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Tuta absoluta (Meyrick) è un lepidottero originario dell’America meridionale, infeudato a pomodoro e ad altre solanacee coltivate e spontanee. Con l’attività trofica le larve causano mine fogliari e gallerie nei frutti, con conseguenti ingenti danni alle colture. T. absoluta è stato segnalato per la prima volta in Italia nel 2008 e in Piemonte nel 2009. Pertanto le ricerche sono state condotte per rilevarne la distribuzione in Piemonte, studiarne l’andamento di popolazione in condizioni naturali e controllate, e valutare l’efficacia di differenti mezzi di lotta al fine di definire le strategie di difesa. Il monitoraggio, condotto nel 2010, ha evidenziato come T. absoluta sia ormai largamente diffuso sul territorio regionale già pochi mesi dopo la segnalazione. L’insetto ha mostrato di prediligere condizioni climatiche più miti; infatti è stato ritrovato con maggiore frequenza nelle aree più calde. Il fitofago ha raggiunto densità di popolazione elevate a partire dalla seconda metà dell’estate, a ulteriore dimostrazione che, in una regione a clima temperato come il Piemonte, T. absoluta dà origine a infestazioni economicamente rilevanti solo dopo il culmine della stagione estiva. Per definire le strategie di lotta, sono state condotte prove in laboratorio, semi-campo e campo volte a valutare la tossicità nei confronti del lepidottero di preparati a base di emamectina benzoato, rynaxypyr, spinosad e Bacillus thuringiensis Berliner. In campo è stata verificata anche l’efficacia del miride dicifino Macrolophus pygmaeus (Rambur), reperibile in commercio. In tutte le prove, è stata riscontrata una maggiore efficacia di rynaxypyr ed emamectina benzoato. In campo M. pygmaeus ha mostrato difficoltà d’insediamento ed è stato in grado di contenere efficacemente il fitofago soltanto con bassi livelli d’infestazione. Per contro è stata costantemente osservata la presenza naturale di un altro miride dicifino Dicyphus errans (Wolff), che in laboratorio ha mostrato di non essere particolarmente disturbato dalle sostanze saggiate.

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Gonocerus acuteangulatus (Hemiptera: Coreidae) è considerato uno dei principali fitofagi del nocciolo, in grado di causare con l’attività trofica pesanti perdite quali-quantitative di produzione. Nel triennio sono state quindi condotte indagini sulla bioetologia di G. acuteangulatus volte a: I) studiare comportamento alimentare ed effetti sulla produzione corilicola, II) identificare i feromoni e valutarne l’attività mediante biosaggi fisiologici e comportamentali in laboratorio, semi-campo e campo, III) rilevare le piante ospiti alternative al nocciolo. Mediante isolamento di adulti del coreide su rami di nocciolo con frutti è stata confermata l’assenza di correlazione fra entità del danno e numerosità degli individui presenti in corileto. Dalle analisi sensoriali su nocciole sane e danneggiate è emerso che le alterazioni causate delle punture di nutrizione sono rese più evidenti da conservazione e tostatura. Variazioni di tempi e temperature di tostatura potrebbero mitigare gli effetti del cimiciato. Nello studio dei feromoni, G. acuteangulatus, molto mobile nell’ambiente, è risultato poco adatto ai biosaggi in condizioni artificiali, come quelle in olfattometro e semi-campo. Le femmine sono tuttavia apparse attrattive per adulti di entrambi i sessi, mentre la miscela feromonale sintetizzata ha mostrato un’azione attrattiva, seppure non costante. Pertanto, ulteriori ripetizioni sono necessarie per convalidare questi risultati preliminari, modificando le condizioni di saggio in relazione alle caratteristiche della specie. Infine è stata accertata la preferenza del fitofago per alcune specie vegetali rispetto al nocciolo. Nel corso del triennio, popolazioni molto consistenti di G. acuteangulatus sono state rilevate su bosso, ciliegio di Santa Lucia, rosa selvatica, sanguinello, spino cervino, in corrispondenza del periodo di comparsa e maturazione dei frutti. Nell’impostazione di una strategia di difesa a basso impatto ambientale, l’attrattività di queste piante, in sinergia con eventuali feromoni di aggregazione, potrebbe essere utilmente sfruttata, per mantenere il coreide lontano dalla coltura.

