36 resultados para Fotometria


Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

L'avvento di strumenti di osservazione sempre più potenti ha permesso negli ultimi decenni di studiare a fondo gli oggetti che compongono l'universo nonchè di giungere a stabilirne una possibile geometria. Se da un lato i dati di WMAP supportano un determinato scenario ``di consenso'', questo non esclude, tuttavia che anche altre possibili soluzioni cosmologiche possano entrare in gioco una volta che una o più delle assunzioni portanti del modello ΛCDM vengano aggiornate o risultino, alla prova di nuovi fatti, inconsistenti. Ecco quindi che può essere interessante investigare quali implicazioni possano nascere da una scelta diversa del modello. Prenderemo in considerazione cinque modelli: oltre al modello di consenso (ΛCDM), valuteremo anche tre casi limite nel contesto della metrica di Friedmann. Dedicheremo particolare attenzione, infine, al modello dello Stato Stazionario. Studieremo, al variare di questi scenari, la formazione stellare cosmica e con l'utilizzo dei modelli di SSP di Buzzoni (2005) otterremo le proprietà fotometriche di una meta galassia, le quali verranno confrontate con osservazioni recenti (e.g. Madgwick et al. 2002).

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

In questo lavoro si affronta il tema della rilevazione fotometrica di esopianeti in transito attraverso la tecnica della fotometria differenziale e l'impiego di piccoli telescopi commerciali. Dopo un'introduzione sull'attuale stato della popolazione di esopianeti, verranno analizzati i sistemi extrasolari transitanti, da cui è possibile ricavare grandezze orbitali e fisiche che nessun altro metodo, attualmente, è in grado di garantire. Nella seconda parte verranno affrontate le problematiche relative alla rilevazione fotometrica dei transiti, sviluppando una tecnica di acquisizione e riduzione dei dati semplice, veloce e che possa allo stesso tempo garantire la precisione richiesta, di almeno 0.002 magnitudini. Questa verrà messa alla prova su due esopianeti che soddisfano le richieste di precisione sviluppate nel testo. Verrà dimostrato che con uno strumento da 0.25 m e una camera CCD commerciale, da cieli affetti da moderato inquinamento luminoso, è possibile ottenere curve di luce con una precisione dell'ordine di 0.001 magnitudini per astri con magnitudini comprese tra 8 e 13, comparabili con le accuratezze di strumenti di taglia professionale. Tale precisione è sufficiente per rilevare pianeti gioviani caldi e persino pianeti terrestri in transito attorno a stelle di classe M e dare un aiuto importante alla ricerca di punta. Questo verrà dimostrato presentando la sessione fotometrica con cui è stato scoperto il transito dell'esopianeta HD17156 b, il primo rilevato da strumentazione amatoriale. Con tecniche di ripresa simultanea attraverso setup identici è possibile aumentare la precisione di un fattore √N, dove N è il numero di telescopi impiegati in una sessione fotometrica, supposti raggiungere la stessa precisione. Tre strumenti come quello utilizzato nelle sessioni presentate nel testo sono sufficienti per garantire un campionamento temporale di almeno 0.13 dati/minuto e una precisione di 0.0006 magnitudini, ovvero di 500 ppm, non molto distante dal limite di 200 ppm attualmente raggiunto dai più grandi telescopi terrestri.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Questo elaborato scritto tratta la classificazione e la modellizzazione della fisica delle galassie. La prima parte illustra la classificazione morfologica delle galassie. Descrivo la classificazione di Hubble perché è la prima in ordine cronologico, la più semplice e la più importante. In seguito espongo le modifiche introdotte da Sandage e De Vaucouleurs. In particolare cerco di giustificare l’importanza delle classificazioni morfologiche come punto di partenza per una comprensione e una modellizzazione della fisica delle galassie. Nella seconda parte mi concentro sulle caratteristiche fotometriche e cinematiche interne relative a due particolari tipi di galassie: le Ellittiche e le Spirali. Approfondisco due argomenti in particolare: i profili di brillanza delle Ellittiche per quanto riguarda le caratteristiche fotometriche delle Ellittiche e le curve di rotazione delle Spirali, per le caratteristiche cinematiche delle Spirali. Questi due argomenti sono stati scelti perché il primo fornisce un modello analitico per descrivere la luminosità delle Ellittiche e il secondo permette di rappresentare, sempre tramite una modellizzazione, la cinematica delle Spirali, in particolar modo del loro disco.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Analogous to sunspots and solar photospheric faculae, which visibility is modulated by stellar rotation, stellar active regions consist of cool spots and bright faculae caused by the magnetic field of the star. Such starspots are now well established as major tracers used to estimate the stellar rotation period, but their dynamic behavior may also be used to analyze other relevant phenomena such as the presence of magnetic activity and its cycles. To calculate the stellar rotation period, identify the presence of active regions and investigate if the star exhibits or not differential rotation, we apply two methods: a wavelet analysis and a spot model. The wavelet procedure is also applied here to study pulsation in order to identify specific signatures of this particular stellar variability for different types of pulsating variable stars. The wavelet transform has been used as a powerful tool for treating several problems in astrophysics. In this work, we show that the time-frequency analysis of stellar light curves using the wavelet transform is a practical tool for identifying rotation, magnetic activity, and pulsation signatures. We present the wavelet spectral composition and multiscale variations of the time series for four classes of stars: targets dominated by magnetic activity, stars with transiting planets, those with binary transits, and pulsating stars. We applied the Morlet wavelet (6th order), which offers high time and frequency resolution. By applying the wavelet transform to the signal, we obtain the wavelet local and global power spectra. The first is interpreted as energy distribution of the signal in time-frequency space, and the second is obtained by time integration of the local map. Since the wavelet transform is a useful mathematical tool for nonstationary signals, this technique applied to Kepler and CoRoT light curves allows us to clearly identify particular signatures for different phenomena. In particular, patterns were identified for the temporal evolution of the rotation period and other periodicity due to active regions affecting these light curves. In addition, a beat-pattern vii signature in the local wavelet map of pulsating stars over the entire time span was also detected. The second method is based on starspots detection during transits of an extrasolar planet orbiting its host star. As a planet eclipses its parent star, we can detect physical phenomena on the surface of the star. If a dark spot on the disk of the star is partially or totally eclipsed, the integrated stellar luminosity will increase slightly. By analyzing the transit light curve it is possible to infer the physical properties of starspots, such as size, intensity, position and temperature. By detecting the same spot on consecutive transits, it is possible to obtain additional information such as the stellar rotation period in the planetary transit latitude, differential rotation, and magnetic activity cycles. Transit observations of CoRoT-18 and Kepler-17 were used to implement this model.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

