878 resultados para rischio chimico valutazione del rischio Movarisc polivinilcloruro
Resumo:
Il litorale di Senigallia si sviluppa ai due lati del porto ed è caratterizzato da una costa bassa e sabbiosa, che già nei decenni passati ha risentito dell’influenza del porto nel tratto sottocorrente, in cui sono state installate delle opere di difesa. Nei primi anni del 2000 il porto ha subito ulteriori modifiche con possibili altri impatti sulla spiaggia emersa e sommersa. In tale ambito, la ditta Geomarine S.r.l. di Senigallia, su commissione del Comune di Senigallia, ha eseguito dei rilievi topo-batimetrici su un tratto del litorale del medesimo Comune dal 2009 al 2015. In questo lavoro di tesi ho partecipato personalmente alla campagna di misura del 2015. Per le indagini nella spiaggia sommersa è stata utilizzata una strumentazione Singlebeam e Multibeam mentre per i rilievi topografici è stato utilizzato un sistema GPS-NRTK. Con i dati acquisiti, elaborati e processati, è stato costruito un DTM con una carta delle isoipse e isobate dell’area. Allo scopo di integrare la ricostruzione morfologica ottenuta per l’area con informazioni sul sedimento presente, sono stati realizzati dei campionamenti lungo gli stessi transetti adottati in precedenti campagne sedimentologiche svolte dalla Regione Marche. I campioni sono stati successivamente sottoposti ad un’analisi granulometrica e i risultati confrontati tra loro e con quelli raccolti nei decenni precedenti. I risultati dei rilievi topo-batimetrici sono stati, infine, confrontati tra loro sui diversi intervalli temporali di acquisizione, per comprendere l’evoluzione del tratto di costa studiato nel breve termine e come i fattori naturali e antropici possano aver influito sui cambiamenti osservati. Per inquadrare l’evoluzione dell’area d’interesse su un arco temporale più ampio (1955-2015) si è poi effettuata un’analisi semi-qualitativa/quantitativa dell’andamento nel medio termine della linea di riva a partire da foto aeree.
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Questo elaborato consiste nello studio mineralogico e chimico di una parte della successione della Vena del Gesso, coincidente con il sito estrattivo di Monte Tondo. Oltre all'inquadramento geologico della zona oggetto di studio e alcuni accenni sulle attività della cava, il presente elaborato contiene tabelle con le analisi di fluorescenza XRF per tutti i campioni prelevati, grafici dello spettro XRD per due campioni, completi di tabelle con i valori in allegato, diagrammi di correlazione per alcuni elementi, una analisi termogravimetrica ed una termodifferenziale, e i grafici con le rette di regressione per gli elementi maggiori e in tracce, con l'esclusione di certi elementi che hanno dato concentrazioni sotto il limite di rilevabilità.
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Lo scopo della tesi è la realizzazione del modello geologico-tecnico della frana in Loc. Calvanelle (Comune di Loiano, Bologna) finalizzato alla progettazione del consolidamento del versante e al ripristino della viabilità stradale. Per realizzare il modello geologico - tecnico ho interpretato i dati stratigrafici ottenuti da una campagna di sondaggi a carotaggio continuo. Questi dati sono stati integrati da indagini geofisiche per ottenere un modello più accurato, inoltre ho cartografato il corpo di frana con l'ausilio del GPS e derivato il suo profilo usando il Triplometro. E' stata quindi valutata l'evoluzione geomorfologica del corpo di frana ed è stata monitorata la variazione della falda tramite l'installazioni di 12 piezometri. Infine ho svolto un'analisi numerica, per interpretare la dinamica del corpo di frana e per definire i parametri geotecnici dei terreni coinvolti.
