977 resultados para sversamenti, rilasci, mare, olio, petrolio, idrocarburi, rischio, contaminazione ambientale
Resumo:
La Provincia di Ferrara ha avuto (ed ha tuttora) sul suo territorio, insediamenti produttivi di varia natura, che nel tempo hanno fatto uso di idrocarburi alifatici clorurati, per scopi diversi: solventi, sgrassanti, refrigeranti, supporti chimici e farmaceutici, ecc. Soprattutto nei decenni passati, a causa di normative poco restringenti sull’uso e sullo smaltimento di questi composti, si sono verificate le condizioni per provocare l’inquinamento delle falde del territorio provinciale. Nel corso degli anni, si sono svolti studi di diverso carattere, finalizzati ad individuare e caratterizzare siti (o raggruppamenti di siti) contaminati da idrocarburi clorurati. In questo lavoro si è allargata l’attenzione a tutti i siti presenti nel territorio definito dai limiti amministrativi della Provincia di Ferrara, che, nell‘arco temporale 2000 – 2015, hanno evidenziato contaminazioni da CAHs nell’acquifero superficiale A0 e/o nell’acquifero confinato A1. Si sono create, quindi, carte di distribuzione dei siti inquinati su scala provinciale, analizzandone principalmente caratteristiche idrogeologiche e variazioni di distribuzione chimica nello spazio e nel tempo, in relazione agli studi di caratterizzazione ed a eventuali messe in sicurezza e/o bonifiche. I dati necessari sono stati reperiti dagli atti amministrativi e dai relativi documenti tecnici, messi a disposizione dalla Provincia di Ferrara. L’attenzione è ricaduta in particolare sul cloruro di vinile (Vinyl Chloride, VC) ritrovato in alte concentrazioni e in un alto numero di siti. Il suo non utilizzo diretto nei processi produttivi in esame, ne esclude la presenza in qualità di contaminante primario, classificandolo come prodotto della degradazione di altri idrocarburi clorurati più complessi, in larga parte etileni clorurati. Si è inoltre appurato, come la presenza di VC non sia solo attribuibile a siti operanti nel settore metallurgico o chimico, ma riguardi in alcuni casi inquinamenti provocati da commercio o stoccaggio di carburanti, a cui, in passato, furono aggiunti solventi clorurati per migliorarne le caratteristiche chimico-fisiche. Si è concluso infine, come nel territorio della Provincia di Ferrara siano frequenti condizioni particolari, che favoriscono la degradazione di composti organo-clorurati complessi, ed agevolano l’accumulo di cloruro di vinile. Tali caratteristiche, sono state principalmente individuate nella diffusa presenza di livelli fini, anche torbosi, e nella altrettanto diffusa presenza di ambienti riducenti, non solo nel caso dell’acquifero confinato A1 ma anche nel caso dell’acquifero superficiale A0.
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In questo studio sono stati analizzati 11 campioni provenienti dalla zona vulcanica dell’arco Eoliano, gentilmente concessi da ISMAR-CNR Bologna. Lo scopo del lavoro è stato quello di ricercare arricchimenti di alcuni elementi critici, di grande importanza economica e a rischio di approvvigionamento. Lo scopo principale è verificare se la zona può contenere possibili risorse minerarie. La composizione degli elementi maggiori e in traccia dei campioni è stata ottenuta tramite XRF. I campioni analizzati, sono stati aggregati ad altri campioni del Tirreno meridionale (oggetto di altre tesi), ottenendo un database di 71 campioni. Questo set esteso di dati è stato utilizzato per costruire grafici composizionali e sono state evidenziate possibili relazioni tra gli elementi maggiori e una selezione di elementi in traccia. Dai grafici, è risultato che la maggior parte degli elementi in traccia presenta una relazione positiva con Si, Ti, Al, Fe e K, ad indicare che gli apporti detritici continentali costituiscono un fattore di arricchimento di elementi critici. Tutti gli elementi hanno una correlazione negativa con il Ca, indicando che carbonati o sedimenti ricchi in Ca non costituiscono un target per la ricerca di elementi critici. Le concentrazioni sono state confrontate con un valore di cut-off per giacimenti impoveriti. Dal confronto, l’unico elemento la cui soglia di cut-off viene superata in tutti i campioni, è il manganese (Mn). Elementi come ferro (Fe), uranio (U), vanadio (V) e scandio (Sc), presentano picchi di concentrazione in alcuni campioni, la cui popolazione è limitata a poco più di due o tre elementi provenienti dalla zona del Bacino di Paola. Pertanto non sono da considerare una possibile risorsa e possiamo quindi concludere che il Mn costituisce l’unica risorsa mineraria “valida” nella zona.
