987 resultados para Istanbul, riqualificazione urbana, ex discarica, kucukcekmece, eurasia, osmosis, theme park, urbanistica, progetto urbano, osmosi, canyon,


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Oggetto di lavoro della tesi è un complesso programma di valorizzazione dell’area urbana in sponda nord del Canale Candiano nella città di Ravenna compresa tra le vie Eustacchio Manfredi, Montecatini, delle Industrie e Salona oggi area a destinazione industriale in forte trasformazione. Lo scopo generale del programma è favorire e migliorare la conoscenza e quindi la fruizione del patrimonio marino adriatico e arricchire il contesto urbano esistente all’interno del Programma di Riqualificazione Urbana promosso dal Comune. Per riuscire in questo obiettivo servirà una riprogettazione degli spazi caratteristici in relazione alle potenzialità degli accessi al complesso, uniti con la presenza dei flussi viari che lo attraversano. La forte presenza del Parco del Mausoleo di Teodorico, l’area in testata alla Darsena dove si trova l’area retrostante la Stazione ferroviaria e il potenziamento del dialogo tra il Candiano con la città antica sono gli esempi di maggior interesse che si trovano nell’immediata vicinanza con l’area di progetto. In contemporaneo a questi elementi il programma dovrà ripensare l’intera organizzazione degli accessi in relazione al programma di utilizzo del Canale Candiano come spazio pubblico della città. Ci si pone come obiettivo quello di progettare un’area di forte valenza culturale, che si rapporti e reinterpreti la storicità posseduta dalla città di Ravenna creando non un semplice intervento di Architettura museale, ma bensì un nuovo spazio urbano che non si limiti a se stesso e alle sue funzioni ma che dialoghi liberamente con tutta la città e i sui abitanti. La Darsena della città di Ravenna, come visto, è reduce da molteplici piani urbanistici che si sono sviluppati dagli anni cinquanta fino ad oggi. Questo percorso di pianificazione però ha portato ad un ordinato e consapevole intervento urbanistico, sia dal punto di vista qualitativo che tipologico. Il rispetto della cadenza decennale con cui si sono rinnovati i piani regolatori generali, le tematiche e le innovazioni che il Piano è sempre riuscito ad anticipare hanno prodotto il buon risultato che oggi troviamo nella Darsena.

