35 resultados para automatismo.
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This thesis aims to enable a wider comprehension on thought operation as well as suggest alternatives for the formation of reflexive, critical, autonomous and creative individuals. The research defends the idea that it is possible for an individual to develop vigilant attention that makes thought flexibilization and change in the course of action, possible. This operation is called Internal Dialogue and is essentially characterized by a continuous openness towards novelty and learning. This makes it possible to minimize the usual way thought operates, in a automatic fashion (automatism). The research was based on theoretical references and ideas of David Bohm (1989;1994;2005) and Michael Polanyi (1983). The main emphasis was the understanding that a crisis situation enables awareness and state of alert that favors a more flexible thought pattern (Aragão Gomes, 1994, 1997). The methodology used was presentation and analysis of these moments through autobibliographical records with indication of crisis on behalf of the subjects. Other criteria were also used that enabled the composition of the analyzed material such as the fact that: the subjects were public and real, the data was available through accessible material; the subjects identified themselves as in crisis; these crisis were of varied kinds; they had different social, cultural and professional profiles. Thus, three auto-bibliographical elements were selected: the Infidel: the story of a woman that challenged Islam (2007), written by the political Muslim author Ayaan Hirsi; Still me: memories (2001), of the actor Christopher Reeve as well as Confessions of a Philosopher (2001), by the philosopher Bryan Magee. In these books an analysis was made related to parts that stated action an though operation that express internal dialogue. These were organized into categories that were pointed out as relevant for the identification of internal dialogue such as: Perceptions of physical reaction; emotions, beliefs and issues, individual actions, self judgment and thought, self questioning, comprehension, observation and empirical investigation, perception of the changes they performed in the world, escape of conditioning as well as action that resulted in new meaning. The analysis performed reinforces our goal once it sated that internal dialogue is an important tool that allows thought awareness, minimizing common automatism and making consciousness possible as well as favoring the occurrence of critical and reflexive thought. Thus, final considerations deal with the need for the development of teaching methodologies that address internal dialogue as a counterpoint to the many daily action that reinforce the automatism of thought
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O homem contemporâneo pode ser considerado uma máquina que funciona automaticamente e devido a isso, se torna escravo de seu automatismo que controla sua personalidade, seus pensamentos e sentimentos. Assim como as máquinas, ele apresenta centros de força: o mental, o emocional e o fisiológico-sexual. O homem contemporâneo tem dificuldade de controlar esses centros, por isso em cada situação de sua vida apresenta facetas de sua personalidade, alguns tipos de sentimentos e pensamentos. Os Movimentos Gurdjieffianos se assemelham a uma dança onde os movimentos são incomuns e exigem muita atenção. Esses movimentos fazem parte da filosofia de Gurdjieff em sua busca por um homem verdadeiro. Trata-se de encontrar uma forma de reequilíbrio do corpo-menteemoções, a harmonização dos centros de força para a formação de um homem consciente e responsável. Esse trabalho, então, tem como objetivo apresentar uma diferente visão da dança. Por meio de uma revisão de literatura acerca da filosofia de Gurdjieff e da Dança de um modo geral foi possível concluir que os Movimentos Gurdjieffianos representam sim uma diferente visão da Dança, já que não são uma forma de expressão corporal e despertam os praticantes a um nível de atenção sobre si elevado permitindo o autoconhecimento e, conseqüentemente, melhorando o elo de comunicação entre o homem e o mundo.
