1000 resultados para Immermann, Karl Leberecht, 1796-1840.


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A taxonomic study on the South American dwarf boas of the genus Tropidophis revealed the existence of two new species in the Atlantic Forest bionic. As a result, we recognize five mainland species, three in the Atlantic Forest and two in northwestern South America. Based on general distribution and morphological orientation, the type locality of T. paucisquamis is restricted to Estacao Biologica de Boraceia (EBB), municipality of Salesopolis, state of Sao Paulo, Brazil; furthermore, a lectotype for T. taczanowskyi is designated. We provide data on the hemipenial morphology of two South American Tropidophis, showing that the quadrifurcate condition described for West Indian taxa also occurs in mainland congeners. The distributions of the three Atlantic Forest species are congruent with patterns of diversification of other vertebrate taxa associated with cold climates prevalent at high elevations. Refugial isolation and riverine barriers may account for such speciation events.

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Último texto de fôlego de Kraus, Dritte Walpurgisnacht (Terceira noite de Valpúrgis) foi a reação do satirista à tomada do poder por Hitler. Do ponto de vista tradutório, oferece grande variedade de problemas, visto que o autor faz um uso exuberante de citações, trocadilhos, aliterações, neologismos e variações de ditos, provérbios, máximas e lugares-comuns. Este artigo apresenta alguns desses problemas e discute possibilidades para sua solução, não sem antes definir uma abordagem teórica.

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La lapa majorera (Patella candei) es un gasterópodo marino, endémico de laMacaronesia, con poblaciones restringidas a las islas Salvajes y Fuerteventura. Es precisamente su reducida área de distribución, el bajo número de efectivos poblacionales y la existencia de factores de riesgo y amenaza sobre la especie, lo que llevó a la Comunidad Autónoma de Canarias a proponer su inclusión en el Catálogo Nacional de Especies Amenazadas y, posteriormente en el Catálogo de Especies Amenazadas de Canarias, en la categoría denominada en peligro de extinción.

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[ES] En los años 1840-1865, el abordaje gubernamental del consumo de bebidas embriagantes transitó desde una perspectiva en que predominaba la visión de la moral pública, escandalizada por los excesos en la embriaguez, hacia otra en la que se impuso la necesidad de maximizar los ingresos fiscales derivados de la fabricación y venta de aguardiente y chicha. Este giro tiene como telón de fondo el tránsito del monopolio estatal de ambas bebidas al ámbito privado y la defensa que los pueblos de indios hicieron de su consumo, en un momento de transición social y económica hacia el Estado agroexportador cafetalero.