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La Provincia di Ferrara ha avuto (ed ha tuttora) sul suo territorio, insediamenti produttivi di varia natura, che nel tempo hanno fatto uso di idrocarburi alifatici clorurati, per scopi diversi: solventi, sgrassanti, refrigeranti, supporti chimici e farmaceutici, ecc. Soprattutto nei decenni passati, a causa di normative poco restringenti sull’uso e sullo smaltimento di questi composti, si sono verificate le condizioni per provocare l’inquinamento delle falde del territorio provinciale. Nel corso degli anni, si sono svolti studi di diverso carattere, finalizzati ad individuare e caratterizzare siti (o raggruppamenti di siti) contaminati da idrocarburi clorurati. In questo lavoro si è allargata l’attenzione a tutti i siti presenti nel territorio definito dai limiti amministrativi della Provincia di Ferrara, che, nell‘arco temporale 2000 – 2015, hanno evidenziato contaminazioni da CAHs nell’acquifero superficiale A0 e/o nell’acquifero confinato A1. Si sono create, quindi, carte di distribuzione dei siti inquinati su scala provinciale, analizzandone principalmente caratteristiche idrogeologiche e variazioni di distribuzione chimica nello spazio e nel tempo, in relazione agli studi di caratterizzazione ed a eventuali messe in sicurezza e/o bonifiche. I dati necessari sono stati reperiti dagli atti amministrativi e dai relativi documenti tecnici, messi a disposizione dalla Provincia di Ferrara. L’attenzione è ricaduta in particolare sul cloruro di vinile (Vinyl Chloride, VC) ritrovato in alte concentrazioni e in un alto numero di siti. Il suo non utilizzo diretto nei processi produttivi in esame, ne esclude la presenza in qualità di contaminante primario, classificandolo come prodotto della degradazione di altri idrocarburi clorurati più complessi, in larga parte etileni clorurati. Si è inoltre appurato, come la presenza di VC non sia solo attribuibile a siti operanti nel settore metallurgico o chimico, ma riguardi in alcuni casi inquinamenti provocati da commercio o stoccaggio di carburanti, a cui, in passato, furono aggiunti solventi clorurati per migliorarne le caratteristiche chimico-fisiche. Si è concluso infine, come nel territorio della Provincia di Ferrara siano frequenti condizioni particolari, che favoriscono la degradazione di composti organo-clorurati complessi, ed agevolano l’accumulo di cloruro di vinile. Tali caratteristiche, sono state principalmente individuate nella diffusa presenza di livelli fini, anche torbosi, e nella altrettanto diffusa presenza di ambienti riducenti, non solo nel caso dell’acquifero confinato A1 ma anche nel caso dell’acquifero superficiale A0.
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Questo lavoro di tesi ha lo scopo di analizzare una frana appenninica riattivatasi a partire dal dicembre 2013 nel Comune di Grizzana Morandi (BO). L’operazione di studio della frana è iniziata partendo da una accurata campagna d’indagine eseguita in campo: per prima cosa è stata eseguita una dettagliata perlustrazione del corpo di frana e del territorio limitrofo, questa operazione comprende il rilevamento geologico di dettaglio ed il tracciamento (tramite dispositivo GPS) del profilo del deposito e della corona di distacco. Di fondamentale interesse sono state poi le informazioni ricavate dall’eseguimento di tre carotaggi sul corpo di frana, questi hanno permesso l’estrazione di carote utili a definire la stratigrafia verticale del luogo (fino ai 20 metri di profondità) e prelevare campioni di terreno per effettuare specifiche prove di laboratorio. Parte di queste prove sono state eseguite da un laboratorio di commissione, altre sono state eseguite nel laboratorio geotecnico dell’Università. I dati acquisiti tramite il monitoraggio, effettuato tramite l’istallazione di vari strumenti sul corpo di frana (piezometri, inclinometri ed estensimetri) sono risultati utili al fine di determinare la profondità della superficie di scorrimento, la velocità di movimento del deposito e la variazione del livello piezometrico. Le osservazioni effettuate sul campo e i dati provenienti dai sondaggi, dal monitoraggio e dalle prove di laboratorio sono stati elaborati e commentati, essi sono stati utilizzati per definire il modello geologico tecnico del territorio analizzato. Dalla definizione del modello geologico tecnico è stata effettuata la back analysis (la simulazione delle condizioni presenti sul versante al momento della rottura) tramite software specifico. L’operazione finale è stata la proposta (e la conseguente calibrazione) di diversi sistemi di messa in sicurezza del versante, utili a garantire nel tempo la stabilità del pendio analizzato.
