702 resultados para Antiossidanti naturali, Polifenoli, Fucus vesiculosus


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A new Coastal Rapid Environmental Assessment (CREA) strategy has been developed and successfully applied to the Northern Adriatic Sea. CREA strategy exploits the recent advent of operational oceanography to establish a CREA system based on an operational regional forecasting system and coastal monitoring networks of opportunity. The methodology wishes to initialize a coastal high resolution model, nested within the regional forecasting system, blending the large scale parent model fields with the available coastal observations to generate the requisite field estimates. CREA modeling system consists of a high resolution, O(800m), Adriatic SHELF model (ASHELF) implemented into the Northern Adriatic basin and nested within the Adriatic Forecasting System (AFS) (Oddo et al. 2006). The observational system is composed by the coastal networks established in the framework of ADRICOSM (ADRiatic sea integrated COastal areaS and river basin Managment system) Pilot Project. An assimilation technique exerts a correction of the initial field provided by AFS on the basis of the available observations. The blending of the two data sets has been carried out through a multi-scale optimal interpolation technique developed by Mariano and Brown (1992). Two CREA weekly exercises have been conducted: the first, at the beginning of May (spring experiment); the second in middle August (summer experiment). The weeks have been chosen looking at the availability of all coastal observations in the initialization day and one week later to validate model results, verifying our predictive skills. ASHELF spin up time has been investigated too, through a dedicated experiment, in order to obtain the maximum forecast accuracy within a minimum time. Energetic evaluations show that for the Northern Adriatic Sea and for the forcing applied, a spin-up period of one week allows ASHELF to generate new circulation features enabled by the increased resolution and its total kinetic energy to establish a new dynamical balance. CREA results, evaluated by mean of standard statistics between ASHELF and coastal CTDs, show improvement deriving from the initialization technique and a good model performance in the coastal areas of the Northern Adriatic basin, characterized by a shallow and wide continental shelf subject to substantial freshwater influence from rivers. Results demonstrate the feasibility of our CREA strategy to support coastal zone management and wish an additional establishment of operational coastal monitoring activities to advance it.

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Negli ultimi anni si è sviluppata una forte sensibilità nei confronti del rischio che il dissesto idrogeologico comporta per il territorio, soprattutto in un paese come il nostro, densamente abitato e geologicamente fragile. Il rischio idrogeologico In Italia infatti è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento. A seguito del verificarsi di una serie di eventi calamitosi (Piemonte 1994, Campania 1998 e 1999, Sovereto 2000, Alpi centrali 2000 e 2002) sono state emanate leggi specifiche finalizzate all’individuazione e all’applicazione di norme, volte a prevenire e contenere i gravi effetti derivanti dai fenomeni di dissesto. Si fa riferimento in particolare, alle leggi n°267 del 3/08/1998 e 365/2000 che hanno integrato la legge 183/1989. In questo modo gli enti territoriali (Regioni, Autorità di bacino) sono stati obbligati a predisporre una adeguata cartografia con perimetrazione delle aree a differente pericolosità e rischio. Parallelamente continuano ad essere intrapresi, promossi e finanziati numerosi studi scientifici volti allo studio dei fenomeni ed alla definizione più puntuale delle condizioni di rischio, oltre alle iniziative volte alla creazione di un efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni e alla messa a punto di una pianificazione di emergenza volta a coordinare in modo efficace la risposta delle istituzioni agli eventi. In questo contesto gli studi su validi approcci metodologici per l’analisi e la valutazione del rischio possono fornire un supporto al processo decisionale delle autorità preposte alla gestione del territorio, identificando gli scenari di rischio e le possibili strategie di mitigazione, e individuando la soluzione migliore in termini di accettabilità sociale e convenienza economica. Nel presente elaborato si vuole descrivere i temi relativi alla valutazione della pericolosità, del rischio e della sua gestione, con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità dei versanti e nello specifico ai fenomeni di crollo da pareti rocciose che interessano il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il fenomeno della caduta massi infatti è comunemente diffuso in tutte le regioni di montagna e lungo le falesie costiere, ed in funzione dell’elevata velocità con cui si manifesta può costituire una costante fonte di pericolo per le vite, i beni e le attività umane in zone generalmente molto attive dal punto di vista del turismo e delle grandi vie di comunicazione. Il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano è fortemente interessato da questo problema, sia per la morfologia montuosa della provincia che per le infrastrutture che sempre più occupano zone di territorio un tempo poco urbanizzate. Al fine di pervenire ad una legittima programmazione delle attività di previsione e prevenzione, il Dipartimento dei Lavori Pubblici della Provincia, ha scelto di