232 resultados para Tursiops aduncus
Resumo:
La conoscenza del sistema nervoso centrale dei Cetacei si limita alla morfologia esterna, mentre la storia evolutiva, invece, è ben documentata. Il sistema nervoso centrale, che funziona da interfaccia tra il corpo dell’animale e l’ambiente circostante, integra le informazioni afferenti in una reazione adatta alla sopravvivenza dell’individuo. L’aumento o la diminuzione delle aree cerebrali dipende dall’implicazione funzionale che esse hanno per l’organismo e, nel tursiope, quelle particolarmente sviluppate sono connesse alla trasmissione ed elaborazione delle informazioni acustiche comprendendo le cortecce acustiche, il pulvinar, il nucleo genicolato mediale, il collicolo caudale ed alcuni nuclei pontini. Esse sono basilari per la sopravvivenza nell’ ambiente acquatico. Questo studio si è occupato di delineare le caratteristiche citoarchitettoniche (con riferimento alla morfologia ed alle dimensioni dei neuroni) e l'espressione della calbindina-D28k del corpo genicolato mediale, importante centro di integrazione delle informazioni acustiche. Le sue caratteristiche morfofunzionali sono state studiate soprattutto nei Roditori, nei Carnivori e nei Primati, ed è emersa la presenza di tre aree citoarchitettoniche: nucleo dorsale (MGd), nucleo ventrale (MGv) e nucleo mediale (MGm). Nel tursiope, in base alla densità di distribuzione dei neuroni, si possono evidenziare, invece, due nuclei principali: il ventro-laterale ed il dorso-mediale. Nel primo nucleo i neuroni presenti appaiono più densamente stipati che nel secondo. Nel corpo genicolato mediale di tursiope, come nei Chirotteri, le cellule calbindina-D28k-immunoreattive sono distribuite in maniera diffusa ed uniforme. Tali cellule ricevono informazioni modulatorie afferenti soprattutto dalla corteccia cerebrale; di conseguenza è possibile ipotizzare come le infomazioni modulatorie che dalla neocorteccia si portano al corpo genicolato mediale non terminino in aree specifiche, come accade in molti Mammiferi terrestri, ma si distribuiscano in maniera diffusa a tutto il corpo. Tale caratteristica anatomica potrebbe indicare la presenza di un maggior controllo modulatorio, eventualmente correlato al fenomeno dell’ecolocazione, operato dalla corteccia cerebrale sul corpo genicolato mediale.
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Il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) è una molecola presente nei neuroni del midollo spinale di diverse specie di Mammiferi, inclusi topi, ratti, conigli, cani, gatti, pecore, scimmie e uomo. Nonostante la distribuzione dei neuroni contenenti questo neuropeptide sia stata studiata in maniera dettagliata nel midollo spinale delle suddette specie, non sono disponibili, in letteratura, informazioni relative alla presenza di queste cellule nel midollo spinale dei Cetacei. Di conseguenza, è stata condotta la presente ricerca che ha avuto lo scopo di determinare, mediante metodiche di immunoistochimica, la distribuzione e la morfologia dei neuroni esprimenti il CGRP nel midollo spinale di tursiope (Tursiops truncatus). In questa specie, la distribuzione laminare (secondo Rexed) dei neuroni CGRP-immunoreattivi è assai simile a quella che si osserva nei Roditori, nei Carnivori e nei Primati; infatti, i corpi cellulari immunopositivi sono localizzati soprattutto in corrispondenza dell’apice del corno dorsale (lamine I e II) e nel corno ventrale (lamine VIII e IX). La distribuzione e la morfologia dei neuroni esprimenti CGRP nel midollo spinale di tursiope suggeriscono come tale neuropeptide possa essere coinvolto nella trasmissione delle informazioni sia sensitive (somatiche e viscerali) che motorie. I neuroni CGRP-immunoreattivi localizzati nelle lamine I e II del midollo spinale di tursiope, come dimostrato in altre specie, potrebbero agire da interneuroni modulando le informazioni nocicettive che dai gangli spinali vengono trasmesse al midollo spinale. Nelle lamine I e II sono presenti anche numerosi processi immunopositivi che, oltre ad appartenere a neuroni locali, derivano, molto probabilmente, dai ai neuroni pseudounipolari dei gangli spinali. In accordo con quanto appena affermato, è opportuno sottolineare come le fibre afferenti primarie provenienti dai gangli spinali utilizzino il CGRP per la trasmissione delle informazioni dolorifiche. La presenza di CGRP nei neuroni della lamina VIII, invece, indica come questo neuropeptide possa essere implicato nella trasmissione di segnali di natura motoria, utilizzando meccanismi presinaptici. Infine, la presenza di numerosi motoneuroni immunoreattivi per il CGRP nella lamina IX indicherebbe un’azione diretta svolta da questo neuropeptide nell’interazione tra motoneurone inferiore e muscolo scheletrico.
