962 resultados para Fatica, carichi, IEC61400, turbine eoliche


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Nel periodo storico compreso tra la seconda metà dell’Ottocento ed il primo ventennio del Novecento, un’ondata di innovazioni tecnologiche e scientifiche, unitamente all’espansione dell’industria siderurgica e la conseguente diffusione del ferro come materiale da costruzione, portarono alla realizzazione di strutture metalliche grandiose. Ciò fu reso possibile grazie ad una fervida attività di ricerca che permise la risoluzione di problematiche tecniche di assoluto rilievo, come la progettazione di grandi coperture o di ponti destinati al traffico ferroviario in grado di coprire luci sempre maggiori. In questo contesto si sviluppò il sistema della chiodatura come metodo di unione per il collegamento rigido e permanente dei vari elementi che compongono la struttura portante metallica. Ad oggi il sistema della chiodatura è stato quasi completamente sostituito dalla bullonatura di acciaio ad alta resistenza e dalla saldatura, che garantendo gli stessi standard di affidabilità e sicurezza, offrono vantaggi in termini economici e di rapidità esecutiva. Tuttavia lo studio delle unioni chiodate continua a rivestire notevole importanza in tutti quei casi in cui il progettista debba occuparsi di restauro, manutenzione o adeguamento di strutture esistenti che in molti casi continuano ad assolvere le funzioni per le quali erano state progettate. La valutazione delle strutture esistenti, in particolare i ponti, ha assunto un’importanza sempre crescente. L’incremento della mobilità e del traffico sulle infrastrutture di trasporto ha portato ad un incremento contemporaneo di carichi e velocità sui ponti. In particolare nelle ferrovie, i ponti rappresentano una parte strategica della rete ferroviaria e in molti casi, essi hanno già raggiunto i loro limiti di capacità di traffico, tanto è vero che l’età media del sessanta percento dei ponti metallici ferroviari è di un centinaio di anni. Pertanto i carichi di servizio, i cicli di sforzo accumulati a causa dei carichi da traffico e il conseguente invecchiamento delle strutture esistenti, inducono la necessità della valutazione della loro rimanente vita a fatica. In questo contesto, la valutazione delle condizioni del ponte e le conseguenti operazioni di manutenzione o sostituzione diventano indispensabili. Negli ultimi decenni sono state effettuate numerose iniziative di ricerca riguardo il comportamento a fatica dei ponti ferroviari chiodati, poiché le passate esperienze hanno mostrato che tali connessioni sono suscettibili di rotture per fatica. Da uno studio dell’ASCE Committee on Fatigue and Fracture Reliability è emerso che l’ottanta, novanta percento delle crisi nelle strutture metalliche è da relazionarsi ai fenomeni di fatica e frattura. Il danno per fatica riportato dai ponti chiodati è stato osservato principalmente sulle unioni tra elementi principali ed è causato dagli sforzi secondari, che si possono sviluppare in diverse parti delle connessioni. In realtà riguardo la valutazione della fatica sui ponti metallici chiodati, si è scoperto che giocano un ruolo importante molti fattori, anzitutto i ponti ferroviari sono soggetti a grandi variazioni delle tensioni indotte da carichi permanenti e accidentali, così come imperfezioni geometriche e inclinazioni o deviazioni di elementi strutturali comportano sforzi secondari che solitamente non vengono considerati nella valutazione del fenomeno della fatica. Vibrazioni, forze orizzontali trasversali, vincoli interni, difetti localizzati o diffusi come danni per la corrosione, rappresentano cause che concorrono al danneggiamento per fatica della struttura. Per questo motivo si studiano dei modelli agli elementi finiti (FE) che riguardino i particolari delle connessioni e che devono poi essere inseriti all’interno di un modello globale del ponte. L’identificazione degli elementi critici a fatica viene infatti solitamente svolta empiricamente, quindi è necessario che i modelli numerici di cui si dispone per analizzare la struttura nei particolari delle connessioni, così come nella sua totalità, siano il più corrispondenti possibile alla situazione