59 resultados para BASAMENTO
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Creazione di un modello semplificato per l’analisi modale FEM di un carter motociclistico. La scelta degli elementi da considerare nel modello è stata fatta in funzione della loro importanza in termini di variazione di massa del basamento completo, elemento fondamentale che ha influenzato anche la scelta delle semplificazioni da apportare ai vari elementi.
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La piattaforma continentale della Sardegna nord-orientale si sviluppa sul margine passivo del bacino tirrenico di retroarco. Tramite i dati forniti da strumenti geofisici, quali l’ecoscandaglio a fascio multiplo (Multibeam) e i profili sismici Chirp Sub-bottom, è stato possibile lo studio di piattaforma, a profondità compresa tra 10 m e 135 m, ed interpretare la genesi di morfologie riferibili a processi sedimentari o strutture al di sotto del fondale marino. La piattaforma è stata tripartita in interna, centrale ed esterna e suddivisa in due aree (Area 1 e Area 2), per garantire una descrizione più dettagliata. La parte interna della piattaforma è la più ricca di elementi geomorfologici quali sistemi barriera-laguna, corpi sedimentari interpretati come frecce litorali (spit) sommersi, che si presentano singole o come sequenze che tendono a migrare verso l’attuale linea di costa della Sardegna. La porzione di piattaforma centrale ed esterna, invece, presenta una quantità modesta di morfologie. Nell’Area 2, la più meridionale, è stata individuata un’antica valle fluviale collegata alla sua estremità con quello che era il corrispondente delta o paleo-delta. Tramite i profili sismici CHIRP è stato osservato il basamento affiorante sul fondale marino ricondotto con il basamento ercinico che affiora nella zona a terra della Sardegna nord-orientale. Nell’insieme, tutti gli elementi interpretati, sono stati ricondotti a una piattaforma relitta costituita da antichi sistemi costieri oramai sommersi, sviluppati durante l’ultima trasgressione. In particolare nella zona più interna si è osservata una correlazione tra lo sviluppo di estesi sistemi costieri e i periodi di rallentamento della risalita del livello marino durante l’Olocene.
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Questo elaborato ha come obiettivo il rilevamento geologico di dettaglio di alcuni affioramenti del basamento polimetamorfico della Falda del Tonale, nella zona del Passo Val Clapa (Alta Val di Non, TN), e di verificare l’attribuzione delle litologie all’Unità d’Ultimo, di alto grado metamorfico, o a quella del Tonale, di più basso grado. In due affioramenti nelle immediate vicinanze del Passo Val Clapa sono stati rinvenuti principalmente gneiss e gneiss migmatitici a granato e cianite, anfiboliti e miloniti, mentre in un affioramento a E del passo gneiss migmatitici a granato e cianite, migmatiti (stromatiti e nebuliti) e ultramafiti. Le foliazioni, definite dall’orientazione preferenziale dei minerali, indicano due direzioni principali: un’orientazione NNE-SSW, immergente verso ESE, rilevata nelle rocce milonitiche, che è stata correlata alla presenza della linea della Val Clapa; un’orientazione NW-SE, immergente verso NE, insieme ad una blanda piega con asse orientato NNE-SSW, rilevata nelle ultramafiti e nelle loro rocce incassanti. Sono state inoltre misurate le giaciture dei principali set di fratture che interessano gli ammassi ed è stata documentata la presenza di pseudotachiliti all’interno delle miloniti. Il corpo ultramafico è stato cartografato al contatto fra stromatiti e nebuliti e quindi all’interno dell’Unità d’Ultimo. Le miloniti, invece, rimangono di attribuzione incerta, anche se il loro ritrovamento in associazione con anfiboliti retrocesse in facies scisti verdi e di pegmatiti faccia propendere per un’assegnazione all’Unità del Tonale. Un’analisi di dettaglio degli gneiss affioranti nelle vicinanze delle miloniti permetterebbe di classificarli come paragneiss a sillimanite, caratteristici dell’Unità del Tonale, o come paragneiss a granato e cianite, diagnostici dell’Unità d’Ultimo, contribuendo alla corretta attribuzione geologica di questi terreni.
