433 resultados para Impatti, CFRP, CLC, compressione


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The low-strength concrete is defined as a concrete where the compressive cubic strength is less than 15 MPa. Since the beginning of the last century, many low-strength concrete buildings and bridges have been built all over the world. Being short of deeper study, composite sheets are prohibited in strengthening of low-strength reinforced concrete members (CECS 146; ACI 440). Moreover, there are few relevant information about the long-term behavior and durability of strengthened RC members. This fact undoubtedly limits the use of the composite materials in the strengthening applications, therefore, it is necessary to study the behaviours of low-strength concrete elements strengthened with composite materials (FRP) for the preservation of historic constructions and innovation in the strengthening technology. Deformability is one of criteria in the design of concrete structures, and this for functionality, durability and aesthetics reasons. Civil engineer possibly encounters more deflection problems in the structural design than any other type of problem. Many materials common in structural engineering such as wood, concrete and composite materials, suffer creep; if the creep phenomenon is taken into account, checks for serviceability limit state criteria can become onerous, because the creep deformation in these materials is in the same order of magnitude as the elastic deformation. The thesis presents the results of an experimental study on the long-term behavior of low-strength reinforced concrete beams strengthened with carbon fiber composite sheets (CFRP). The work has investigated the accuracy of the long-term deflection predictions made by some analytical procedures existing in literature, as well as by the most widely used design codes (Eurocode 2, ACI-318, ACI-435).

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Questa tesi svolta nell’ambito della geotecnica ha L’obiettivo di porre l’attenzione sul comportamento dei cedimenti secondari, quindi sul coefficiente di consolidazione secondaria Cα mediante l’esecuzione di una prova edometrica su di una sezione di campione estratto in sito, dove si evidenzia una percentuale di contenuto organico molto alta (torba).Si introduce il concetto di terreno organico a partire dalla genesi fino ad una classificazione atta a distinguere terreni con percentuali di componente organica differenti. Si spiega la teoria della consolidazione monodimensionale, quindi la prova edometrica, riportando in maniera grafica e analitica tutti i coefficienti che da essa si possono ricavare a partire dai parametri di compressione volumetrica fino alla consolidazione primaria e secondaria (o creep)si descrivono dettagliatamente la strumentazione e la procedura di prova. Descrivendo l’edometro utilizzato in laboratorio e tutti gli accessori ad esso collegati, il campione da analizzare, la procedura di preparazione del campione alla prova edometrica, trovando alcune proprietà fisiche del campione, come il contenuto d’acqua e il contenuto organico, ed in fine riportando i passaggi della prova edometrica in modo tale da poter essere riprodotta.Si analizzano tutti i risultati ottenuti durante la prova in maniera analitica e grafica, osservando e commentando la forma dei grafici ottenuti in relazione al materiale che compone il campione ed i tempi impiegati per eseguire la prova.

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Si analizza il comportamento e la risposta di elementi sottoposti a diversi tipi di sollecitazione. Lo scopo ultimo è quello di valutare l’applicabilità di un modello che permetta di ricavare il comportamento di creep a trazione nei calcestruzzi fibrorinforzati, partendo dai risultati delle prove di creep a compressione e creep a flessione.

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Essendo l’Italia un territorio soggetto a violenti e frequenti sismi, ed avendo un importante patrimonio in muratura, è interessante studiare il rapporto tra i due. La muratura è maggiormente resistente contro forze che agiscono nel suo piano, che generano quindi uno sforzo di taglio. Si andrà dunque a valutare sperimentalmente la resistenza a taglio delle murature. Tale campagna sperimentale sarà svolta su campioni di muratura sotto forma di triplette confezionate con due tipi di malta diversi a tre livelli di precompressione differenti. I risultati così ottenuti saranno infine rielaborati in un grafico, il grafico della legge di Coulomb, che mira a cercare un legame lineare tra le tau e le sigma di precompressione. Un valore aggiunto dello studio sta nel monitoraggio costante della prova, dal quale si nota che la precompressione durante questa varia. Portando dunque a due risultati diversi: il primo è un legame tau-sigma con livelli di sigma normativi e uno con legami di sigma effettivi della rottura. La campagna sperimentale, inoltre, comprende anche la valutazione del modulo elastico per i singoli campioni di laterizio e di malta. La malta sarà provata anche per la resistenza a flessione e compressione.

