and juvenile squid inhabit surface waters, while subadult squid migrate into deeper waters. An increasing Sr: Ca ratio of subadult squid could be explained by declining temperature gradients from northern to southern sampling locations, although no significant Sr: Ca differences were observed (p > 0.05). Mg:Ca ratios decreased progressively from the nucleus to the peripheral zone, which might be correlated with statolith growth rates. Na:Ca ratios slightly declined from paralarvae to the subadult phase. Quantitative relationships between statolith trace elements and environmental conditions under different growth stages are needed to improve our understanding of life history of D. gigas.
Resumo:
An experiment was carried out on the soft bottom in the sublitoral zone of the Furugelm Island (Peter the Great Bay, Sea of Japan) to study formation of benthic communities. Boxes with defauned sediments were placed on depths of 4, 6 and 13 m and exposed during 60 days in the summer period. Half of them were covered with a net with mesh size 2 cm to prevent effect of large predators. It was found that spatial pattern of invertebrates' sinking in the bay conforms to distribution of benthic communities. Larvae of benthic invertebrates sinks in general in places inhabited by their adult species. The main factors responsible for recolonzation are: sediment type and local hydrodynamic conditions. Heart-shaped sea urchin Echinocardium cordatum is numerically dominated in the bay on depth 3-4.5 m, but its larvae sinks in the deeper area. Community structure is supported by mature specimen migration to places inhabited by species. Predators affect largely on the species.
Resumo:
The occurrences of ten datum events for the Quaternary and top Pliocene nannofossils are identified at nine Leg 115 sites. A quantitative investigation of Paleogene nannofossils in 470 samples selected from 11 holes at 9 sites yielded 197 taxa, including one new species and 10 unidentified taxa that are likely to be new species. Regional differences in the timing of some biostratigraphically important events are recognized, and a set of datum events useful for biostratigra- phy in the tropical Indian Ocean is presented. Biogeographical differences are minor for Paleogene cores from the tropical sites (Sites 707-716); however, the Quaternary and late early Oligocene floras observed at the two subtropical sites (Sites 705 and 706) differ significantly from the corresponding floras of the tropical sites. Bathymetrically controlled dissolution is recognized by the reduction of species diversity in the Paleogene flora. Selective dissolution of nannofossils is also evidenced by the percentage reduction of three holococcolith taxa, Lanternithus minutus, Zygrhablithus bijugatus, and Holococcolith type A as well as by the increase of Coccolithus pelagicusand Cribrocentrum reticulatumin the deeper sites.
Resumo:
Eight Cenozoic radiolarian zones were recognized in samples from two holes at Site 603, drilled on the lower continental rise off North America during Leg 93 of the Deep Sea Drilling Project. Paleocene to early Eocene radiolarian zones (Bekoma bidartensis, Buryella clinata, and Phormocyrtis striata striata zones) and early to late Miocene radiolarian zones (Calocycletta costata, Dorcadospyris alata, Diartus petterssoni, and Didymocyrtis antepenultima zones) were recognized in sediments from Holes 603 and 603B. In addition, a new Paleocene Bekoma campechensis radiolarian Zone is defined by the interval between the first morphotypic appearance of B. campechensis and the B. campechensis-B. bidartensis evolutionary transition. This zone is immediately below the B. bidartensis Zone of Foreman (1973), and has previously been discussed as a Paleocene "unnamed zone" by other investigators. A hiatus between Neogene and Paleogene sequences was also recognized in the radiolarian faunas.
Resumo:
The name "Schlagwasser breccia" is a synopsis of several debris flows in the Warstein area, which can be derived from the Warstein carbonate platform and the Scharfenberg reef. Though only locally developed, the breccia is important for the understanding of paleogeography and sedimentology in the Eastern Sauerland. Considering this breccia some gravitational-resedimentary slide movements between a high, consisting of reef carbonates, and a basin with flinz beds can be pointed out. From the uppermost Middle Devonian to the lowermost Lower Carboniferous several slides yielded the sedimentary components building up the 30 to 50 m thick polymict breccia. Some breccias were redeposited repeatedly as can be verified by different conodont maxima in single samples. Supplying area was the western part of the Warstein high, from which the slide masses glided off to the East and Southeast, more seldom to the West and Westsouthwest. All conodont zones from the upper Middle Devonian up to the lowermost Carboniferous could be identified in the Schlagwasser breccia. Therefore, an uninterrupted continuous sedimentation must have been prevalent in the supplying area; today this area nearly is denuded of flinz beds and cephalopod limestones. The slide masses spread transgressively to the East up to a substratum consisting of different units as massive limestone, flinz beds and cephalopod limestone; they are overlapped by Hangenberg beds, alum schists and siliceous rocks of the Lower Carboniferous. Parts of the substratum were transported during the progress of the slide masses. Proximal and distal parts of the flow masses can be distinguished by the diameter of the pebbles. Graded bedding and banking structures are marked only rarely. Way of transport was up to 3 km. Differently aged slide masses do not always overlap, but are placed side by side, too. Usually the slide masses do not spread out upon a greater area during sedimentation, but form closely limited debris flows. Synsedimentary fracturing and tilting of the reef platform, epirogenetic movements and seaquakes caused the slides. The entire formation period of the breccia includes about 20 millions of years. The longevity of the events points to solid paleomorphological situations around the eastern margin of the carbonate platform.
Resumo:
During Ocean Drilling Program (ODP) Leg 105, a thick sequence of lower Eocene to lower Oligocene sediments was recovered from Hole 647A in the southern Labrador Sea. These sediments contain diverse, well-preserved, high-latitude calcareous nannofossil flora. The nannofossil biostratigraphy of the hole indicates the presence of a minor hiatus between Zones NP 16 and NP 17 in the upper middle Eocene and a barren interval separating Zones NP 13 and NP 15. Species abundance is highest within the lower to middle Eocene and starts to decline near the base of the upper Eocene. No major change in the nannoflora was observed across the Eocene/Oligocene boundary, although a slight decrease in species abundance was recorded. The Paleogene calcareous nannofossils of nearby DSDP Site 112 were reexamined and compared with those of Site 647. Several cores were reassigned to different nannofossil zones. The calcareous nannoflora are dominated by high-latitude indicative species and also exhibit a high diversity, which suggests the influence of more temperate water masses in this region during Eocene and Oligocene time. One new subspecies from the middle Eocene, Sphenolithus furcatolithoides labradorensis, is described.