Analisi petrografica delle ultramafiti del Passo Val Clapa (Austroalpino superiore, Alta Val di Non)
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Questo elaborato ha come obiettivo l'analisi petrografica di rocce ultramafiche facenti parte del basamento metamorfico cristallino affiorante in Alta Val di Non (Provincia autonoma di Trento). Tali rocce appartengono all'Unità di Ultimo (Falda del Tonale, Austroalpino superiore), caratterizzata da corpi ultramafici che affiorano al contatto tra i sottostanti paragneiss a granato e cianite e le soprastanti migmatiti. Il metamorfismo e l'anatessi registrati dalle rocce dell'Unità di Ultimo hanno età Ercinica (Carbonifero Sup.). Lo studio si è concentrato su un corpo ultramafico situato in Alta Val di Bresimo, in località Passo Val Clapa, costituito da una lente di harzburgite a granato attraversato da livelli di olivin-websterite a granato e anfibolo. L'harzburgite è costituita al 65% da olivina, al 20% da serpentino (cresciuto a spese dell'olivina) e al 15% da ortopirosseno; sono presenti spinelli e clinopirosseni accessori. Nel campione analizzato, il granato è sostituito da aggregati policristallini costituiti da kelifite e da anfibolo secondario. La websterite è costituita al 40% da pirosseni (orto e clinopirosseni in uguale quantità), al 25% da anfibolo primario, al 25% da granato, al 5% da olivina e al 5% da minerali opachi. Sono presenti strutture coronitiche attorno ai granati (costituite da kelifite e anfibolo); si nota clorite cresciuta a spese di anfibolo e pirosseni e hyddingsite cresciuta a spese dell'olivina. L'olivin-websterite mostra gli stessi minerali indice riscontrati nell'harzburgite ospitante, segno che entrambi i corpi hanno seguito la medesima evoluzione P-T. In una prima fase la pirossenite si trovava, come la peridotite, in facies a spinello: ciò è confermato dalla presenza di spinelli relitti al nucleo dei granati. Questi ultimi si sono formati a spese dello spinello durante l'aumento di P, una volta superata la soglia di transizione tra le due facies. Le corone kelifitiche, presenti sia nella harzburgite che nella olivin-websterite, rappresentano un'evidenza di metamorfismo retrogrado.
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La morfologia della piattaforma continentale della Sicilia Settentrionale è il risultato dell'assetto geodinamico della zona e delle più recenti fluttuazioni glacioeustatiche del livello marino.Oggetto di questa tesi è stato lo studio degli elementi geomorfologici sommersi, risalenti all’ultima trasgressione marina, e del cuneo sedimentario olocenico da cui sono sepolti. Tramite i dati forniti da strumenti geofisici, quali l’ecoscandaglio a fascio multiplo (Multibeam) e i profili sismici Chirp Sub-bottom, è stato possibile lo studio di tali elementi e la redazione di due mappe che riportano le isobate delle profondità della superficie di massima ingressione marina e degli isospessori del cuneo olocenico di stazionamento alto. I depositi, nel corso del lavoro, sono stati suddivisi per facilitare la loro descrizione. L'analisi dei depositi trasgressivi ha permesso il riconoscimento di elementi morfologici quali frecce litorali (spit), isole barriera (barrier island), sistemi barriera-laguna e un sistema deltizio sommerso. Queste elementi sono stati ricondotti dunque ad una piattaforma relitta, ormai sommersa, le cui morfologie sono state plasmate dall'ultima trasgressione marina. Grazie ai profili chirp subbottom è stato inoltre possibile riconoscere un basamento carbonatico Meso-Cenozoico con un area di 23 km². I depositi olocenici di stazionamento alto occupano circa l'88% della superficie della piattaforma analizzata. Gli spessori maggiori, corrispondenti a 25m, sono stati riscontrati in prossimità della costa da cui degradano verso nord fino ad estinguersi. L'estensione del cuneo olocenico risulta essere influenzata dalle correnti, che trasportano i sedimenti verso est, dalla presenza degli alti morfologici, in prossimità della cui superficie i sedimenti si arrestano, e dall'apporto fluviale fornito dalle fiumare che sfociano nella zona analizzata. Quest'ultimo è il fattore che influenza maggiormente lo spessore del cuneo. Nelle aree di piattaforma prossime alle foci fluviali inoltre è stata riscontrata la deposizione di materiali grossolani che lateralmente sfumano a fini attraverso contatti eteropici.
