1000 resultados para base di Bernstein spazi di Chebyshev Bézier spazi generalizzati a tratti


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I sistemi fiscali contemporanei applicano l’imposizione diretta a persone fisiche e persone giuridiche. In ciascuno Stato tuttavia una varietà di figure intermedie, definibili non- corporate-entities, sono dotate di gradi diversi di soggettività di diritto. Fra queste rientrano le partnership. Con l’obiettivo di ricondurre la fiscalità delle partnership all’interno del regime domestico generale previsto per persone fisiche o giuridiche, ogni Stato impiega proprie regole di caratterizzazione fiscale delle partnership. Di conseguenza, ciascuno Stato può considerare le partnership fiscalmente opache o trasparenti. Ciò vale sia per le partnership domestiche che per quelle estere. Quando l’attività di una partnership domestica presenta elementi di internazionalità, gli approcci domestici di caratterizzazione fiscale interferiscono spesso con quelli adottati da altri Stati. Tali inevitabili conflitti producono un alto rischio di doppia imposizione o doppia non imposizione dei redditi internazionali. La soluzione di tale genere di problemi non trova sistematica considerazione né nei Trattati fiscali, né nei Trattati UE così come interpretati dalla CGUE. Essa resta affidata all’autonoma iniziativa di ciascuno Stato. Questo studio esamina l’imposizione diretta delle partnerships internazionali che presentino un qualche collegamento con il sistema fiscale italiano. Esso inoltre propone una comparazione con altri sistemi fiscali selezionati sulla base di alcuni criteri. La comparazione mira alla individuazione dei problemi scaturenti dalla simultanea applicazione della tassazione italiana ed estera, considerando il ruolo spesso modesto dei Trattati fiscali. Ove un Trattato includa clausole specifiche per le partnership, ne viene esaminato l’effetto. Se i Paesi considerati sono Stati membri UE, i risultati dell’analisi sono esaminati rispetto alla normativa europea, con particolare riguardo ai profili di compatibilità con le libertà del Trattato UE e con i relativi orientamenti della CGUE.

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La thèse vise à analyser la représentation des villes de Bologne, Limoges et Thessalonique, dans le roman noir italien, français et grec contemporain (1995-2015). L'approche sociologique, anthropologique et géocritique domine dans la première partie de la thèse, tandis que, dans la deuxième partie, plus consacrée à l'analyse des textes, est utilisée une approche linguistique et stylistique basée sur les occurrences et la rhétorique, qui prend également en compte certains éléments de psychocritique. La réflexion se développe en deux étapes, plus un chapitre conclusif. Dans la première partie, les villes de Bologne, Limoges et Thessalonique sont analysées comme des villes noires, des lieux du crime à déchiffrer, sur la base de cinq caractéristiques : dilatation, déshumanisation, désorientation, déculturation, désindividualisation. Dans la deuxième partie, nous essayons de définir le défi des détectives contemporains : lire les villes, comme codes à déchiffrer, pour résoudre les crimes. L'interprétation de la ville se développe en cinq phases, spéculaires aux caractéristiques de la première partie : exploration, détection, reconstruction, identification, acceptation. À la fin de son enquête et du roman, le détective découvre que la ville est un vrai personnage, elle n’est pas seulement un lieu de crime mais aussi un lieu de l'âme, miroir du vécu des protagonistes. Les romans noirs contemporains de Bologne, Limoges et Thessalonique mettent en scène le conflit, peut-être insoluble, qui tourne autour de la définition de qui est la ville et donc de qui est l’individu et ils indiquent l'impossibilité d'une réponse définitive et rassurante. L'homme et la ville se confondent pour ne faire plus qu'un.