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Il Golfo di Taranto è una baia storica all’interno del Mar Ionio Settentrionale, Mar Mediterraneo Orientale. Sebbene il Mar Mediterraneo rappresenti meno dell’1% della superficie oceanica, presenta un alto livello di diversità biologica e si inserisce tra i primi 25 Biodiversity Hot Spot a livello globale. Esso purtroppo è anche uno dei bacini più antropizzati del mondo; tali pressioni mettono a serio rischio la conservazione di numerose specie, tra cui i Cetacei. Attualmente non sono presenti lavori riportanti dati di abbondanza dei Cetacei nel Golfo di Taranto: la mia ricerca vuole contribuire a colmare questo vuoto conoscitivo ed aggiungere nuove conoscenze sull’abbondanza dei Cetacei nel Mar Mediterraneo. Le aree di studio prese in esame si trovano nel Golfo di Taranto, sono contigue ed hanno la stessa superficie. Utilizzando il metodo del transetto lineare ed il software Distance 6.0 è stato possibile, raccogliere i dati di abbondanza dei delfinidi Stenella coeruleoalba e Truncatus truncatus ed analizzarli, ottenendo delle stime di abbondanza da confrontare con la serie storica disponibile (2009-2014). L’utilizzo del metodo del Distance Sampling, applicato per la prima volta nel Golfo di Taranto, è stato fondamentale perché ha permesso di colmare una lacuna conoscitiva sulla consistenza numerica associata alla nota presenza dei Cetacei nel Mar Ionio Settentrionale. I risultati ottenuti hanno reso possibile il confronto delle stime di abbondanza ottenute nel Golfo di Taranto con quelle del bacino ligure-corso-provenzale del Mediterraneo (Santuario Pelagos). Infatti è stato possibile rilevare che S. coeruleoalba presenta abbondanze generalmente inferiori ed un trend in diminuzione nel Santuario Pelagos, in netto contrasto con le maggiori abbondanze ed il trend in incremento evidenziato nel Golfo di Taranto e sintetizzato in questa tesi. Si evince, quindi la massima urgenza nell’implementare lo studio nel Golfo di Taranto, laddove la presenza di differenti specie di Cetacei e le stime di abbondanza di S. coeruleoalba e T. truncatus evidenziano la necessità di interventi di gestione finalizzati alla conservazione del patrimonio di diversità biologica del Mediterraneo.