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Con il presente lavoro, che ha ad oggetto l’istituto dello scioglimento anticipato delle Camere nell’ordinamento costituzionale italiano, il candidato si propone tre obiettivi. Il primo è quello della ricostruzione dogmatica dell’istituto che sconta inevitabilmente un grosso debito nei confronti della vasta letteratura giuridica che si è sviluppata nel corso dei decenni. Il secondo obiettivo è quello, ben più originale, dell’indagine sulla prassi che ha contraddistinto il ricorso allo scioglimento nella peculiare realtà italiana. In questo modo si viene colmando uno spazio di ricerca diretto a leggere gli avvenimenti e a ricondurli in un quadro costituzionale sistematico, anche al fine di ricavare utili riflessioni circa la conformità della prassi stessa al dato normativo, nonché sulle modalità di funzionamento concreto dell'istituto. Il terzo obiettivo, quello più ambizioso, è utilizzare le considerazioni così sviluppate per ricercare soluzioni interpretative adeguate all’evoluzione subita dall’assetto politico-istituzionale italiano negli ultimi due decenni. Quanto al metodo, la scelta del candidato è stata quella di ricorrere ad uno strumentario che pone in necessaria sequenza logica: a) i presupposti storici/comparatistici e il dibattito in Assemblea costituente, utili per l’acquisizione del patrimonio del parlamentarismo europeo del tempo e per la comprensione del substrato su cui si costruisce l’edificio costituzionale; b) il testo costituzionale, avvalendosi anche delle importanti considerazioni svolte dalla dottrina più autorevole; c) la prassi costituzionale, consistente nella fase di implementazione concreta del disposto normativo. La finalità che il candidato si pone è dimostrare la possibilità di configurare lo scioglimento secondo un modello di tipo “primoministeriale”. Per quanto riguarda la prima parte della ricerca, dalla pur sintetica descrizione dei precedenti storici (sia rispetto alle realtà europee, inglese e francese in primis, che al periodo prerepubblicano) si trae conferma che l’operatività dell’istituto è intrinsecamente influenzata dalla forma di governo. Una prima indicazione che emerge con forza è come la strutturazione del sistema partitico e il grado di legame tra Assemblea rappresentativa e Gabinetto condizionino la ratio del potere di scioglimento, la sua titolarità ed il suo effettivo rendimento. Infatti, in presenza di regimi bipartitici e di impianti istituzionali che accentuano il raccordo fiduciario, il Capo dello Stato tende all’emarginazione, e lo scioglimento acquisisce carattere di automaticità tutte le volte in cui si verificano crisi ministeriali (eventualità però piuttosto rara); più consueto è invece lo scioglimento primoministeriale libero, come arma politica vera e propria attraverso cui il Governo in carica tende a sfruttare il momento migliore per ricercare il giudizio del popolo. Al contrario, dove il sistema politico è più dinamico, e il pluralismo sociale radicalizzato, il Capo dello Stato interferisce fortemente nella vita istituzionale e, in particolare, nella formazione dell’indirizzo politico: in quest’ottica lo scioglimento viene da questi inglobato, ed il suo ricorso subordinato ad esigenze di recupero della funzionalità perduta; soprattutto, quando si verificano crisi ministeriali (invero frequenti) il ricorso alle urne non è conseguenza automatica, ma semmai gli viene preferita la via della formazione di un Gabinetto poggiante su una maggioranza alternativa. L’indagine svolta dal candidato sui lavori preparatori mostra come il Costituente abbia voluto perseguire l'obiettivo di allargare le maglie della disciplina costituzionale il più possibile, in modo da poter successivamente ammettere più soluzioni interpretative. Questa conclusione è il frutto del modo in cui si sono svolte le discussioni. Le maggiori opzioni prospettate si collocavano lungo una linea che aveva ad un estremo una tassativa preordinazione delle condizioni legittimanti, ed all’altro estremo l’esclusiva e pressoché arbitraria facoltà decisionale dello scioglimento nelle mani del Capo dello Stato; in mezzo, la via mediana (e maggiormente gradita) del potere sì presidenziale, benché circondato da tutta una serie di limiti e garanzie, nel quadro della costruzione di una figura moderatrice dei conflitti tra Esecutivo e Legislativo. Ma non bisogna tralasciare che, seppure rare, diverse voci propendevano per la delineazione di un potere governativo di scioglimento la quale impedisse che la subordinazione del Governo al Parlamento si potesse trasformare in degenerazione assemblearista. Quindi, il candidato intende sottolineare come l’adamantina prescrizione dell’art. 88 non postuli, nell’ambito dell’interpretazione teleologica che è stata data, alcuno specifico indirizzo interpretativo dominante: il che, in altri termini, è l’ammissione di una pluralità di concezioni teoricamente valide. L'analisi del dettato costituzionale non ha