1000 resultados para progetto, edificio, pubblico
Resumo:
La tesi riflette sulla necessità di un ripensamento delle scienze antropologiche nel senso di un loro uso pubblico e del loro riconoscimento al di fuori dell’accademia. Viene introdotto il dibattito sulla dimensione applicata dell’antropologia a partire dalle posizioni in campo nel panorama internazionale. Negli Stati Uniti la riflessione si sviluppa dalla proposta della public anthropology, l’antropologo pubblico si discosta dalla tradizionale figura europea di intellettuale pubblico. Alla luce delle varie posizioni in merito, la questione dell’applicazione è esaminata dal punto di vista etico, metodologico ed epistemologico. Inizialmente vengono prese in considerazione le diverse metodologie elaborate dalla tradizione dell’applied anthropology a partire dalle prime proposte risalenti al secondo dopoguerra. Successivamente viene trattata la questione del rapporto tra antropologia, potere coloniale e forze armate, fino al recente caso degli antropologi embedded nello Human Terrain System. Come contraltare vengono presentate le diverse forme di engagement antropologico che vedono ricercatori assumere diversi ruoli fino a casi estremi che li vedono divenire attivisti delle cause degli interlocutori. La questione del ruolo giocato dal ricercatore, e di quello che gli viene attribuito sul campo, viene approfondita attraverso la categoria di implication elaborata in contesto francese. Attraverso alcune esperienze di campo vengono presentate forme di intervento concreto nel panorama italiano che vogliono mettere in luce l’azione dell’antropologo nella società. Infine viene affrontato il dibattito, in corso in Italia, alla luce della crisi che sta vivendo la disciplina e del lavoro per la costituzione dell’associazione nazionale di antropologia professionale.
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Dopo un’approfondita analisi strutturale e morfologica della metropoli di Bogotà, si affronta il progetto per la costruzione di una nuova chiesa e complesso parrocchiale in una delle localidad più povere della città: Usme. Nella relazione si illustra il progetto nel dettaglio, descrivendo tutto il processo metodologico. Il sistema del complesso parrocchiale, situato sulla sommità di un piccolo declivio, è stato concepito come luogo collettivo e prende spunto dai sistemi abbaziali e monastici, organizzati attorno alle corti, vero fulcro della vita comunitaria. Il progetto si struttura su tre elementi principali: la chiesa, la casa del sacerdote con il patio e la corte su cui affacciano gli edifici per la vita parrocchiale. La chiesa, centro della composizione, si organizza come un edificio essenziale, povero, muto, silenzioso, con uno stretto riferimento alle architetture e al corpus teorico di Paolo Zermani e Rudolph Schwarz.
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Il caso studio si sviluppa nel quartiere di Corticella (BO) dove è presente un piano PEEP del 1970. Oggetto della tesi è l’edificio in via Byron 10-22. Il lavoro svolto si propone di analizzare la fattibilità di riqualificazione energetica ed architettonica di questo edificio di edilizia residenziale pubblica. Le soluzioni escogitate nel presente progetto si rifanno alla metodologia attuata da un’ESCO secondo le direttive nazionali ed europee che hanno due obiettivi principali: il primo consiste nel trovare una soluzione ai problemi di tipo finanziario e nell’apportare un utile per l’azienda; il secondo mira a un ritorno economico in termini di risparmio di energia per l’utente, per via del miglioramento delle prestazioni energetiche dell’unità abitativa. La metodologia seguita è stata strutturata per fasi successive. In primo luogo si è condotta una ricerca storica sul contesto urbano in cui è inserita l’unità edilizia presa in esame, nonché sul quadro normativo di riferimento e sul metodo di intervento di un’ESCO. In secondo luogo è stata effettuata un’indagine sul confort abitativo tramite questionario. Infine è stato realizzato uno studio sui consumi e sui possibili risparmi a livello energetico ed economico, scegliendo quindi la soluzione di intervento più appropriata. Lo studio non si è però soffermato solo sulla metodologia attuata da un’ESCO: si sono infatti apportati dei miglioramenti architettonici attraverso un’operazione di trasformazione della facciata in prima istanza e, successivamente, mediante un intervenuto sulla copertura, il cui obiettivo era quello di fornire ai condomini uno spazio comune maggiore.
