915 resultados para Post-Second World War


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L’autore ricostruisce ed esamina la storia dei rapporti italo-tedeschi negli anni immediatamente precedenti la riapertura ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Italia e Repubblica federale tedesca. Un riavvicinamento economico e politico progressivo, ma che suscitò forti contrasti tra i principali attori della diplomazia italiana. Il saggio si basa su una documentazione conservata presso l’Archivio storico del ministero degli Esteri, l’Archivio centrale dello Stato, l’Archivio storico della Banca d’Italia e l’Archivio Politico del ministero degli Esteri della Repubblica federale. L’autore sostiene che le relazioni economiche italo-tedesche assunsero un ruolo centrale nel processo di elaborazione della politica estera italiana sulla questione tedesca nel corso di questi anni. Prima dell’istituzione della Repubblica federale tedesca, l’Italia divenne un partner economico fondamentale per la Germania occidentale. Tra il 1945 e il 1949 l'Italia fu il primo paese europeo favorevole alla rinascita di un nuovo stato tedesco non sottoposto alla diretta influenza dell’Unione Sovietica. Il presidente del Consiglio De Gasperi e il ministro degli Esteri Sforza per sostenere la nuova Germania attuarono una precisa azione diplomatica di riavvicinamento politico, promuovendo diversi scambi di visite e di incontri con i rappresentanti tedeschi.

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La tesi analizza, nel quadro del secondo dopoguerra, quattro casi studio scelti tra le opere di ricostruzione dell’architetto Josef Wiedemann (1910-2001) nel centro di Monaco di Baviera: Odeon (1951-1952), Alte Akademie (1951-1955), Siegestor (1956-1958) e Glyptothek (1961-1972). L’architetto si occupa di opere simbolo della città di Monaco, affrontando la loro ricostruzione come un tema fondante per la storia e l’identità del popolo bavarese, ma soprattutto come un’occasione per definire un metodo d’intervento sulle rovine della guerra. Il suo lavoro è caratterizzato infatti per la ricerca costante di una sintesi tra interesse per la conservazione dell’antico e apertura al nuovo; ispirandosi all’insegnamento del maestro Hans Döllgast, Wiedemann traccia una nuova originale strada per l’intervento sull’antico, segnata da una profonda capacità tecnico-progettuale e dall'attenzione alle nuove esigenze a cui deve rispondere un’architettura contemporanea. Partendo dai suoi scritti e dalle sue opere, si può rilevare un percorso coerente che, partendo dalla conoscenza della storia dell'edificio, ripercorrendone l’evoluzione dallo stato che potremmo definire “originario” allo stato di rovina, giunge a produrre nel progetto realizzato una sintesi tra il passato e il futuro. L'architetto, nella visione di Wiedemann, è chiamato a un compito di grande responsabilità: conoscere per progettare (o ri-progettare) un edificio che porta impressi su di sé i segni della propria storia. Nel metodo che viene messo progressivamente a punto operando nel corpo vivo dei monumenti feriti dalla guerra, è percepibile fino a distinguerlo chiaramente l’interesse e l’influenza del dibattito italiano sul restauro. La conservazione “viva” dell'esistente, così come viene definita da Wiedemann stesso, si declina in modo diverso per ogni caso particolare, approdando a risultati differenti tra loro, ma che hanno in comune alcuni principi fondamentali: conoscere, ricordare, conservare e innovare.

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La ricerca analizza la forma di Stato e di Governo e si focalizza nel ruolo importante del Capo dello Stato in funzione alla separazione dei poteri e consolidamento della democrazia in una Repubblica Parlamentare. Questa ricerca comparativa analizza l’evoluzione della forma di governo in Italia e Albania. La ricerca analizza nei dettagli l’evoluzione della forma di Governo, focalizzandosi all’istituzione del Capo dello Stato in Albania dall’indipendenza (1912), evidenziando il ruolo dell’Italia in quest’evoluzione. In maniera comparativa si analizza l’evoluzione dell’istituzione del Capo dello Stato in Italia fin dalla sua unita e gli altri sviluppi i quali servirono come modello per l’Albania, evidenziano l’influenza a livello internazionale che ebbe l’Italia per l’indipendenza dell’Albania, che portò al consolidamento dei loro rapporti. Questa ricerca analizza la collaborazione di questi due Stati la quale culmino con la loro Unione Personale identificandosi nello stesso Capo di Stato. La ricerca inoltre evidenzia che come questa fase sia stata superata dalla II Guerra Mondiale e la Guerra Fredda che vide questi Stati a sviluppare diverse forme di Governo. Per di più la ricerca evidenzia la trasformazione politico-istituzionale e il processo di cambiamento dell’Albania dopo la caduta del muro di Berlino che segno la fine del sistema comunista, che vide l’Albania ad adottare il modello Italiano per il Capo dello Stato.