utilizzare una strategia che prevedesse un insieme di attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi, ed alla determinazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi. E’ nato così, con l’operatività dell’Ufficio Geologia e Prove Materiali, il supporto del Dipartimento Opere Pubbliche e della Ripartizione Protezione Civile e la collaborazione scientifica del DISTART – Università degli Studi di Bologna, Alma Mater Studiorum, il progetto VISO che riguarda i pericoli generati da frane di crollo, ribaltamento, scivolamento di porzioni di pareti rocciose e caduta massi. Il progetto ha come scopo la valutazione del pericolo, della vulnerabilità e del rischio e dell’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo la strada statale del Brennero. Il presente elaborato mostra l’iter per l’individuazione del rischio specifico che caratterizza un particolare tratto stradale, così come è stato pensato dalla Provincia Autonoma di Bolzano all’interno di una strategia di previsione e prevenzione, basata su metodi il più possibile oggettivi, ed estesa all’intera rete stradale di competenza provinciale. Si esamina l’uso di metodologie diverse per calcolare l’intensità di un fenomeno franoso che potrebbe potenzialmente svilupparsi su un versante e si osserva in che modo la presenza di opere di protezione passiva influisce sull’analisi di pericolosità. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica sui fenomeni di crollo descrivendo i fattori principali che li originano e gli interventi di protezione posti a difesa del versante. Si esaminano brevemente le tipologie di intervento, classificate in opere attive e passive, con particolare attenzione alle barriere paramassi., che si collocano tra gli interventi di difesa passivi e che stanno diventando il tipo di intervento più frequentemente utilizzato. Nel capitolo vengono descritte dal punto di vista progettuale, prendendo in esame anche la normativa di riferimento nonché le nuove linee guida per la certificazione CE delle barriere, nate negli ultimi anni per portare ad una facile comparabilità dei vari prodotti sottoposti ad impatti normalizzati, definendo con chiarezza i livelli energetici ai quali possono essere utilizzati i vari prodotti e, nel contempo, fornendo informazioni assolutamente indispensabili per la buona progettazione degli stessi. Nel capitolo successivo si prendono in esame i temi relativi alla valutazione della pericolosità e del rischio, l’iter procedurale di analisi del rischio adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano in relazione alle frane da crollo che investono le strade della rete provinciale ed in particolare viene descritto il progetto VISO (Viability Information Operating System), nato allo scopo di implementare un catasto informatizzato che raccolga indicazioni sul patrimonio delle opere di protezione contro la caduta massi e di rilevare e valutare il pericolo, la vulnerabilità, il rischio e l’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo le strade statali e provinciali. All’interno dello stesso capitolo si espone come, nell’ambito del progetto VISO e grazie alla nascita del progetto europeo Paramount ” (Improved accessibility reliability and safety of Alpine tran sport infrastructure related to mountainous hazard in a changing climate) si è provveduto, con l’aiuto di una collega del corso di laurea, a raccogliere i dati relativi all’installazione delle barriere paramassi sul territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie ad un’analisi di archivio effettuata all’interno delle diverse sedi del servizio strade della Provincia Autonoma di Bolzano, si è presa visione (laddove presenti) delle schede tecniche delle barriere collocate sul territorio, si sono integrati i dettagli costruttivi contattando le principali ditte fornitrici e si è proceduto con una classificazione delle opere, identificando alcuni modelli di “barriere-tipo che sono stati inseriti nel database PARAMOUNT, già creato per il progetto VISO. Si è proseguito associando a tali modelli le barriere provviste di documentazione fotografica rilevate in precedenza dall’istituto di Geologia della Provincia Autonoma di Bolzano e inserite in VISO e si è valutata la corrispondenza dei modelli creati, andando a verificare sul posto che le barriere presenti sul territorio ed inserite nel database (tramite modello), effettivamente coincidessero, nelle misure e per le caratteristiche geometrico-costruttive, ai modelli a cui erano state associate. Inoltre sono stati considerati i danni tipici a cui può essere soggetta una barriera paramassi durante il suo periodo di esercizio poiché tali difetti andranno ad incidere sulla valutazione dell’utilità del sistema di difesa e di conseguenza sulla valutazione della pericolosità del versante(H*). Nel terzo capitolo si è esposta una possibile integrazione, mediante il software di calcolo RocFall, della procedura di valutazione dell’analisi di pericolosità di un versante utilizzata nell’ambito del progetto VISO e già analizzata in dettaglio nel secondo capitolo. Il software RocFall utilizza un metodo lumped mass su schema bidimensionale basato su ipotesi semplificative e consente di effettuare simulazioni probabilistiche di fenomeni di caduta massi, offrendo importanti informazioni sull’energia che si sviluppa durante il crollo, sulle velocità raggiunte e sulle altezze di rimbalzo lungo tutto il versante considerato, nonché sulla distanza di arresto dei singoli massi. Si sono realizzati dei profili-tipo da associare al versante, considerando il pendio suddiviso in tre parti : parete verticale (H = 100 m) lungo la quale si sviluppa il movimento franoso; pendio di altezza H = 100 m e angolo pari ai quattro valori medi della pendenza indicati nella scheda di campagna; strada (L = 10 m). Utilizzando il software Cad si sono realizzati 16 profili associando la pendenza media del versante a 4 morfologie individuate grazie all’esperienza dell’Istituto di Geologia e Prove materiali della Provincia Autonoma di Bolzano; si è proceduto importando tali profili in RocFall dove sono state aggiunte informazioni riguardanti la massa del blocco e l’uso del suolo, ottenendo 256 profili-tipo ai quali è stata associata una sigla definita come segue : morfologia (1, 2, 3, 4) _ pendenza (37, 53, 67, 83 gradi) _ uso del suolo (A, B, C, D) _ massa (a,b,c,d). Fissando i parametri corrispondenti al peso del masso ( inserito al solo scopo di calcolare la velocità rotazionale e l’energia cinetica ) e considerando, per ogni simulazione, un numero di traiettorie possibili pari a 1000, avendo osservato che all’aumentare di tale numero (purchè sufficientemente elevato) non si riscontrano variazioni sostanziali nei risultati dell’analisi, si è valutato come i parametri uso del suolo (A;B;C;D), morfologia (1;2;3;4) e pendenza (37°;53°;67°;83°) incidano sulla variazione di energia cinetica, di altezza di rimbalzo e sulla percentuale di massi che raggiunge la strada, scegliendo come punto di riferimento il punto di intersezione tra il pendio e la strada. Al fine di realizzare un confronto tra un profilo reale e un profilo-tipo, sono stati utilizzati 4 profili posti su un versante situato nel Comune di Laives, noto per le frequenti cadute di massi che hanno raggiunto in molti casi la strada. Tali profili sono stati visionati in sede di sopralluogo dove si è provveduto alla compilazione delle schede di campagna (impiegate per valutare l’intensità del fenomeno che potenzialmente si sviluppa dal versante) e all’individuazione dei profili-tipo corrispondenti. Sono state effettuate analisi di simulazione per entrambe le tipologie di profilo, e sono stati confrontati i risultati ottenuti in termini di Energia cinetica; altezza di rimbalzo e percentuale dei blocchi in corrispondenza della strada. I profili reali sono stati importati in RocFal in seguito ad estrapolazione dal modello digitale del terreno (ottenuto da analisi con Laser Scanner) utilizzando l’ estensione Easy Profiler nel software Arcmap. Infine si è valutata la possibilità di collocare eventuali barriere paramassi su un profilo reale, si è proceduto effettuando una analisi di simulazione di caduta massi in RocFall, importando in excel i valori corrispondenti all’andamento dei massimi dell’Energia cinetica e dell’altezza di rimbalzo lungo il pendio che forniscono una buona indicazione circa l´idonea ubicazione delle opere di protezione.

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La ricerca ha mirato a ricostruire storicamente quali furono le motivazioni che, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, portarono gli amministratori della Cassa Risparmio in Bologna a progettare la creazione di un Museo d’arte e di Storia della città, delineandone quelli che furono i principali responsabili e protagonisti. Dall’analisi dei documenti conservati presso l’Archivio della Cassa di Risparmio è emerso uno studio approfondito dei protagonisti della politica artistica e culturale dell’Istituto, oltre che dei legami e delle relazioni intessute con le principali istituzioni cittadine. Lo studio si è progressivamente focalizzato su un particolare momento della storia di Bologna, quando, in seguito all’approvazione del Piano Regolatore del 1889, la città fu per oltre un trentennio sottoposta a radicali trasformazioni urbanistiche che ne cambiarono completamente l’aspetto. Tra i personaggi finora ignoti di questa storia è emerso il nome dell’ingegnere Giambattista Comelli, consigliere e vice segretario della banca alla fine del XIX secolo, che per primo, nel 1896, avanzò la proposta di creare un museo dell’Istituto. A differenza di quanto ritenuto sino ad oggi, questo avrebbe dovuto avere, nelle intenzioni originarie, esclusivamente funzione di riunire e mostrare oggetti e documenti inerenti la nascita e lo sviluppo della Cassa di Risparmio. Un museo, dunque, che ne celebrasse l’attività, mostrando alla città come la banca avesse saputo rispondere prontamente e efficacemente, anche nei momenti più critici, alle esigenze dei bolognesi. Personaggio oggi dimenticato, Comelli fu in realtà figura piuttosto nota in ambito cittadino, inserita nei principali sodalizi culturali dell’epoca, tra cui la Regia Deputazione di Storia Patria e il Comitato per Bologna Storico Artistica, assieme a quei Rubbiani, Cavazza e Zucchini, che tanta influenza ebbero, come vedremo in seguito, sugli orientamenti Si dovettero tuttavia aspettare almeno due decenni, affinché l’idea originaria di fondare un Museo della Cassa di Risparmio si evolvesse in un senso più complesso e programmatico. Le ricerche hanno infatti evidenziato che le Raccolte d’Arte della Cassa di Risparmio non avrebbero acquistato l’importanza e la consistenza che oggi ci è dato constatare senza l’intervento decisivo di un personaggio noto fino ad oggi soltanto per i suoi indubbi meriti artistici: Alfredo Baruffi. Impiegato come ragioniere della Cassa fin dai diciotto anni, il Baruffi divenne, una volta pensionato, il “conservatore” delle Collezioni della Cassa di Risparmio. Fu lui a imprimere un nuovo corso all’originaria idea di Comelli, investendo tutte le proprie energie nella raccolta di dipinti, disegni, incisioni, libri, incunaboli, autografi, fotografie