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La stima degli indici idrometrici in bacini non strumentati rappresenta un problema che la ricerca internazionale ha affrontato attraverso il cosiddetto PUB (Predictions on Ungauged Basins – IAHS, 2002-2013). Attraverso l’analisi di un’area di studio che comprende 61 bacini del Sud-Est americano, si descrivono e applicano due tecniche di stima molto diverse fra loro: il metodo regressivo ai Minimi Quadrati Generalizzati (GLS) e il Topological kriging (TK). Il primo considera una serie di fattori geomorfoclimatici relativi ai bacini oggetto di studio, e ne estrae i pesi per un modello di regressione lineare dei quantili; il secondo è un metodo di tipo geostatistico che considera il quantile come una variabile regionalizzata su supporto areale (l’area del bacino), tenendo conto della dislocazione geografica e l’eventuale struttura annidata dei bacini d’interesse. L’applicazione di questi due metodi ha riguardato una serie di quantili empirici associati ai tempi di ritorno di 10, 50, 100 e 500 anni, con lo scopo di valutare le prestazioni di un loro possibile accoppiamento, attraverso l’interpolazione via TK dei residui GLS in cross-validazione jack-knife e con differenti vicinaggi. La procedura risulta essere performante, con un indice di efficienza di Nash-Sutcliffe pari a 0,9 per tempi di ritorno bassi ma stazionario su 0,8 per gli altri valori, con un trend peggiorativo all’aumentare di TR e prestazioni pressoché invariate al variare del vicinaggio. L’applicazione ha mostrato che i risultati possono migliorare le prestazioni del metodo GLS ed essere paragonabili ai risultati del TK puro, confermando l’affidabilità del metodo geostatistico ad applicazioni idrologiche.
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Ravenna è una città che porta nel suo costruito le tracce di un vissuto antico e moderno. Questo rapporto, di simbiosi o di contrasto, è direttamente leggibile nelle architetture del centro storico e nel rapporto fra edifici antichi ed edifici moderni. Questo rapporto diventa più complesso quando il resto archeologico, come nel caso del Palazzo di Teoderico, si trova a dover dialogare con la città che gli è cresciuta sopra e intorno. Fra archeologia e città si crea un rapporto spesso conflittuale che deve divenire sinergico. Il momento conoscitivo dello scavo si deve trasformare in un momento di valorizzazione della città. I resti archeologici sono come un taglio nel ventre della storia della città, un grande scavo urbano che, portato alla luce, ha bisogno di essere inquadrato in un progetto urbano. Ravenna necessita quindi di un progetto che faccia di tutte queste centralità un polo di attrazione, di vita, di scambio, di integrazione e conoscenza. La salvaguardia del bene archeologico deve divenire parte di un progetto più complessivo, di attenzione alla qualità del vivere, rispetto alla quale l’archeologia deve saper conciliare la salvaguardia con gli interessi più generali della collettività. L’intervento di creazione del Parco Archeologico del Palazzo di Teoderico, che ingloba al suo interno anche la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo e la chiesa di San Salvatore ad Calchi, deve diventare momento di valorizzazione dell’intera città.