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Il rapporto di Antonio Canova con la società e la cultura inglese è da sempre considerato di fondamentale importanza, ma solo negli ultimi anni è stato oggetto di studi più approfonditi, tuttavia per lo più limitati alle vicende della committenza artistica: una riflessione che ambisse a tenere insieme le fila delle molteplici sfaccettature del tema ricostruendo ed interconnettendo tra loro gli aspetti alla base di questa relazione di mutuo arricchimento mancava ancora nella pur ricchissima bibliografia canoviana. Per poter intraprendere una simile indagine, si è preso le mosse dalla quanto mai corposa documentazione archivistica e dalle molte fonti a stampa dell'epoca, integralmente trascritte nelle quattro appendici a corredo di questo studio. Se ne sono tratti un piccolo dizionario biografico di tutte le personalità britanniche in rapporto con l'artista nell'arco della sua intera carriera ed un catalogo di oltre sessanta opere in vario modo legate alla committenza ed al collezionismo inglese. Nel saggio, invece, la disamina del tema in oggetto è stata condotta affrontandone in ciascun capitolo singoli aspetti distintivi: la committenza e la mutua influenza culturale; le relazioni politiche e diplomatiche intercorse tra Canova ed il Regno Unito attraverso la sua arte; lo straordinario favore goduto dallo scultore in terra inglese e le ragioni profonde della sua precoce sforuna critica; infine il suo rapporto con le arti figurative e letterarie britanniche, un ambito di ricerca complesso e relativamente originale per il quale si è avviata un'indagine introduttiva utile, si spera, ad impostare la ricerca per futuri approfondimenti. L'obiettivo perseguito, pertanto, è quello di gettare uno sguardo finalmente generale su di un fenomeno che, osservato nella sua interezza, può ancora spiegare moltissimo sulla figura e la carriera di Antonio Canova, personalità che appare, oggi più che mai, di statura europea.

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L’interazione tra il sistema immunitario dell’ospite e la cellula tumorale rappresenta uno degli elementi cardine dello sviluppo del clone neoplastico: la capacità della cellula cancerosa di evadere il controllo immunitario sfruttando meccanismi fisiologici come i checkpoint immunitari è alla base di diverse neoplasie, incluse le sindromi linfoproliferative. Lo sviluppo di anticorpi monoclonali che bloccano selettivamente l’interazione tra il recettore trans-membrana PD-1 (programmed death -1) ed i propri ligandi (PD-L1 e PD-L2), rappresenta una delle scoperte terapeutiche più promettenti in ambito onco-ematologico. Nonostante l’importante efficacia antitumorale degli anticorpi anti checkpoint immunitari dimostrata dai differenti studi clinici condotti sia in ambito oncologico che ematologico, una parte dei pazienti, a parità di patologia e di farmaco ricevuto, non risponde alla terapia o sviluppa eventi avversi immuno-relati. La comprensione della variabilità di risposta dimostrata dai pazienti con stessa patologia, sottoposti a stesso trattamento rappresenta pertanto un punto chiave allo scopo di identificare strategie che possano potenziare l’efficacia terapeutica di tali anticorpi, riducendone gli effetti collaterali. Studi recenti hanno evidenziato il ruolo del microbiota intestinale (MI) nel modellare la risposta immunitaria sistemica e, nel contesto neoplastico, nel modificare e mediare l’attivazione del sistema immunitario ad agenti chemio-immunoterapici. È noto che il MI sia un ecosistema plastico che può riorganizzare funzionalità e composizione in maniera adattativa in risposta a diversi fattori ambientali. La struttura individuale del MI e la sua dinamicità temporale possono, pertanto, influenzare l’outcome delle chemio-immunoterapie onco-ematologiche, modulandone l’efficacia e la tossicità. In questo scenario, ipotizziamo che la caratterizzazione longitudinale (pre, durante e post-terapia) del MI di pazienti affetti da linfoma trattati con anticorpi anti-checkpoint inibitori e la sua correlazione con la risposta al trattamento e con lo sviluppo di eventi avversi possa avere un ruolo nel delineare l’outcome di tali pazienti e nell’identificare nuovi criteri di stratificazione del rischio.