e oggetti d’uso quotidiano, col proposito di creare un museo che raccontasse la storia di Bologna e delle sue ultime grandi trasformazioni urbanistiche. Attraverso l’attenta analisi dei documenti cartacei e il raffronto con le opere in collezione è stato quindi possibile ricostruire passo dopo passo la nascita di un progetto culturale di ampia portata. La formazione della raccolta fu fortemente influenzata dalle teorie neomedievaliste di Alfonso Rubbiani, oltre che dalla volontà di salvaguardare, almeno a livello documentario, la memoria storica della Bologna medievale che in quegli anni stava per essere irrimediabilmente cancellata. Le scelte che orientarono la raccolta dei materiali, recentemente confluiti per la maggior parte nelle Collezioni della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, acquistano, con questo studio una nuova valenza grazie alla scoperta degli stretti rapporti che Baruffi intrattenne coi principali rappresentanti della cerchia rubbianesca, tra cui Francesco Cavazza, Guido Zucchini e Albano Sorbelli. Con essi Baruffi partecipò infatti a numerosi sodalizi e iniziative quali il Comitato per Bologna Storico Artistica, la “Mostra Bologna che fu” e la società Francesco Francia, che segnarono profondamente l’ambiente culturale cittadino. La portata e la qualità delle scelte condotte da Baruffi nell’acquisto e raccolta dei materiali si rivela ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, attenta e mirata per il ruolo documentario che le Raccolte avevano e hanno assunto quali preziose e spesso uniche testimonianze del recente passato cittadino. Esaminata tutta la documentazione inerente la nascita delle Raccolte, la ricerca si è ha successivamente concentrata sulla vicenda di acquisto del fondo delle incisioni carraccesche della collezione Casati. La prima parte del lavoro è consistita nel repertoriare e trascrivere tutti i documenti relativi alla transazione d’acquisto, avvenuta nel 1937, vicenda che per la sua complessità impegnò per molti mesi, in un fitto carteggio, Baruffi, la direzione della Cassa e l’antiquario milanese Cesare Fasella. Il raffronto tra documenti d’archivio, inventari e materiale grafico ha permesso di ricostituire, seppur con qualche margine di incertezza, l’intera collezione Casati, individuando quasi 700 incisioni e 22 dei 23 disegni che la componevano. L’ultima fase di studio ha visto l’inventariazione e la catalogazione delle 700 incisioni. Il catalogo è stato suddiviso per autori, partendo dalle incisioni attribuite con certezza ad Agostino e ai suoi copisti, per poi passare ad Annibale e a Ludovico e ai loro copisti. Le incisioni studiate si sono rivelate tutte di grande qualità. Alcuni esemplari sono inoltre particolarmente significativi dal punto di vista storico-critico, perché mai citati nei tre principali e più recenti repertori di stampe carraccesche. Lo studio si conclude con l’individuazione di una stretta correlazione tra il pensiero e della pratica operatività in qualità di archivista, museografo e opinionista, di un altrettanto decisivo protagonista della ricerca, lo storico dell’arte Corrado Ricci, la cui influenza esercitata nell’ambiente culturale bolognese di quegli anni è già sottolineata nel primo capitolo. La conclusione approfondisce i possibili raporti e legami tra Baruffi e Corrado Ricci i cui interventi attorno alla questione della tutela e della salvaguardia del patrimonio storico, artistico, e paesaggistico italiano furono fondamentali per la nascita di una coscienza artistica e ambientale comune e per il conseguente sviluppo di leggi ad hoc. Numerose furono infatti le occasioni d’incontro tra Baruffi e Ricci. Qesti fu socio onorario del Comitato per Bologna Storico Artistica, nonché, quando era già Direttore Generale delle Belle Arti, presidente della storica mostra “Bologna che fu”. Sia Ricci che Baruffi fecero inoltre parte di quelle iniziative volte alla difesa e alla valorizzazione del paesaggio naturale, inteso anche in un ottica di promozione turistica, che videro la nascita proprio in Emilia Romagna: nel 1889 nasce l’Associazione Pro Montibus et silvis, del 1906 è l’Associazione nazionale per i paesaggi e monumenti pittoreschi, del 1912 è la Lega Nazionale per la protezione dei monumenti naturali. Queste iniziative si concretizzarono con la fondazione a Milano nel 1913 del Comitato Nazionale per la difesa del paesaggio e i monumenti italici, costituitosi presso la sede del Touring Club Italiano. Quelle occasioni d’incontro, come pure gli scritti di Ricci, trovarono certamente un terreno fertile in Baruffi conservatore, che nella formazione delle Collezioni, come pure nelle sua attività di “promotore culturale”, ci appare oggi guidato dalle teorie e dall’esempio pratico dei due numi tutelari: Alfonso Rubbiani e Corrado Ricci. La ricerca di documentazione all’interno di archivi e biblioteche cittadine, ha infine rivelato che il ruolo svolto da Baruffi come “operatore culturale” non fu quello di semplice sodale, ma di vero protagonista della scena bolognese. Soprattutto a partire dal secondo decennio del Novecento, quando fors’anche a seguito della morte del “maestro” Rubbiani, egli divenne uno tra i personaggi più impegnati in iniziative di tutela e promozione del patrimonio artistico cittadino, antico e moderno che fosse, intese a condizionare la progettualità politica e culturale della città. In tale contesto si può ben arguire il ruolo che avrebbero assunto le Collezioni storico artistiche numismatiche, popolaresche, della Cassa di Risparmio, cui Baruffi dedicò tutta la sua carriera successiva.