reale. Ciò che ci si propone di sviluppare in questa tesi è un procedimento che consenta di affinare i modelli numerici in modo da ottenere un comportamento dinamico analogo a quello del sistema fisico reale. Si è presa in esame la seguente struttura, un ponte metallico ferroviario a binario unico sulla linea Bologna – Padova, che attraversa il fiume Po tra le località di Pontelagoscuro ed Occhiobello in provincia di Ferrara. Questo ponte fu realizzato intorno agli anni che vanno dal 1945 al 1949 e tra il 2002 e il 2006 ha subito interventi di innalzamento, ampliamento ed adeguamento nel contesto delle operazioni di potenziamento della linea ferroviaria, che hanno portato tra l’altro all’affiancamento di un nuovo ponte, anch’esso a singolo binario, per i convogli diretti nella direzione opposta. Le travate metalliche del ponte ferroviario sono costituite da travi principali a traliccio a gabbia chiusa, con uno schema statico di travi semplicemente appoggiate; tutte le aste delle travi reticolari sono formate da profilati metallici in composizione chiodata. In particolare si è rivolta l’attenzione verso una delle travate centrali, della quale si intende affrontare un’analisi numerica con caratterizzazione dinamica del modello agli Elementi Finiti (FEM), in modo da conoscerne lo specifico comportamento strutturale. Ad oggi infatti l’analisi strutturale si basa prevalentemente sulla previsione del comportamento delle strutture tramite modelli matematici basati su procedimenti risolutivi generali, primo fra tutti il Metodo agli Elementi Finiti. Tuttavia i risultati derivanti dal modello numerico possono discostarsi dal reale comportamento della struttura, proprio a causa delle ipotesi poste alla base della modellazione. Difficilmente infatti si ha la possibilità di riscontrare se le ipotesi assunte nel calcolo della struttura corrispondano effettivamente alla situazione reale, tanto più se come nella struttura in esame si tratta di una costruzione datata e della quale si hanno poche informazioni circa i dettagli relativi alla costruzione, considerando inoltre che, come già anticipato, sforzi secondari e altri fattori vengono trascurati nella valutazione del fenomeno della fatica. Nel seguito si prenderanno in esame le ipotesi su masse strutturali, rigidezze dei vincoli e momento d’inerzia delle aste di parete, grandezze che caratterizzano in particolare il comportamento dinamico della struttura; per questo sarebbe ancora più difficilmente verificabile se tali ipotesi corrispondano effettivamente alla costruzione reale. Da queste problematiche nasce l’esigenza di affinare il modello numerico agli Elementi Finiti, identificando a posteriori quei parametri meccanici ritenuti significativi per il comportamento dinamico della struttura in esame. In specifico si andrà a porre il problema di identificazione come un problema di ottimizzazione, dove i valori dei parametri meccanici vengono valutati in modo che le caratteristiche dinamiche del modello, siano il più simili possibile ai risultati ottenuti da elaborazioni sperimentali sulla struttura reale. La funzione costo è definita come la distanza tra frequenze proprie e deformate modali ottenute dalla struttura reale e dal modello matematico; questa funzione può presentare più minimi locali, ma la soluzione esatta del problema è rappresentata solo dal minimo globale. Quindi il successo del processo di ottimizzazione dipende proprio dalla definizione della funzione costo e dalla capacità dell’algoritmo di trovare il minimo globale. Per questo motivo è stato preso in considerazione per la risoluzione del problema, l’algoritmo di tipo evolutivo DE (Differential Evolution Algorithm), perché gli algoritmi genetici ed evolutivi vengono segnalati per robustezza ed efficienza, tra i metodi di ricerca globale caratterizzati dall’obiettivo di evitare la convergenza in minimi locali della funzione costo. Obiettivo della tesi infatti è l’utilizzo dell’algoritmo DE modificato con approssimazione quadratica (DE-Q), per affinare il modello numerico e quindi ottenere l’identificazione dei parametri meccanici che influenzano il comportamento dinamico di una struttura reale, il ponte ferroviario metallico a Pontelagoscuro.