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La ricerca si pone l’obiettivo di analizzare strumenti e metodi per l’applicazione dell’H-BIM comprendendone le criticità e fornendo soluzioni utili in questo campo. Al contempo la finalità non è circoscrivibile alla semplice produzione di modelli 3D semanticamente strutturati e parametrici a partire da una nuvola di punti ottenuta con un rilievo digitale, ma si propone di definire i criteri e le metodiche di applicazione delle H-BIM all’interno dell’intero processo. L’impostazione metodologica scelta prevede un processo che parte dalla conoscenza dello stato dell’arte in tema di H-BIM con lo studio dell’attuale normativa in materia e i casi studio di maggior rilevanza. Si è condotta una revisione critica completa della letteratura in merito alla tecnologia BIM e H-BIM, analizzando esperienze di utilizzo della tecnologia BIM nel settore edile globale. Inoltre, al fine di promuovere soluzioni intelligenti all’interno del Facility Management è stato necessario analizzare le criticità presenti nelle procedure, rivedere i processi e i metodi per raccogliere e gestire i dati, nonché individuare le procedure adeguate per garantire il successo dell’implementazione. Sono state evidenziate le potenzialità procedurali e operative legate all’uso sistematico delle innovazioni digitali nell’ottica del Facility Management, oltre che allo studio degli strumenti di acquisizione ed elaborazione dei dati e di post-produzione. Si è proceduto al testing su casi specifici per l’analisi della fase di Scan-to-BIM, differenziati per tipologia di utilizzo, data di costruzione, proprietà e localizzazione. Il percorso seguito ha permesso di porre in luce il significato e le implicazioni dell’utilizzo del BIM nell’ambito del Facility Management, sulla base di una differenziazione delle applicazioni del modello BIM al variare delle condizioni in essere. Infine, sono state definite le conclusioni e formulate raccomandazioni riguardo al futuro utilizzo della tecnologia H-BIM nel settore delle costruzioni. In particolare, definendo l’emergente frontiera del Digital Twin, quale veicolo necessario nel futuro della Costruzione 4.0.

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La presente tesi di Dottorato di Ricerca descrive le attività di ricerca riguardanti diversi ambiti della sicurezza alimentare, della farmacologia e tossicologia veterinaria. Sono presentati i dati relativi alla ricerca di ocratossina A (OTA) in campioni di bile, rene e fegato di polli, salami artigianali e diversi tipi di formaggio; le concentrazioni di diversi metalli pesanti in uova di galline rurali e 5 tipologie di uova industriali; i dati preliminari ottenuti dalle analisi dei primi campioni di uova e penne provenienti da allevamenti amatoriali di pollame, analizzati per la ricerca del fipronil e metaboliti. Sempre per fipronil, e la molecola foxim, sono presentati dati inerenti a studi di potenziale farmaco-resistenza di popolazioni naturali di Dermanyssus gallinae, e dell’attività insetticida di alcuni fitocomposti a base di tannini. Riguardo all’uso di fitoestratti, sono presentati i dati preliminari ottenuti nei primi mesi di una prova sperimentale in galline di razza Livornese allevata con metodo free-range, finalizzata allo studio della attività anti-infiammatoria e immuno-stimolante, nonché alla valutazione della sicurezza della integrazione nella dieta di Boswellia serrata e Salix alba. Sono stati condotti anche studi traslazionali con altri settori scientifici, relativamente la prevalenza sierologica e microbiologica per Salmonella enterica var. enteritidis e var. thiphymurium in allevamenti ornamentali e da auto-consumo di pollame, e di prevalenza e caratterizzazione di potenziali varianti virali e batteriche (incluse zoonosiche) di alcune malattie infettive del pollame ornamentale. In specie avicole ornamentali è riportato anche uno studio di campo sul trattamento off-label con Fenbendazolo e Flubendazolo in infestazioni massive da Cyathostoma bronchialis in oche esotiche ornamentali. A seguito di una collaborazione con l’Università di Firenze, sono presentati anche i risultati ottenuti da uno studio su modelli murini, dell’azione e funzionamento dei recettori Beta3, espressi nelle neoplasie più frequenti che si verificano nelle donne in gravidanza.