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Fog oases, locally named Lomas, are distributed in a fragmented way along the western coast of Chile and Peru (South America) between ~6°S and 30°S following an altitudinal gradient determined by a fog layer. This fragmentation has been attributed to the hyper aridity of the desert. However, periodically climatic events influence the ‘normal seasonality’ of this ecosystem through a higher than average water input that triggers plant responses (e.g. primary productivity and phenology). The impact of the climatic oscillation may vary according to the season (wet/dry). This thesis evaluates the potential effect of climate oscillations, such as El Niño Southern Oscillation (ENSO), through the analysis of vegetation of this ecosystem following different approaches: Chapters two and three show the analysis of fog oasis along the Peruvian and Chilean deserts. The objectives are: 1) to explain the floristic connection of fog oases analysing their taxa composition differences and the phylogenetic affinities among them, 2) to explore the climate variables related to ENSO which likely affect fog production, and the responses of Lomas vegetation (composition, productivity, distribution) to climate patterns during ENSO events. Chapters four and five describe a fog-oasis in southern Peru during the 2008-2010 period. The objectives are: 3) to describe and create a new vegetation map of the Lomas vegetation using remote sensing analysis supported by field survey data, and 4) to identify the vegetation change during the dry season. The first part of our results show that: 1) there are three significantly different groups of Lomas (Northern Peru, Southern Peru, and Chile) with a significant phylogenetic divergence among them. The species composition reveals a latitudinal gradient of plant assemblages. The species origin, growth-forms typologies, and geographic position also reinforce the differences among groups. 2) Contradictory results have emerged from studies of low-cloud anomalies and the fog-collection during El Niño (EN). EN increases water availability in fog oases when fog should be less frequent due to the reduction of low-clouds amount and stratocumulus. Because a minor role of fog during EN is expected, it is likely that measurements of fog-water collection during EN are considering drizzle and fog at the same time. Although recent studies on fog oases have shown some relationship with the ENSO, responses of vegetation have been largely based on descriptive data, the absence of large temporal records limit the establishment of a direct relationship with climatic oscillations. The second part of the results show that: 3) five different classes of different spectral values correspond to the main land cover of Lomas using a Vegetation Index (VI). The study case is characterised by shrubs and trees with variable cover (dense, semi-dense and open). A secondary area is covered by small shrubs where the dominant tree species is not present. The cacti area and the old terraces with open vegetation were not identified with the VI. Agriculture is present in the area. Finally, 4) contrary to the dry season of 2008 and 2009 years, a higher VI was obtained during the dry season of 2010. The VI increased up to three times their average value, showing a clear spectral signal change, which coincided with the ENSO event of that period.

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Satellite remote sensing has proved to be an effective support in timely detection and monitoring of marine oil pollution, mainly due to illegal ship discharges. In this context, we have developed a new methodology and technique for optical oil spill detection, which make use of MODIS L2 and MERIS L1B satellite top of atmosphere (TOA) reflectance imagery, for the first time in a highly automated way. The main idea was combining wide swaths and short revisit times of optical sensors with SAR observations, generally used in oil spill monitoring. This arises from the necessity to overcome the SAR reduced coverage and long revisit time of the monitoring area. This can be done now, given the MODIS and MERIS higher spatial resolution with respect to older sensors (250-300 m vs. 1 km), which consents the identification of smaller spills deriving from illicit discharge at sea. The procedure to obtain identifiable spills in optical reflectance images involves removal of oceanic and atmospheric natural variability, in order to enhance oil-water contrast; image clustering, which purpose is to segment the oil spill eventually presents in the image; finally, the application of a set of criteria for the elimination of those features which look like spills (look-alikes). The final result is a classification of oil spill candidate regions by means of a score based on the above criteria.