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Lo studio dello sviluppo delle attività motorie fondamentali (FMS) nei bambini sta acquisendo in questi anni grande importanza, poiché la padronanza di queste ultime sembra essere correlata positivamente sia con la condizione di benessere fisico, sia con il mantenimento di alti livelli di autostima; si ritiene inoltre che possano contribuire al mantenimento di uno stile di vita sano in età adulta. In questo elaborato di tesi viene preso in considerazione un test di riferimento per la valutazione delle FMS, il TMGD – 2. Lo scopo è quello di fornire una valutazione quantitativa delle performance delle FMS, sulla base degli standard proposti dal protocollo TGMD-2, mediante una versione strumentata del test, utilizzando delle Inertial Measurement Unit (IMU). Questi sensori consentono di superare il limite posto dalla soggettività nella valutazione dell’operatore e permettono di esprimere un giudizio in maniera rapida e automatica. Il TGMD-2 è stato somministrato, in versione strumentata, a 91 soggetti di età compresa tra i 6 e i 10 anni. Sono stati ideati degli algoritmi che, a partire dai segnali di accelerazione e velocità angolare acquisiti mediante le IMU, consentono di conferire una valutazione a ciascuno dei task impartito dal TGMD – 2. Gli algoritmi sono stati validati mediante il confronto fra i risultati ottenuti e i giudizi di un valutatore esperto del TGMD-2, mostrando un alto grado di affinità, in genere tra l’80% e il 90%.
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Questa tesi di laurea è uno studio magmatologico, sedimentologico e morfostrutturale dei depositi dell’eruzione del Vesuvio del 1944, con particolare riferimento ai depositi di valanghe ardenti associati ad essa. Lo studio è stato affrontato utilizzando metodologie petrografiche, di chimica dei minerali e geotermo-barometriche al fine di ricavare informazioni sul sistema magmatico e sulla dinamica eruttiva nel corso dell’eruzione. I dati petrochimici e l’utilizzo di modelli geotermo-barometrici, unitamente alle informazioni dalla letteratura, indicano che il fattore di trigger che ha determinato il passaggio dalla iniziale effusione di colate laviche alle successive intense fasi di attività esplosiva ultrastromboliana è rappresentato dalla risalita di magma meno evoluto e più ricco in volatili dalla camera magmatica profonda (11-22 km) verso quella più superficiale (circa 3 km) dove ha interagito con il magma lì presente. Durante queste fasi a maggiore esplosività si è avuto sulla parte sommitale del cono un rapido accumulo di materiale ad elevata temperatura e l’instaurarsi di condizioni di overloading dei fianchi con aumento dell’angolo di pendio e conseguente instabilità. Ciò ha verosimilmente determinato la generazione di flussi di valanghe ardenti per rimobilizzazione sin-deposizionale del materiale piroclastico da caduta, probabilmente in seguito ad eventi sismici come elementi di innesco. I flussi di valanghe ardenti del 1944 sono stati interpretati come flussi granulari secchi, in base ai dati sedimentologici e vulcanologici raccolti nel corso dell’attività di terreno, rendendo possibile l’applicazione dei modelli elaborati da Castioni (2015) per la stima della velocità massima del flusso e degli assi maggiore e minore del deposito corrispondente. Sono state ricavate velocità che variano da un minimo di circa 4 m/s ad un massimo di circa 16 m/s in un range che è tipico di flussi granulari in ambiente vulcanico. Le variazioni della velocità sono state messe in relazione con la morfologia del pendio, il tipo di materiale coinvolto nel processo di rimobilizzazione e l’organizzazione interna del flusso, evidenziando in particolare come le maggiori lunghezze siano raggiunte dai flussi che hanno la possibilità di scorrere su pendii più omogenei e con più ridotte variazioni dell'angolo di pendio. La definizione di valori di velocità per i flussi di valanghe ardenti dell'eruzione del 1994 fornisce un ulteriore elemento utile per la valutazione della pericolosità vulcanica del Vesuvio.