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Lo studio della sfera emozionale è stato da sempre oggetto d’interesse da parte di molti ambiti della Scienza, nonostante la sua perfetta mappatura costituisca ancora oggi un’ambizione non del tutto raggiunta. Comprendere quale sia il meccanismo specifico di genesi ed elaborazione delle emozioni e quali aree encefaliche ne siano responsabili, costituisce per gli scienziati una sfida di grande interesse. L’importanza dell’Amigdala nello studio e nella comprensione delle emozioni è conseguente alla scoperta di come questa struttura sia responsabile della genesi di un'emozione: la paura. Antica e ben radicata nel percorso evolutivo di ogni specie, la reazione di paura davanti ad un pericolo ha una funzione positiva: protegge da stimoli potenzialmente dannosi e, di base, non si apprende: tutti sono in grado di provare paura. L’Amigdala, denominata anche complesso nucleare amigdaloideo, è una struttura eterogenea, costituita da circa 13 nuclei e localizzata nella parte mediale del lobo temporale. I nuclei amigdaloidei vengono divisi in 3 gruppi: nuclei profondi, nuclei superficiali ed altre aree amigdaloidee. Le caratteristiche citoarchitettoniche e neurochimiche del complesso nucleare amigdaloideo sono state largamente studiate nei Mammiferi terrestri quali: ratto, scimmia, gatto ed Uomo. In letteratura non sono presenti particolari riferimenti ai Mammiferi marini. Per questo motivo la presente ricerca si propone di mostrare le caratteristiche citoarchitettoniche e neurochimiche del nucleo centrale dell’amigdala di tursiope (Tursiops truncatus), con particolare riferimento alle caratteristiche morfometriche dei neuroni esprimenti parvalbumina, calbindina-D28k e calretinina.
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Questa tesi si focalizza sullo studio del funzionamento dell'asse HPT in esemplari di Tursiops truncatus, mantenuti in ambiente controllato. Sono state analizzate le concentrazioni sieriche di TSH, T3 e T4 su 8 individui, 4 maschi e 4 femmine, lungo un periodo di tempo tra febbraio 2015 e febbraio 2016, tramite prelievo di sangue in concomitanza con i controlli veterinari. Essendo il TSH un ormone specie-specifico e vista l'attuale insesistenza di sistemi per la sua rilevazione in cetacei, si è voluto valutare anche se l'utilizzo di un sistema canino con anticorpi policlonali, fosse efficace per la sua analisi in cetacei. L'analisi è stata condotta tramite il kit "Thyroid Stimulating Hormone (TSH) Canine ELISA" (DRG), da cui è stata ottenuta ottima riproducibilità ed affidabilità. L'analisi degli ormoni tiroidei T3 e T4 è stata condotta tramite i kit CLIA. A seguito dell’analisi con sistema ELISA per TSH canino, tutti i campioni di tursiope hanno presentato concentrazioni superiori al limite di rilevabilità della metodica, pari a 0.01 ng/ml, e tutti rispecchiano e sottolineano la loro attività biologica. Il meccanismo di feeback positivo/negativo è evidenziato dall'analisi statistica: infatti, esiste una correlazione positiva tra T3 e TSH e tra T3 e T4. Per quanto riguarda i valori di T3 e T4 riscontrati, le medie ottenute indicano per il T3 valori di 1,117 ± 0,337 ng/ml e per il T4 10,806 ± 16,933 μg/dl, i quali rientrano nel range indicato dagli studi di Fair et al. (2011) e St. Aubin et al (1996). Le analisi statistiche hanno poi mostrato differenze nelle concentrazioni sieriche di tali ormoni tra maschi adulti, femmine adulte, maschio giovane e femmina giovane. Esse sono però significative solo nel caso del T3 (p= 0,006203), mentre per quanto riguarda TSH e T4, esse non risultano significative (rispettivamente p= 0,951254 e p= 0,131574).