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Il poliuretano termoplastico (TPU) è un materiale polimerico molto versatile che, se formulato in maniera opportuna può assumere un’ampia gamma di caratteristiche chimico-fisiche e proprietà meccaniche. Per questo motivo negli ultimi decenni sono state studiate estesamente le sue applicazioni e i metodi di sintesi. Il lavoro presentato ha come scopo la valutazione delle proprietà reologiche dei fusi polimerici di una serie di TPUs, mediante l'ausilio di un reometro capillare. A tal proposito lo scopo del progetto è stato quello di incrementare la conoscenza dei fenomeni reologici che avvengono in un fuso polimerico in fase di lavorazione per ottenere un determinato prodotto finito e commercializzabile e che sanciscono l'effettiva realizzazione del processo in funzione delle caratteristiche del TPU in questione. Con l’utilizzo del reometro capillare si ha la possibilità di simulare le condizioni termiche e di stress meccanico delle più comuni tecnologie di formatura dei materiali polimerici: dall’estrusione allo stampaggio ad iniezione, passando per lo stampaggio a compressione. Questa importante caratteristica strumentale risulta utile in fase di assistenza al cliente, in modo da proporre una tipologia di materiale adatta alla tecnologia disponibile e, in alcuni casi, suggerire le condizioni più opportune per la lavorazione dello stesso.

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Afin d’améliorer nos pratiques agricoles dans le contexte d’une agriculture durable, plusieurs agents de lutte biologique (ALB) ont été développés, testés et sont maintenant utilisés dans le monde pour combattre les pertes de rendements causées par les maladies. Blumeria graminis f. sp. hordei ( Bgh) est l’agent pathogène responsable du blanc de l’orge et peut réduire les rendements de cette culture jusqu’à 40%. Un champignon épiphyte, Pseudozyma flocculosa, a été découvert et identifié en 1987 en association étroite avec le blanc du trèfle. Les chercheurs ont alors remarqué que ce champignon exhibait une forte activité antagoniste contre le blanc en détruisant les structures de l’agent pathogène. Suite à d’autres travaux, il est apparu que ce comportement antagoniste était dirigé contre tous les membres des Erysiphales et semblait lié à la synthèse d’un glycolipide antifongique soit la flocculosine. Toutefois, on n’est toujours pas parvenus à associer l’efficacité de l’ALB avec la production de ce glycolipide. Ces observations suggèrent que d’autres facteurs seraient impliqués lorsque les deux protagonistes, l’ALB et le blanc, sont en contact. L’objectif principal de ce projet était donc de chercher d’autres mécanismes moléculaires pouvant expliquer l’interaction P. flocculosa-blanc et orge, en faisant une analyse transcriptomique complète des trois protagonistes en même temps. L’interaction tripartite a été échantillonnée à différents temps suivant l’inoculation de P. flocculosa sur des feuilles d’orge présentant déjà une intensité de blanc d’environ 50%. Les échantillons de feuilles prélevés ont ensuite été utilisés pour l’extraction de l’ARN qui ont été ensuite transformés en ADNc pour la préparation des librairies. Cinq répliquats ont été effectués pour chaque temps et le tout a été séquencé à l’aide de séquençage par synthèse Illumina HiSeq. Les séquences obtenues (reads) ont ensuite été analysées à l’aide du logiciel CLC Genomics Workbench. Brièvement, les séquences obtenues ont été cartographiées sur les trois génomes de référence. Suite à la cartographie, les analyses d’expression ont été conduites et les gènes exprimés de façon différentielle ont été recherchés. Cette étape a été conduite en portant une attention particulière aux gènes codant pour un groupe de protéines appelées CSEP pour “candidate secreted effector proteins” qui seraient possiblement impliquées dans l’interaction tripartite. Parmi les protéines exprimées de façon différentielle en présence du blanc ou en absence de ce dernier, nous avons pu constater que certaines CSEP étaient fortement exprimées en présence du blanc. Ces résultats sont prometteurs et nous offrent une piste certaine pour l’élucidation des mécanismes impliqués dans cette interaction tripartite.