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A partir de estrategias de análisis del discurso, el trabajo analiza la disputa erística que, según Heródoto, acaeció entre tegeatas y atenienses en las vísperas de la batalla de Platea (Hdt. IX. 26-7). Entendemos que la presunta simetría y regularidad en los dichos y contenidos de ambos discursos es en rigor engañosa en tanto que enmascara la contraposición de dos imaginarios culturales, representados por tegeatas y atenienses respectivamente. Dicho antagonismo se evidencia en un sutil proceso de desplazamientos semánticos por medio de los cuales Heródoto caracteriza de manera singular una y otra comunidad y el basamento ideológico-político sobre el que se sustentan.
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La noción de autonomía ha sido uno de los mayores puntos de tensión teórica del análisis de la política exterior argentina. En este artículo se plantea una revisión etimológica, epistemológica y metodológica de dicha noción con el fin de mostrar la complejidad conceptual de esta discusión y orientar las decisiones prácticas que, derivado de este asunto, pudieran tomarse. Para ello se revisa la relación entre teoría y método, el concepto como basamento de una estructura teórica y las propiedades del mismo. Posteriormente se presenta el origen etimológico de la noción de autonomía y se exponen algunas de las concepciones filosóficas más influyentes de la modernidad occidental para, finalmente, exponer su articulación en el ámbito de las Relaciones Internacionales.
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La noción de autonomía ha sido uno de los mayores puntos de tensión teórica del análisis de la política exterior argentina. En este artículo se plantea una revisión etimológica, epistemológica y metodológica de dicha noción con el fin de mostrar la complejidad conceptual de esta discusión y orientar las decisiones prácticas que, derivado de este asunto, pudieran tomarse. Para ello se revisa la relación entre teoría y método, el concepto como basamento de una estructura teórica y las propiedades del mismo. Posteriormente se presenta el origen etimológico de la noción de autonomía y se exponen algunas de las concepciones filosóficas más influyentes de la modernidad occidental para, finalmente, exponer su articulación en el ámbito de las Relaciones Internacionales.
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La noción de autonomía ha sido uno de los mayores puntos de tensión teórica del análisis de la política exterior argentina. En este artículo se plantea una revisión etimológica, epistemológica y metodológica de dicha noción con el fin de mostrar la complejidad conceptual de esta discusión y orientar las decisiones prácticas que, derivado de este asunto, pudieran tomarse. Para ello se revisa la relación entre teoría y método, el concepto como basamento de una estructura teórica y las propiedades del mismo. Posteriormente se presenta el origen etimológico de la noción de autonomía y se exponen algunas de las concepciones filosóficas más influyentes de la modernidad occidental para, finalmente, exponer su articulación en el ámbito de las Relaciones Internacionales.
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La noción de autonomía ha sido uno de los mayores puntos de tensión teórica del análisis de la política exterior argentina. En este artículo se plantea una revisión etimológica, epistemológica y metodológica de dicha noción con el fin de mostrar la complejidad conceptual de esta discusión y orientar las decisiones prácticas que, derivado de este asunto, pudieran tomarse. Para ello se revisa la relación entre teoría y método, el concepto como basamento de una estructura teórica y las propiedades del mismo. Posteriormente se presenta el origen etimológico de la noción de autonomía y se exponen algunas de las concepciones filosóficas más influyentes de la modernidad occidental para, finalmente, exponer su articulación en el ámbito de las Relaciones Internacionales.