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Studio degli strumenti Open Source usati per lo sviluppo cooperativo del software, delle loro possibili interazioni e di come esse facilitino lo sviluppo cooperativo.

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Il presente lavoro è incentrato sulla raccolta e l’analisi dell’instrumentum fittile inscriptum – in particolare laterizi, dolia, lucerne, ceramica fine da mensa, anfore e tappi d’anfora - rinvenuto a Modena e nel suo territorio. L’attenzione è stata concentrata sul materiale bollato e, per quanto riguarda le anfore, anche sullo studio degli esemplari recanti tituli picti. Si è proceduto ad una raccolta di tutto il materiale edito, a cui si è aggiunto lo studio di un’ingente quantità di reperti provenienti da due recenti scavi suburbani: quello presso il Parco Novi Sad, che si segnala soprattutto per la ricchezza del materiale anforico, e quello di Viale Reiter, ove sono venuti alla luce numerosi scarti di cottura di lucerne a canale recanti le firme di alcuni dei più noti produttori di tali oggetti nel mondo romano. A ciascuna categoria di instrumentum è stato dedicato un capitolo, corredato di tabelle in cui è stato raccolto tutto il materiale considerato; inoltre, per i reperti del Parco Novi Sad e di Viale Reiter, è stato realizzato un catalogo corredato di riproduzioni grafiche e fotografiche. Per quanto concerne le iscrizioni dipinte, un capitolo è stato dedicato a quelle presenti sulle anforette adriatiche da pesce; quanto ai tituli picti su anfore di morfologia betica per il trasporto di salse di pesce è stato effettuato un confronto con esemplari rinvenuti in due scavi inediti a Parma, che presentano significative analogie col materiale modenese. Dall’analisi dell’instrumentum inscriptum di Mutina, pur consapevoli dei limiti insiti in una ricerca incentrata unicamente su tale tipo di materiale, è emersa un’immagine della colonia, tra la tarda età repubblicana ed il I sec. d.C., congruente con quella delineata dalle fonti letterarie, dall’epigrafia lapidaria e dai rinvenimenti archeologici, ossia di una città di notevole importanza e ricchezza.