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Il MUV, ovvero il Museo della Vela di Ravenna vuole ripercorrere la storia della navigazione a vela dai primordi ai giorni nostri. La quantità di materiale ed il tema di enormi dimensioni richiedono la semplificazione dell’apparato museologico. La vela, come la ruota, è stata probabilmente una delle più grandi invenzioni nella storia dell’umanità considerando che la maggior parte del globo è composta da acqua, permetteva di muoversi, emigrare, esplorare, scappare, procacciare cibo, comunicare, conquistare e commerciare. In questo museo si vuole ripercorrere la storia della vela attraverso i cambiamenti significativi delle tre parti fondamentali di una imbarcazione a vela: scafo, timone e vela. Infatti, ognuno di questi componenti è stato, durante la storia dell’uomo, ottimizzato e trasformato per poter sfruttare al massimo l’energia del vento. Le sezioni espositive saranno divise per grandi periodi significativi della storia, cercando di creare un filo conduttore. Dapprima la vela era utilizzata per muoversi più velocemente e per cercare cibo, poi per il trasporto e la vendita di materie prime e successivamente per andare alla scoperta del mondo e per combattere mentre ora è anche strumento di diletto o competizione sportiva. Tutti questi casi sono accumunati dalla volontà dell’uomo di arrivare sempre per primo, a prescindere dall’epoca o dallo scopo. In fondo all’inizio si competeva per raggiungere per primi un nuovo territorio, poi arrivare primi voleva dire decidere il prezzo delle spezie sul mercato e successivamente avere una barca veloce permetteva poter sfuggire al nemico o catturarlo. Adesso si compete per sport, per diletto o , secondo le ultime necessità ecosostenibili, per riuscire a muoversi più velocemente possibile ma anche nel modo più economico e sostenibile. Il MUV cerca di raccontare la continua ed infinita “ regata ” che l’uomo nel corso dei secoli compie con se stesso e di mostrare al visitatore come sono cambiati scafi, vele e metodi di navigazione durante la storia. Il progetto nasce dall’idea di valorizzare l’area urbana in sponda sinistra del Canale Candiano nella città di Ravenna compresa tra le vie Eustachio Manfredi, Montecatini, delle Industrie e Salona oggi area a destinazione industriale in forte trasformazione con utilizzo futuro a prevalenza civica, ossia per l’istruzione , la ricerca, lo svago e cultura. I principali obiettivi sono stati il miglioramento dell’accessibilità del Canale Candiano dagli spazi circostanti, rendendo fruibile al visitatore soprattutto le rive del canale riavvicinando così la città all’acqua e la progettazione di idonei edifici museali e di ricerca per accogliere, mostrare e conservare il patrimonio e di creare un anello di congiunzione funzionale e culturale all’interno del tessuto urbano creando interconnessioni tra i vari livelli di conoscenza e di accessibilità nel mondo velico. La volontà è stata quella di non creare un’isola nella città ma di creare un anello di congiunzione funzionale e culturale all’interno del tessuto urbano creando interconnessioni tra i vari livelli di conoscenza e di accessibilità. Nell’ area potrà accedere chi si avvicina alla vela, chi la conosce e vorrebbe saperne di più, un esperto velista o chi lavora nel settore dei materiali costruttivi o nel campo universitario e di sperimentazione. Il complesso museale è stato pensato per mantenere fruibile a tutti l’attacco a terra dandogli un carattere prettamente pubblico. Il museo vero e proprio è composto da una serie di volumi che si adagiano attorno alla grande permanenza in laterizio e calcestruzzo e insieme a questa creano una corte pubblica di 35 m x 35 m. L’intero patio con i vari camminamenti perimetrali è fruibili a chiunque, anche senza biglietto così come il corpo a ovest, orientato secondo l’asse che collega l’area al Mausoleo di Teodorico, che contiene una caffetteria, il bookshop più vari servizi. Sul lato nord e sul alto est del patio un’altra caffetteria, un ristorante e una parte di esposizione temporanea concludono l’attacco a terra dandogli definitivamente un carattere pubblico. Così facendo ho cercato di aprire lo spazio del patio verso tutta l’area mentre sul lato ovest c’è stata la volontà di chiudersi rispetto all’intorno essendo vicini a una zona residenziale e si è deciso di destinare questa parte a deposito, carico-scarico e servizi del personale. La disposizione dei volumi dell’edificio museale è stata subordinata nel rispetto dell’edificio di valore documentale in laterizio che si voleva mantenere. Partendo da una griglia modulata sugli edifici con vincoli comunali presenti nell’area il museo si è sviluppato come blocchi longitudinali di pochi piani. La volontà di abbracciare il volume in laterizio è stata fin da subito una delle scelte chiave e ha dato cosi forma a una grande corte che richiama i chiostri delle basiliche del centro di Ravenna, trattando quindi quasi come un monumento la vecchia fabbrica di zolfo.

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Progetto di riqualificazione urbana di un'area industriale attraverso il riordino del verde. Inserimento di laboratori di ricerca e incubatori d'impresa e coworking e riorganizzazione degli impianti sportivi preesistenti.

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A partire dallo studio del masterplan di progetto urbano dello studio Mbm di Bohigas, per la riqualificazione del quadrante Nord-Ovest della città di Parma, viene formulata una proposta alternativa con l'approfondimento di un lotto adiacente al Torrente Parma. Si sviluppa il progetto di un edificio polifunzionale a contatto con il parco urbano e con il parco fluviale, di una piazza e di una passerella ciclopedonale che congiunge le sponde del torrente Parma. la progettazione segue i temi della sostenibilità e del risparmio energetico con l'impiego di sistemi solari, facciata ventilata, sistemi geoterici e fitodepurazione. Si approfondiscono temi quali i sistemi di controllo dell' edificio e la domotica, volti al risparmio energetico, di gestione e alla sicurezza. Le conclusioni volgono lo sguardo alla situazione del mercato nazionale e europeo in termini di valutazione del valore dell'immobile e della sua commerciabilità.