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L’oggetto di questa tesi è un intervento di rigenerazione, riqualificazione ed adeguamento di un comparto residenziale di circa 22 ettari a Corticella, zona del quartiere Navile, pianificato tramite il PEEP di Bologna del 1963 e realizzato tra gli anni 70 e 80 del secolo scorso. L'area si trova nella periferia nord di Bologna ai limiti con la campagna e comprende 34 fabbricati, di cui 27 residenziali. L'evoluzione economico sociale degli ultimi decenni ha causato l'insorgenza di diverse criticità dell'area, tra cui: scarsa efficienza energetica degli edifici con elevati costi di esercizio; inadeguatezza sismica degli edifici; bassi livelli di comfort abitativo; scarsa varietà dei tagli degli alloggi; scarsa qualità degli spazi pubblici e di relazione; mancanza di connessioni a livello urbano (sia in termini di continuità morfologica che di viabilità). L'obiettivo che si pone la tesi è quello di adeguare l'area alle nuove esigenze, in modo da proiettarla avanti nel tempo e renderla una zona vivibile oggi e in futuro, con un progetto che tenga conto della fattibilità dell'intervento e delle caratteristiche e delle risorse degli Enti e dei proprietari privati coinvolti nella gestione dell’area. Per ottenere questi risultati, il progetto ha riorganizzato i collegamenti urbani, che oggi rendono l'area una zona emarginata, e ha previsto la riqualificazione funzionale e prestazionale degli edifici, adottando due diverse ipotesi di progetto. Per quanto riguarda la situazione urbana, si è previsto di inserire nuovi elementi per migliorare la viabilità, in particolare nuovi percorsi ciclopedonali ed uno shared space che rimette in comunicazione l'area con il centro storico di Corticella. Per la riqualificazione degli edifici sono stati selezionati due edifici campione, rappresentativi delle situazioni e tipologie più ricorrenti nell’area, che sono stati affrontati con due approcci diversi. Dell’edificio che presenta le criticità più acute, si è valutata non conveniente una riqualificazione pesante e si è quindi previsto un intervento minimo di miglioramento dell’efficienza energetica e della distribuzione interna. Per il secondo edificio invece è stato progettato l’aggiornamento del taglio degli alloggi,l’adeguamento delle prestazioni energetiche fino a raggiungere la classe energetica A(originariamente classe G), il miglioramento delle capacità antisismiche e del comfort luminoso. Gli alloggi di standard decisamente superiore a quello attuale, la riconfigurazione dello spazio di pertinenza degli edifici come shared space, e la realizzazione di nuovi collegamenti urbani migliorano l’appetibilità e il valore immobiliare degli edifici, ma anche le condizioni ambientali e l’abitabilità dell’intera area di intervento.
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Intervento di recupero sostenibile a Bertinoro su edificio del centro storico. Il progetto prevede la rifunzionalizzazione e la riqualificazione energetica del complesso edilizio.
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Il tema dell'archeologia della città è importante per quanto riguarda lo studio di un percorso museale museale all'interno del centro storico di Ravenna. Si tratta di un'area di grande importanza storica. L'obiettivo del mio progetto mira a collegare i tre edifici di importante valenza, a trasformarla in un luogo di narrazione, organizzata e composta da spazi piacevoli per il visitatore. A tal proposito il progetto diventa un punto importante di racconto tra archeologia esistente e archeologia perduta nei secoli. Questo spazio, una volta conteneva l'area dell'influenza del palazzo di Teodorico. Attraverso uno spazio di accoglienza inizia il percorso del visitatore. Seguendo le vie, portano a far scoprire sia la storia ma anche la possibilità di un luogo multifunzionale dando la possibilità di mostre temporanee, di spazi piacevoli per il tempo libero ma anche ridare valenza ai resti archeologici attraverso una musealizzazione puntuale rendendo questo luogo parte della città.