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L’energia è uno dei più importanti fattori dello sviluppo di ogni attività sociale ed economica. La carenza o addirittura l’assenza di risorse energetiche nazionali non può che incidere negativamente sullo sviluppo di un Paese. La disponibilità, in particolare, di fonti energetiche fossili da valorizzare accortamente influisce positivamente sulle possibilità di sviluppo socio-economico, industriale ed occupazionale di un Paese e quindi sul benessere sociale, oltre a costituire valida alternativa alla loro importazione con ovvi benefici sulla riduzione o addirittura azzeramento della dipendenza da altri Paesi produttori e quindi sulla bilancia dei pagamenti. A causa delle ridotte potenzialità giacimentologiche, tali che la produzione di idrocarburi liquidi e gassosi si attesti attualmente su valori inferiori al 10% rispetto al fabbisogno energetico, l’Italia è altamente dipendente dall’importazione di combustibili fossili e ha quindi evidente necessità di utilizzare appieno le riserve nazionali di idrocarburi oltre che di incrementare la fase di ricerca nell’ottica di scoperta di nuovi giacimenti che possono reintegrare le riserve prodotte. Gli idrocarburi esistenti nel sottosuolo marino nazionale costituiscono una risorsa che contribuisce apprezzabilmente alla sicurezza energetica del Paese, poiché gran parte della percentuale di produzione nazionale deriva da quanto prodotto nell’offshore italiano. L’industria italiana degli idrocarburi ha avuto da sempre particolare attenzione alla ricerca tecnologica, alla capacità tecnico-professionale, alla cultura mineraria nelle sue diverse diramazioni disciplinari, adottando metodologie operative improntate al rigoroso rispetto della normativa nazionale di settore che si colloca tra le più rigide in campo internazionale, sia per quanto riguarda la sicurezza delle operazioni e degli addetti ai lavori sia la tutela ambientale.
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Lo scopo del mio elaborato è stato quello di valutare se il denaro potesse essere un veicolo di trasmissione di microrganismi. Esistono infatti reperti storici che indicano che il denaro veniva visto come probabile portatore di infezioni fatali come la “morte nera”, la peste bubbonica e le pandemie di polmoniti descritte in Europa. Vi sono anche altri studi che hanno indicato come patogeni isolati con maggiore frequenza dalle banconote microrganismi quali enterobatteri e stafilococchi. In questa sperimentazione mi sono occupato del campionamento microbiologico di banconote di vario taglio, raccolte prevalentemente in piccoli esercizi alimentari, sulle quali è stato fatto un tampone al fine di determinare la presenza di: coliformi totali, E. coli, S. aureus, altri stafilococchi, muffe, lieviti, carica batterica totale. Le analisi condotte hanno mostrato che nelle banconote non sono mai stati isolati ceppi di S. aureus, a differenza di quanto riportato nella letteratura. Simili considerazioni si possono fare anche per E. coli. Per quel che riguarda la carica batterica totale, le banconote più contaminate sono risultate essere quelle da 20 euro (valore medio 474 UFC/cm2). I tamponi microbiologici effettuati sui tagli da 50 euro sono stati gli unici ad essere caratterizzati da una elevata presenza di coliformi totali. In conclusione possiamo affermare che le banconote posso effettivamente costituire un importante veicolo di contaminazione microbica, che può poi trasferirsi anche su altri matrici, come prodotti alimentari. Considerando la pressione che viene esercitata dalle Autorità di controllo su tutte le fasi della catena alimentare, dalla produzione alla vendita al dettaglio, la variabile posta dalle possibili contaminazioni attraverso il maneggiamento e la circolazione delle banconote potrebbe quindi costituire un rischio reale, sia pure non ancora quantificato e forse non quantificabile.