O estudo da movimentação de nutrientes no solo é fundamental para nortear a sua correção, a fim de favorecer maiores produtividades das culturas. Resssalta-se que é interessante não se ter uma correção do solo somente superficial, mas também condicionando o perfil até a profundidade que alcançam as raízes absorventes de nutrientes. Por outro lado, se a translocação de nutrientes for elevada podem avançar além da profundidade das raízes e serem perdidos por lixiviação e dessa forma podem contaminar as águas subterrâneas. Diante do exposto, o presente trabalho objetivou avaliar a lixiviação de cálcio, magnésio e potássio em colunas de solo em resposta a aplicação de calcário e a combinação de gesso e óxido de magnésio. O ensaio em colunas de PVC foi conduzido no laboratório na Embrapa Solos, segundo um delineamento de blocos casualizados e um arranjo fatorial 1x1x3+2+1, correspondendo a um solo: Latossolo Amarelo distrófico textura média de Luis Eduardo Magalhães- BA, uma proporção de magnesita:gesso (1:1), três doses dessa combinação referente à soma de Ca2+ e de Mg2+ equivalente a 2,0; 4,0 e 8,0 cmolc/dm3 de solo (15, 30 e 45 kg/ha de óxido de magnésio) e mais três tratamentos testemunha, (dois solos adicionados de calcário dolomítico 82,70% de PRNT, elevando a saturação de bases para 60%) recomendada pela Comissão de fertilidade do Solo do Estado de Minas Gerais (1999), e uma amostra do solo sem nenhuma aplicação de corretivos, com três repetições. Nos tratamentos com gesso e magnesita foram incorporados a uma profundidade de 0-5 cm, simulando uma correção num manejo com plantio direto. As testemunhas com calcário possuem duas profundidades, 0-5 e 0-20 cm, simulando correção no plantio direto e convencional respectivamente. O solo recebeu aplicação de água para atingir 70% da capacidade de campo em seguida as colunas foram incubadas. Após esse período iniciou-se uma simulação de chuva com volumes correspondentes ao mês de maior intensidade da região, foi aplicado um volume de água destilada de 110 mL. Sendo que foram divididos em 12 aplicações, realizando 3 aplicações por semana durante o período de 1 mês. O lixiviado foi coletado no dia seguinte as recargas, e foram realizadas análises de cálcio, magnésio, por espectrometria de plasma (icp - oes) e potássio por fotometria de chama, conforme Embrapa (1997). A perda total de cátions no lixiviado foi calculada somando-se a concentração das 12 coletas, e fazendo-se em seguida a média das três repetições. Observou-se que as perdas de magnésio, cálcio e potássio no lixiviado foram influenciadas pelas doses de óxido de magnésio combinadas com gesso, quanto maior a dose maior a perda. E seguiram a seguinte ordem: K+ >> Ca2+ > Mg2+. Além disso, verificou-se que a dose de 15 kg/ha de óxido de magnésio levou a menor perda no lixiviado. Alerta-se para o risco de perda expressiva de potássio e contaminação de águas subterrâneas neste solo de textura média caso aplicação de gesso não seja de forma equilibrada.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