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La ricerca iniziata all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale, e che ha continuato ad approfondirsi parallelamente al progetto durante lo sviluppo della tesi, si è basata sullo studio del tessuto urbano e sulla sperimentazione della sostituzione di porzioni dello stesso come strumento progettuale. Oggi, il patrimonio immobiliare italiano è in gran parte caratterizzato da edifici costruiti nel periodo dell’emergenza, degli anni Cinquanta e Sessanta; la maggior parte di esso è costituito da edilizia che ora necessita di interventi di manutenzione e rinnovo (anche dai punti di vista energetico, impiantistico e sismico), perchè nel periodo della loro realizzazione sono stati usati sistemi costruttivi sbrigativi e si è cercato di ridurre i costi. Si tratta di un fenomeno diffuso che interessa anche la zona della costa dell’Emilia-Romagna: oltre 130 km di riviera caratterizzati da diversi paesaggi che sono il risultato diretto del rapporto uomo-natura. “La presenza e l’azione dell’uomo è ed è stata dominante sul paesaggio costiero mediterraneo, a volte con grande sapienza, equilibrio e rispetto dei luoghi, altre volte con devastante consumo e depauperamento dell’ambiente e delle sue risorse”. Rimini e le sue frazioni fanno parte di un paesaggio fortemente antropizzato, che mostra chiaramente i segni di quegli anni di costruzione privi di pianificazione che hanno favorito lo sviluppo di una serie di nuclei costieri contigui, addensati all’interno di una porzione di territorio delimitata da due linee: quella ferroviaria e quella di costa. Il caso di Viserba è emblematico, perché oggi rappresenta il risultato di una edilizia che ha seguito un’ottica prevalentemente privatistica e speculativa. Il territorio, estremamente parcellizzato e denso, ha favorito la creazione di una sorta di confusione urbana tale da rendere difficilmente riconoscibili i caratteri originari del luogo. Il lungomare è diventato il manifesto di questo intervento, tanto che se si rivolgono le spalle al mare per osservare il primo fronte, ciò che si nota non sono di certo i villini storici, i quali passano inevitabilmente in secondo piano. Il nostro esercizio progettuale si è concentrato proprio sulla fascia litoranea che oggi non dialoga più con il mare, ponendoci come obiettivi, non solo lo sviluppo di una strategia di riqualificazione urbana, ma anche la ricerca di un modo per ristabilire attraverso un nuovo segno urbano, il legame perso tra acqua e terra. Fondamentali per il recupero del rapporto della città con il mare sono stati l’inserimento di spazi destinati alla collettività, percorsi, accessi al mare in grado di ricostituire la facciata marittima e di fungere da legante di un sistema unico che comprende sia la struttura urbana sia la fascia costiera, estendendoci fino alle barriere frangiflutti, che oggi costituiscono solo un limite visivo molto forte. La sfida che, pertanto, è stata lanciata già all’interno del laboratorio era quella di cercare una risposta progettuale, una strategia chiara e condivisa, che aspirasse a risolvere i problemi generati da quegli anni di edificazione “compulsiva” e senza regole all’interno del particolare contesto viserbese. La nostra ricerca è stata supportata dall’approfondimento di un tema comune principale, la sostituzione di tessuto urbano, che è diventato per noi lo strumento chiave per lo sviluppo del progetto. L’analisi si è concentrata, tra i vari aspetti, anche sulla situazione attuale italiana che è apparsa critica e poco incoraggiante a causa del basso livello qualitativo degli edifici nelle principali aree urbane (circa il 35% è stato costruito attorno agli anni Cinquanta ed è inefficiente da diversi punti di vista), della crisi del mercato immobiliare e del disagio sociale derivante da ragioni di vario tipo. L’Italia è un paese eccessivamente radicato a una scelta urbanistica conservativa e perciò ancora molto lontano dalla logica della sostituzione urbana. Quest’ultima può costituire il mezzo per redigere un coraggioso progetto strategico che, nell’ottica del lungo periodo, permetta di delineare un disegno dello sviluppo urbano delle nostre città, migliorandone le loro realtà urbane? Il dibattito oggi è molto acceso. Ed è proprio per tentare di trovare una possibile risposta a questo interrogativo che il nostro esercizio progettuale ha sperimentato questo tipo di intervento.

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La tesi si occupa di tematiche legate alla rigenerazione e riqualificazione urbana, nello specifico viene approfondita la "metodologia" d'intervento dei "Contratti di Quartiere II" istituiti con la Lg. 21/2001. Viene poi studiato e analizzato il progetto del Contratto di Quartiere "San Donato" a Bologna nel quale vengono affrontate in maniera alquanto incisiva tutte le prerogative dello strumento di legge.