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L’analisi morfologia e delle dinamiche evolutive di un alveo fluviale rappresenta una componente fondamentale per la gestione e riqualificazione dei corsi d’acqua naturali. Il presente elaborato tratta i principali aspetti dell’analisi geomorfologica fluviale e della modellazione numerico-idraulica per ciò che riguarda la gestione fluviale e la difesa del suolo, in relazione ad un tratto del torrente Ghiaia nei pressi dell’abitato di Monteveglio, seguendo una linea concettuale conforme alle norme regionali e territoriali. La prima fase del lavoro ha messo in evidenza le dinamiche evolutive del corso d’acqua in riferimento ad una scala temporale di circa 30 anni. È stata effettuata un’accurata indagine geomorfologica, confrontando diversi tipi di materiale disponibile: ortofoto e rilievi topografici relativi alla planimetria dell’alveo, alle sezioni trasversali e ai profili longitudinali. La seconda fase del lavoro ha messo in evidenza lo stato di fatto dell’area in studio, avvalendosi di un modello idraulico generato con l’utilizzo del software HEC – RAS 4.2.0. Sono stati simulati differenti scenari di analisi in moto permanente, i quali hanno permesso di verificare l’officiosità idraulica delle sezioni, il conseguente rischio idraulico, quindi di stimare quei valori di portata associati al Tempo di Ritorno che mettono in crisi il sistema, esponendo il centro abitato a situazioni di potenziale allagamento. Lo studio così effettuato ha permesso di ottenere un quadro preliminare delle condizioni idrauliche dell’area in esame, potendo indicare alcune ipotesi di intervento per mettere in sicurezza il territorio ed in particolare il centro abitato di Monteveglio. Gli interventi proposti sono stati mirati al contenimento almeno della piena trentennale e consistono nel risezionamento del tratto in studio e nella gestione della vegetazione, entrambi volti a migliorare il deflusso idrico e garantire l’officiosità idraulica del tratto in studio.
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Il lavoro si pone l’obiettivo di studiare in modo approfondito il fenomeno del ritiro del calcestruzzo, in un primo momento come fenomeno fisico verificandone gli effetti su elementi strutturali semplici, per poi approfondire in un secondo momento gli effetti indotti su una struttura reale, nello specifico su un impalcato da ponte a sezione mista. Tramite questo percorso di studio articolato in fasi di studio prettamente teoriche, seguite dall’analisi del fenomeno su modelli realizzati con software FEM, si vuole indagare il fenomeno del ritiro del calcestruzzo dal punto di vista fisico, capire l’entità delle azioni che si manifestano nelle strutture come effetto di tale fenomeno ed infine valutare se effettivamente il ritiro abbia rilevanza pratica solo nell’ambito delle verifiche allo Stato Limite di Esercizio.
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A fronte di un notevole incremento di funzionalità e strutture, nell'ambiente Web si sono intrapresi numerosi percorsi volti alla creazione di progetti che vanno a supportare il sovraccarico riversato sul lavoro che i linguaggi e i software sono tenuti a svolgere. Ad oggi il Javascript è uno dei linguaggi maggiormente utilizzati in ambito Web, e si rivela spesso essenziale al corretto sviluppo di applicazioni particolarmente evolute. Questo linguaggio, come è noto, sposta l’elaborazione del codice sul lato client, quindi sarà il Browser a supportare il carico di lavoro. Inoltre, è proprio quest’ultimo ad essere incaricato della gestione delle risorse computazionali locali, necessarie a tutte le operazioni di interpretazione del codice presente nelle pagine Web. Il crescente numero di connessioni da dispositivi mobili e la complessità dei siti Web, aumentano il rischio di avvicinarsi ad un punto critico relativo alla velocità e alle prestazioni dei Browser, in questa direzione sono stati realizzati progetti come asm.js piuttosto che Typescript in grado di velocizzare o incrementare le funzionalità e le prestazioni del linguaggio Javascript. Webassembly vuole integrare i vantaggi proposti da questi linguaggi tramite una meccanica di conversione dei file in formato binario, il quale essendo molto più leggero e veloce, consente una elaborazione molto più performante da parte dei Browser. Questo documento espone una panoramica sulle funzionalità e la progettazione di questo linguaggio, analizzando elementi lessicali e relativi vantaggi rispetto alle tecnologie diffuse fino ad ora. Il quadro generale di questa tesi ci prepara all’apertura di un nuovo scenario molto più ampio e diverso, sostenuto da un approccio al Web strutturalmente innovativo.