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Mehr als hundert Jahre archäologischer Forschung haben gezeigt, dass in Mayen in römischer und mittelalterlicher Zeit eines der wichtigsten europäischen Produktionszentren für die Herstellung qualitätsvoller Gebrauchskeramik bestand. Im Rahmen dieser Studie wurden vier Befundkomplexe aus Töpfereisiedlungen vom 4. bis in das 14. Jahrhundert untersucht. Genauer handelt es sich um Keramik aus zwei spätantiken Brennanlagen des 4. Jahrhunderts im Bereich der Flur „Auf der Eich“ an den Straßen „Am Sonnenhang“ und „Frankenstraße“. Weiterhin konnte Material aus zwei Töpferofenfüllungen des 5. bis 9. Jahrhunderts analysiert werden, das 1975 auf dem Grundstück 55 an der „Siegfriedstraße“ in Brennanlagen entdeckt wurde. Hinzu kam Brenngut aus elf Töpferöfen des späten 8. bis 14. Jahrhunderts, welches in den so genannten „Burggärten“ der Genovevaburg von Mayen in den Jahren 1986/87 durch die archäologische Denkmalpflege in Koblenz geborgen wurde. Die mineralogischen Untersuchungen zur Charakterisierung der „Mayener Keramik“ wurden systematisch an den Keramikmaterialien aus diesen Fundstellen durchgeführt. Mittelalterliche Keramik aus Bornheim-Walberberg, Brühl-Eckdorf, Höhr-Grenzhausen, Langerwehe, Frechen, Brühl-Pingsdorf, Paffrath, Raeren, Ratingen-Breitscheid, Siegburg-Seehofstraße, Siegburg-Scherbenhügel, Fredelsloh und Brühl-Badorf konnte für diese Arbeit als Referenzmaterialien ebenfalls untersucht werden. Provenienzanalysen wurden an Keramikproben aus 27 Fundorten, die makroskopisch nach Mayener Ware aussehen, mit mineralogischen Methoden durchgeführt, um sie der Fundregion Mayen eindeutig zuordnen zu können.rnPhasenanalyse, chemische Analyse und thermische Analyse wurden an Keramik sowie Ton durchgeführt. Die Phasenanalyse wurde zur Bestimmung der mineralischen Zusammensetzung von Grundmasse und Magerungsmittel (Röntgendiffraktometrie (XRD), Polarisationsmikroskop, Mikro-Raman-Spektroskopie) verwendet. Die chemische Zusammensetzung wurde durch Röntgenfluoreszenzanalyse (RFA) ermittelt. Elektronenstrahlmikroanalyse (ESMA) und Laser-Massenspektrometrie mit induktiv gekoppeltem Plasma (LA-ICP-MS) wurden bei den Proben, bei denen weniger als 2g Material zur Verfügung standen, eingesetzt. Brennexperimente wurden am originalen Rohstoff der Keramik aus den „Burggärten“ der Genovevaburg durchgeführt. Gebrannter Ton wurde durch Röntgendiffraktometrie (XRD), Infrarotspektroskopie (IR) und Differential-Thermoanalyse (DTA) analysiert. rnAnhand der Messergebnisse lässt sich die Mayener Keramik aus den vier Fundplätzen in zwei Typen zusammenzufassen: der mit Feldspat-reichem Sand gemagerte römische Typ und der mit Quarz-reichem Sand gemagerte mittelalterliche Typ. Die Änderung des Magerungsmittels von Feldspat- zu Quarzsand weist eine technische Entwicklung zu höheren Brenntemperaturen von der Römerzeit bis in das Mittelalter nach. Nach der Untersuchung und dem Vergleich mit den Referenzkeramikgruppen ist festzustellen, dass durch multivariate Statistikanalysen der chemischen Komponenten die Charakterisierung der Keramik und eine Differenzierung zwischen den Keramikgruppen gelingt. Diese Erkenntnisse bildeten die Basis für Provenienzanalysen. 16 Fundorte können durch Provenienzanalyse sicher als Exportregionen der Mayener Ware festgestellt werden. Gemäß den Brennexperimenten lassen sich die chemischen Reaktionen während des Brandprozesses nachvollziehen. Zwei Methoden wurden mittels Röntgendiffraktometrie (XRD) und Differential-Thermoanalyse (DTA) zur Bestimmung der Brenntemperaturen der Keramik modelliert. Die Töpferöfen der „Burggärten“ können nach der Brenntemperatur in zwei Typen zusammengefasst werden: solche mit einer Brenntemperatur unter 1050°C und solche mit einer Brenntemperatur über 1050°C.rn