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L’enorme progresso nel campo della biologia cellulare ha consentito lo sviluppo di tecnologie per la ricostruzione in vitro di tessuti, definendo una nuova branca di scienze biomediche: l’ingegneria dei tessuti. Tra le sue numerose applicazioni, la riparazione del tessuto cardiaco infartuato rappresenta un’importante obiettivo. Tra i polimeri sintetici sperimentati per questa applicazione, il poli(butilene succinato) (PBS) rappresenta un ottimo candidato. Nonostante i promettenti risultati già ottenuti dal punto di vista di biodegradabilità e biocompatibilità, il PBS presenta proprietà meccaniche poco adatte a questo impiego: l’applicazione miocardica richiede particolari caratteristiche di modulo di Young (E) e un ritorno elastico comparabile a quello del miocardio. Al fine di conferire al PBS proprietà meccaniche funzionali all’MTE (Miocardial Tissue Engineering), in questa Tesi è stato sintetizzato e caratterizzato un nuovo copolimero statistico a base di PBS contenente subunità Pripol 1009, un diacido prodotto dalla Croda, biobased e biodegradabile. Sono stati preparati film attraverso pressofusione e scaffold tramite elettrofilatura. Oltre alla caratterizzazione molecolare, volta a determinare il peso molecolare, la struttura e la composizione, film e scaffold sono stati sottoposti anche ad analisi termica, diffrattometrica, meccanica e a studi di degradazione idrolitica in condizioni fisiologiche. I risultati ottenuti hanno evidenziato che l’inserimento di segmenti Pripol all’interno della catena polimerica ha portato, oltre che a un incremento della stabilità termo-ossidativa, anche a un importante miglioramento delle proprietà meccaniche: il materiale sintetizzato, sia sotto forma di film che di scaffold, possiede le caratteristiche di elastomero termoplastico che lo rendono adatto ad applicazioni nell’ingegneria tissutale. Da ultimo, rispetto al PBS, il copolimero statistico mostra una maggiore velocità di degradazione in condizioni fisiologiche.

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La tesi si divide in due macroargomenti relativi alla preparazione della geometria per modelli MCNP. Il primo è quello degli errori geometrici che vengono generati quando avviene una conversione da formato CAD a CSG e le loro relazioni con il fenomeno delle lost particles. Il passaggio a CSG tramite software è infatti inevitabile per la costruzione di modelli complessi come quelli che vengono usati per rappresentare i componenti di ITER e può generare zone della geometria che non vengono definite in modo corretto. Tali aree causano la perdita di particelle durante la simulazione Monte Carlo, andando ad intaccare l' integrità statistica della soluzione del trasporto. Per questo motivo è molto importante ridurre questo tipo di errori il più possibile, ed in quest'ottica il lavoro svolto è stato quello di trovare metodi standardizzati per identificare tali errori ed infine stimarne le dimensioni. Se la prima parte della tesi è incentrata sui problemi derivanti dalla modellazione CSG, la seconda invece suggerisce un alternativa ad essa, che è l'uso di Mesh non Strutturate (UM), un approccio che sta alla base di CFD e FEM, ma che risulta innovativo nell'ambito di codici Monte Carlo. In particolare le UM sono state applicate ad una porzione dell' Upper Launcher (un componente di ITER) in modo da validare tale metodologia su modelli nucleari di alta complessità. L'approccio CSG tradizionale e quello con UM sono state confrontati in termini di risorse computazionali richieste, velocità, precisione e accuratezza sia a livello di risultati globali che locali. Da ciò emerge che, nonostante esistano ancora alcuni limiti all'applicazione per le UM dovuti in parte anche alla sua novità, vari vantaggi possono essere attribuiti a questo tipo di approccio, tra cui un workflow più lineare, maggiore accuratezza nei risultati locali, e soprattutto la possibilità futura di usare la stessa mesh per diversi tipi di analisi (come quelle termiche o strutturali).

