976 resultados para Canons, fugues, etc. (Piano)
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German words.
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Publisher's no.: Universal-Edition No. 1288.
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Mode of access: Internet.
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Pós-graduação em Música - IA
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Número 312 en el catálogo de Vicente Galbis e Hilari García, bajo el nombre de "Tres fugas a 4"
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Número 300 en el catálogo de Vicente Galbis e Hilari García
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Publisher's plate no.: 15376-89.
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Mode of access: Internet.
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Gabriel Urbain Fauré lived during one of the most exciting times in music history. Spanning a life of 79 years (1845-1924), he lived through the height of Romanticism and the experimental avant-garde techniques of the early 20th century. In Fauré's music, one can find traces of Chopin, Liszt, Mendelssohn, Debussy and Poulenc. One can even argue that Fauré presages Skryabin and Shostakovich. The late works of Gabriel Fauré, chiefly those composed after 1892, testify to the argument that Fauré holds an important position in the shift from tonal to atonal composition and should be counted among such transitional composers as Gustav Mahler, Claude Debussy, Erik Satie, Richard Strauss, and Ferruccio Busoni. Fauré's unique way of fashioning harmonic impetus of almost purely linear means, resulting in a synthesis of harmonic and melodic devices, led me to craft the term mélodoharmonique. This term refers to a contrapuntally motivated technique of composition, particularly in a secondary layer of musical texture, in which a component of harmonic progression (i.e. arpeggiation, broken chord, etc.) is fused with linear motivic or thematic development. This dissertation seeks to bring to public attention through exploration in lecture and recital format, certain works of Gabriel Fauré, written after 1892. The repertoire will be selected from works for solo piano and piano in collaboration with violin, violoncello, and voice, which support the notion of Fauré as a modernist deserving larger recognition for his influence in the transition to atonal music. The recital repertoire includes the following--Song Cycles: La bonne chanson, opus 61; La chanson d'Ève, opus 95; Le jardin clos, opus 106; Mirages, opus 113; L'horizon chimérique, opus 118; Piano Works: Prelude in G minor opus 103, No. 3; Prelude in E minor opus 103, No. 9; Eleventh Nocturne, opus 104, No.1; Thirteenth Nocturne, opus 119; Chamber Works: Second Violin Sonata, opus 108; First Violoncello Sonata, opus 109; Second Violoncello Sonata, opus 117.
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The variation and fugue originated from the 15th and 16th centuries and blossomed during the Baroque and Classical Periods. In a variation, a theme with a particular structure precedes a series of pieces that usually have the same or very similar structure. A fugue is a work written in imitative counterpoint in which the theme is stated successively in all voices of polyphonic texture. Beethoven’s use of variation and fugue in large scale works greatly influenced his contemporaries. After the Classical Period, variations continued to be popular, and numerous composers employed the technique in various musical genres. Fugues had pedagogical associations, and by the middle of 19th century became a requirement in conservatory instruction, modeled after Bach’s Well-Tempered Clavier. In the 20th century, the fugue was revived in the spirit of neoclassicism; it was incorporated in sonatas, and sets of preludes and fugues were composed. Schubert's Wanderer Fantasy presents his song Der Wanderer through thematic transformations, including a fugue and a set of variations. Liszt was highly influenced by this, as shown in his thematic transformations and the fugue as one of the transformations in his Sonata in b. In Schumann’s Symphonic Études, Rachmaninoff's Rhapsody on a Theme of Paganini and Copland’s Piano Variations, the variation serves as the basis for the entire work. Prokofiev and Schubert take a different approach in Piano Concerto No. 3 and Wanderer Fantasy, employing the variation in a single movement. Unlike Schubert and Liszt's use of the fugue as a part of the piece or movement, Franck’s Prelude Chorale et Fugue and Shchedrin’s Polyphonic Notebook use it in its independent form. Since the Classical Period, the variation and fugue have evolved from stylistic and technical influences of earlier composers. It is interesting and remarkable to observe the unique effects each had on a particular work. As true and dependable classic forms, they remain popular by offering the composer an organizational framework for musical imagination.
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Este trabalho oferece um estudo dos padrões estilísticos definidos através da análise dos processos contrapontísticos encontrados no terceiro movimento da Sonata nº I, Fuga e Toccata e do movimento final de Duas peças Sérias da obra para piano de Bruno Kiefer. A fuga, uma das técnicas de composição linear mais estabelecidas na escrita musical, reflete as transformações estilísticas na música ocidental. Considerando a diversidade de possibilidades estéticas na música do século XX, faz-se mister investigar como Kiefer tratou uma técnica composicional consagrada, preservando de modo singular e consistente o estilo inovador atribuído às suas obras. O referencial teórico adotado para este estudo é Twentieth Century Fugue – A Handbook (1962) de William Graves, Jr.. A partir da análise dos padrões recorrentes nas fugas de Bruno Kiefer, verificou-se o distanciamento entre os parâmetros da fuga tradicional e o estilo da escrita contrapontística do compositor.
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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.
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Bibliography of Haydn: 1 p. following p. xiii.
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Vol. 2-23 have half-title only; the work of each composer has special t.p. with separate pagination.
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"Edvard Grieg's works": p. [xv].