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La ricerca è volta a presentare un nuovo approccio integrato, a supporto di operatori e progettisti, per la gestione dell’intero processo progettuale di interventi di riqualificazione energetica e architettonica del patrimonio edilizio recente, mediante l’impiego di soluzioni tecnologiche innovative di involucro edilizio. Lo studio richiede necessariamente l’acquisizione di un repertorio selezionato di sistemi costruttivi di involucro, come base di partenza per l’elaborazione di soluzioni progettuali di recupero delle scuole appartenenti al secondo dopoguerra, in conglomerato cementizio armato, prevalentemente prefabbricate. Il progetto individua procedimenti costruttivi ecocompatibili per la progettazione di componenti prefabbricati di involucro “attivo”, adattabile ed efficiente, da assemblare a secco, nel rispetto dei requisiti prestazionali richiesti dalle attuali normative. La ricerca è finalizzata alla gestione dell’intero processo, supportato da sistemi di rilevazione geometrica, collegati a software di programmazione parametrica per la modellazione di superfici adattabili alla morfologia dei fabbricati oggetto di intervento. Tali strumenti informatizzati CAD-CAM sono connessi a macchine a controllo numerico CNC per la produzione industrializzata degli elementi costruttivi “su misura”. A titolo esemplificativo dell’approccio innovativo proposto, si formulano due possibili soluzioni di involucro in linea con i paradigmi della ricerca, nel rispetto dei principi di sostenibilità, intesa come modularità, rapidità di posa, reversibilità, recupero e riciclo di materiali. In particolare, le soluzioni innovative sono accomunate dall’applicazione di una tecnica basata sull’assemblaggio di elementi prefabbricati, dall’adozione di una trama esagonale per la tassellazione della nuova superficie di facciata, e dall’utilizzo del medesimo materiale termico isolante, plastico e inorganico, riciclato ed ecosostenibile, a basso impatto ambientale (AAM - Alkali Activated Materials). Le soluzioni progettuali proposte, sviluppate presso le due sedi coinvolte nella cotutela (Università di Bologna, Université Paris-Est) sono affrontate secondo un protocollo scientifico che prevede: progettazione del sistema costruttivo, analisi meccanica e termica, sperimentazione costruttiva, verifica delle tecniche di messa in opera e dei requisiti prestazionali.

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In „’Let ‘em have it – right on the chin.’ – Die Haltung der britischen Öffentlich-keit zum RAF-Flächenbombardement 1939-1945“ wird durch die Untersuchung der vier Tageszeitungen Times, Manchester Guardian, Daily Express und Daily Mirror sowie der wöchentlichen Berichte des britischen Informationsministeriums nachgewiesen, dass 1942 ein Konsens in der britischen Öffentlichkeit für Flächenbombardements eintrat. Diese Einigkeit entstand aufgrund der Kriegssituation, sozialpsychologischer Mechanismen und realpolitischer Erwägungen und verfestigte sich 1943 und zum Teil auch 1944 deutlich. Die öffentliche Meinung kehrte sich in den drei Jahren zwischen 1940 und 1943 vollständig um und wandelte sich 1944 erneut: Während 1940 die Mehrheit gegen die Bombardierung der deutschen Zivilbevölkerung eingestellt war, fand in den folgenden drei Jahren eine Entwicklung statt, die 1943 in den Konsens, 1944 aber in die Tabuisierung des Themas mündete. Dabei verstärkten insbesondere zwei Argumente den Prozess der Konsensbildung: Nachdem bis Anfang 1941 die Bedeutung der Begrifflichkeiten so weit vereinheitlicht worden war, dass beispielsweise die Mehrheit der Briten etwas mit dem Ausdruck „Flächenbombardement“ anfangen konnte, setzte sich im Laufe des Jahres 1940 – in Presse und Bevölkerung parallel – ein Feindbild durch, das das gesamte deutsche Volk in Haftung nahm und es insofern auch für die deutschen Luftangriffe auf Großbritannien verantwortlich machte. Erst daraus erwuchs die Rechtfertigung für die Forderung nach Vergeltung, die durch diese Begründung von bloßen Rachegelüsten losgelöst werden konnte. Seit dem deutschen Angriff auf die Sowjetunion im Juni 1941 galten Flächenbombardements – hier folgten Bevölkerung und Presse der britischen Regierung – außerdem als Vorbereitung für die Westoffensive. Eine Mehrheit sprach sich schon 1941 für Flächenbombardements aus, mit den großen Angriffen 1942 und vor allem 1943 war der Konsens dann so vollständig erreicht, dass kritische Stimmen fast gänzlich verstummten. Als mit der alliierten Landung in der Normandie 1944 ein wichtiges Argument für die Notwendigkeit von Flächenbombardements wegfiel, setzte eine Tabuisierung des Themas ein, die sich 1945 verfestigte. Insgesamt beleuchtet die Arbeit, durch welche Faktoren in einer Kontroverse eine gesellschaftliche Einigkeit im Großbritannien der frühen vierziger Jahre erzeugt wurde. Dieser Zusammenhalt war notwendig, um die Handlungsfähigkeit der Gesellschaft zu gewährleisten, so dass sich der Konsens in der Kriegssituation als wichtige Überlebensstrategie erwies. Erreicht wurde er aber auf Kosten des für eine demokratische Gesellschaft auch charakteristischen Pluralismus von Meinungen und Einstellungen.