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Questa tesi parte da un evento “minore” della storia del XIX secolo per tendere, poi, ad alcuni obiettivi particolari. L’evento è costituito da uno strano funerale postumo, quello di Piero Maroncelli, carbonaro finito alla Spielberg, graziato, poi emigrato in Francia e in America, il cui corpo viene sepolto a New York nell’estate del 1846. Quarant’anni dopo, nel 1886, i resti di Maroncelli vengono esumati e – attraverso una “trafila” particolare, di cui è protagonista la Massoneria, da una sponda all’altra dell’Atlantico – solennemente trasferiti nella città natale di Forlì, dove vengono collocati nel pantheon del cimitero monumentale, inaugurato per l’occasione. Gli eventi celebrativi che si consumano a New York e a Forlì sono molto diversi fra loro, anche se avvengono quasi in contemporanea e sotto regie politiche ispirate dal medesimo radicalismo anticlericale. E’ chiaro che Maroncelli è un simbolo e un pretesto: simbolo di un’italianità transnazionale, composta di un “corpo” in transito, fuori dello spazio nazionale, ma appartenente alla patria (quella grande e quella piccola); pretesto per acquisire e rafforzare legami politici, mercè mobilitazioni di massa in un caso fondate sul festival, sulla festa en plein air, nell’altro sui rituali del cordoglio per i “martiri” dell’indipendenza. L’opportunità di comparare questi due contesti – l’Italia, colta nella sua periferia radicale e la New York della Tammany Hall -, non sulla base di ipotesi astratte, ma nella concretezza di un “caso di studio” reale e simultaneo, consente di riflettere sulla pervasività dell’ideologia democratica nella sua accezione ottocentesca, standardizzata dalla Massoneria, e, d’altro canto, sui riti del consenso, colti nelle rispettive tipicità locali. Un gioco di similitudini e di dissomiglianze, quindi. Circa gli obiettivi particolari – al di là della ricostruzione del “caso” Maroncelli -, ho cercato di sondare alcuni temi, proponendone una ricostruzione in primo luogo storiografica. Da un lato, il tema dell’esilio e del trapianto delle esperienze di vita e di relazione al di fuori del proprio contesto d’origine. Maroncelli utilizza, come strumento di identitario e di accreditamento, il fourierismo; la generazione appena successiva alla sua, grazie alla Giovine Italia, possiede già un codice interno, autoctono, cui fare riferimento; alla metà degli anni Cinquanta, ad esso si affiancherà, con successo crescente, la lettura “diplomatica” di ascendenza sabauda. Dall’altro, ho riflettuto sull’aspetto legato ai funerali politici, al cordoglio pubblico, al trasferimento postumo dei corpi. La letteratura disponibile, al riguardo, è assai ricca, e tale da consentire una precisa classificazione del “caso” Maroncelli all’interno di una tipologia della morte laica, ben delineata nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento. E poi, ancora, ho preso in esame le dinamiche “festive” e di massa, approfondendo quelle legate al mondo dell’emigrazione italiana a Mew York, così distante nel 1886 dall’élite colta di quarant’anni prima, eppure così centrale per il controllo politico della città. Dinamiche alle quali fa da contrappunto, sul versante forlivese, la visione del mondo radicale e massonico locale, dominato dalla figura di Aurelio Saffi e dal suo tentativo di plasmare un’immagine morale e patriottica della città da lasciare ai posteri. Quasi un’ossessione, per il vecchio triumviro della Repubblica romana (morirà nel 1890), che interviene sulla toponomastica, sull’edilizia cemeteriale, sui pantheon civico, sui “ricordi” patriottici. Ho utilizzato fonti secondarie e di prima mano. Anche sulle prime, quantitativamente assai significative, mi sono misurata con un lavoro di composizione e di lettura comparata prima mai tentato. La giustapposizione di chiavi di lettura apparentemente distanti, ma giustificate dalla natura proteiforme e complicata del nostro “caso”, apre, a mio giudizio, interessanti prospettive di ricerca. Circa le fonti di prima mano, ho attinto ai fondi disponibili su Maroncelli presso la Biblioteca comunale di Forlì, alle raccolte del Grande Oriente d’Italia a Roma, a periodici italoamericani assai rari, sparsi in diverse biblioteche italiane, da Milano a Roma. Mi rendo conto che la quantità dei materiali reperiti, sovente molto eterogenei, avrebbero imposto una lettura delle fonti più accurata di quella che, in questa fase della ricerca, sono riuscita a condurre. E’ vero, però, che le suggestioni già recuperabili ad un’analisi mirata al contenuto principale – le feste, la propaganda, il cordoglio – consentono la tessitura di una narrazione non forzata, nella quale il ricordo della Repubblica romana viaggia da una sponda all’altra dell’Atlantica, insieme ai resti di Maroncelli; nella quale il rituale massonico funge da facilitatore e da “mediatore culturale”; nella quale, infine, il linguaggio patriottico e la koinè democratica trans-nazionale riescono incredibilmente a produrre o a incarnare identità. Per quanto tempo? La risposta, nel caso forlivese, è relativamente facile; in quello della “colonia” italiana di New York, presto alterata nella sua connotazione demografica dalla grande emigrazione transoceanica, le cose appaiono più complesse. E, tuttavia, nel 1911, cinquantesimo dell’Unità, qualcuno, nella grande metropoli americana, si sarebbe ricordato di Maroncelli, sia pure in un contesto e con finalità del tutto diverse rispetto al 1886: segno che qualcosa, sotto traccia, era sopravvissuto.