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In questa tesi sono stati studiati i dati presenti in letteratura sugli gli effetti benefici sulla vita a fatica della lega Ti6Al4V del processo di pallinatura,con particolare interesse agli effetti sul processo della dimensione dei pallini e della durata del processo. Inoltre si sono analizzati i dati di letteratura riguardanti l'incremento di vita a fatica della lega Ti6Al4V ottenuto tramite il processo di ripallinatura e la relazione tra pallinatura,ripallinatura e fretting fatigue. Infine sono stati esaminati i dati sul comportamento a fatica della lega Ti6Al4V grado ELI per uso biomedico sottoposta a carico oligociclico ed ad alto numero di cicli.

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Descrizione dell'effetto favorevole sulla resistenza a fatica di un piatto forato della presenza di un accoppiamento per interferenza, rilevato mediante prove sperimentali e simulazioni agli elementi finiti.

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The thesis deals with the patch loading of I-girder with two longitudinal stiffeners. The configuration with two longitudinal stiffeners is often an excellent solution for beams of higher than 3 meters but has not yet been discussed in EN 1993-1-5. It is proposed a model of resistance harmonized with the methods used in Eurocodes for the other problems of buckling. The model contains three significant parts: the yield resistance, the elastic critical load used to determine the slenderness parameter and a reduction factor that relates the resistance to the slenderness. The thesis is structured into eight chapters, in addition to Preface and Table of Contents. Chapter 3 is a list of all symbols used. Chapter 4 presents a review of earlier works. Chapter 5 details the experimental investigations conducted by Gozzi (2007) on three samples without longitudinal stiffeners. Due to the difficulty of completing a personal physical model testing during the doctorate, it was decided to carefully study the laboratory work by Gozzi and use it as a basis for the calibration of the numerical study. In Chapter 6 is presented the first part of the numerical study. At this stage, the laboratory tests conducted by Gozzi have been reproduced through a finite element model. It is observed a good agreement of numerical results with test data. In Chapter 7 summarizes the results of numerical analysis of the girder with two longitudinal stiffeners. Chapter 8 presents the procedure proposed for calculating the ultimate patch loading resistance of the girder with two longitudinal stiffeners. Chapter 9 contains a summary of work done in this thesis with suggestions for the most important issues for future development. Chapter 10 lists the references. There are also three appendices with test data by Gozzi and data obtained from literature.

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L’obiettivo del presente lavoro è verificare l’affidabilità di una parte di macchina radiologica di Cefla Dentale, nello specifico del gruppo di fissaggio paziente, attraverso la valutazione sperimentale della risposta strutturale della stessa. Partendo dall’analisi dell’architettura e del funzionamento dei singoli sottosistemi del gruppo, sono stati definiti gli obiettivi (in relazione alle prestazioni desiderate) e la tipologia di prova; a seguire, si è passati alla pianificazione dei test, comprendente l’individuazione dei parametri da monitorare per la verifica finale, la definizione dei carichi nominali, del numero di cicli di funzionamento (corrispondenti alla vita utile media) e la definizione di attrezzature idonee allo scopo specifico. L’intento è stato quello di eseguire i test con contrazione dei tempi di prova, utilizzando come fattori di accelerazione la frequenza di funzionamento unitamente all’applicazione di opportuni sovraccarichi, con il duplice scopo di fare emergere eventuali elementi critici ma in un tempo nettamente inferiore a quello reale di funzionamento della macchina.