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With the end of the Cold War, which for central and eastern Europe in many respects meant the real political end to the Second World War, Germany regained its central position in the region. The Federal Republic quickly established itself as a major political and economic partner for both the Czech Republic and Poland. More importantly, due to its support for the idea of EU and NATO enlargement. Germany also became the most active western advocate of the Czech and Polish 'return to Europe'. The question remains, however, of whether Germany's relations with Poland and the Czech Republic can mature into a close axis like that enjoyed between Paris and Bonn/Berlin, or whether they will continue to develop along the lines of 'strategic congruence' but 'emotional mistrust and reserve'. The research here looked at three aspects of this question. First it considered the idea of a link between perceptions of Germany and broader considerations of European integration in Poland and the Czech Republic and outlined the ways in which Germany has motivated Czech and Polish activities and policies on EU membership. The team then focused upon on-going Czech and Polish EU integration strategies and sought to identify the actual ways in which Germany's advocacy of EU enlargement in manifest in cooperation 'on the ground'. The group concluded by considering prospects for Czech/German and Polish/German cooperation in the context of the enlarged European Union.

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An important issue in both Canadian and United States immigration history has been the control of immigration, which includes possible quotas, immigration laws as well as denying entry, and finally, the deportation of immigrants. This paper is based on information that is available on the deportations of 167 people, most of them young adult males. Many assume politics was a key motivation for deportation. However, Finnish Americans were rarely deported for political activities. The paper discusses a few interesting cases of political deportations both during the interwar years, and after the Second World War. The information is mostly based on the correspondence between the authorities in Finland and the United States and Canada, available at the Foreign Ministry Archives in Helsinki, Finland. Special attention is directed to the social and political background of those people and of special interest are the specific reasons, social or health problems, which seem to be the basis of most deportation decisions.

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The Free City of Danzig was founded by the Allies after World War One to settle the conflict between Poles and Germans as to which territory the town belonged. The League of Nations was designated to be the guarantor of its status. British and American experts and policy advisors saw it as an experiment on the way to new forms of statehood, by means of which nationalism as the founding principle of territorial entities could be overcome. However, the „Free City“ status was rejected by both the city’s inhabitants and German and Polish government agencies, with the result that the League and its local representative, the High Commissioner, were constantly confronted with difficulties in the interpretation of the international treaties and conventions relating to Danzig. In addition, hardly anyone in Danzig, Germany or Poland was interested in the economic and financial situation of the Free City, but were more interested in winning political battles than in the well-being of the city and its inhabitants. As a result, the situation in Danzig became more and more hopeless. The city became increasingly dependent on (illegal) German subsidies, while the High Commissioners generally cared more about their own prestige and that of their home countries than about the interests of the League of Nations. But as no political means of modifying the city’s status had been provided for, nothing changed formally in Danzig until Germany started the Second World War and annexed the city in September 1939. In retrospect, the international control of local government could not contribute to a long-term solution for Danzig. It merely postponed its violent solution for twenty years.