potuto prescindere dalla consolidata tripartizione delle teorie interpretative. Dall'analisi della letteratura emerge la preferenza per la prospettiva dualistica, anche in virtù del richiamo che la Costituzione svolge nei confronti delle competenze sia del Presidente della Repubblica (art. 88) che del Governo (art. 89), il che lo convince dell’inopportunità di imporre una visione esclusivista, come invece sovente hanno fatto i sostenitori della tesi presidenziale. Sull’altro versante ciò gli permette di riconferire una certa dignità alla tesi governativa, che a partire dal primo decennio repubblicano era stata accantonata in sede di dibattito dottrinario: in questo modo, entrambe le teoriche fondate su una titolarità esclusiva assumono una pari dignità, benchè parimenti nessuna delle due risulti persuasiva. Invece, accedere alla tesi della partecipazione complessa significa intrinsecamente riconoscere una grande flessibilità nell’esercizio del potere in questione, permettendo così una sua più adeguata idoneità a mutare le proprie sembianze in fase applicativa e a calarsi di volta in volta nelle situazioni contingenti. Questa costruzione si inserisce nella scelta costituente di rafforzare le garanzie, ed il reciproco controllo che si instaura tra Presidente e Governo rappresenta la principale forma di tutela contro potenziali abusi di potere. Ad ognuno dei due organi spettano però compiti differenti, poiché le finalità perseguite sono differenti: come l’Esecutivo agisce normalmente secondo canoni politici, in quanto principale responsabile dell’indirizzo politico, al Capo dello Stato si addice soprattutto il compito di sorvegliare il regolare svolgimento dei meccanismi istituzionali, in posizione di imparzialità. Lo schema costituzionale, secondo il candidato, sembra perciò puntare sulla leale collaborazione tra i poteri in questione, senza però predefinire uno ruolo fisso ed immutabile, ma esaltando le potenzialità di una configurazione così eclettica. Assumendo questa concezione, si ha buon gioco a conferire piena cittadinanza costituzionale all’ipotesi di scioglimento disposto su proposta del Presidente del Consiglio, che si può ricavare in via interpretativa dalla valorizzazione dell’art. 89 Cost. anche secondo il suo significato letterale. Al discorso della titolarità del potere di scioglimento, il candidato lega quello circa i presupposti legittimanti, altro nodo irrisolto. La problematica relativa alla loro definizione troverebbe un decisivo ridimensionamento nel momento in cui si ammette la compartecipazione di Governo e Presidente della Repubblica: il diverso titolo con il quale essi cooperano consentirebbe di prevenire valutazioni pretestuose circa la presenza delle condizioni legittimanti, poichè è nel reciproco controllo che entrambi gli organi individuano i confini entro cui svolgere le rispettive funzioni. Si giustificano così sia ragioni legate ad esigenze di funzionalità del sistema (le più ricorrenti in un sistema politico pluripartitico), sia quelle scaturenti dalla divaricazione tra orientamento dei rappresentati e orientamento dei rappresentanti: purchè, sottolinea il candidato, ciò non conduca il Presidente della Repubblica ad assumere un ruolo improprio di interferenza con le prerogative proprie della sfera di indirizzo politico. Il carattere aperto della disciplina costituzionale spinge inevitabilmente il candidato ad approfondire l'analisi della prassi, la cui conoscenza costituisce un fondamentale modo sia per comprendere il significato delle disposizioni positive che per apprezzare l’utilità reale ed il rendimento sistemico dell’istituto. Infatti, è proprio dall'indagine sulla pratica che affiorano in maniera prepotente le molteplici virtualità dello strumento dissolutorio, con modalità operative che, a seconda delle singole fasi individuate, trovano una strutturazione casistica variabile. In pratica: nel 1953 e nel 1958 è l'interesse del partito di maggioranza relativa ad influenzare il Governo circa la scelta di anticipare la scadenza del Senato; nel 1963 e nel 1968 invece si fa strada l'idea del consenso diffuso allo scioglimento, seppure nel primo caso l'anticipo valga ancora una volta per il solo Senato, e nel secondo ci si trovi di fronte all'unica ipotesi di fine naturale della legislatura; nel 1972, nel 1976, nel 1979, nel 1983 e nel 1987 (con una significativa variante) si manifesta con tutta la sua forza la pratica consociativa, figlia della degenerazione partitocratica che ha svuotato le istituzioni giuridiche (a partire dal Governo) e cristallizzato nei partiti politici il centro di gravità della vita pubblica; nel 1992, a chiusura della prima epoca repubblicana, caratterizzata dal dominio della proporzionale (con tutte le sue implicazioni), si presentano elementi atipici, i quali vanno a combinarsi con le consolidate tendenze, aprendo così la via all'incertezza sulle tendenze future. È con l'avvento della logica maggioritaria, prepotentemente affacciatasi per il tramite