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La noción de autonomía ha sido uno de los mayores puntos de tensión teórica del análisis de la política exterior argentina. En este artículo se plantea una revisión etimológica, epistemológica y metodológica de dicha noción con el fin de mostrar la complejidad conceptual de esta discusión y orientar las decisiones prácticas que, derivado de este asunto, pudieran tomarse. Para ello se revisa la relación entre teoría y método, el concepto como basamento de una estructura teórica y las propiedades del mismo. Posteriormente se presenta el origen etimológico de la noción de autonomía y se exponen algunas de las concepciones filosóficas más influyentes de la modernidad occidental para, finalmente, exponer su articulación en el ámbito de las Relaciones Internacionales.
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La noción de autonomía ha sido uno de los mayores puntos de tensión teórica del análisis de la política exterior argentina. En este artículo se plantea una revisión etimológica, epistemológica y metodológica de dicha noción con el fin de mostrar la complejidad conceptual de esta discusión y orientar las decisiones prácticas que, derivado de este asunto, pudieran tomarse. Para ello se revisa la relación entre teoría y método, el concepto como basamento de una estructura teórica y las propiedades del mismo. Posteriormente se presenta el origen etimológico de la noción de autonomía y se exponen algunas de las concepciones filosóficas más influyentes de la modernidad occidental para, finalmente, exponer su articulación en el ámbito de las Relaciones Internacionales.
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El ruido como fenómeno físico capaz de generar molestias y de impactar la salud es uno de los agentes perturbadores presentes en las comunidades del siglo XXI, principalmente en las grandes urbes donde existe concentración poblacional, tal es el caso de la ciudad de Barquisimeto, capital del estado Lara en Venezuela, la cual ocupa el cuarto lugar en importancia a nivel nacional según criterios de ubicación geopolítica, densidad poblacional, infraestructuras, actividades económicas y educativas. La presente tesis doctoral, cuya área de emplazamiento es el centro de dicha ciudad, consiste en una investigación científica experimental de carácter correlacional, en la que se estableció la siguiente hipótesis �a mayor tiempo de exposición al ruido, mayores efectos neurológicos y psicológicos en la población que ocupa el centro de Barquisimeto�. Su singularidad y relevancia radica en articular el estudio del ruido como agente físico con la incidencia de éste en la actividad bioeléctrica cerebral humana y sus efectos en las inteligencias múltiples, tomando como basamento la teoría de las inteligencias múltiples del Dr. Howard Gardner, catedrático de la Universidad de Hardvard, siendo un importante aporte científico en el campo de la física, la medicina y la psicología. Para alcanzar la cristalización de la presente investigación, se realizó una revisión del estado del arte sobre la temática abordada. Tras analizar las fuentes, tanto bibliográficas como digitales, se diseñó el desarrollo de la misma gestionándose la autorización de la Alcaldía del Municipio Iribarren, tomando en consideración que en la fase experimental se aplicaron instrumentos de recolección de datos y se realizaron mediciones en espacios públicos. La fase experimental se ejecutó en seis etapas, obedeciendo a las siguientes variables: a.) Percepción neurológica y psicológica (estudio subjetivo); b) Sonoridad; c.) Dosimetría; d.) Valoración neurológica; e) Valoración psicológica sobre las inteligencias múltiples; f) Mapa de conflicto acústico. En relación al estudio subjetivo se tomó una muestra recurriendo al muestreo aleatorio estratificado, quedando conformada por 67 Residentes, 64 Funcionarios Públicos, 66 comerciantes formales y 64 Comerciantes Informales para un total de 261 sujetos, a los que se viiiaplicó una encuesta titulada Cuestionario Ruambar, conteniendo 30 Ítemes sobre la percepción de efectos neurológicos y psicológicos del ruido, utilizando la escala de Lickert. Para la toma de datos de la sonoridad y de la dosimetría se utilizaron métodos científicos estandarizados, usándose las normas ISO 1996-1, ISO 1999, los Decretos Reales 1367/2007 y el 286/2006; y los criterios técnicos de la OMS. Para lograr una mayor precisión y