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In questo studio sono stati analizzati 11 campioni provenienti dalla zona vulcanica dell’arco Eoliano, gentilmente concessi da ISMAR-CNR Bologna. Lo scopo del lavoro è stato quello di ricercare arricchimenti di alcuni elementi critici, di grande importanza economica e a rischio di approvvigionamento. Lo scopo principale è verificare se la zona può contenere possibili risorse minerarie. La composizione degli elementi maggiori e in traccia dei campioni è stata ottenuta tramite XRF. I campioni analizzati, sono stati aggregati ad altri campioni del Tirreno meridionale (oggetto di altre tesi), ottenendo un database di 71 campioni. Questo set esteso di dati è stato utilizzato per costruire grafici composizionali e sono state evidenziate possibili relazioni tra gli elementi maggiori e una selezione di elementi in traccia. Dai grafici, è risultato che la maggior parte degli elementi in traccia presenta una relazione positiva con Si, Ti, Al, Fe e K, ad indicare che gli apporti detritici continentali costituiscono un fattore di arricchimento di elementi critici. Tutti gli elementi hanno una correlazione negativa con il Ca, indicando che carbonati o sedimenti ricchi in Ca non costituiscono un target per la ricerca di elementi critici. Le concentrazioni sono state confrontate con un valore di cut-off per giacimenti impoveriti. Dal confronto, l’unico elemento la cui soglia di cut-off viene superata in tutti i campioni, è il manganese (Mn). Elementi come ferro (Fe), uranio (U), vanadio (V) e scandio (Sc), presentano picchi di concentrazione in alcuni campioni, la cui popolazione è limitata a poco più di due o tre elementi provenienti dalla zona del Bacino di Paola. Pertanto non sono da considerare una possibile risorsa e possiamo quindi concludere che il Mn costituisce l’unica risorsa mineraria “valida” nella zona.
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Background: sulla base delle evidenze emerse dalle rassegne sistematiche in materia (Johnstone, 1994; Cohen et al.,1998; Robson et al., 2012; Burke et al., 2006; Ricci et al., 2015) si è ipotizzato che la formazione alla salute e sicurezza sul lavoro sia maggiormente efficace quando non è presentata come obbligatoria e venga articolata su più livelli di apprendimento, attraverso metodologie adeguate per ogni livello, con docenti che abbiano caratteristiche corrispondenti allo specifico obiettivo di apprendimento e la cui durata sia parametrata all’obiettivo stesso. Obiettivo di questa ricerca è valutare se esista e quanto sia intensa la relazione causale tra la formazione alla sicurezza sul lavoro e i suoi effetti sul miglioramento delle conoscenze, degli atteggiamenti, dei comportamenti, degli esiti per la salute, del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione. Metodo: la variabile indipendente è costituita dell’intervento formativo erogato, articolato in tre condizioni: formazione obbligatoria, formazione non obbligatoria, gruppo di controllo: sono stati posti a confronto due interventi di pari durata (16 settimane, per 10h complessive), realizzati con identiche modalità (step1 audio-visivo; step2 affiancamento su lavoro da parte del preposto; step3 discussione di auto-casi), ma differenziati rispetto all’essere presentati uno come formazione obbligatoria, l’altro come non obbligatoria. I due gruppi sono anche stati confrontati con un gruppo di controllo per il quale la formazione è prevista successivamente. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo con obbligo formativo, senza obbligo formativo, di controllo. Sono stati presi come indicatori (variabili dipendenti) per valutare l’effetto della formazione: I livello – conoscenze: riconoscimento o produzione di un maggior numero di risposte corrette. II livello – atteggiamenti e credenze: maggiore propensione a mettere in atto comportamenti auto ed etero protettivi. III livello – comportamenti: comportamenti osservati più adeguati per la tutela della salute propria e altrui. IV livello – salute: maggior grado di benessere bio-psico-sociale auto-riferito. Le misure di esito consistono nella variazione tra la rilevazione iniziale e ogni rilevazione successiva, sulla base delle diverse misure registrate per ognuno dei quattro livelli dell’intervento formativo. Lo stesso confronto del tempo