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Devido às necessidades da indústria atual é cada vez mais importante a utilização de métodos de união de materiais distintos. A utilização de adesivos no processo de produção de materiais compósitos tem uma grande aplicação, uma vez que permite ligar os diferentes materiais e ainda reduzir significativamente o peso do conjunto. Este trabalho teve como principal objetivo aumentar a resistência à delaminação de materiais compósitos no sentido da espessura, concretamente dos plásticos reforçados com fibras de carbono (CFRP), através da utilização de placas da liga de alumínio 2024-T3. Este conceito é muito semelhante ao utilizado nos laminados por fibras e metal (LFM) para aumentar a sua resistência à delaminação. Pretendeu-se também a identificação da configuração da junta que apresenta melhores resultados, comparativamente à junta de referência composta apenas por CFRP. Inicialmente, produziram-se apenas juntas de CFRP que foram utilizadas como comparação com os laminados de fibras e metal. Com o objetivo de melhorar a adesão entre os CFRP e a liga de alumínio, foram realizados três tratamentos superficiais diferentes, nomeadamente a lixagem, a anodização e o ataque com ácido. Posteriormente, foram produzidas as juntas com as seguintes configurações: CFRP-AL-CFRP, CFRP-AL-CFRP-AL-CFRP e AL-CFRP-AL. A realização deste trabalho permitiu concluir que com a adição de placas de alumínio, se conseguiu um melhoramento da resistência à delaminação das fibras de carbono e ainda um aumento da resistência específica no sentido da sua espessura. A JSS com a configuração AL-CFRP-AL e com comprimento de sobreposição de 50 mm foi a configuração que apresentou uma força de rotura mais elevada, ou seja, uma maior resistência à delaminação, comparativamente à junta de referência e às restantes configurações em estudo. A falha coesiva verificada perto da interface da junta AL-CFRP-AL, pode ser devida ao elevado comprimento de sobreposição e às diferentes elasticidades do alumínio e do CFRP, o que naturalmente levou a elevadas tensões localizadas nas extremidades da junta. Os resultados demostraram que é possível aumentar a resistência transversal do compósito utilizando uma placa de alumínio.

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A presente dissertação incide sobre o estudo dos efeitos do confinamento com materiais compósitos de polímeros reforçados com fibras de carbono (CFRP) em pilares de estruturas de betão armado. A motivação para este estudo surge da necessidade de aprofundar conhecimentos acerca do comportamento dos pilares de betão reforçados por confinamento com CFRP, uma vez que a sua aplicação apresenta uma crescente importância, por exemplo, para aumento da resistência e da ductilidade de estruturas de betão armado. Fez-se, inicialmente, uma breve revisão das técnicas de reforço convencionais utilizadas em pilares de betão armado, com ênfase no reforço exterior com polímeros reforçados com fibras. A elevada resistência à tração, à corrosão e à fadiga, o baixo peso volúmico, a versatilidade e a diversidade dos sistemas comercializados com CFRP tornam este material muito competitivo para este tipo de aplicação. Na sequência desse estudo, realizou-se uma revisão bibliográfica acerca dos modelos de comportamento que permitem prever o desempenho de pilares de betão confinados com CFRP, sujeitos a esforços de compressão. Como forma de análise desses modelos, desenvolveu-se uma ferramenta numérica em ambiente Mathworks - Matlab R2015a, que permitiu a obtenção e posterior comparação dos diagramas de tensão-extensão descritos pelos modelos desenvolvidos por Manfredi e Realfonzo (2001), Ferreira (2007) e Wei e Wu (2011). Por fim, comparam-se os resultados experimentais de Paula (2003) e de Rocca (2007) com os dos modelos constitutivos referidos anteriormente, analisando-se também a influência de vários fatores na eficácia do confinamento, tais como o boleamento, o número de camadas de CFRP e a geometria da secção transversal. Foram ainda comparados e discutidos resultados relativos ao confinamento parcial de pilares. Os resultados obtidos indicam que os modelos analíticos representam relativamente bem o andamento das curvas do betão confinado para secções circulares, quadradas e retangulares, verificando-se as principais discrepâncias nestas duas últimas tipologias de secção transversal, dada a dificuldade associada à quantificação de parâmetros associados ao seu comportamento (por exemplo, boleamento de arestas). No entanto, verificou-se igualmente que com um adequado boleamento de arestas (e consequente aumento da relação entre o raio de canto e a largura da secção de betão), bem como com um aumento do número de camadas de material compósito, é possível aumentar a tensão resistente e a extensão axial na rotura do betão à compressão.