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Interessante esempio di contaminazione tra il nuovo e l’antico, Villa Muggia costituisce una testimonianza emblematica di come l’architettura razionalista si sia accostata al tema dell’intervento sull’esistente per opera di Piero Bottoni tra il 1936 ed il 1938. La villa si inserisce in una vicenda costruttiva plurisecolare e durante la Seconda Guerra Mondiale è oggetto di un’incursione aerea. Un ordigno raggiunge l’edificio ed esplode al centro del salone devastando irrimediabilmente il nucleo antico. L’abbandono degli anni successivi è il motore del decadimento del podere Belpoggio, che negli Anni Settanta viene frazionato e venduti a più privati. Con questa operazione viene persa quella unità architettonica e paesaggistica, che era stata alla base del progetto di Piero Bottoni. Oggi, a chi si appresta a visitare villa Muggia, si presenta uno scenario unico, é infatti assolutamente atipica la relazione instauratasi tra il rudere dell’edificio settecentesco e l’addizione moderna. La presente tesi propone un progetto di restauro che risponda alle esigenze più impellenti date dal preoccupante stato di conservazione dell’edificio ma con una sensibilità spiccata al tema della rovina e della sua percezione. Ogni scelta tecnica è stata preceduta da una riflessione attenta sulla restituzione dell’immagine e della storia dell’edificio, dalla riorganizzazione del parco ai dettagli architettonici. Lo scopo è rendere nuovamente vissuto dalla città questo prezioso luogo, inserendolo in un sistema già consolidato di luoghi di cultura e tempo libero. Potendo usufruirne, la cittadinanza acquisirebbe consapevolezza della levatura di questa singolare traccia del moderno, innescando un processo di appropriazione del luogo, presupposto imprescindibile alla conservazione del bene.
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La Tesi affronta il tema della rigenerazione di un comparto urbano localizzato a ridosso del centro storico di Forlì. Coerentemente con le indicazioni dell’Amministrazione comunale, obiettivo dell’intervento è l’adeguamento degli edifici esistenti agli standard funzionali ed energetici e la rivitalizzazione dell’isolato, tramite nuove edificazioni e il riordino della viabilità, del verde e degli spazi pubblici. Della preesistenza più rilevante presente nel comparto, un edificio residenziale realizzato tra le due guerre è stata progettata la riqualificazione, preferendola alla ricostruzione per il valore testimoniale del manufatto e il più favorevole bilancio ambientale. Gli interventi di miglioramento si sono posti il limite di non snaturare i caratteri formali e la fisionomia strutturale dell’edificio, ma di aumentarne i livelli di comfort e l’efficienza energetica, puntando a rientrare in classe “A” secondo la classificazione dell’Emilia Romagna. A scala urbana il progetto propone la riqualificazione dell’intero isolato con l’obiettivo di rivitalizzarlo e di rivalutare la sua presenza all’interno del centro storico. Nonostante la sua favorevole collocazione, l’isolato vive una situazione di marginalizzazione, a causa dello scarso mix funzionale delle attività che ospita, della presenza di edifici incongrui e parzialmente abbandonati e della scarsa permeabilità verso l’esterno, che lo fanno percepire come una zona non sicura e ne abbattono i valori immobiliari. Per raggiungere l’obiettivo, il progetto è intervenuto sull’assetto della viabilità, dei parcheggi, degli spazi pubblici e del verde, puntando alla ricucitura del tessuto urbano con le preesistenze. Queste azioni hanno implicato la demolizione di manufatti di scarso pregio e la progettazione di nuovi edifici, condotta con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale. Il progetto approfondisce la riqualificazione di un edificio esistente e la definizione di un nuovo intervento residenziale, ma investe anche il contesto urbano, considerando contemporaneamente i diversi aspetti ambientali, sociali e architettonici in modo coordinato e coerente alle diverse scale progettuali.
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Il progetto per il cimitero e centro interreligioso a Finale Emilia nasce dalla terribile vicenda del terremoto del maggio 2012, che ha portato a ripensare e ricostruire la città. Finale Emilia ha perso diversi punti di riferimento durante il sisma: i monumenti e gran parte del patrimonio artistico e culturale della città. Analizzando la demografia della città è emersa una importante presenza straniera, e in particolare appartenente alla comunità musulmana. Siccome Finale Emilia è la sede del più antico e suggestivo cimitero ebraico della regione e possiede inoltre un elegante cimitero monumentale cattolico, si è pensato di progettare una grande area cimiteriale interreligiosa dotata anche di numerosi spazi per la collettività, una moschea e una biblioteca come centro di incontro. Quella dell’integrazione è una delle più importanti e difficili sfide del nostro tempo e questo progetto si propone di provare a darne una risposta architettonica per favorire il dialogo.