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In this dissertation the pyrolytic conversion of biomass into chemicals and fuels was investigated from the analytical point of view. The study was focused on the liquid (bio-oil) and solid (char) fractions obtainable from biomass pyrolysis. The drawbacks of Py-GC-MS described so far were partially solved by coupling different analytical configurations (Py-GC-MS, Py-GC-MIP-AED and off-line Py-SPE and Py-SPME-GC-MS with derivatization procedures). The application of different techniques allowed a satisfactory comparative analysis of pyrolysis products of different biomass and a high throughput screening on effect of 33 catalysts on biomass pyrolysis. As the results of the screening showed, the most interesting catalysts were those containing copper (able to reduce the high molecular weight fraction of bio-oil without large yield decrease) and H-ZSM-5 (able to entirely convert the bio-oil into “gasoline like” aromatic products). In order to establish the noxious compounds content of the liquid product, a clean-up step was included in the Py-SPE procedure. This allowed to investigate pollutants (PAHs) generation from pyrolysis and catalytic pyrolysis of biomass. In fact, bio-oil from non-catalytic pyrolysis of biomass showed a moderate PAHs content, while the use of H-ZSM-5 catalyst for bio-oil up-grading determined an astonishing high production of PAHs (if compared to what observed in alkanes cracking), indicating an important concern in the substitution fossil fuel with bio-oil derived from biomass. Moreover, the analytical procedures developed in this thesis were directly applied for the detailed study of the most useful process scheme and up-grading route to chemical intermediates (anhydrosugars), transportation fuels or commodity chemicals (aromatic hydrocarbons). In the applied study, poplar and microalgae biomass were investigated and overall GHGs balance of pyrolysis of agricultural residues in Ravenna province was performed. A special attention was put on the comparison of the effect of bio-char different use (fuel or as soil conditioner) on the soil health and GHGs emissions.

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Pharmaceutical residues contaminate aquatic ecosystems as a result of their widespread human and veterinary usage. Since continuously released and not efficiently removed, certain pharmaceuticals exhibit pseudo-persistence thus generating concerns for the health of aquatic wildlife. This work aimed at assessing on mussels Mytilus galloprovincialis, under laboratory conditions, the effects of three pharmaceuticals, carbamazepine (antiepileptic), propranolol (β-blocker) and oxytetracycline (antibiotic), to evaluate if the human-based mode of action of these molecules is conserved in invertebrates. Furthermore, in the framework of the European MEECE Programme, mussels were exposed to oxytetracycline and copper at increasing temperatures, simulating variations due to climate changes. The effects of these compounds were assessed evaluating a battery of biomarkers, the expression of HSP70 proteins and changes in cAMP-related parameters. A decrease in lysosomal membrane stability, induction of oxidative stress, alterations of cAMP-dependent pathway and the induction of defense mechanisms were observed indicating the development of a stress syndrome, and a worsening in mussels health status. Data obtained in MEECE Programme confirmed that the toxicity of substances can be enhanced following changes in temperature. The alterations observed were obtained after exposure to pharmaceuticals at concentrations sometimes lower than those detected in the aquatic environment. Hence, further research is advisable regarding subtle effects of pharmaceuticals on non-target organisms. Furthermore, results obtained during a research stay in the laboratories of Cádiz University (Spain) are presented. The project aimed at measuring possible effects of polluted sediments in Algeciras Bay (Spain) and in Cádiz Bay, by assessing different physiological parameters in caged crabs Carcinus maenas and clams Ruditapes decussatus exposed in situ for 28 days. The neutral red retention assay was adapted to these species and proved to be a sensitive screening tool for the assessment of sediment quality.

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Negli ultimi anni si è assistito ad una radicale rivoluzione nell’ambito dei dispositivi di interazione uomo-macchina. Da dispositivi tradizionali come il mouse o la tastiera si è passati allo sviluppo di nuovi sistemi capaci di riconoscere i movimenti compiuti dall’utente (interfacce basate sulla visione o sull’uso di accelerometri) o rilevare il contatto (interfacce di tipo touch). Questi sistemi sono nati con lo scopo di fornire maggiore naturalezza alla comunicazione uomo-macchina. Le nuove interfacce sono molto più espressive di quelle tradizionali poiché sfruttano le capacità di comunicazione naturali degli utenti, su tutte il linguaggio gestuale. Essere in grado di riconoscere gli esseri umani, in termini delle azioni che stanno svolgendo o delle posture che stanno assumendo, apre le porte a una serie vastissima di interessanti applicazioni. Ad oggi sistemi di riconoscimento delle parti del corpo umano e dei gesti sono ampiamente utilizzati in diversi ambiti, come l’interpretazione del linguaggio dei segni, in robotica per l’assistenza sociale, per indica- re direzioni attraverso il puntamento, nel riconoscimento di gesti facciali [1], interfacce naturali per computer (valida alternativa a mouse e tastiera), ampliare e rendere unica l’esperienza dei videogiochi (ad esempio Microsoft 1 Introduzione Kinect© e Nintendo Wii©), nell’affective computing1 . Mostre pubbliche e musei non fanno eccezione, assumendo un ruolo cen- trale nel coadiuvare una tecnologia prettamente volta all’intrattenimento con la cultura (e l’istruzione). In questo scenario, un sistema HCI deve cercare di coinvolgere un pubblico molto eterogeneo, composto, anche, da chi non ha a che fare ogni giorno con interfacce di questo tipo (o semplicemente con un computer), ma curioso e desideroso di beneficiare del sistema. Inoltre, si deve tenere conto che un ambiente museale presenta dei requisiti e alcune caratteristiche distintive che non possono essere ignorati. La tecnologia immersa in un contesto tale deve rispettare determinati vincoli, come: - non può essere invasiva; - deve essere coinvolgente, senza mettere in secondo piano gli artefatti; - deve essere flessibile; - richiedere il minor uso (o meglio, la totale assenza) di dispositivi hardware. In questa tesi, considerando le premesse sopracitate, si presenta una sistema che può essere utilizzato efficacemente in un contesto museale, o in un ambiente che richieda soluzioni non invasive. Il metodo proposto, utilizzando solo una webcam e nessun altro dispositivo personalizzato o specifico, permette di implementare i servizi di: (a) rilevamento e (b) monitoraggio dei visitatori, (c) riconoscimento delle azioni.