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Die vorliegende Arbeit gliedert sich in drei Kapitel. Das erste Kapitel umfasst dabei die Darstellung von Methoden, die zum gegenwärtigen Zeitpunkt unter anderem in der provinzialrömischen Archäologie zur Untersuchung von Gefäßkeramik üblich sind, wobei die Einzelergebnisse des im Rahmen dieser Arbeit untersuchten gebrauchskeramischen Materials (Randfragmente) der Saalburg (bei Bad Homburg) am Ende des Kapitels zusammengefasst werden. Im zweiten Kapitel werden anhand des gleichen Materials einige naturwissenschaftliche Methoden dargestellt, die zur Materialanalyse sowohl in den Geowissenschaften (Materialwissenschaft), als auch in der Archäometrie häufig Anwendung finden und deren Ergebnisse am Ende des Kapitels zusammengefasst. In einer Gesamtbetrachtung (drittes Kapitel) werden schließlich diese hinsichtlich ihrer Aussagekraft in archäologischem Kontext evaluiert. Neben der im Anhang festgehaltenen Original-dokumentation der Dünnschliff-Untersuchungen (Ramanspektroskopie, „RS“), werden im Abbildungsteil die Kopien der Originaldaten aus der Röntgendiffraktometrie („XRD“) und der Röntgenfluoreszenzanalyse („RFA“, chemische Analyse), Abbildungen einiger Festkörper, als auch Zeichnungen, Photos und Dünnschliffe der Randfragmente aufgeführt. Während die Darstellung der angewandten Methoden einer Verständniserleichterung vor allem der komplexen chemisch-physikalischen Zusammenhänge dienen soll - nicht zuletzt auch, um die künftige Methodenwahl zu optimieren - soll mittels der Evaluation, vor allem für die Keramikforschung, die Entwicklung neuer Forschungsmethoden unterstützt werden. Aus dem Vergleich der Ergebnisse beider Kapitel erhebt sich nicht allein für die Keramikforschung die Frage, inwieweit die Anwendungen bestimmter Untersuchungen überhaupt sinnvoll sind, wenn sie nicht nur der Bestätigung dienen sollen, sondern welche Konsequenzen daraus auch für die Untersuchung anderer historisch-kultureller Materialgruppen resultieren könnten.

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La presente tesi esamina la progettazione e lo sviluppo di un sistema software la cui funzionalità principale è quella di gestire segnalazioni in merito a problematiche riscontrate dall'utente che possono riguardare diversi ambiti come segnalazioni post-vendita in merito a progetti informatici (bug, mancanza di funzionalità, errori di funzionalità...) o segnalazioni in merito a disguidi su ordini (ordine errato, ordine non ricevuto...). Tali problematiche vengono identificate nel ticket. Una volta aperto, dopo un'analisi del problema, il ticket viene assegnato ad un operatore che si occuperà di risolverlo. In questa fase operatore ed utente possono scambiarsi informazioni aggiuntive tramite un thread di conversazione associato al ticket. Il sistema è volto ad uniformare il canale di comunicazione tra azienda e cliente e a fornire all'azienda che ne ha fatto richiesta un sistema efficiente per la gestione di queste segnalazioni, portando dei benefici ad entrambe le parti, impiegati e clienti, che possono fornire un feedback in merito al servizio ricevuto. Il sistema è stato sviluppato per dispositivi Android. L'architettura utilizzata per sviluppare l'applicazione è di tipo client-server. I dati necessari al funzionamento dell'applicazione sono conservati in un database online.

