1000 resultados para Venise (Italie) -- Sestiere di Cannaregio
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La thèse est articulée en trois grandes sections, consacrées respectivement: (I) à la traduction poétique en Italie à partir des années 1540 jusqu'à la fin du XVIème siècle (II), à la réception des Métamorphoses d'Ovide à travers la réflexion théorique et les réécritures en italien (III), à la plus célèbre des versions italiennes du poème latin, celle de Giovanni Andrea dell'Anguillara (1507-1570 env.), parue à Venise en 1561. Le premier chapitre (La traduzione poetica nel Cinquecento) prend en considération plus d'une trentaine de traductions d'auteurs classiques parues en Italie entre 1540 et 1580. L'examen détaillé du péritexte qui accompagne les éditions (préfaces, commentaires, dédicaces) montre l'existence d'un riche débat autour de la traduction littéraire ainsi que la présence d'un public vaste et diversifié comme destinataire de ces oeuvres. Dans ce contexte, la traduction en langue vulgaire de l'oeuvre d'Ovide, et particulièrement des Métamorphoses, constitue un cas fort intéressant. Le deuxième chapitre (Aspetti della ricezione delle Metamorfosi nel Cinquecento) offre un ample aperçu sur la réception du poème latin à travers ses principales éditions, commentaires et interprétations. En s'appuyant sur les travaux de A. Moss et D. Javitch, ce chapitre (II. 2 Usi e funzioni delle Metamorfosi in ambito teorico e poetico) montre les contradictions existant dans les jugements sur les Métamorphoses au XVIème siècle, partagés entre l'admiration pour la virtuosité du poète latin et l'écho des préjugés moraux et stylistiques hérités de la critique ancienne. La poétique du Cinquecento en effet devait faire face à deux problèmes majeurs posés par le texte d'Ovide: au niveau structurel son caractère polycentrique et digressif, inconciliable avec le modèle épique virgilien chéri par le siècle; au niveau thématique la présence de récits de phénomènes jugés invraisemblables, comme notamment celui de la métamorphose. L'analyse des traductions des Métamorphoses en italien entre 1530 et 1570 prend en considération autant les réécritures partielles (dues aux poètes Luigi Alamanni, Bernardo Tasso, Girolamo Parabosco) que les versions intégrales du poème. Parmi ces dernières, une attention particulière a été réservée à l'adaptation du vénitien Ludovico Dolce, Le Trasformationi (1553), libre réécriture sur le modèle du Roland Furieux. La dernière partie du travail est entièrement consacrée à la célèbre version de Giovanni Andrea dell'Anguillara, poète et traducteur dans le cercle du cardinal Alessandro Farnese. Comme le démontre l'analyse comparée du texte italien et de l'original latin, cette «belle infidèle» (qui supplanta la version de Dolce et fut réimprimée maintes fois jusqu'au XIX siècle) doit son succès à son parfait équilibre entre fidélité à la structure du poème et une attitude très libre dans la narration, qui n'hésite pas à actualiser et «contaminer» le texte ovidien avec des auteurs modernes tels que l'Arioste ou Bandello. L'appendice comprend une bibliographie exhaustive des éditions de la traduction d'Anguillara parues au XVIème siècle.