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Interest in the health of marine mammals has increased due, in part, to the attention given to human impact on the marine environment. Recent mass strandings of the Atlantic bottlenose dolphin (Tursiops truncatus) and rising mortalities of the endangered Florida manatee (Trichechus manatus latirostris) have raised questions on the extent to which pollution, infectious disease, "stress," and captivity influence the immune system of these animals. This study has provided the first in-depth characterization of immunocytes in the peripheral blood of dolphins (n = 190) and manatees (n = 56). Immunocyte morphology and baseline values were determined in clinically normal animals under free-ranging, stranded and captive living conditions as well as by age and sex. Additionally, immunocyte population dynamics were characterized in sick animals. This was accomplished with traditional cytochemical techniques and new lymphocyte phenotyping methodology which was validated in this study. Traditional cytochemical techniques demonstrated that blood immunocyte morphology and cell numbers are similar to terrestrial mammals with some notable exceptions. The manatee heterophilic granulocyte is a morphologically unique cell and probably functions similarly to the typical mammalian neutrophil. Eosinophils were rarely found in manatees but were uncommonly high in healthy and sick dolphins. Basophils were not identified. Manatees had higher total lymphocyte numbers compared to dolphins and most terrestrial mammals. Lymphocyte subsets identified in healthy animals included T$\rm\sb{h}$, T$\rm\sb{c/s}$, B and NK cells. Dolphin and manatee T and B cell values were higher than those reported in man and most terrestrial mammals. The manatee has extraordinarily high absolute numbers of circulating T$\rm\sb{h}$ cells which suggests an enhanced immunological response capability. With few exceptions, immunocyte types and absolute numbers were not significantly different between free-ranging, stranded and captive categories or between sex and age categories. The evaluation of immunocyte dynamics in various disease states demonstrated a wide variation in cellular responses which provided new insights into innate, humoral and cell-mediated immunity in these species. Additionally, this study demonstrated that lymphocyte phenotyping has diagnostic significance and could be developed into a potential indicator of immunocompetence in both free-ranging and captive dolphin and manatee populations.
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Top predators are known for their ability to 1) affect their communities through predation and 2) induce behavioral modifications. Recent research suggests that they may also play “bottom-up” roles in ecosystems, including transporting materials within and across habitat boundaries. The Florida Coastal Everglades (FCE) is an “upside-down” oligotrophic estuary where productivity decreases from the mouth of the estuary to freshwater marshes. Therefore, movements of predators may be important in ecosystem dynamics. While other estuarine predators in the FCE have been shown to potentially move nutrients among ecosystems, the potential for bottlenose dolphins (Tursiops truncatus) to play a similar role in the systems has not been investigated. Stable isotope analysis of biopsy samples were used to investigate spatial variation in trophic interactions of dolphins to see if they might transport nutrients. Values of δ15 N suggest dolphins feed at a trophic level similar to other top predators in the ecosystem while δ13 C suggest that dolphins forage largely within food webs where they were sampled rather than transporting nutrients across ecosystem boundaries. The exception may be dolphins foraging in rivers, which may transport nutrients downstream; a pattern opposite to that of bull sharks and alligators in these habitats. Further research is necessary to predict how future changes occurring due to restoration and climate will affect the ecological roles of dolphins.
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Interest in the health of marine mammals has increased due, in part, to the attention given to human impact on the marine environment. Recent mass strandings of the Atlantic bottlenose dolphin (Tursiops truncatus) and rising mortalities of the endangered Florida manatee (Trichechus manatus latirostris) have raised questions on the extent to which pollution, infectious disease, "stress," and captivity influence the immune system of these animals. This study has provided the first in-depth characterization of immunocytes in the peripheral blood of dolphins (n=180) and manatees (n=56). Immunocyte morphology and baseline values were determined in clinically normal animals under free-ranging, stranded and captive living conditions as well as by age and sex. Additionally, immuocyte population dynamics were characterized in sick animals. This was accomplished with traditional cytochemical techniques and new lymphocyte phenotyping methodology which was validated in this study. Traditional cytochemical techniques demonstrated that blood immunocyte morphology and cell numbers are similar to terrestrial mammals with some notable exceptions. The manatee heterophilic granulocyte is a morphologically unique cell and probably functions similarly to the typical mammalian neutrophil. Eosinophils were rarely found in manatees but were uncommonly high in healthy and sick dolphins. Basophils were not identified. Manatees had higher total lymphocyte numbers compared to dolphins and most terrestrial mammals. Lymphocyte subsets identified in healthy animals included Th, Tes, B and NK cells. Dolphin and manatee T and B cell values were higher than those reported in man and most terrestrial mammals. The manatee has extraordinarily high absolute numbers of circulating Th cells which suggests an enhanced immunological response capability. With few exceptions, immunocyte types and absolute numbers were not significantly different between free-ranging, stranded and captive categories or between sex and age categories. The evaluation of immunocyte dynamics in various disease states demonstrated a wide variation in cellular responses which provided new insights into innate, humoral and cell-mediated immunity in these species. Additionally, this study demonstrated that lymphocyte phenotyping has diagnostic significance and could be developed into a potential indicator of immunocompetence in both free-ranging and captive dolphin and manatee populations.