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Internal colonization in Switzerland is often seen in connection with the battle for cultivation in the Second World War, but the history of internal colonization in Switzerland is more complex. The food crisis in the First World War formed the horizon of experience for various actors from industry, consumer protection, the urban population and agriculture to start considering practical strategies for managing agricultural production. In this way, traditional spaces, such as rural and urban areas and economic roles, such as food producer, consumer and trader, overlapped and were newly conceived to some extent: people started thinking about utopias and how a modern society could be designed to be harmonious and resistant to crisis. The aim of this article is to trace some of the key points in this process for the interwar years in neutral Switzerland. In the process, the focus must be on the context of people’s mentalities in the past, although the relationships between the actors of internal colonization and the state also need to be considered. Internal colonization in Switzerland in the twentieth century can be understood as an open process. In principle, the project was driven by private actors, but in times of crisis, the project was claimed by the state as a possible tool for social and economic intervention. In addition, as a result of the planned dissolution of urban and rural spaces, it will be shown that modern societies in the interwar period were on an existential search to overcome the problems of the modern age. Internal colonization can therefore be seen as an attempt to find a third way between a world characterized by an agrarian society and a modern industrial nation.

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Zala focuses his account on the edition of the "Documents on German Foreign Policy" - documents that the US army, at the end of the Second World War, uncovered hidden in Thuringia. They were confidential documents from the archives of the German Foreign Office that had been evacuated. After the war, the United States commenced to publish these documents. Especially the documents on German relations with the Soviet Union and the discovery of the top secret additional protocol to the Soviet-German non-aggression pact of 1939 - dividing Poland up between both states - made them an excellent tool in the Cold War. Zala shows how these documents were used politically, but also what kind of controversies went on because of them in diplomatic channels.

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Con la intención de colaborar en la comprensión de los discursos y las prácticas políticas de los grupos que simpatizaron con el fascismo en la Argentina, este trabajo presenta un estudio de caso provinciano durante la Revolución de Junio: el del periódico mendocino Crónica. Un acercamiento de este tipo invita a reflexionar sobre dos asuntos principales. Por un lado, sobre la particular adaptación de las ideas europeas en los contextos provinciales ante una coyuntura especialmente conflictiva como fue el fin de la década conservadora y el ascenso de Perón al poder. Por otro lado, el interés reside en mejorar la comprensión del clima de ideas en el cual emergió el peronismo. Se analizan principalmente tres temas que el periódico abordó: el fin de la Segunda Guerra Mundial, la Revolución de Junio y la cuestión social

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El artículo analiza las ideas económicas de un arco de instituciones y publicaciones políticas y culturales que convergieron en la consolidación del movimiento antifascista liberal en Argentina en 1939-1943, definido por el apoyo a los Aliados en la guerra mundial y la oposición a grupos nacionalistas y antiliberales y a la administración de Ramón S. Castillo (1940-1943). En diálogo con la nueva historiografía que ha revisado el período de entreguerras en Argentina, el artículo sostiene que la defensa de las libertades políticas y culturales, centro del discurso unificador del frente antifascista, coexistía con distintas posiciones sobre el liberalismo económico y el proceso de intervención del estado en la economía desarrollado por los grupos conservadores gobernantes desde 1930. El texto pone de relieve así la existencia de coincidencias inter-partidarias y diferencias intra-partidarias sobre dichos procesos que frecuentemente eran oscurecidos por el conflicto político de esos año

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Con la intención de colaborar en la comprensión de los discursos y las prácticas políticas de los grupos que simpatizaron con el fascismo en la Argentina, este trabajo presenta un estudio de caso provinciano durante la Revolución de Junio: el del periódico mendocino Crónica. Un acercamiento de este tipo invita a reflexionar sobre dos asuntos principales. Por un lado, sobre la particular adaptación de las ideas europeas en los contextos provinciales ante una coyuntura especialmente conflictiva como fue el fin de la década conservadora y el ascenso de Perón al poder. Por otro lado, el interés reside en mejorar la comprensión del clima de ideas en el cual emergió el peronismo. Se analizan principalmente tres temas que el periódico abordó: el fin de la Segunda Guerra Mundial, la Revolución de Junio y la cuestión social

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El artículo analiza las ideas económicas de un arco de instituciones y publicaciones políticas y culturales que convergieron en la consolidación del movimiento antifascista liberal en Argentina en 1939-1943, definido por el apoyo a los Aliados en la guerra mundial y la oposición a grupos nacionalistas y antiliberales y a la administración de Ramón S. Castillo (1940-1943). En diálogo con la nueva historiografía que ha revisado el período de entreguerras en Argentina, el artículo sostiene que la defensa de las libertades políticas y culturales, centro del discurso unificador del frente antifascista, coexistía con distintas posiciones sobre el liberalismo económico y el proceso de intervención del estado en la economía desarrollado por los grupos conservadores gobernantes desde 1930. El texto pone de relieve así la existencia de coincidencias inter-partidarias y diferencias intra-partidarias sobre dichos procesos que frecuentemente eran oscurecidos por el conflicto político de esos año