è stato realizzato per le misure del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione, quest’ultimo misurato solo immediatamente al termine dell’intervento. Risultati: le condizioni di intervento non differiscono in termini di efficacia, la formazione determina infatti gli stessi risultati per i partecipanti del gruppo obbligo formativo e di quello non obbligo, con una significativa differenza post-intervento rispetto al gruppo di controllo. La formazione ha un effetto forte nel miglioramento delle conoscenze che solo parzialmente decade nel tempo, ma comunque mantenendo un livello maggiore rispetto ai valori iniziali. In relazione al miglioramento di atteggiamenti e comportamenti sicuri nel lavoro al Videoterminale, l’effetto della formazione è modesto: per gli atteggiamenti si registra solo un miglioramento verso l’applicazione delle procedure come utili realmente e non come mero adempimento, ma tale effetto decade entro quattro mesi riportando i partecipanti su valori iniziali; i comportamenti invece migliorano nel tempo, ma con deboli differenze tra partecipanti alla formazione e gruppo di controllo, tuttavia tale miglioramento non decade in seguito. Non si registrano invece effetti della formazione nella direzione attesa in termini di esiti per la salute, per il miglioramento del clima di sicurezza e come maggior controllo comportamentale percepito, non risultano nemmeno dati evidenti di moderazione degli effetti dovuti a caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti. Inoltre emerge che il gradimento per la formazione è correlato con migliori atteggiamenti (strumento audio-visivo), il miglioramento del clima di sicurezza e un maggior controllo comportamentale percepito (studio di auto-casi), ovvero gli step che hanno visto l’intervento di formatori qualificati. Infine, la formazione ha determinato migliori condizioni operative e l’adeguamento delle procedure interne. Conclusioni: la presente ricerca ci consente di affermare che la formazione erogata è stata efficace, oltre che molto gradita dai partecipanti, in particolare quando il formatore è qualificato per questa attività (step1 e 3). L’apprendimento prodotto è tanto più stabile nel tempo quanto più i contenuti sono in stretta relazione con l’esperienza lavorativa quotidiana dei partecipanti, mentre negli altri casi il decremento degli effetti è alquanto rapido, di conseguenza ribadiamo la necessità di erogare la formazione con continuità nel tempo. E’ risultato comunque modesto l’effetto della formazione per migliorare gli atteggiamenti e i comportamenti nel lavoro al VDT, ma, al di là di alcuni limiti metodologici, sono obiettivi ambiziosi che richiedono più tempo di quanto abbiamo potuto disporre in questa occasione e il cui conseguimento risente molto delle prassi reali adottate nel contesto lavorativo dopo il termine della formazione. Le evidenze finora prodotte non hanno poi chiarito in modo definitivo se attraverso la formazione si possano determinare effetti significativi nel miglioramento di esiti per la salute, anche eventualmente attraverso interventi di supporto individuale. Inoltre l’assenza di differenze significative negli effetti tra i partecipanti assegnati alla condizione di obbligo e quelli di non obbligo, eccezion fatta in direzione opposta alle attese per la misura del danno da lavoro, suggeriscono che nell’erogare la formazione, occorre sottolineare in misura molto rilevante l’importanza dell’intervento che viene realizzato, anche qualora esistesse una prescrizione normativa cogente. Infine, la ricerca ci ha fornito anche indicazioni metodologiche e misure valide che invitano ad estendere questa formazione, e la sua valutazione di efficacia, a diversi comparti economici e svariate mansioni. Nel fare questo è possibile fare riferimento, e testare nuovamente, un modello che indica la corretta percezione del rischio (conoscenza) come fattore necessario, ma non sufficiente per ottenere, con la mediazione di atteggiamenti favorevoli allo specifico comportamento, azioni sicure, attraverso le quali si rinforza l’atteggiamento e migliorano le conoscenze. La formazione, per raggiungere i propri obiettivi, deve tuttavia agire anche sui meccanismi di conformismo sociale favorevoli alla safety, questi originano da conoscenze e azioni sicure e reciprocamente le rinforzano.