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Top predators are best known for their ability to affect their communities through inflicting mortality on prey and inducing behavioral modifications (e.g. risk effects). Recent scientific evidence suggests that predators may have additional roles in bottom-up processes such as transporting materials within and across habitat boundaries. The Florida Coastal Everglades (FCE) is an “upside-down” oligotrophic estuary where productivity decreases from the mouth of the estuary to freshwater marshes. Research in the FCE suggest that predators can act as mobile links between disparate habitats and can potentially affect nutrient and biogeochemical dynamics through localized behaviors (e.g. American alligators and juvenile bull sharks). To date, little is known about bottlenose dolphins (Tursiops truncatus) in the FCE beyond broad-scale patterns of abundance. Because they are highly mobile mammals commonly found in coastal waters, bottlenose dolphins are an interesting case study for investigating the influence of ecology on the evolution of local adaptations. Within this influence lies the potential for investigation of the related roles those adaptations play in coastal ecosystems due to their high metabolic rates, movement capabilities, and tendency to display specialized foraging behaviors. Stable isotope analysis of biopsy samples were used to investigate habitat use, trophic interactions, and patterns of individual specialization in bottlenose dolphins to gain functional insights into ecosystem dynamics. δ13 C isotopic values are used to differentiate the relative importance of a food web to the diet of an organism, while δ15 N values are used to evaluate the relative trophic position of an organism. Dolphin δ13 C isotopic values seem to suggest that dolphins are foraging within single ecosystems and may not be moving nutrients across ecosystem boundaries while their δ15 N isotopic values appear to be of a top predator, at a similar level to bull sharks and alligators in FCE. Further research is necessary to provide vital insight into the large predators’ role in affecting the evolution of local adaptations. Conducting this research should also provide information for predicting how future changes occurring due to restoration dynamics (see CERP: evergladesplan.org) and climate change will affect the ecological roles of these animals.
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Top predators are best known for their ability to affect their communities through inflicting mortality on prey and inducing behavioral modifications (e.g. risk effects). Recent scientific evidence suggests that predators may have additional roles in bottom-up processes such as transporting materials within and across habitat boundaries. The Florida Coastal Everglades (FCE) is an “upside-down” oligotrophic estuary where productivity decreases from the mouth of the estuary to freshwater marshes. Research in the FCE suggest that predators can act as mobile links between disparate habitats and can potentially affect nutrient and biogeochemical dynamics through localized behaviors (e.g. American alligators and juvenile bull sharks). To date, little is known about bottlenose dolphins (Tursiops truncatus) in the FCE beyond broad-scale patterns of abundance. Because they are highly mobile mammals commonly found in coastal waters, bottlenose dolphins are an interesting case study for investigating the influence of ecology on the evolution of local adaptations. Within this influence lies the potential for investigation of the related roles those adaptations play in coastal ecosystems due to their high metabolic rates, movement capabilities, and tendency to display specialized foraging behaviors. Stable isotope analysis of biopsy samples were used to investigate habitat use, trophic interactions, and patterns of individual specialization in bottlenose dolphins to gain functional insights into ecosystem dynamics. δ13 C isotopic values are used to differentiate the relative importance of a food web to the diet of an organism, while δ15 N values are used to evaluate the relative trophic position of an organism. Dolphin δ13 C isotopic values seem to suggest that dolphins are foraging within single ecosystems and may not be moving nutrients across ecosystem boundaries while their δ15 N isotopic values appear to be of a top predator, at a similar level to bull sharks and alligators in FCE. Further research is necessary to provide vital insight into the large predators’ role in affecting the evolution of local adaptations. Conducting this research should also provide information for predicting how future changes occurring due to restoration dynamics (see CERP: evergladesplan.org) and climate change will affect the ecological roles of these animals.