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L'ingegneria tissutale è una branca delle scienze biomediche che negli ultimi anni si sta sviluppando come mezzo risolutivo per numerose problematiche mediche. Un'applicazione di particolare importanza è il trattamento di patologie cardiovascolari, le quali sono una delle principali cause di morte nel mondo. La mancanza di tessuto autologo e i problemi legati alle terapie cardiache, hanno incentivato numerosi studi basati sulla ricerca di biomateriali adeguati alla realizzazione di tessuti sintetici sostitutivi. In questo ambito, il polibutilene succinato (PBS) riveste sicuramente un ruolo importante. La sua biocompatibilità insieme alla biodegradabilità, non sono però sufficienti a renderlo idoneo ad applicazioni miocardiche, a causa dell’elevata rigidità. Allo scopo di migliorare le proprietà meccaniche del PBS nell’ottica di un’applicazione nel campo della rigenerazione del tessuto cardiaco, ma senza andare a detrimento delle proprietà già buone, il presente lavoro di Tesi propone un nuovo copolimero a base di PBS. Tale materiale è stato ottenuto tramite reazione di estensione di catena di un blocco hard (PBS) e un blocco soft (costituito da un copolimero statistico P(BSNS)). Il materiale ottenuto è stato analizzato sia sottoforma di film che di scaffold. Dopo una prima caratterizzazione molecolare (1H-NMR e GPC), il copolimero multiblocco è stato sottoposto anche ad analisi termica (DSC e TGA), diffrattometrica (WAXS) e meccanica. Si è evidenziato un miglioramento della stabilità termica e soprattutto una diminuzione del modulo elastico unitamente all’aumento dell’allungamento a rottura, in particolare nello scaffold. E’ stata inoltre valutata la velocità di degradazione idrolitica, evidenziandone una riduzione rispetto all’omopolimero. I risultati ottenuti confermano il miglioramento delle proprietà non soddisfacenti del PBS, indicando il copolimero multiblocco, oggetto della presenti Tesi, come materiale più idoneo alle applicazioni sopracitate.

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La salvaguardia della risorsa suolo, bene comune da preservare per le future generazioni, sollecita l’adozione di principi dell’agroecologia nella gestione dei vigneti. In questo contesto, il lavoro di Tesi condotto in un vigneto della cv Sangiovese (Castel Bolognese, RA) si è focalizzato sugli effetti delle strategie agroecologiche di gestione del suolo e, in particolare, sul fenomeno delle crepacciature attraverso lo sviluppo di un approccio metodologico basato sull’elaborazione ed analisi di immagini. Il suolo gestito attraverso l’utilizzo di un inerbimento “modulato a strisce”, caratterizzato dalla presenza di un miscuglio a base di leguminose autoriseminanti lungo il filare, ha migliorato lo stato idrico delle viti. La Tesi ha dimostrato che le strategie agronomiche implementate nel campo sperimentale, riducendo le lavorazioni meccaniche del suolo e limitandole alle sole operazioni di semina dei miscugli, possono contribuire significativamente alla conservazione della risorsa suolo. La metodologia per lo studio delle crepacciature, ideata e resa replicabile nel lavoro di Tesi, potrà essere adottata e sviluppata per confermare i benefici delle strategie agroecologiche.

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L’incremento mondiale nel consumo di materie plastiche registrato negli ultimi ottant’anni, ha portato all’insorgere di diverse problematiche ambientali, legate allo smaltimento dei rifiuti e all’eccessivo sfruttamento dei giacimenti petroliferi. La situazione risulta particolarmente difficoltosa nel settore di massimo utilizzo delle plastiche: il food packaging. Una delle possibili soluzioni è l’utilizzo di bioplastiche, soprattutto quelle derivanti da biomassa. Fra queste, di particolare interesse sono i biopolimeri a base di acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), come il poli(butilene furanoato) (PBF) dotato di ottime proprietà meccaniche, termiche e barriera, ma caratterizzato al contempo da eccessiva rigidità. Il presente lavoro di Tesi Magistrale si propone di modulare le proprietà del PBF, mediante copolimerizzazione con acido isoftalico, monomero biobased e in grado di conferire buone proprietà barriera al materiale finale. I due monomeri aromatici, in diversa percentuale molare, sono stati polimerizzati con 1,4-butandiolo, ottenendo un sistema copolimerico poli(butilene furanoato-co-isoftalato) 100% biobased. I materiali sintetizzati sono stati sottoposti a caratterizzazione molecolare (1H-NMR, 13C-NMR e GPC), termica (TGA e DSC), diffrattometrica (WAXS), analisi meccanica e prove barriera. Essi hanno mostrato ottime proprietà meccaniche, con riduzione del modulo elastico e aumento dell’allungamento a rottura all’aumentare della percentuale di unità isoftalica impiegata, ottima stabilità termica (oltre 350°C) e proprietà barriera confrontabili con quelle dei polimeri di derivazione petrolchimica, attualmente utilizzati nel campo degli imballaggi. I risultati ottenuti mostrano come la copolimerizzazione abbia permesso di migliorare le proprietà non soddisfacenti del PBF, senza andare a detrimento di quelle già buone, nell’ottica dell’applicazione finale.