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Langue roumaine
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La tesi di Dottorato, condotta in accordo di colutela tra l'Università di Roma Tor Vergata e l'UNIL di Losanna, ha affrontato l'analisi di un gruppo di undici disegni custodia presso la National Gallery of Scotland di Edimburgo, copie di alcuni dei più significativi mosaici medioevali delle chiese di Roma, ricostruendone la genesi, quindi le vicende legate alla committenza, e il percorso collezionistico. I disegni scozzesi, oggetto di un importante articolo di Julian Gardner pubblicato sul Burlington Magatine nel 1973, furono commissionati intorno agli anni Settanta del XVII secolo dall'antiquario romano Giovanni Giustino Ciampini (1633-1698) in connessione alla stesura della sua opera di erudizione più avvertita e famosa: i Vetera Mommenta in' quibus praecipue Musiva Opera, sacrarum, profanan,mque, Aedìum structura, ac nonnulli antiqui ritus dissertationibus iconìbusque illustrantur. La composizione dei Vetera Mommenta - un'opera riccamente illustrata che nasce per rispondere alle esigenze della ideologia della Chiesa di Roma in un momento di rinnovata crisi del sistema - impone a Ciampini di porsi da un lato nella prospettiva della più alta tradizione antiquaria cinque e seicentesca, di cui recupera i metodi di lettura e di analisi applicati allo studio delle monete e dei monumenti antichi interpretati quali prove per la ricostruzione storica, e dall'altra, come è emerso dalle mie ricerche, lo pone immediatamente in contatto con gli avamposti del più moderno metodo di indagine storica e filologica applicato alle fonti e ai documenti della storia ecclesiastica, inaugurato dall'ambiente bollandista e inaurino. I monumenti paleocristiani e medioevali assumono in quest'ottica lo status di 'fatti incontestabili', le fonti primarie attraverso le quali Ciampini ricuce le tappe salienti della storia della Chiesa, da Costantino fino al XV secolo. Nel 1700 le copie di Edimburgo arrivano nelle mani del mercante e connoisseur milanese il padre oratoriano Sebastiano Resta (1635-1714), di stanza a Roma presso la Chiesa Nuova della Vallicella dal 1660, che decide di rilegarle tutte insieme in un volume da donare al suo maggiore acquirente e patrono, il vescovo di Arezzo Giovanni Matteo Marchetti. Come spiega Resta in alcune sue lettere, il presente avrebbe dovuto costituire insieme una curiosità ed offrire un confronto: infatti «le copie delli mosaici di Roma che erano di Monsignor Ciampini» - afferma Resta - avrebbero mostrato al Marchetti «le maniere di que' tempi gottici, barbari e divoti de cristiani e [fatto] spiccare i secoli seguenti». Questa indagine infatti ha fatto riemergere aspetti della precoce attenzione di Sebastiano Resta per l'arte dei "secoli bassi", mai debitamente affrontata dagli studi. E' infatti sulla scorta di una profonda conoscenza dei testi della letteratura artistica, e in connessione alla esplosione vivacissima della controversia Malvasia/Baldinucci sul primato del risorgere delle arti in Toscana, che Sebastiano a partire dagli anni Ottanta del Seicento comincia a meditare sul Medioevo artistico con il fine di spiegare l'evoluzione del linguaggio tecnico e formale che ha condotto alla perfezione dell'atte moderna. In questa prospettiva ι disegni del XIV e XV secolo che egli riuscì ad intercettare sul mercato valgono quali testimonianze delle maniere degli artefici più antichi e sono imbastiti nei molteplici album che Resta compone nel rispetto della successione cronologica dei presunti autori, e ordinati in base alle scuole pittoriche di pertinenza. La tesi permette perciò di descrivere nelle loro diverse specificità: da un lato il modo dei conoscitori come Resta, interessati nell'opera al dato stilistico, con immediate e sensibili ricadute sul mercato, e disposti anche con passione a ricercare i documenti relativi all'opera in quanto pressati dall'urgenza di collocarla nella sequenza cronologica dello sviluppo del linguaggio formale e tecnico; dall'altro gli antiquari come Ciampini e come Bianchini, per i quali le opere del passato valgono come prove irrefutabili della ricostruzione storica, e divengono quindi esse stesse, anche nel loro statuto di copia, documento della stona. Sono due approcci che si manifestano nel Seicento, e talvolta in una medesima persona, come mostra il caso anche per questo cruciale di Giovati Pietro Bellori, ma che hanno radici cinquecentesche, di cui i protagonisti di queste vicende sono ben consapevoli: e se dietro Resta c'è palesemente Vasari, dietro Ciampini e soprattutto Bianchini c'è la più alta tradizione antiquaria del XVI secolo, da Antonio Augustin a Fulvio Orsini.