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The main goal of the present thesis was to study some harmful algal species which cause blooms in Italian coastal waters, leading to consequences for human health, coastal ecosystem, fishery and tourism. In particular, in the first part of this thesis the toxicity of Adriatic strains of the raphidophyte Fibrocapsa japonica was investigated. Despite several hypotheses have been proposed for the toxic mechanism of the raphidophytes, especially for the species Chattonella antiqua and C. marina, which have been studied more extensively, just a few studies on the toxic effects of these species for different organisms were reported. Moreover, a careful reading of the literature evidenced as any ichthyotoxic events reported worldwide can be linked to F. japonica blooms. Although recently several studies were performed on F. japonica strains from the USA, Japan, Australia, New Zealand, the Netherlands, Germany, and France in order to characterize their growth and toxicity features, the work reported in this thesis results one of the first investigation on the toxic effects of F. japonica for different organisms, such as bacteria, crustaceans and fish. Mortality effects, together with haemolysis of fish erythrocytes, probably due to the relatively high amount of PUFAs produced by this species, were observed. Mortality for fish, however, was reported only at a high cell density and after a long exposition period (9-10 days); moreover a significant increase of H2O2 obtained in the tanks where sea basses were exposed to F. japonica was also relevant. This result may justify the absence of ichthyotoxic events in the Italian coasts, despite F. japonica blooms detected in these areas were characterized by high cell densities. This work reports also a first complete characterization of the fatty acids produced and extracellularly released by the Adriatic F. japonica, and results were also compared with the fatty acid profile of other strains. The absence of known brevetoxins in F. japonica algal extracts was also highlighted, leading to the hypothesis that the toxicity of F. japonica may be due to a synergic effect of PUFAs and ROS. Another microalgae that was studied in this thesis is the benthic dinoflagellate Ostreopsis cf. ovata. This species was investigated with the aim to investigate the effect of environmental parameters on its growth and toxicity. O. cf. ovata, in fact, shows different blooming periods along the Italian coasts and even the reported toxic effects are variable. The results of this work confirmed the high variability in the growth dynamic and toxin content of several Italian strains which were isolated in recent years along the Adriatic and Tyrrhenian Seas. Moreover, the effects of temperature and salinity on the behaviour of the different isolates are in good agreement with the results obtained from field surveys, which evidence as the environmental parameters are important factors modulating O. cf. ovata proliferation. Another relevant result that was highlighted is the anomaly in the production of palytoxin-like compounds reported by one of the studied isolate, in particular the one isolated in 2008 in Ancona (Adriatic Sea). Only this strain reported the absence of two (ovatoxin-b and –c) of the five ovatoxins so far known in the toxin profile and a different relative abundance of the other toxins. The last aspect that was studied in this thesis regards the toxin biosythesis. In fact, toxins produced (palytoxin-like compounds) or supposed to be produced (brevetoxin-like compounds) by O. cf. ovata and F. japonica, respectively, are polyketides, which are highly oxygenated compounds synthesized by complex enzymes known as polyketide synthase (PKS) enzymes. These enzymes are multi-domain complexes that structurally and functionally resemble the fatty acid synthases (FASs). This work reports the first study of PKS proteins in the dinoflagellates O. cf. ovata, C. monotis and in the raphidophyte F. japonica. For the first time some PKSs were identified in these species, confirming the presence of PKS proteins predicted by the in silico translation of the transcripts found in K. brevis also in other species. The identification of O. cf. ovata PKSs and the localization of the palytoxin-like compounds produced by this dinoflagellate in a similar location (chloroplast) as that observed for other dinoflagellate and cyanobacterial toxins provides some indication that these proteins may be involved in polyketide biosynthesis. However, their potential function as fatty acid synthases cannot be ruled out, as plant fatty acid synthesis also occurs within chloroplasts. This last hypothesis is also supported by the fact that in all the investigated species, and in particular in F. japonica, PKS proteins were present. Therefore, these results provide an important contribution to the study of the polyketides and of the involvement of PKS proteins in the toxin biosynthesis.