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Nel settore alimentare viene utilizzata un’elevata quantità di materie plastiche per conservare i prodotti e facilitarne la distribuzione. L’utilizzo di questi polimeri ha un costo ambientale piuttosto elevato, per questo trovare surrogati ecosostenibili diventa sempre più importante. In questa tesi abbiamo testato l’efficacia del confezionamento di un prodotto altamente deperibile, quale carne di pollo, con un biofilm a base di chitosano. Il chitosano è polisaccaride largamente presente in natura, dotato di caratteristiche chimico-fisiche che permettono l’ottenimento di un film con proprietà meccaniche e di barriera simili ai polimeri tradizionali, oltre a possedere attività antibatterica. Abbiamo realizzato film contenenti chitosano e altri biocomposti, quali montmorillonite, nanoparticelle di ossido di zinco e olio essenziale di rosmarino, per un totale di 6 film con diversa composizione. Tramite analisi microbiologiche e chimico-fisiche abbiamo confrontato l’efficacia dei diversi film prodotti rispetto ad un controllo (carne conservata in un contenitore asettico). Le analisi sono state svolte in doppio, a 0, 3, 7, 10, 15 giorni di conservazione ad una temperatura di 4°C. In diversi film abbiamo ottenuto una riduzione significativa rispetto al controllo (p<0,05) della conta totale dei microrganismi mesofili aerobici (TMAM) e delle Enterobacteriaceae. La rilevazione del pH e dell’acidità titolabile ha fornito risultati in linea a quelli microbiologici. I campioni nel biofilm hanno spesso subito una variazione significativa (p<0,05) dell’umidità rispetto al controllo, a causa dell’elevata permeabilità al vapore acqueo. L’analisi dei TBARS non ha spesso riportato differenze significative rispetto al controllo (p>0,05), e quando presenti, è perché il campione era più ossidato del controllo (p<0,05). Invece, è stato ottenuto un miglioramento significativo (p<0,05) dello Hue angle tra i film e il controllo. I risultati ottenuti forniscono le basi per studi aggiuntivi.