confiabilidad de los datos, se evaluó el cálculo de la incertidumbre según el documento GUM �Guide for the expresión of uncertainly in Measurement de la International Organization for Standardization� para medidas de categoría A. [JCGM 100:2008]. En cuanto a la valoración neurológica, se siguió el protocolo de la Sociedad Americana de Neurología. En el estudio neurológico participaron voluntariamente 192 sujetos, utilizándose un electroencefalógrafo Digital Stellate Systems con 18 electrodos que determinó la actividad bioeléctrica de los sujetos, estando sometidos a una estimulación sonora de 1000 Hz y a presiones sonoras de 20, 40, 60, 80 y 100 dB (A). Con respecto a la valoración psicológica del efecto del ruido sobre las inteligencias múltiples se diseñó el Test RUAMIN con 24 ítemes y con adaptación a una escala psicométrica. Con respecto a la prueba de hipótesis las correlaciones obtenidas son lineales positivas exceptuando el estrato funcionarios, confirmándose que se acepta la hipótesis planteada para los estratos residentes, comerciantes formales y comerciantes informales, y siendo esta misma hipótesis nula para el estrato funcionarios. Finalmente, como resultado de la investigación se elaboró un mapa de conflicto acústico con el propósito de establecer los puntos de mayor impacto acústico en la zona de emplazamiento, estableciéndose comparaciones entre los mismos y pudiendo ser útil el mencionado mapa para la adopción de disposiciones legales y civiles en aras de mejorar la calidad de vida de los ciudadanos.
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Se plantea aquí el estudio de la Casa Huarte (1966) como un experimento doméstico -así lo concibió el matrimonio Huarte desde la libertad de acción y la entrega al talento de los arquitectos- que sintetizó los principios de los proyectos de la primera etapa de la obra de José Antonio Corrales (1921-2010) y Ramón Vázquez Molezún (1922-1993): paisaje construido, topografía modificada, basamento pesado y arraigado, cubierta ligera flotante y abstracción compositiva. La considerada vivienda experimental del siglo XX estaba asociada a estructuras familiares reducidas, como mucho formadas por un matrimonio con dos hijos. La Casa Huarte, sin embargo, pertenece a un grupo no reconocido de viviendas experimentales de gran formato, que aportaban -en entornos de vida socio-familiar no convencionales- una complejidad funcional, espacial y de relaciones interpersonales que la vivienda mínima no tenía. La Casa Huarte supuso un punto de inflexión en la carrera de Corrales y Molezún, culminando una primera etapa donde se concentraron sus obras más destacadas: Instituto en Herrera de Pisuerga (1956), Residencia de Miraflores (1958) y Pabellón de Bruselas, en sus versiones belga (1958) y española (1959). El proyecto de la Casa Huarte adelantó estrategias que aplicarían en proyectos posteriores -dinamismo del plano horizontal, visuales diagonales, entrada tangencial- y culminó la evolución de un tipo de vivienda que Corrales y Molezún comenzaron a investigar diez años antes. Entre 1956 y 1961 proyectaron cuatro viviendas (Casa Remírez Escudero, Casa Álvarez Mon, Casa Gómez Acebo y Casa Cela) que anticiparon soluciones y situaciones presentes y perfeccionadas en la Casa Huarte. Corrales aseguraba que si la vida es contradictoria la arquitectura también debería serlo. La Casa Huarte es compleja y contradictoria funcional y espacialmente, homogeneizada por una imagen exterior rotunda y atractiva de juegos de volúmenes maclados. El proyecto se muestra así de contundente detrás de habilidosas maniobras tectónicas que ocultan las muchas complejidades y contradicciones aparentemente inapreciables. Estas maniobras confunden la imagen que de la casa se tiene. Debajo de su manto cerámico de reminiscencias vernáculas - híbrido de casa castellana y arquitectura nórdica- se esconde una obra de arquitectura avanzada tecnológicamente. La tesis se desarrolla en cuatro apartados denominados procesos, por lo que tienen de secuencia en el desarrollo de la investigación. Estos procesos son: proceso descriptivo, proceso analítico, proceso interpretativo y proceso poético. Después del necesario e introductorio proceso descriptivo, el cuerpo central de la tesis -que contiene los procesos analítico, interpretativo y poético- sigue un guión marcado por la defensa de la categoría experimental de la Casa Huarte. Se han tratado los conceptos más característicos