O presente estudo avaliou a eficiência agronômica da aplicação de pó de rochas silicatadas como fonte de potássio em cultivos consecutivos de milheto e alfafa em casa de vegetação. As rochas Biotita Xisto (BX), Sienito Ceraíma (TA15), Mafurito Acreúna (TA21), Sienito SANW (TA20), Biotita Gnaísse (EL02) e Fonolito Curimbaba (FN) foram aplicadas como fontes de potássio de liberação lenta em três doses de 1,25; 2,50 e 5,0 g de rocha moída por kg de solo. Cloreto de potássio foi utilizado como fertilizante convencional em doses de 0,10; 0,20 e 0,40 g de KCl kg-1 de solo. O solo utilizado nos experimentos foi um latossolo amarelo distrófico de textura média, com teor de potássio de 1,2 mmolc dm-3 solo. A rocha TA21 foi testada sem e com correção da acidez do solo. Com a finalidade de observar a dissolução das rochas em um ambiente com plantas foram realizados cinco cultivos consecutivos: (1) milheto (62 dias de cultivo); (2), (3) e (4) alfafa (80, 115 e 155 dias de cultivo, respectivamente) e (5) milheto, com 80 dias de cultivo. A produção de matéria seca no cultivo da alfafa foi significativamente menor do que o cultivo do milheto. As amostras de forrageira foram digeridas e quantificadas empregando o método de decomposição assistida por radiação micro-ondas com HNO3 + H2O2 para a determinação do teor de potássio extraído pelas plantas. As amostras de rochas foram caracterizadas por fluorescência de raios X, difração de raios X, microscopia eletrônica de varredura e distribuição de tamanho das partículas e submetidas a ensaios com solução extratora Mehlich-1, ácido acético e ácido fumárico 0,05mol L-1, em diferentes tempos de extração. Todos os extratos foram quantificados por espectrometria de emissão óptica com plasma acoplado indutivamente (ICP OES), sendo determinados os teores de Al, Ca, K, Mg, Mn, Na, P e Zn. O método da resina trocadora de íons foi aplicado para todas as amostras de rochas avaliadas, sendo quantificados K, Ca, Mg e P. Potássio solúvel foi determinado por fotometria de chama após extração com água quente, método oficial do Ministério da Agricultura, Pecuária e Abastecimento (MAPA). Para extração drástica foram avaliados dois métodos de decomposição assistida por radiação microondas: com uso de água régia e água régia invertida com adição de H2O2 e 2 etapas de pré-decomposição. Os elementos Al, Ca, K, Mg, Mn, Na e Zn foram quantificados por ICP OES e os resultados obtidos foram comparados por meio do teste t pareado, que indicou não haver diferença significativa entre os métodos de decomposição no intervalo de 95% de confiança. A partir das concentrações obtidas nas extrações e da quantidade de potássio extraída nos cultivos foi realizado o cálculo de correlação entre os extratores e as plantas, considerando a eficiência agronômica. O uso da calagem nos solos que receberam adição da rocha TA21 influenciou significativamente a absorção de potássio, sendo que foi observado efeito relativo à liberação de K apenas quando essa rocha foi adicionada ao solo sem tratamento prévio com a calagem. A ordem decrescente de eficiência de extração de potássio, considerando o total aplicado nos tratamentos e o K extraído pelas plantas foi EL02 > TA21-SC > KCl > FN> BX> TA20 > TA15 > TA21. Os dois métodos de decomposição desenvolvidos apresentaram melhor correlação com o potássio extraído das rochas EL02. O estudo de casa de vegetação corroborou com os ensaios de extração realizados em laboratório, que indicaram que a rocha EL02 é a que possui o maior percentual de liberação de K em relação às demais rochas avaliadas.