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The relative induction of FSH and LH receptors in the granulosa cells of immature rat ovary by pregnant mare serum gonadotropin (PMSG) has been studied. A single injection of PMSG (15 IU) brought about a 3- and 12-fold increase in FSH and LH receptor concentration,respectively, in the granulosa cells. Maximal concentration was reached by 72 h but the receptor levels showed a sharp decline during the next 24–48 h. The kinetic properties of the newly formed FSH receptors were indistinguishable from the pre-existing ones. The induced FSH receptors were functional as demonstrated by an increase in the in vitro responsiveness of the cells to exogenous FSH in terms of progesterone production. Treatment of immature rats with cyanoketone, an inhibitor of Δ5,3β-hydroxysteroid dehydrogenase, prior to PMSG injection effectively reduced the PMSG-stimulated increase in the serum estradiol, uterine weight and LH receptors but had no effect on the FSH receptor induction. The ability of PMSG to induce gonadotropin receptors can be arrested at any given time by injecting its antibody, thereby suggesting a continuous need for the hormonal inducer. Estrogen in the absence of the primary inducer was unable to maintain the induced LH and FSH receptor concentration. Inhibition of prostaglandin synthesis using indomethacin also had no effect on either the induction or degradation of gonadotropin receptors. Administration of PMSG antiserum, 48 h after PMSG injection, brought about a rapid decline in the induced receptors over the next 24 h, with a rate constant and \iota 1/2 of 0.078 h−1 and 8.9 h for FSH receptors and 0.086 h−1 and 8.0 h for the LH receptors, respectively.
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While the endocrine role of oestrogen is well established, its function in follicular maturation as an autocrine or paracrine regulator is less well understood. This study was designed to delineate the requirement of oestrogen for follicular development in immature rats. Exogenous gonadotrophin (25 IU pregnant mare serum gonadotrophin (PMSG) per rat) was administered to 21- to 23-day old female rats to induce follicular growth and development. In the experimental animals, synthesis of oestrogen was blocked by implanting an Alzet pump containing the aromatase inhibitor (AI) CGS 16949A (fadrozole hydrochloride; 50 mu g/rat per day). The treatment resulted in blockade of the PMSG induced increase in both serum and intrafollicular oestrogen (>95%), thus leading to an inhibition in uterine weight increment. Compared with the controls, ovarian weight increased markedly in both the PMSG (295%)- and PMSG+AI (216%)-primed animals. There was no significant difference in either the proliferative capabilities of the ovarian granulosa cells or their responsiveness to human chorionic gonadotrophin (hCG; 200 pg/ml) and ovine FSH (20 ng/ml) between the PMSG- and PMSG+AI-treated groups. Histological examination of the ovary, however, indicated a decrease in the number of healthy antral follicles in the Al-treated group compared with the PMSG-primed animals but both the groups showed a percentage increase over the controls (PMSG, 225; PMSG+AI, 158). The responsiveness of the animals to an ovulatory dose of hCG was drastically reduced (>80% inhibition of ovulation) in the oestrogen-deprived animals; this could be overriden by exogenous administration of oestrogen. In conclusion, although blocking oestrogen synthesis in the PMSG-primed rat does not seem to alter the functional properties of the isolated granulosa cells in vitro there appears to be an effect on the number of follicles which complete maturation and are able to ovulate in vivo.
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Duración (en horas): Más de 50 horas. Destinatario: Estudiante y Docente
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Pahville liimattu
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Collectionneur : Lesouëf, Auguste (1829-1906)
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Collectionneur : Lesouëf, Auguste (1829-1906)
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Mazarinaeus
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Resumen tomado del autor
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El objetivo del presente estudio es identificar cuáles son los factores psicosociales que se asocian a un mayor riesgo de acoso en los contextos laborales. En particular, en línea con la hipótesis situacional se tuvieron en cuenta la demanda laboral, el control, la percepción de equidad y el liderazgo. Específicamente se plantea una influencia directa de estos factores sobre las acciones negativas perpetradas en los lugares de trabajo y un efecto moderador de las percepciones de los colegas entre los factores considerados y el riesgo de acoso laboral. El estudio, llevado a cabo en una institución privada hospitalaria, incluyó la aplicación de un cuestionario de auto-reporte a todos los trabajadores de la organización (N = 148). Los resultados han evidenciado que son, sobre todo, la demanda laboral y el liderazgo los que influencian directamente las acciones negativas, mientras que el efecto es más débil entre los antecedentes de carácter más relacional, como el liderazgo, y el acoso laboral. Los datos confirman que la prevención del acoso laboral debe ser implementada a partir del ambiente psicosocial de trabajo y de la gestión de las relaciones que impliquen a los colegas y a los superiores.