de la vivienda, desde los más generales a los más específicos divididos en cuatro grupos: Composición, volumen y espacio; El patio como lugar; El jardín: horizonte construido; Domesticidad del mundo interior; y Euritmia: materia y espíritu Molezún aseguraba que para entender una obra de arquitectura había que dibujarla. La Casa Huarte ha sido redibujada en sus tres etapas fundamentales: el proyecto de ejecución (marzo 1965), la casa acabada (noviembre 1966) y el estado actual (2012). El estudio y análisis se centra en la casa construida, por ser la realidad tridimensional en que el proyecto se nos manifiesta. La documentación gráfica del estado actual de la vivienda es inédita y ha sido posible gracias a múltiples inspecciones de la Casa Huarte en visitas facilitadas por las hijas de Jesús Huarte, actuales propietarias de la vivienda. Esta documentación nos permite constatar las alteraciones sobre la obra construida y conocer que modificaciones serían necesarias para recuperar el estado original de la casa. La Casa Huarte es una obra singular, una de las cinco viviendas unifamiliares pertenecientes a la Arquitectura del Movimiento Moderno en España y Portugal de mayor interés registrada por el Docomomo Internacional. Su futuro es incierto, se encuentra deshabitada y en venta. La familia Huarte ha cumplido con creces la misión de conservar su patrimonio. Es pertinente reivindicar su vigencia como obra de referencia de la arquitectura española del siglo XX, y, de esa manera, evitar que caiga en el olvido y el abandono. ABSTRACT The Huarte House (1966) will be analysed as a domestic experiment – that is how the Huarte’s conceived it, putting their faith in the architects – that synthesized the principles from the projects of the first phase of the work of Jose Antonio Corrales (1921-2010) and Ramón Vázquez Molezún (1922-1993): built landscape, modified topography, heavy and rooted base, light, floating roof and abstraction in composition. The experimental house of the 20th century was associated with small nuclear families of at the most a couple and two children. The Huarte House belongs to a group of non-recognised experimental houses of a larger size -and more unconventional familial settings- that lent themselves to greater functional, spatial and interpersonal complexity than their smaller counterparts. The Huarte House represented a turning point in the careers of Corrales and Molezún, capping a first phase that includes their most prominent work: the Institute at Herrera de Pisuerga (1965), the Residence at Miraflores (1958) and the Brussels Pavilion, in its Belgian (1958) and Spanish (1959) version. The project for the Huarte house anticipated strategies which they would apply to later projects: dynamism of the horizontal plane, diagonal visuals, and tangential entrances. It was also the culmination of the evolution of a type of house that Corrales and Molezún had started to investigate ten years earlier. Between 1956 and 1961 they designed four houses (Ramírez Escudero House, Álvarez Mon House, Gómez Acebo House and Cela House) that anticipated the solutions applied and perfected in the Huarte House. Corrales believed that if life was contradictory architecture should be so too. The Huarte House is complex and contradictory. Corrales and Molezún homogenised the project under a bold and attractive image of intersecting volumes. The project appears emphatic thanks to skilful tectonic manoeuvres that conceal the many complexities and contradictions so that they become imperceptible. These manoeuvres confound the image of the house. Under its ceramic blanket of vernacular reminiscences (a mixture of Castilian house and Nordic architecture) lies a technologically advanced piece of architecture. The thesis is organised in four chapters named ‘processes’ in reference to their sequence in the development of the research. These processes are: descriptive process, analytic process, interpretative process and poetic process. After the necessary and introductory descriptive process, the main body of the thesis, which encompasses the analytical, interpretative and poetic processes, develops the argument for incorporating the Huarte House into the experimental category. The thesis addresses the characteristic concepts of a house, from the general to the more specific, divided in four groups: composition, volume and space; the patio: architecture and landscape; the garden: building