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Questa tesi si pone come obiettivo l'analisi delle componenti di sollecitazione statica di un serbatoio, in acciaio API 5L X52, sottoposto a carichi di flessione e pressione interna attraverso il programma agli elementi finiti PLCd4, sviluppato presso l'International Center for Numerical Methods in Engineering (CIMNE - Barcelona). Questo tipo di analisi rientra nel progetto europeo ULCF, il cui traguardo è lo studio della fatica a bassissimo numero di cicli per strutture in acciaio. Prima di osservare la struttura completa del serbatoio è stato studiato il comportamento del materiale per implementare all'interno del programma una nuova tipologia di curva che rappresentasse al meglio l'andamento delle tensioni interne. Attraverso il lavoro di preparazione alla tesi è stato inserito all'interno del programma un algoritmo per la distribuzione delle pressioni superficiali sui corpi 3D, successivamente utilizzato per l'analisi della pressione interna nel serbatoio. Sono state effettuate analisi FEM del serbatoio in diverse configurazioni di carico ove si è cercato di modellare al meglio la struttura portante relativa al caso reale di "full scale test". Dal punto di vista analitico i risultati ottenuti sono soddisfacenti in quanto rispecchiano un corretto comportamento del serbatoio in condizioni di pressioni molto elevate e confermano la bontà del programma nell'analisi computazionale.

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Esposizione dell’attività di laboratorio basata sullo svolgimento di prove sperimentali di resistenza a fatica su accoppiamenti albero-mozzo realizzati mediante calettamento forzato con riscaldamento in forno del mozzo, con l’obiettivo di determinare l’influenza di tale tipo di accoppiamento sulla vita a fatica del componente. Gli accoppiamenti albero – mozzo, anche detti collegamenti forzati, sono collegamenti fissi o semi–permanenti utilizzati per unire due organi tra loro che permettono di trasmettere elevate forze tangenziali anche con interferenze non elevate, realizzando un’unione sicura, quanto quella ottenibile con linguetta o chiavetta. Inoltre l’assenza di masse esterne non genera squilibri dinamici. Il lavoro di sperimentazione in laboratorio è stato preceduto da uno studio mediante modellatore FEM. I risultati ottenuti dallo studio per mezzo di Ansys Workbench 12.0 sono stati il punto di partenza della sperimentazione, la quale è stata effettuata con l’obiettivo di verificare la validità dei risultati ottenuti mediante modellatore.

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Obiettivo Valutare l’ipotesi secondo cui la movimentazione manuale di carichi possa essere un fattore di rischio per il di distacco di retina. Metodi Si è condotto uno studio caso-controllo ospedaliero multicentrico, a Bologna, (reparto di Oculistica del policlinico S. Orsola Malpighi, Prof. Campos), e a Brescia (reparto di oculistica “Spedali Civili” Prof. Semeraro). I casi sono 104 pazienti operati per distacco di retina. I controlli sono 173 pazienti reclutati tra l’utenza degli ambulatori del medesimo reparto di provenienza dei casi. Sia i casi che i controlli (all’oscuro dall’ipotesi in studio) sono stati sottoposti ad un’intervista, attraverso un questionario strutturato concernente caratteristiche individuali, patologie pregresse e fattori di rischio professionali (e non) relativi al distacco di retina. I dati relativi alla movimentazione manuale di carichi sono stati utilizzati per creare un “indice di sollevamento cumulativo―ICS” (peso del carico sollevato x numero di sollevamenti/ora x numero di anni di sollevamento). Sono stati calcolati mediante un modello di regressione logistica unconditional (aggiustato per età e sesso) gli Odds Ratio (OR) relativi all’associazione tra distacco di retina e vari fattori di rischio, tra cui la movimentazione manuale di carichi. Risultati Oltre alla chirurgia oculare e alla miopia (fattori di rischio noti), si evidenzia un trend positivo tra l’aumento dell’ICS e il rischio di distacco della retina. Il rischio maggiore si osserva per la categoria di sollevamento severo (OR 3.6, IC 95%, 1.5–9.0). Conclusione I risultati, mostrano un maggiore rischio di sviluppare distacco di retina per coloro che svolgono attività lavorative che comportino la movimentazione manuale di carichi e, a conferma di quanto riportato in letteratura, anche per i soggetti miopi e per coloro che sono stati sottoposti ad intervento di cataratta. Si rende quindi evidente l’importanza degli interventi di prevenzione in soggetti addetti alla movimentazione manuale di carichi, in particolare se miopi.