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Several coralligenous reefs occur in the soft bottoms of the northern Adriatic continental shelf. Mediterranean coralligenous habitats are characterised by high species diversity and are intrinsically valuable for their biological diversity and for the ecological processes they support. The conservation and management of these habitats require quantifying spatial and temporal variability of their benthic assemblages. This PhD thesis aims to give a relevant contribution to the knowledge of the structure and dynamics of the epibenthic assemblages on the coralligenous subtidal reefs occurring in the northern Adriatic Sea. The epibenthic assemblages showed a spatial variation larger compared to temporal changes, with a temporal persistence of reef-forming organisms. Assemblages spatial heterogeneity has been related to morphological features and geographical location of the reefs, together with variation in the hydrological conditions. Manipulative experiments help to understand the ecological processes structuring the benthic assemblages and maintaining their diversity. In this regards a short and long term experiment on colonization patterns of artificial substrata over a 3-year period has been performed in three reefs, corresponding to the three main types of assemblages detected in the previous study. The first colonisers, largely depending by the different larval supply, played a key role in determining the heterogeneity of the assemblages in the early stage of colonisation. Lateral invasion, from the surrounding assemblages, was the driver in structuring the mature assemblages. These complex colonisation dynamics explained the high heterogeneity of the assemblages dwelling on the northern Adriatic biogenic reefs. The buildup of these coralligenous reefs mainly depends by the bioconstruction-erosion processes that has been analysed through a field experiment. Bioconstruction, largely due to serpulid polychaetes, prevailed on erosion processes and occurred at similar rates in all sites. Similarly, the total energy contents in the benthic communities do not differ among sites, despite being provided by different species. Therefore, we can hypothesise that both bioconstruction processes and energetic storage may be limited by the availability of resources. Finally the major contribution of the zoobenthos compared to the phytobenthos to the total energetic content of assemblages suggests that the energy flow in these benthic habitats is primarily supported by planktonic food web trough the filter feeding invertebrates.

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The general objective of this research is to explore theories and methodologies of sustainability indicators, environmental management and decision making disciplines with the operational purpose of producing scientific, robust and relevant information for supporting system understanding and decision making in real case studies. Several tools have been applied in order to increase the understanding of socio-ecological systems as well as providing relevant information on the choice between alternatives. These tools have always been applied having in mind the complexity of the issues and the uncertainty tied to the partial knowledge of the systems under study. Two case studies with specific application to performances measurement (environmental performances in the case of the K8 approach and sustainable development performances in the case of the EU Sustainable Development Strategy) and a case study about the selection of sustainable development indicators amongst Municipalities in Scotland, are discussed in the first part of the work. In the second part of the work, the common denominator among subjects consists in the application of spatial indices and indicators to address operational problems in land use management within the territory of the Ravenna province (Italy). The main conclusion of the thesis is that a ‘perfect’ methodological approach which always produces the best results in assessing sustainability performances does not exist. Rather, there is a pool of correct approaches answering different evaluation questions, to be used when methodologies fit the purpose of the analysis. For this reason, methodological limits and conceptual assumptions as well as consistency and transparency of the assessment, become the key factors for assessing the quality of the analysis.

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I combustibili fossili forniscono oltre il 75% dell’energia mondiale. La crescente richiesta di energie non rinnovabili registrata nel XX secolo ne ha causato il progressivo esaurimento, nonché un aumento continuo del prezzo e dell’impatto ambientale, dato il significativo aumento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Questi sono i principali motivi che hanno indotto la ricerca ad orientarsi verso lo studio di fonti di energie e prodotti chimici rinnovabili per ridurre il surriscaldamento del globo. L’interesse per tale sfruttamento è particolarmente vivo, in quanto le molecole ottenute risultano già funzionalizzate e questo può portare alla sintesi di prodotti chimici attraverso un limitato numero di stadi, con conseguente riduzione di sottoprodotti. Dalle biomasse si ottengono prodotti con un elevato valore aggiunto, in quanto risultano biodegradabili, biocompatibili e appetibili sul mercato come biologici e naturali, ottenuti a monte da processi catalitici di lavorazione più semplici. Tra le varie molecole di base ottenibili dalle biomasse va annoverato il 5-idrossimetilfurfurale (HMF), un importante composto derivato dalla disidratazione degli zuccheri e dal quale, attraverso un’ossidazione selettiva, si può ottenere l’acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), che può essere considerato un sostituto dell’acido tereftalico per la produzione del polietilentereftalato (PET). L’ossidazione selettiva avviene principalmente mediante catalisi eterogenea, utilizzando catalizzatori a base di oro. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato, quindi, lo studio di reattività e stabilità di catalizzatori utilizzati nella reazione di ossidazione dell’HMF a FDCA. Nella prima parte del lavoro sono stati preparati tali catalizzatori mediante sintesi di sospensioni metalliche nanoparticellari Au-Cu a diverso rapporto molare e loro successiva impregnazione su ossidi di supporto quali CeO2 e TiO2. I sistemi così ottenuti sono poi stati calcinati in aria statica a tre diverse temperature: 200°C, 300°C e 400°C. Il lavoro portato avanti ha avuto come obiettivi principali: • caratterizzazione dei catalizzatori ottenuti tramite analisi BET, XRD, TEM, TPR e analisi termiche TGA/DSC, al fine di effettuare un confronto tra le varie caratterizzazioni in funzione del contenuto di Cu in fase attiva ed in funzione dell’entità del trattamento termico. • studio dell’attività catalitica e stabilità dei catalizzatori preparati nell’ossidazione selettiva in fase liquida del 5-drossimetilfurfurale ad acido 2,5-furandicarbossilico.