the horizon and eurythmy: spirit and matter. Molezún was convinced that to get to know a work of architecture it was necessary to draw it. The Huarte House is redrawn in its three main phases: the executive project (march 1965), the finished house (november 1966) and its actual state (2012). The study and analysis centers on the built house, as the actual tri-dimensional manifestation of the project. The graphic documentation of the present state of the house has never been published before and has been made possible by numerous visits to the House facilitated by Jesus Huarte’s daughters who are the current owners. This documentation allows us to determine any alterations of the constructed work and derive the necessary modifications to bring the house back to its original state. The Huarte House is a unique work, one of five single family homes registered by the International Docomomo. Its future is uncertain. It is currently uninhabited and up for sale. The Huarte family has more than delivered on the mission to safeguard its patrimony. It is important to defend its place as a key work of Spanish architecture of the 20th century and so avoid it being forgotten and abandoned.
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La presente tesis doctoral desarrolla la obra del arquitecto Antonio Vallejo Álvarez (n. 1903, t. 1928, f. 2002) cuya larga carrera profesional permite observar una evolución que tiene como fondo la de la arquitectura española desde los planteamientos academicistas de principios del siglo XX, pasando por el primer racionalismo, hasta la influencia del Movimiento Moderno. Antonio Vallejo nació en Almonacid de Zorita, un pueblo de la provincia de Guadalajara pequeño pero singular ya que entonces se construía el Salto de Bolarque, instalación energética crucial en la época que albergaba además elementos de arquitectura culta. La familia le envió a Madrid a estudiar en las Escuelas Pías de San Fernando y luego en la vieja escuela de arquitectura de la calle Escritorios perteneciente a la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando. Terminada la carrera realizó unas primeras edificaciones de corte historicista con relativa abundancia de estilemas academicista que van desapareciendo paulatinamente a la vez que evolucionan hacia el “decó”. De esta depuración, que puede observarse muy bien en los números 69,73 y 62 de la calle Viriato de Madrid, resulta un primer racionalismo en el que las balconadas y cuerpos volados se apoyan sobre una trama racionalista ortogonal cada vez más rígida. Simultáneamente trabajó en esta época en la Oficina de Información sobre la Ciudad del Ayuntamiento de Madrid junto a Bernardo Giner de los Ríos y Fernando García Mercadal, entre otros. Más tarde se incorporó a las órdenes del primero a la Oficina de Construcciones escolares donde se mantuvo hasta el estallido de la guerra civil. Al amparo de la Ley Salmón fundó la empresa promotora de viviendas Ar-In donde realizó una arquitectura en la que la trama racionalista cobra una gran fuerza expresiva, matizada y potenciada por grandes balcones aterrazados de corte higienista. Sus exponentes máximos son el conjunto en la calle Narváez esquina a Alcalde Sáinz de Baranda, y la manzana de Guzmán el Bueno, 75 de Madrid. La guerra civil interrumpe el proceso y tras ella nuestro autor ensaya la supervivencia del racionalismo mediante la superposición de la trama en grandes cuerpos de alzado de ladrillo ocupando las plantas de pisos, sobre un basamento de granito en la planta baja y una especie de pórtico enmarcando los huecos del ático a modo de remate. En las ventanas se colocan embocaduras de caliza de diversas formas. Esta arquitectura, muy en la línea del gusto de la época, será sublimada mediante un magnífico ejemplo de manierismo en su gran obra de la Residencia de los Agustinos Recoletos y la Iglesia de Santa Rita de Madrid. Superados los al menos tres lustros de postguerra, Vallejo inicia un proceso que podríamos llamar estructuralista en la medida en que la asunción de la situación de la estructura en el edificio y el módulo por ella creada definen sus características formales. Aquí, tras trabajar el hormigón armado en algunos edificios como los del Residencial Bellas Vistas de Madrid, lo hace con mucho más convencimiento en edificios con estructuras de acero como el colegio del Sagrado Corazón de Guadalajara. Es también importante hablar de la provincia de Almería, a