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O escoamento sanguíneo é um dos temas de grande interesse para a comunidade científica. Assim, a busca de fluidos que sejam análogos ao sangue bem como o estudo do seu escoamento em microcanais, tal como acontece com o sangue nos capilares, continua a ser alvo de investigação. Numa primeira fase deste trabalho, procedeu-se ao desenvolvimento de um modelo inovador para produzir glóbulos vermelhos artificiais, constituído por Vesículas Unilamelares Gigantes, vulgarmente designadas Giant Unilamellar Vesicles (GUVs), com três concentrações diferentes. Pretende-se que estas vesículas tenham um comportamento reológico idêntico ao escoamento dos glóbulos vermelhos (GVs) em microcanais, permitindo assim proceder a vários estudos hemodinâmicos. No desenvolvimento destas vesículas, foi verificado que as mais adequadas são constituídas por uma mistura natural de lípidos e lecitina de soja. Foi realizado um estudo relativamente à sua concentração, onde se verificou que, com o aumento da quantidade da lecitina de soja nas soluções, a concentração de GUVs tende a aumentar. Foi também realizado um estudo relativo aos diâmetros dos GUVs para verificar se estes se aproximavam em termos de tamanho dos GVs, onde foi verificado que a maioria dos GUVs possuem diâmetros com dimensões entre os 5 e 7 μm, tal como os GVs. Foi ainda verificado que a solução com a menor concentração de lecitina de soja possui uma maior quantidade de GUVs com diâmetros entre os 5 e 7 μm. Na segunda fase, foi estudado experimentalmente o escoamento das três soluções de GUVs em microcanais hiperbólicos, com três caudais diferentes, com o objetivo de visualizar a Camada Livre de Células (CLC), determinar a deformação e estudar as velocidades destes. Foi verificado que existe a formação de CLC em todas as concentrações e que aumenta com o aumento do caudal. Relativamente à deformação, esta é bastante mais evidente na contração do microcanal onde a taxa deformação é máxima. Para o caso da velocidade, foi observado um aumento bastante significativo e linear da velocidade na região da contração do microcanal hiperbólico e uma velocidade baixa e aproximadamente constante a montante e jusante da contração. vi Por fim, foi também realizado o estudo reológico dos GUVs, de forma a investigar se estes têm uma viscosidade próxima do sangue. Foi verificado que os GUVs apresentam uma viscosidade inferior à do sangue total e que existe um ligeiro aumento da viscosidade dos GUVs com o aumento da sua concentração. Por último, também foi efetuada uma comparação da viscosidade da solução de GUVs com uma solução de 5% de Hematócrito (Hct) em soro fisiológico, onde foi verificado que ambas as viscosidades são muito próximas.

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In questa tesi è stato affrontato lo studio della valutazione delle proprietà meccaniche del calcestruzzo negli edifici esistenti, ponendo attenzione alle normative che regolano questa procedura, alle prove distruttive e non, che vengono eseguite in sito e in laboratorio, fino all'elaborazione dei risultati al fine di ottenere il valore desiderato della resistenza a compressione del cls. In particolare sono state affrontate le prove a compressione, trazione indiretta e di determinazione del modulo elastico che si eseguono in laboratorio, i carotaggi, la carbonatazione, la prova sclerometrica, ultrasonica, di aderenza, di estrazione e penetrazione eseguite in sito. Per la valutazione del calcestruzzo è stato introdotto il funzionamento delle curve di correlazione, la loro costruzione e valutazione, e le varie definizioni del calcestruzzo definite dalla NTC del 2008, dalle Linee Guida C.S. LL.PP. e dal metodo Holos.

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Le rotture a fatica dei componenti sono dovute principalmente alle tensioni di trazione generate da carichi ciclici e variabili nel tempo. Le cricche causate da questo tipo di tensioni possono propagarsi e crescere fino a causare danni catastrofici nel componente. La fatica costituisce uno dei fattori principali di rottura delle strutture aeronautiche; in campo aeronautico sono quindi molto diffusi dei trattamenti superficiali che permettono di indurre tensioni di compressione che contrastano quelle di trazione, in modo tale da ritardare o prevenire le rotture dovute al fenomeno della fatica. Esistono diverse tecniche per raggiungere questo risultato e permettere di prolungare la vita a fatica di un componente metallico, la più nota è sicuramente il Laser Shock Peening (LSP). Nel corso degli ultimi anni la maggior parte delle ricerche condotte rispetto a questa tecnica sono state incentrate sugli effetti meccanici che questo trattamento ha sul materiale in modo da determinare la configurazione ottimale per ottenere una distribuzione delle tensioni il più efficace possibile ai fini della vita a fatica; sono state svolte diverse prove sperimentali per studiare il ruolo dei parametri del laser e ottimizzare la procedura del LSP. Tra le tecniche utilizzate per valutare gli effetti del LSP in termini di tensioni residue, spiccano, oltre ai metodi computazionali, l'X-ray Diffraction (XRD) e l'Incremental Hole Drilling (IHD). L'elaborato di tesi qui presentato ha come scopo il confronto tra i livelli di tensioni residue riscontrate all'interno di provini sottili in lega di alluminio, sottoposti a differenti trattamenti laser, attraverso i suddetti metodi XRD e IHD. I risultati, già noti, ottenuti con la tecnica l'XRD sono stati posti a verifica attraverso dei test svolti con l'IHD presso i laboratori MaSTeRLab della Scuola di Ingegneria dell'Università di Bologna.