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Il lavoro compiuto porta in evidenza un tema di grande attualità per il progetto urbano e promuove la ricerca tipologica e figurativa volta a interpretare il luogo tramite l’analisi dei caratteri, tessuti, giaciture per capirne le criticità e da queste partire, non con la pretesa di una capacità risolutiva assoluta dell’intera gamma dei problemi che lo sviluppo del territorio pone, ma come occasione per dare un assetto ordinato a una parte di città e con l’intento di mettersi a disposizione e al servizio della città stessa, costruita e attuata come accumulo indifferenziato di manufatti privo di un qualsiasi disegno generale che lo regoli. L’idea guida del progetto è stata la scelta di rivalutare, anche dal punto di vista espositivo, il carattere di museo-laboratorio proprio dell’Accademia, così da ridefinire il suo ruolo didattico. Tra la necessità di salvaguardare il carattere di Brera come Istituzione e il bisogno di trovare una collocazione più adatta alla didattica attraverso il trasferimento degli spazi dell’Accademia nel Comprensorio delle ex caserme XXIV Maggio, Carroccio, Magenta.

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Questa ricerca mira ad indagare le immagini possibili di una città, nello specifico Rimini, sperimentando un sistema insediativo in cui l'elemento verde e le relazioni sociali e funzionali sono stati elementi fondamentali nella progettazione. L'area di intervento è la stazione di Rimini, per cui si è proposta una riqualificazione urbana capace di innescare flussi e capacità attrattiva, grazie alla scelta di inserire edifici di carattere pubblico, quali un museo, l'accademia delle belle arti, servizi agli universitari, un hotel e del terziario. Le residenze sono immerse nel parco, per godere di un rapporto privilegiato con l'elemento natura. Il lavoro è partito da un'analisi delle caratteristiche di Rimini, la sua forte vocazione turistica e le sue componenti culturali, cercando di rappresentare al meglio gli aspetti e i valori della città.

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The Thailand education reform adopted cooperative learning to improve the quality of education. However, it has been reported that the introduction and maintenance of cooperative learning has been difficult and uncertain because of the cultural differences. The study proposed a conceptual framework developed based on making a connection between Thai cultures and cooperative learning elements, and implemented a small-scale research project in a Thai primary mathematics class with a teacher and thirty-two Grade 4 students. The results uncovered that the three components including preparation of teachers, instructional strategies and preparation of students can be vehicles for the culture integration in cooperative learning.

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Nas Américas, a leishmaniose visceral (LV) experimenta um processo de urbanização e o cão doméstico é considerado o principal reservatório da doença neste cenário, embora seu papel no ciclo de transmissão não esteja totalmente explicado. Este estudo teve como objetivo investigar, por meio da análise de dados espaciais e imagens de sensoriamento remoto, a relação de fatores ambientais com a ocorrência de infecção canina por Leishmania chagasi e sua correlação espacial com a doença humana na cidade de Teresina (Piauí - Brasil), onde foi relatada a primeira epidemia urbana de LV no Brasil. Os resultados são apresentados na forma de dois manuscritos, nos quais são utilizados dados georreferenciados obtidos por meio de um inquérito sorológico canino realizado durante o ano de 2011, em diferentes bairros com transmissão moderada ou intensa. No primeiro, a regressão logística multinível foi utilizada para correlacionar a prevalência da infecção canina com variáveis ambientais de quadrículas de 900m2 (30mx30m) onde os domicílios estavam localizados, ajustando para as características individuais dos cães (sexo, idade e raça) e da residência. Participaram desta análise 717 cães distribuídos em 494 domicílios e 396 quadrículas. Um percentual >16,5% da área da quadrícula coberta por pavimentação clara (ruas de terra ou asfalto antigo) foi a única variável ambiental associada com a infecção canina por L. chagasi (Odds ratio [OR] = 2,00, intervalo de 95% de confiança [IC95%]: 1,22 - 3,26). Estas áreas provavelmente correspondem àquelas mais pobres e com pior infraestrutura urbana, sugerindo a ocorrência de um padrão de transmissão intra-urbano similar aos padrões rurais e peri-urbanos da LV. No segundo manuscrito, a partir da análise hierárquica do vizinho mais próximo foi verificada a presença de sete clusters de maior concentração de cães soropositivos em relação aos soro negativos em áreas menos urbanizadas e com vegetação pouco densa. Participaram desta análise 322 cães distribuídos em cinco bairros. A relação espacial entre os caninos soropositivos e os casos humanos foi investigada através do método da distância média entre os pontos e analisada por meio do teste t. Foi encontrada uma maior proximidade de casos humanos em relação a cães soropositivos quando comparada à distância em relação aos soro negativos, sugerindo a existência de uma relação espacial entre a LV humana e a soropositividade canina. Os resultados contribuem para uma maior compreensão sobre a dinâmica da doença em meio urbano além de fornecer informações úteis para a prevenção e controle da LV em seres humanos.