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L'argomento di questa tesi è l'architettura di rete Delay-/Disruption-Tolerant Networking (DTN), progettata per operare nelle reti “challenged”, dove la suite di protocolli TCP/IP risulta inefficace a causa di lunghi ritardi di propagazione del segnale, interruzioni e disturbi di canale, ecc. Esempi di reti “challenged” variano dalle reti interplanetarie alle Mobile Ad-Hoc Networks (MANETs). Le principali implementazioni dell'architettura DTN sono DTN2, implementazione di riferimento, e ION, sviluppata da NASA JPL per applicazioni spaziali. Una grande differenza tra reti spaziali e terrestri è che nello spazio i movimenti dei nodi sono deterministici, mentre non lo sono per i nodi mobili terrestri, i quali generalmente non conoscono la topologia della rete. Questo ha portato allo sviluppo di diversi algoritmi di routing: deterministici per le reti spaziali e opportunistici per quelle terrestri. NASA JPL ha recentemente deciso di estendere l'ambito di applicazione di ION per supportare anche scenari non deterministici. Durante la tesi, svolta presso NASA JPL, mi sono occupato di argomenti diversi, tutti finalizzati a questo obiettivo. Inizialmente ho testato la nuova implementazione dell'algoritmo IP Neighbor Discovery (IPND) di ION, corretti i bug e prodotta la documentazione ufficiale. Quindi ho contribuito ad integrare il Contact Graph Routing (CGR) di ION nel simulatore DTN “ONE” utilizzando la Java Native Interface (JNI) come ponte tra il codice Java di ONE e il codice C di ION. In particolare ho adattato tutte le librerie di ION necessarie per far funzionare CGR all'interno dell'ambiente di ONE. Infine, dopo aver analizzato un dataset di tracce reali di nodi mobili, ho contribuito a progettare e a sviluppare OCGR, estensione opportunistica del CGR, quindi ne ho curato l'integrazione in ONE. I risultati preliminari sembrano confermare la validità di OCGR che, una volta messo a punto, può diventare un valido concorrente ai più rinomati algoritmi opportunistici.

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Code duplication is common in current programming-practice: programmers search for snippets of code, incorporate them into their projects and then modify them to their needs. In today's practice, no automated scheme is in place to inform both parties of any distant changes of the code. As code snippets continues to evolve both on the side of the user and on the side of the author, both may wish to benefit from remote bug fixes or refinements --- authors may be interested in the actual usage of their code snippets, and researchers could gather information on clone usage. We propose maintaining a link between software clones across repositories and outline how the links can be created and maintained.

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A genomic biomarker identifying patients likely to benefit from drotrecogin alfa (activated) (DAA) may be clinically useful as a companion diagnostic. This trial was designed to validate biomarkers (improved response polymorphisms (IRPs)). Each IRP (A and B) contains two single nucleotide polymorphisms that were associated with a differential DAA treatment effect.

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The island of Cyprus was a major producer of copper and stood at the heart of east Mediterranean trade networks during the Late Bronze Age. It may also have been the source of the Red Lustrous Wheelmade Ware that has been found in mortuary contexts in Egypt and the Levant, and in Hittite temple assemblages in Anatolia. Neutron Activation Analysis (NAA) has enabled the source area of this special ceramic to be located in a geologically highly localised and geochemically distinctive area of western Cyprus. This discovery offers a new perspective on the spatial organisation of Cypriot economies in the production and exchange of elite goods around the eastern Mediterranean at this time.

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Rheumatic diseases in women of childbearing years may necessitate drug treatment during a pregnancy, to control maternal disease activity and to ensure a successful pregnancy outcome. This survey is based on a consensus workshop of international experts discussing effects of anti-inflammatory, immunosuppressive and biological drugs during pregnancy and lactation. In addition, effects of these drugs on male and female fertility and possible long-term effects on infants exposed to drugs antenatally are discussed where data were available. Recommendations for drug treatment during pregnancy and lactation are given.

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To test the role of telomere biology in T-cell prolymphocytic leukemia (T-PLL), a rare aggressive disease characterized by the expansion of a T-cell clone derived from immuno-competent post-thymic T-lymphocytes, we analyzed telomere length and telomerase activity in subsets of peripheral blood leukocytes from 11 newly diagnosed or relapsed patients with sporadic T-PLL. Telomere length values of the leukemic T cells (mean+/-s.d.: 1.53+/-0.65 kb) were all below the 1st percentile of telomere length values observed in T cells from healthy age-matched controls whereas telomere length of normal T- and B cells fell between the 1st and 99th percentile of the normal distribution. Leukemic T cells exhibited high levels of telomerase and were sensitive to the telomerase inhibitor BIBR1532 at doses that showed no effect on normal, unstimulated T cells. Targeting the short telomeres and telomerase activity in T-PLL seems an attractive strategy for the future treatment of this devastating disease.