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La ricerca punta a ricostruire il complesso e travagliato processo decisionale che porta alla realizzazione del quarto centro siderurgico di Taranto. Il grande stabilimento viene progettato nel 1955, approda sui tavoli del comitato di Presidenza della Finsider nel settembre del 1956 e dopo quasi quattro anni di dibattiti e dietrofront ottiene il via libera dal consiglio dei Ministri il 9 giugno del 1959. La prima pietra del centro verrà posta il 10 luglio del 1960, il primo settore (un tubificio) inaugurato nel 1961, mentre il resto del complesso entrerà in funzione nel 1964. Ispiratore del centro è Pasquale Saraceno e gli uomini dell'associazione Svimez, convinti sostenitori dell'industrializzazione dell'Italia Meridionale. Il progetto sostenuto apertamente dalla Democrazia Cristiana a partire dal 1956 e in seguito da tutte le forze politiche, viene convintamente osteggiato dall'Impresa Pubblica, Finsider in testa, che vede messa a repentaglio l'autonomia imprenditoriale del gruppo e i propri equilibri economici. Il centro meridionale è considerato strategicamente penalizzante ed economicamente sconveniente, dato che i maggiori centri industriali italiani del tempo si trovano nell'Italia Settentrionale (quindi una localizzazione meridionale comporterebbe un aggravio di costi per le operazioni di trasporto dell'acciaio). L'Impresa pubblica opterebbe su una politica imprenditoriale più prudente, incentrata sul potenziamento graduale dei centri già esistenti. Non così la Politica decisa ad attuare una svolta in grado di realizzare evidenti progressi nell'economia meridionale. La nostra ricerca ha cercato di ricostruire l'impegno e le manovre dei principali partiti politici e parallelamente le strategie e le ragioni dell'Impresa pubblica tenendo anche conto del grande dibattito sorto sulla stampa nazionale tra favorevoli e contrari al progetto e al coinvolgimento dell'opinione pubblica meridionale in particolare pugliese. La ricerca si divide in tre parti (dedicate alle origini del progetto (1954-1955), gli sviluppi della vicenda (1957-1958), il via libera al centro (1959-1960) e si articola in sei capitoli (Meridione e industrializzazione: verso il quarto centro siderurgico; La siderurgia italiana verso il boom: il progetto del IV centro a ciclo integrale; La polemica Iri – Dc: uno scontro istituzionale; Il Pci e il centro siderurgico di Taranto; La vicenda Vado Ligure e la posizione dell'impresa privata; L'approvazione del progetto). La tesi cerca di mettere a fuoco la posizione della Politica (Dc e Pci su tutti), della Tecnica (Iri e Finsider ma anche progetti e impegno dei privati, quali la Fiat e la Falck) e della società civile (soprattutto quella tarantina dedicando una certa attenzione al mondo cattolico). La ricerca si è svolta su più livelli. Nel primo anno si è compiuta un'approfondito studio presso l'archivio dell'Iri (conservato presso l'Archivio Centrale dello Stato a Roma), della Dc (Istituto Sturzo, Roma), del Pci (Istituto Gramsci Roma). Il secondo ha permesso di soffermarsi sulle vicende di Taranto (Archivio dell'Arcidiocesi, Archivio del Comune, Biblioteca Comunale). Il terzo è stato focalizzato ancora su vicende politiche e finanziarie (Archivio Storico Banca d'Italia, Archivio Giulio Andreotti, Archivio storico del Senato, tutti con sede a Roma). L'esame dei verbali dei Comitati esecutivi della Finsider per gli anni 1954 -1959 rivela una chiara direzione: la Finsider studia con grande rigore la situazione del mercato italiano, delle varie aziende e dei centri produttivi del Gruppo. Un rigore finalizzato alla chiusura dei centri ritenuti antiquati e poco funzionali e al potenziamento di quelli più moderni e dalle dimensioni imponenti. Un'azione tesa ad incrementare la produzione, essere competitivi sul mercato internazionale e salvaguardare il vero faro dell'azienda in quegli anni: l'economicità. Cioè ottenere il più possibile tutelando gli equilibri finanziari del Gruppo. E' per questo che per ben due anni, i funzionari dell'azienda avanzano progetti