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In dieser Dissertation wird ein in Vergessenheit geratener Philosoph behandelt. Er hieß Karl Joël und war zu seinen Lebzeiten einer der bekannteren Philosophen. Die erste Bedeutung dieser Dissertation liegt deshalb darin, seine zwar genialen, aber vergessenen Gedanken (hauptsächlich von einem seiner Hauptwerke, „Seele und Welt“) wieder ans Licht gebracht zu haben. Es ist aber unmöglich, alle Gedanken einer großartigen Philosophie in einer einzigen Arbeit eingehend zu analysieren; aus diesem Grund wird in dieser Dissertation hauptsächlich Joëls „Seele und Welt“, eines seiner Hauptwerke, behandelt. rnAm Anfang dieser Doktorarbeit wird eine Einleitung (Kapitel 1) gegeben, die Lesern einen Überblick auf die gesamte Arbeit geben soll. Es folgt dann eine Biographie (Kapitel 2), in der das Leben des Philosophen relativ detailliert dargestellt wird. Da der Philosoph heute ein ziemlich unbekannter Philosoph ist, musste die Biographie einen dementsprechenden Umfang haben und nach vorne gestellt werden, so dass Leser gleich das ganze Bild seiner Philosophie haben können. Im Kapitel 3 werden Joëls frühere Werke bis „Seele und Welt“ behandelt und seine Gedanken bis „Seele und Welt“ verfolgt, um die Ideen in diesem Buch vertieft erforschen zu können. Im Kapitel 4 wird die Geschichte des Leib-Seele-Problems kurz zusammengefasst, um die Fragestellung des Problems zu verdeutlichen. Diese vier Kapitel machen zusammen den ersten Teil der Dissertation (die Einführung) aus. rnDanach fängt der zweite Teil der Dissertation an, der mit „Systematische Erklärung von Joëls Organismuskonzeption“ betitelt ist. Im Kapitel 5 wird Fechners Parallelismus erörtert. Joël kritisiert im ersten Teil von „Seele und Welt“ Fechners parallelistische Auffassung und versucht, diese zu überwinden. Deshalb musste in dieser Dissertation auch Fechners Parallelismus behandelt werden, um Joëls Kritik an Fechner richtig einschätzen zu können. Im Kapitel 6 wird zuerst der „Seelenbegriff im 19. Jahrhundert“ thematisiert und die philosophische Lage zu Joëls Zeit klar dargestellt. Anschließend wird Joëls Seelenbegriff behandelt. Joël versucht, seinen Seelenbegriff so formulieren, dass dieser über den traditionellen Seelenbegriff hinaus den neuen naturwissenschaftlichen Erkenntnissen gerecht werden kann. Im Kapitel 7 wird Joëls Organismusbegriff erörtert. Der Organismusbegriff macht das Wesentliche von Joëls Philosophie aus. Dies ist davon abzuleiten, dass „Seele und Welt“ eigentlich „Versuch einer organischen Auffassung“ heißt. Joël nahm neue Erkenntnisse auf und entwarf seinen Organismusbegriff, obwohl dieser von Schelling stark beeinflusst ist. rnAb dem Kapitel 8 wird die Philosophie Joëls dargestellt (der dritte Teil). Im Kapitel 8 wird der Indifferenzbegriff Joëls behandelt, aus der sich die zwei Weltextreme, Seele und Körper, entfalteten. In Kapiteln 9 und 10 wird dargestellt, wie aus der Indifferenz zur Mannigfaltigkeit der Welt gelangt wird. Im Kapitel 11 wird erklärt, wie die Äußerlichkeit (die Anschauungen) zur reinen Innerlichkeit (dem Denken) übergehen kann. Dadurch wird eine gewisse Erklärung für das Leib-Seele-Problem geliefert. Im Kapitel 12 wird versucht, Joëls Philosophie auf die moderne physische Problematik anzuwenden. Unsere Vorstellung des Raums als Dreidimensionalität kommt ins Wanken angesichts der neuen physischen Auffassung, dass es eigentlich nicht drei, sondern neun Raumdimensionen geben muss. In diesem Kapitel wird Joëls Begriff der Dreidimensionalität entwickelt, so dass sich dieser auch an die modernen Erkenntnisse anpassen kann. Im Kapitel 13 wird die Funktionsweise des Willens erörtert. Es ist unmöglich, den Willen als absolut frei oder notwendig zu bestimmen. Es kann nur nach einem freieren und notwendigeren Willen gefragt werden. Im Kapitel 14 befindet sich die Schlussbemerkung. Im Kapitel 15 findet man das Literaturverzeichnis von und über Joël. Da dieser Philosoph unbekannt ist, kann das Kapitel von größerer Bedeutung sein, als man sich sonst vorstellt.