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BACKGROUND Adenoviruses are common pathogens in vertebrates, including humans. In marine mammals, adenovirus has been associated with fatal hepatitis in sea lions. However, only in rare cases have adenoviruses been detected in cetaceans, where no clear correlation was found between presence of the virus and disease status. CASE PRESENTATION A novel adenovirus was identified in four captive bottlenose dolphins with self-limiting gastroenteritis. Viral detection and identification were achieved by: PCR-amplification from fecal samples; sequencing of partial adenovirus polymerase (pol) and hexon genes; producing the virus in HeLa cells, with PCR and immunofluorescence detection, and with sequencing of the amplified pol and hexon gene fragments. A causative role of this adenovirus for gastroenteritis was suggested by: 1) we failed to identify other potential etiological agents; 2) the exclusive detection of this novel adenovirus and of seropositivity for canine adenoviruses 1 and 2 in the four sick dolphins, but not in 10 healthy individuals of the same captive population; and 3) the virus disappeared from feces after clinical signs receded. The partial sequences of the amplified fragments of the pol and hexon genes were closest to those of adenoviruses identified in sea lions with fatal adenoviral hepatitis, and to a Genbank-deposited sequence obtained from a harbour porpoise. CONCLUSION These data suggest that adenovirus can cause self-limiting gastroenteritis in dolphins. This adenoviral infection can be detected by serology and by PCR detection in fecal material. Lack of signs of hepatitis in sick dolphins may reflect restricted tissue tropism or virulence of this adenovirus compared to those of the adenovirus identified in sea lions. Gene sequence-based phylogenetic analysis supports a common origin of adenoviruses that affect sea mammals. Our findings suggest the need for vigilance against adenoviruses in captive and wild dolphin populations.
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An integrated approach of using strandings and bycatch data may provide an indicator of long-term trends for data-limited cetaceans. Strandings programs can give a faithful representation of the species composition of cetacean assemblages, while standardised bycatch rates can provide a measure of relative abundance. Comparing the two datasets may also facilitate managing impacts by understanding which species, sex or sizes are the most vulnerable to interactions with fisheries gear. Here we apply this approach to two long-term datasets in East Australia, bycatch in the Queensland Shark Control Program QSCP, 1992–2012) and strandings in the Queensland Marine Wildlife Strandings and Mortality Program StrandNet, 1996–2012). Short-beaked common dolphins, Delphinus delphis, were markedly more frequent in bycatch than in the strandings dataset, suggesting that they are more prone to being incidentally caught than other cetacean species in the region. The reverse was true for humpback whales, Megaptera novaeangliae, bottlenose dolphins, Tursiops spp.; and species predominantly found in offshore waters. QSCP bycatch was strongly skewed towards females for short-beaked common dolphins, and towards smaller sizes for Australian humpback dolphins, Sousa sahulensis. Overall, both datasets demonstrated similar seasonality and a similar long-term increase from 1996 until 2008. Analysis on a species-by-species basis was then used to explore potential explanations for long-term trends, which ranged from a recovering stock (humpback whales) to a shift in habitat use (short-beaked common dolphins).