cuya capital llega nuestro arquitecto inmediatamente después de la guerra civil para alejarse de las indeseables consecuencias que hubiera podido tener su fidelidad al gobierno de la República con el que colaboró hasta el último momento. En la ciudad desarrolló una extensa labor como constructor a través de Duarín SA, que se había formado sobre los restos de su promotora. También como arquitecto, con una labor paralela a la madrileña pero con menor presión ambiental, lo que contribuyó a que en cierta medida el proceso de afloramiento de su arquitectura estructuralista, heredera lejana de su primer racionalismo, fuese más rápido, como prueban realizaciones como los edificios de la calle Juan Pérez, 18 y del Paseo de la Estación, 19. ABSTRACT This thesis deals with the works in architecture from Antonio Vallejo Álvarez (b. 1903, g. 1928, d. 2002) whose long career enables us to concentrate on the evolution of the Spanish Architecture from the Academicism taking place at the beginning of XXth century , until the influence of the Modern Movement, taking also into account Racionalism. Antonio Vallejo was born in Almonacid de Zorita, a village in the province of Guadalajara small but unique because then Salto de Bolarque the crucial energy facility at the time also housed elements of classical architecture is built. His family sent him to study to Madrid in Escuelas Pías de San Fernando first, and then he attended lessons in the old Architecture school from Escritorios street belonging this last one to la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando. Once he finished his degree on Architecture, he worked on some historicist buildings with a great use of academicist stylemes which will be disappearing little by little, turning into “deco”. From this depurationn, whose traces can be found in 69, 73, 62 at Viriato street in Madrid, our architect ends up with a first racionalism in which balconies and flown bodies are suspended on a racionalist and orthogonal more and more rigid. At that time, he was also working in the Information Office in Madrid Town Hall together with Bernardo Giner de los Ríos y Fernando García Mercadal, among others. Later, he worked for Bernardo Giner de los Ríos in the School Building Offices until the breaking out of the Civil War. Under Salmón law, he founded a developer for buildings named Ar-In, where he developed a type of Architecture in which racionalism develops a magnificent expressive force, empowered by great terraced balconies with higienistain court. His great masterpieces at this time are the buildings from Narvaez opposite to Alcalde Sáinz de Baranda and the block in 75 Guzmán El Bueno, in Madrid. Civil war interrupts somehow his process and once the war is over, our architect works on the survival of racionalism by overlapping on large bodies of brick elevation occupying different floor plants, on a base of granite on the ground floor and a sort of portico framing the gaps in the attic by way of auction. On the Windows he se colocan embocaduras de caliza de diversas formas. This type of architecture, very much enjoyed at that time, will be sublimed as a great example of manierism in his great work such as the case of Agustinos Recoletos Residence and Santa Rita Church in Madrid. About fifteen years after the war, in the post-war era, Vallejo starts a process which we could call structuralist, as lons as the asumption from the situation of the structure in the building and the created module define his main features. Here, once our architect works with reinforce concrete in some of his buildings such as Residencial Bellas Vistas de Madrid, he improves his technique with steel strucutres such as the on in the school Sagrado Corazón in Guadalajara. It is also remarkable to speak about the province of Almería, where our architect arrives inmediately after the civil war, to get rid of the consequences of his loyalty to the Republic movement to which he collaborated until his death. He developed a great career as a builder there through Duarín SA, which was launched though his former enterprise. Similary as the way he worked in Madrid,he, also as an arquitect, did his work in Almería with less environmental pressure though, fact which contributed to the flourishing of the structuralist architecture, as an heir from his first racionalism, as it can be shown from buildings in streets such as 18 Juan Pérez, and 19 Paseo de la Estación.