complementari, come quello del piccolo centro di Apuania, ma il Comitato esecutivo pur considerando l'investimento indispensabile e conveniente, decide di rinviarne la realizzazione. Gli elementi più rilevanti sono emersi per l'anno 1957. E' noto come il centro siderurgico meridionale fosse messo a rischio da un altro progetto avanzato dalla Fiat, decisa a realizzare un proprio stabilimento nell'Italia settentrionale, a Vado Ligure. Il centro avrebbe dovuto rifornire di acciaio gli stabilimenti della casa automobilistica rendendola indipendente dall'Industria di Stato. Nel caso si fosse realizzato il centro di Vado (al quale la Fiat rinuncerà nel 1957) sarebbe risultato impossibile realizzarne un altro nel Meridione (a quel punto la produzione avrebbe superato i consumi). Dai dati esaminati emerge una trattativa finora inedita che vede il coinvolgimento della Finsider e di privati stranieri.
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Tra il 2005 e il 2013 la disciplina italiana sulle crisi d’impresa è stata oggetto di varie riforme, che hanno cercato di rafforzare il concordato preventivo, in particolare nella sua funzione di istituto atto a favorire la continuità di aziende in crisi non irreversibile. Anche tenendo conto degli effetti della crisi economica, tali riforme hanno conseguito l’obiettivo di allargare il ricorso al concordato, in particolare a seguito dell’introduzione di quello “in bianco”, che consente di posticipare la presentazione del piano di risanamento. Le riforme hanno anche contribuito a un lieve miglioramento della continuità aziendale. Ciò nonostante, solo una quota limitata di aziende (circa il 4,5 per cento) sopravvive dopo il concordato, la cui funzione principale è rimasta quella di fornire uno strumento liquidatorio di tipo negoziale, alternativo al fallimento che vede un maggior ruolo degli organi giudiziari. Il ricorso al concordato risulta correlato, oltre che con caratteristiche strutturali dell’impresa (un maggior peso delle immobilizzazioni materiali) e delle relazioni creditizie (un minore peso dei crediti dotati di garanzie reali), anche con la durata temporale delle procedure fallimentari nel tribunale di riferimento.
Resumo:
This work focuses on Machine Translation (MT) and Speech-to-Speech Translation, two emerging technologies that allow users to automatically translate written and spoken texts. The first part of this work provides a theoretical framework for the evaluation of Google Translate and Microsoft Translator, which is at the core of this study. Chapter one focuses on Machine Translation, providing a definition of this technology and glimpses of its history. In this chapter we will also learn how MT works, who uses it, for what purpose, what its pros and cons are, and how machine translation quality can be defined and assessed. Chapter two deals with Speech-to-Speech Translation by focusing on its history, characteristics and operation, potential uses and limits deriving from the intrinsic difficulty of translating spoken language. After describing the future prospects for SST, the final part of this chapter focuses on the quality assessment of Speech-to-Speech Translation applications. The last part of this dissertation describes the evaluation test carried out on Google Translate and Microsoft Translator, two mobile translation apps also providing a Speech-to-Speech Translation service. Chapter three illustrates the objectives, the research questions, the participants, the methodology and the elaboration of the questionnaires used to collect data. The collected data and the results of the evaluation of the automatic speech recognition subsystem and the language translation subsystem are presented in chapter four and finally analysed and compared in chapter five, which provides a general description of the performance of the evaluated apps and possible explanations for each set of results. In the final part of this work suggestions are made for future research and reflections on the usability and usefulness of the evaluated translation apps are provided.