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Corrosion of steel tendons is a major problem for post-tensioned concrete, especially because corrosion of the steel strands is often hard to detect inside grouted ducts. Non-metallic tendons can serve as an alternative material to steel for post-tensioning applications. Carbon fiber reinforced polymer (CFRP), given its higher strength and elastic modulus, as well as excellent durability and fatigue strength, is the most practical option for post-tensioning applications. The primary objective of this research project was to assess the feasibility of the use of innovative carbon fiber reinforced polymer (CFRP) tendons and to develop guidelines for CFRP in post-tensioned bridge applications, including segmental bridges and pier caps. An experimental investigation and a numerical simulation were conducted to compare the performance of a scaled segmental bridge model, post-tensioned with two types of carbon fiber strands and steel strands. The model was tested at different prestress levels and at different loading configurations. While the study confirms feasibility of both types of carbon fiber strands for segmental bridge applications, and their similar serviceability behavior, strands with higher elastic modulus could improve structural performance and minimize displacements beyond service loads. As the second component of the project, a side-by-side comparison of two types of carbon fiber strands against steel strands was conducted in a scaled pier cap model. Two different strand arrangements were used for post-tensioning, with eight and six strands, respectively representing an over-design and a slight under-design relative to the factored demand. The model was tested under service and factored loads. The investigation confirmed the feasibility of using carbon fiber strands in unbonded post-tensioning of pier caps. Considering both serviceability and overload conditions, the general performance of the pier cap model was deemed acceptable using either type of carbon fiber strands and quite comparable to that of steel strands. In another component of this research, creep stress tests were conducted with carbon fiber composite cable (CFCC). The anchorages for all the specimens were prepared using a commercially available expansive grout. Specimens withstood 95% of the guaranteed capacity provided by the manufacturer for a period of five months, without any sign of rupture.

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Nel panorama mondiale di contenimento delle emissioni inquinanti in atmosfera é divenuto sempre più importante limitare la parte derivante dai motori a combustione interna: l'utilizzo di motori GDI a carica stratificata e di ricircolo dei gas di scarico (EGR) sono esempi di tecnologie pensate proprio in tale ottica. Sia la presenza di un ambiente magro che di EGR nel cilindro, come anche l'aumento della pressione nel cilindro per l'incremento della pressione di sovralimentazione o del rapporto di compressione, hanno lo svantaggio di limitare la velocità di combustione e rendere più sfavorevoli le condizioni di accensione della miscela; in questo scenario diviene di fondamentale importanza il miglioramento dei sistemi di accensione, la creazione di modelli volti a simularli e la comprensione dei fenomeni che ne stanno alla base. Il seguente lavoro di tesi si inserisce proprio in questo contesto, indagando le varie fasi di cui si compone il fenomeno dell'accensione e le relazioni che legano le variabili di interesse fisico, verificate sulla base di evidenze sperimentali. Successivamente vengono analizzati i principali modelli d'accensione che sono stati proposti e implementati in codici computazionali fluidodinamici; l'analisi mette in luce le differenze, i punti di forza e le semplificazioni introdotte in ognuno di essi, in modo da poterli valutare criticamente. La suddetta analisi é anche utile per introdurre il modello frutto del lavoro del gruppo di ricerca dell'Università di Bologna; ci si concentra particolarmente su quest'ultimo poiché un obiettivo di questo lavoro di tesi é stato proprio l'implementazione e l'utilizzo del modello in un codice fluidodinamico tridimensionale quale CONVERGE CFD. L'implementazione é stata poi validata attraverso simulazioni su una geometria reale di un motore a combustione interna ad elevate prestazioni, confrontando i risultati ottenuti con il nuovo modello rispetto ai dati sperimentali sulla combustione.