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Scopo del presente lavoro di tesi è la sintesi di un complesso di manganese contenente un legante bis N-eterociclico e la sua applicazione come catalizzatore nelle reazioni di idrosililazione e idroborazione di doppi e tripli legami. I composti organici sililati e borilati sono importanti prodotti intermedi in diversi settori della chimica fine grazie alla loro stabilità e alla loro capacità di essere ampiamente funzionalizzati. Idroborazione e idrosililazione, grazie allo sviluppo di catalizzatori appositi, permettono di ottenere questi composti riducendo coprodotti, sottoprodotti e condizioni operative estreme. Generalmente i catalizzatori impiegati industrialmente contengono metalli di transizione costosi, rari e non biocompatibili. Per questo motivo negli ultimi anni la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di nuovi catalizzatori a base di metalli della prima serie di transizione tra cui il manganese, noto per essere abbondante sulla crosta terrestre, economico e biocompatibile. I composti N-eterociclici (NHC) sono una classe di leganti tra le più utilizzate poiché oltre a una grossa variabilità di caratteristiche steriche ed elettroniche, consentono di stabilizzare la specie metallica. I complessi N-eterociclici di manganese sono stati scarsamente applicati nelle reazioni di idroborazione e idrosililazione. Per questo motivo, il gruppo dove ho svolto il mio tirocinio si è dedicato a questo tipo di ricerca, sintetizzando e testando un complesso bis-NHC di manganese nell’idrosililazione di carbonili e solfossidi. Il mio lavoro si inserisce all’interno di questo ampio progetto, applicando nuovamente lo stesso complesso su una serie di substrati e reazioni differenti. In particolare, l’idrosililazione è stata applicata su alchini, alcheni e su carbonili (in questo caso attivando il complesso con la luce visibile). Inoltre, si è testata l’attività catalitica del complesso nell’idroborazione di alchini.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca volto alla sintesi di nuovi complessi di metalli di transizione per lo sviluppo di catalizzatori da impiegare in reazioni di catalisi omogenea. In particolare il mio progetto si è concentrato sulla sintesi di complessi organometallici di manganese con leganti carbenici N-eterociclici (NHC). La scelta dei leganti è stata effettuata in modo tale da poter avere leganti chelanti NHC di tipo MIC (mesoionic carbene) sintetizzati tramite cicloaddizione tra un alchino ed un azide catalizzata da rame (CuAAC) e N-alchilazione. Lo studio di questi complessi a base di manganese è ancora tutt’oggi agli albori, leganti NHC vengono molto utilizzati grazie alla possibilità di variarne le proprietà steriche ed elettroniche e alla possibilità di formare legami forti con quasi tutti i metalli. Il manganese è stato scelto poiché un elemento abbondante, poco tossico e poco costoso. The present thesis work is part of a research project aimed at the synthesis of new transition metal complexes to be used in homogeneous catalysis reactions. In particular my project focused on the synthesis of manganese organometallic complexes with N-heterocyclic carbene ligands (NHC). The choice of ligands was carried out to have NHC chelating ligands of the class of MIC (mesoionic carbene). These ligands are synthesized by cycloaddition between alkyl and azide with a copper-catalyzed reaction (CuAAC) and N-alkylation in order to obtain MIC after deprotonation. The study of these manganese-based complexes is still in its infancy today, NHC ligands are widely used thanks to the possibility of varying their steric and electronic properties and the possibility of forming strong bonds with almost all metals. The choice of manganese was made because is an abundant, low-toxic and inexpensive element.

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L'osteoartrite (OA) è una patologia infiammatorio/degenerativa ossea per la quale non sono disponibili terapie causali efficaci ma solo approcci palliativi per la riduzione del dolore cronico. E’ quindi giustificato un investimento per individuare nuove strategie di trattamento. In quest’ottica, lo scopo di questa tesi è stato quello di indagare l’efficacia di polyplexi a base di chitosano o di PEI-g-PEG in un modello cellulare 3D in vitro basato su un hydrogel di Gellan Gum Metacrilato (GGMA) con a bordo condrociti in condizioni simulate di OA. Inizialmente sono state studiate la dimensione e il potenziale-Z di un pool di formulazioni di poliplexi. Quindi se ne è valutata la citocompatibilità utilizzando cellule staminali mesenchimali immortalizzate Y201. Infine, una miscela di GGMA, cellule e polyplexi è stata utilizzata per la stampa 3D di campioni che sono stati coltivati fino a 14 giorni. La condizione OA è stata simulata trattando le cellule con una miscela di citochine implicate nello sviluppo della malattia. Tutte le formulazioni a base di chitosano e due basate su PEI-g-PEG si sono dimostrate citocompatibili e sono hanno veicolato i miRNA nelle cellule (come mostrato dai risultati di analisi in fluorescenza). I risultati delle colorazioni H&E e AlcianBlue hanno confermato che il terreno condizionato ha ben ricreato le condizioni di OA. I polyplexi a base di chitosano e PEI-g-PEG hanno controbilanciato gli effetti delle citochine. Risultati incoraggianti, anche se da approfondire ulteriormente, provengono anche dall’analisi di espressione (RT-PCR) di cinque geni specifici della cartilagine. Concludendo, questo modello ha ben riprodotto le condizioni di OA in vitro; il chitosano ha mostrato di essere un adeguato veicolo per un trattamento a base di miRNA; il PEI-g-PEG si propone come un'alternativa più economica e ragionevolmente affidabile, sebbene il rischio di citotossicità alle concentrazioni più elevate richieda una più esteva validazione sperimentale.