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O planejamento urbano no Brasil passou por diversas fases de sua construção no estabelecimento do controle do espaço através dos instrumentos de regulamentação do uso do solo, mas marcado por intensa desigualdade, discriminação e exclusão social e de desconsideração das camadas menos favorecidas da população quando beneficiárias das melhorias sociais que a cidade pode oferecer. Esta tendência mudou quando na década de 1990, introduziram-se as premissas dos planos diretores e da inclusão e participação popular na formulação das políticas da cidade. O entendimento em questão busca contribuir para produção e adequação de instrumentos ou sugestões de instrumentos do direito urbanístico à construção de espaços urbanos públicos seguros baseados a princípio na busca das causas endógenas oriundas do próprio ambiente urbano, enfatizadas no presente trabalho por meio da ecologia humana e das causas exógenas fruto de características independentes do ambiente urbano, objeto de estudo das ciêcias criminais, por meio da contribuição da Escola de Chicago, através de seu ecologismo social, será procendente a análise das estatísticas que demonstram a distribuição da violência no espaço localizado das intervenções do programa favela-bairro e quais proposições podem ser formuladas no âmbito do planejamento urbano e do direito urbanístico e se podem contribuir para o combate ou controle da criminalidade.

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Tese de doutoramento, Geografia (Geografia Humana), Universidade de Lisboa, Instituto de Geografia e Ordenamento do Território, 2015

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El presente estudio se centra en una política pública que ha sido llevada a cabo en el marco de la implementación de las mejoras enfocadas a la recuperación del espacio público en el Distrito Capital: El Programa de Renovación, Recuperación y Revalorización de Espacios Públicos iniciado durante la administración del alcalde Luis Eduardo Garzón. Los gobiernos anteriores intervenían el espacio público con un enfoque básicamente estético y físico, sin permitir su uso por vendedores ambulantes, éste introdujo un cambio fundamental al instalar quioscos fijos en el espacio público y permitir su uso temporal por antiguos vendedores mientras adquirían las capacidades para desarrollar proyectos económicos autónomos. A pesar del cambio radical que introdujo esta política, su implementación fue imperfecta evidenciándose notoriamente sus limitaciones, ya que no se permitió a los vendedores formalizar su trabajo.

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"Ilhas de calmaria no turbilhão agitado da história, a quase totalidade dos nossos "museus de cidade" recompõem, num passado mítico e nostálgico, a ordem no caos urbano, oferece pressurosamente a leitura simplificadora e monovalente das contradições históricas - e assim educam."

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Este trabalho tem como objectivo efectuar o confronto entre a procura da sociedade actual e a oferta existente e potencial dos Bairros do Centro Histórico de Lisboa, com vista a traçar as linhas gerais de um modelo de intervenção que permita a reabilitação desses bairros. A necessidade de concretização desta ferramenta resulta da complexidade e dispersão dos Bairros de Lisboa, com características díspares e especificidades próprias que derivam dos locais onde estão implantados e dos períodos históricos em que a sua natureza urbana se consolidou. Pela observação do património edificado, do equipamento urbano e das dinâmicas populacionais, torna-se evidente que o trabalho desenvolvido nas duas últimas décadas em termos de reabilitação urbana, apesar de bem-intencionado, não produziu resultados que se possam considerar positivos. Na realidade, à luz dos parâmetros antes referidos e apesar dos esforços e capitais dispendidos, o que se constata, censo após censo, estatística após estatística, é que os bairros históricos estão a ficar progressivamente depauperados em termos de população residente e de postos de trabalho, não só em quantidade como ainda em qualidade e diversidade. Simultaneamente e em consequência destas dinâmicas populacionais negativas, agudiza-se inevitavelmente o estado geral de conservação do património privado e público. O que se constata, ao fim de mais de duas décadas de investimento na reabilitação do Centro Histórico da Cidade de Lisboa, é que o seu manifesto insucesso não resulta da incapacidade técnica de quem está no terreno, mas sim da ausência de critérios e princípios que realmente pudessem alterar uma realidade progressivamente empobrecedora de todo o Centro Histórico da Capital, que deveria constituir uma riqueza única da cidade. Mais do que tentar-se substituir à iniciativa e ao capital privado, acreditamos que o Estado e a Câmara Municipal de Lisboa deveriam investir nos aspectos em que toda a área em estudo falha e que são indiscutivelmente competência própria.