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Il progetto si sviluppa in primo luogo a scala urbana nel centro storico di Mirandola, insistendo sul tema del limite andato perduto con la demolizione della cinta muraria. Il disegno del centro nasce dalla suggestione che identifica in Giovanni Pico della Mirandola l’autore dell’”Hypnerotomachia Poliphili”. Il nucleo storico della città diventa il luogo del percorso onirico di Polifilo alla ricerca dell’amata, che collega aree verdi trasformate in giardini all’area del castello. L’approfondimento a scala progettuale coinvolge l’area dell’antica cittadella del castello. Il tema principale è quindi il costruire nel costruito, il confronto con le preesistenze e le tante trasformazioni che il luogo ha subito. Il progetto si basa sul disegno degli spazi pubblici e sul tema culturale che l’area stessa offre, data la presenza del museo civico e del teatro. Il nuovo edificio è un centro culturale nel quale si accolgono ulteriori esposizioni museali e spazi dedicate a sedi di associazioni culturali cittadine.
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Il lavoro di tesi ha avuto come oggetto la progettazione di un giardino botanico per Mirandola nella zona del centro storico. Il terremoto è divenuto il pretesto per ridefinire il “limite” tra centro storico e circonvallazione, in passato segnato dalle antiche mura e per riprogettare alcuni luoghi della città avendo come riferimento il testo dell'Hypnerotomachia Poliphili, opera di Giovanni Pico della Mirandola, determinante nella nascita del giardino rinascimentale all'italiana. Il progetto a scala urbana, oltre che nella ridefinizione del limite, consiste nella riqualificazione di tre giardini posti lungo la circonvallazione. L'area di progetto per il giardino botanico è occupata da un edificio storico, prima del terremoto adibito a banca, che diventa elemento di partenza del progetto oltre che ingresso al giardino. Vengono progettate una serie di serre vetrate, per conservare diverse specie di piante, alternate a elementi di collegamento dedicati alla didattica. Nella parte del giardino all'aperto viene creato un percorso sensoriale volto sia alla conservazione che alla didattica e al tempo libero.
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Questa tesi è nata all'interno dell'ufficio tecnico di I.P.M. Engineering, dove ho potuto analizzare le diverse fasi del processo di formatura dei tubi plastici. I tubi di materiale plastico già da molti anni vengono utilizzati in moltissimi campi, come ad esempio l’edilizia; questo comporta la nascita di linee automatiche in grado di produrre una grande quantità di tubi. Per portare il tubo dal luogo di produzione a quello di utilizzo si è reso necessario il taglio dei tubi e per realizzare reti per il trasporto di gas, liquidi o cavi, si è rivelata fondamentale la nascita del “bicchiere”, una svasatura che consente di collegare due spezzoni tra loro. Nel mio lavoro di tesi sono partito analizzando le varie fasi del processo produttivo dei tubi in materiale plastico e poi mi sono focalizzato sul processo di bicchieratura, che è un processo fondamentale e molto delicato. In seguito all’analisi della bicchieratrice standard, ho studiato una soluzione innovativa, eliminando l’impianto oleodinamico, in modo da renderla più prestazionale, più solida e diminuire i costi di manutenzione. È stato eseguito uno studio della nuova struttura adattata per poter inserire la nuova componentistica. La tipologia di macchina scelta produce tubi di diametro 250 mm, dimensioni intermedie nella gamma prodotta da I.P.M., perché è quella più significativa dal punto di vista della adattabilità. Il nuovo metodo di movimentazione elettromeccanico potrà poi essere utilizzato anche nelle altre macchine di taglia diversa.
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Questo elaborato di tesi si propone di indicare due esempi di strutture in grado di misurare con una certa precisione i coefficienti di attrito che agiscono su un giunto filettato distinguendoli tra coefficiente di attrito nel sottotesta della vite e coefficiente di attrito sul filetto. I macchinari ideati saranno anche in grado di misurare la forza di precarico applicata e permetteranno l’analisi dei segni d’usura attorno ai fori che ospiteranno le viti.