dei referendum elettorali, a sconvolgere il quadro delle relazioni fra gli organi costituzionali, anche per quanto concerne ratio e caratteristiche del potere di scioglimento delle Camere. Soprattutto, nella fase di stretta transizione che ha attraversato il quadriennio 1992-1996, il candidato mette in luce come i continui smottamenti del sistema politico abbiano condotto ad una fase di destabilizzazione anche per quanto riguarda la prassi, incrinando le vecchie regolarità e dando vita a potenzialità fino allora sconosciute, addirittura al limite della conformità a Costituzione. La Presidenza Scalfaro avvia un processo di netta appropriazione del potere di scioglimento, esercitandolo in maniera esclusiva, grazie anche alla controfirma offerta da un Governo compiacente (“tecnicco”, perciò debitore della piena fiducia quirinalizia). La piena paternità presidenziale, nel 1994, è accompagnata da un altro elemento di brusca rottura con il passato, ossia quello della ragione legittimante: infatti, per la prima volta viene addotta palesemente la motivazione del deficit di rappresentatività. Altro momento ad aver costituito da spartiacque nell’evoluzione della forma di governo è stato il mancato scioglimento a seguito della crisi del I Governo Berlusconi, in cui forti erano state le pressioni perché si adeguasse il parlamentarismo secondo i canoni del bipolarismo e del concetto di mandato di governo conferito direttamente dagli elettori ad una maggioranza (che si voleva predefinita, nonostante essa in verità non lo fosse affatto). Dopo questa parentesi, secondo il candidato la configurazione dello strumento dissolutorio si allinea su ben altri binari. Dal punto di vista della titolarità, sono i partiti politici a riprendere vigorosamente un certo protagonismo decisionale, ma con una netta differenza rispetto al passato consociativo: ora, il quadro politico pare saldamente attestato su una dinamica bipolare, per cui anche in relazione all’opzione da adottare a seguito di crisi ministeriale sono le forze della maggioranza che decidono se proseguire la legislatura (qualora trovino l’accordo tra di loro) o se sciogliere (allorchè invece si raggiunga una sorta di maggioranza per lo scioglimento). Dal punto di vista dei presupposti, sembra consolidarsi l’idea che lo scioglimento rappresenti solo l’extrema ratio, chiamando gli elettori ad esprimersi solo nel momento in cui si certifica l’assoluta impossibilità di ripristinare la funzionalità perduta. Conclusioni. Il rafforzamento della prospettiva bipolare dovrebbe postulare una riconfigurazione del potere di scioglimento tesa a valorizzare la potestà decisionale del Governo. Ciò discenderebbe dal principio secondo cui il rafforzamento del circuito che unisce corpo elettorale, maggioranza parlamentare e Governo, grazie al collante di un programma politico condiviso, una coalizione che si presenta alle elezioni ed un candidato alla Presidenza del Consiglio che incarna la perfetta sintesi di tutte queste istanze, comporta che alla sua rottura non si può che tornare al giudizio elettorale: e quindi sciogliere le Camere, evitando la composizione di maggioranze che non rappresentano la diretta volontà popolare. Il candidato però non ritiene auspicabile l’adozione di un automatismo analogo alla regola dell'aut simul stabunt aut simul cadent proprio dell’esperienza regionale post 1999, perché soluzione eccessivamente rigida, che ingesserebbe in maniera inappropriata una forma parlamentare che comunque richiede margini di flessiblità. La proposta è invece di rileggere il testo costituzionale, rebus sic stantibus, nel senso di far prevalere un potere libero di proposta da parte del Governo, cui il Capo dello Stato non potrebbe non consentire, salvo svolgere un generale controllo di costituzionalità volto ad accertare l’insussistenza di alcuna forma di abuso. Su queste conclusioni il lavoro esprime solo prime idee, che meritano di essere approfondite. Come è da approfondire un tema che rappresenta forse l’elemento di maggiore originalità: trattasi della qualificazione e descrizione di un mandato a governare, ossia della compatibilità costituzionale (si pensi, in primis, al rapporto con il divieto di mandato imperativo di cui all’art. 67 Cost.) di un compito di governo che, tramite le elezioni, gli elettori affidano ad una determinata maggioranza, e che va ad arricchire il significato del voto rispetto a quello classico della mera rappresentanza delle istanze dei cittadini (e propria del parlamentarismo ottocentesco): riflessi di tali considerazioni si avrebbero inevitabilmente anche rispetto alla concezione del potere di scioglimento, che in siffatta maniera verrebbe percepito come strumento per il ripristino del “circuito di consonanza politica” che in qualche modo si sarebbe venuto a rompere. Ad ogni buon conto, già emergono dei riflessi in questo senso, per cui la strada intrapresa dal candidato pare quella giusta affinchè l’opera risulti completa, ben argomentata ed innovativa.
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O presente relatório tem por objectivo apresentar e descrever de forma detalhada o projecto “Optimização de rotas na recolha de leite”. Este projecto foi conduzido no âmbito do estágio curricular, realizado na parte não-lectiva do Mestrado em Sistemas de Informação de Gestão, do Instituto Superior de Contabilidade e Administração de Coimbra, tendo decorrido na empresa Lacticoop entre 03 de Outubro de 2011 e 27 de Julho de 2012. O projecto surge da necessidade da empresa optimizar as suas rotas de recolha de leite. Essa optimização pode ser subdividida em duas partes distintas: i) a recolha de dados, características e processos relativos à empresa e aos sistemas com que labora; ii) e o desenvolvimento do software necessário para a optimização de uma componente desses sistemas, associada ao processo de recolha de leite. O primeiro ponto envolve a recolha de informação sobre a política interna da empresa, a recolha de dados acerca dos veículos, rotas, consumos e condutores, assim como o levantamento de procedimentos e tecnologias utilizadas. O segundo ponto envolve a modelação do problema em estudo, o levantamento das necessidades de software para implementar o sistema de informação, a avaliação de soluções de software e desenvolvimento/adaptação da aplicação informática, assim como a implementação do software desenvolvido / adaptado e testes. Actualmente a empresa não dispõe de qualquer automatismo para a definição de rotas, sendo o processo de escalonamento de rotas feito manualmente. Este processo é bastante moroso e complexo, envolvendo a troca de informações entre o gestor e os condutores das viaturas. É um processo gradual, numa sequência de detecção de erros e correcção desses mesmos erros. Esta metodologia conduz a soluções bastante ineficientes, desde logo pela desactualização das soluções relativamente à efemeridade dos dados, especialmente ao nível de quantidades de recolha do produto. A razão da escolha de um sistema informático que permita optimizar as rotas prende-se essencialmente com a rapidez na obtenção de soluções e na capacidade de integração de dados actualizados. Este processo recorre a técnicas e modelos de optimização que envolvem o problema de Rotas de Veículos (Vehicle Routing Problem), sendo, em geral, um problema de difícil resolução em função do número de clientes envolvidos. Todavia, trata-se de um sistema que traz enormes benefícios no apoio ao processo de decisão por parte do gestor. Neste estágio pretendeu-se, como objectivo principal, desenvolver uma aplicação que permita optimizar as rotas dos veículos envolvidos no processo de recolha de leite. Os benefícios do sistema na diminuição de distâncias percorridas pelas viaturas de recolha e no aumento da eficiência do sistema de transportes, serão evidenciados no trabalho desenvolvido. A aplicação foi criada no software Eclipse (utilizando a linguagem Java). Na primeira fase do projecto estava previsto monitorizar as rotas e consumos dos veículos através da tecnologia de geo-posicionamento por satélite (GPS), de forma a atribuir comissões sobre a poupança de combustível aos condutores dos veículos. Não foi possível concluir esta fase devido à inexistência dessa tecnologia nas viaturas e pelo facto de a empresa ter retirado essa prioridade a esse investimento.
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El cuestionamiento de las relaciones capitalistas de producción debe surgir a partir de su tendencia inherente a los desequilibrios y a la irracionalidad económica y no desde algún pre-juicio ideológico o político. En este contexto, la planificación económica se presenta como necesaria en la medida en que se requiera asegurar una autonomía humana de decisión con respecto a la distribución del ingreso, el acceso al empleo y la protección del medio ambiente. A partir de la constatación de este hecho, la planificación no sustituye a las relaciones mercantiles sino que cumple la función de garantizar una tendencia al equilibrio sobre la base de las relaciones mercantiles, lo que ningún automatismo del mercado puede garantizar. Se propone un principio de delimitación entre la planificación y la autonomía de las empresas (la reproducción de la vida humana), principio ampliable a la delimitación entre el Estado y las actividades de los grupos autónomos y de los mismos sujetos en general. Abstract The questioning of the capitalist relations of production must come from their inherent tendency to irrationality and economic imbalances and not from any ideological or political prejudice. In this context, economic planning is as necessary as it is required to ensure a human decision-making autonomy with respect to income distribution, access to employment and environmental protection. From the observation of this fact, planning is not a substitute for market relations but serves to ensure a tendency to balance on the basis of market relations, so no automatic of the market can guarantee. The article proposes a principle of demarcation between the planning and autonomy for enterprises (the reproduction of human life), expandable to top the demarcation between the state and the activities of autonomous groups and the same subjects in general.