697 resultados para Théoréme de densité de Chebotarev
Resumo:
Attualmente Usme, caratterizzata come visto da un territorio principalmente a bassa densità, è ancora fortemente relazionata con la campagna perché costituita dall’insieme di aree agricole, o di quelli che una volta erano spazi coltivati più prossimi alla città compatta. Questo tipo di paesaggio rurale che caratterizza Usme è caratterizzato come già visto da un tessuto sfrangiato e discretizzato e rappresenta la porzione di territorio dove la città esercita l’impatto ambientale più intenso dovuto sia alla sua immediata vicinanza al contesto urbano che al carattere di scarsa identità che sembra esprimere. Qualunque intervento architettonico in un territorio di margine come quello di Usme dovrebbe confrontarsi con un sistema di relazioni a grande scala, che si rapporti con la geografia stessa del luoghi e con un orientamento e una misurazione visiva e fisica del territorio stesso. Allo stesso modo è necessario che il progetto comprenda anche il suolo stesso delle grande aree attualmente lasciate libere, ovvero che il progetto architettonico si integri con il progetto paesaggistico creando in questo modo nuove relazioni e nuove geometrie nell’assetto territoriale. In questo senso il progetto può dialogare con il territorio e mettere in relazione differenti situazioni morfologiche, sfruttandone le potenzialità. L’obiettivo è quindi quello di non costruire semplici volumi appoggiati sulla terra ma quello di modificare la terra stessa, entrando in relazione con essa in modo profondo. Il progetto così inteso è concepito, e prima ancora letto, secondo strati, i quali possono contaminarsi o possono semplicemente sovrapporsi. L’area di progetto, come già detto, è essenzialmente all’interno di un vuoto presente tra le due parti di città. Il nuovo edificio si conforma come un segno netto nel territorio, un viadotto, un tronco d’albero caduto che protegge il parco dalla città, un elemento primordiale che da una parte si incunea nel terreno e dall’altra si affaccia sulla valle. Vuole essere il segno di un naturale artificio, proponendosi al tempo stesso come simbolo e funzione. Il museo emerge dalla terra, ma sembra anche immergersi in essa. L’architettura del museo crea un nuovo paesaggio morfologicamente radicato al suolo, attraverso uno spazio parzialmente ipogeo che integra il museo all’interno della montagna attraverso la copertura continua con la topografia esistente, sottolineando il profilo della collina.
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E' stato considerato un High-Dislocation Density Light Emitting Diode (HDD LED)ed è stato analizzato l'andamento di corrente a varie temperature. Dai risultati ottenuti è stato possibile ricavare il coefficiente di Poole-Frenkel, e da esso risalire alla densità di dislocazioni del dispositivo.
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Il contesto nazionale è cambiato recentemente per l’introduzione del nuovo Sistema Geodetico coincidente con quello Europeo (ETRS89, frame ETRF00) e realizzato dalle stazioni della Rete Dinamica Nazionale. Sistema geodetico, associato al cartografico UTM_ETRF00, divenuto per decreto obbligatorio nelle Pubbliche Amministrazioni. Questo cambiamento ha consentito di ottenere rilevamenti dei dati cartografici in coordinate assolute ETRF00 molto più accurate. Quando i dati così rilevati vengono utilizzati per aggiornamenti cartografici perdono le coordinate originarie e vengono adattati a particolari cartografici circostanti. Per progettare una modernizzazione delle mappe catastali e delle carte tecniche finalizzata a consentire l’introduzione degli aggiornamenti senza modificarne le coordinate assolute originarie, lo studio è iniziato valutando come utilizzare sviluppi di strutturazione dei dati topografici presenti nel Database Geotopografico, modellizzazioni 3D di fabbricati nelle esperienze catastali INSPIRE, integrazioni in ambito MUDE tra progetti edilizi e loro realizzazioni. Lo studio è proseguito valutando i servizi di posizionamento in tempo reale NRTK presenti in Italia. Inoltre sono state effettuate sperimentazioni per verificare anche in sede locale la precisione e l’affidabilità dei servizi di posizionamento presenti. La criticità della cartografia catastale deriva sostanzialmente dal due fatti: che originariamente fu inquadrata in 850 Sistemi e successivamente fu trasformata in Roma40 con una esigua densità di punti rimisurati; che fino al 1988 fu aggiornata con modalità non rigorose di bassa qualità. Per risolvere tali criticità si è quindi ipotizzato di sfruttare le modalità di rilevamento NRTK per aumentare localmente la densità dei punti rimisurati e reinquadrare le mappe catastali. Il test, realizzato a Bologna, ha comportato un’analisi preliminare per individuare quali Punti Fiduciali considerare coerenti con le specifiche cartografiche per poi utilizzarli e aumentare localmente la densità dei punti rimisurati. La sperimentazione ha consentito la realizzazione del progetto e di inserire quindi i prossimi aggiornamenti senza modificarne le coordinate ETRF00 ottenute dal servizio di posizionamento.
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L'epilessia frontale notturna (EFN) è caratterizzata da crisi motorie che insorgono durante il sonno. Scopo del progetto è studiare le cause fisiopatologiche e morfo-funzionali che sottendono ai fenomeni motori nei pazienti con EFN e identificare alterazioni strutturali e/o metaboliche mediante tecniche avanzate di Risonanza Magnetica (RM). Abbiamo raccolto una casistica di pazienti con EFN afferenti al Centro Epilessia e dei Disturbi del Sonno del Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Bologna. Ad ogni paziente è stato associato un controllo sano di età (± 5 anni) e sesso corrispondente. Tutti sono stati studiati mediante tecniche avanzate di RM comprendenti Spettroscopia del protone (1H-MRS), Tensore di diffusione ed imaging 3D ad alta risoluzione per analisi morfometriche. In particolare, la 1H-MRS è stata effettuata su due volumi di interesse localizzati nei talami e nel giro del cingolo anteriore. Sono stati inclusi nell’analisi finale 19 pazienti (7 M), età media 34 anni (range 19-50) e 14 controlli (6 M) età media 30 anni (range 19-40). A livello del cingolo anteriore il rapporto della concentrazione di N-Acetil-Aspartato rispetto alla Creatina (NAA/Cr) è risultato significativamente ridotto nei pazienti rispetto ai controlli (p=0,021). Relativamente all’analisi di correlazione, l'analisi tramite modelli di regressione multipla ha evidenziato che il rapporto NAA/Cr nel cingolo anteriore nei pazienti correlava con la frequenza delle crisi (p=0,048), essendo minore nei pazienti con crisi plurisettimanali/plurigiornaliere. Per interpretare il dato ottenuto è possibile solo fare delle ipotesi. L’NAA è un marker di integrità, densità e funzionalità neuronale. E’ possibile che alla base della EFN ci siano alterazioni metaboliche tessutali in precise strutture come il giro del cingolo anteriore. Questo apre nuove possibilità sull’utilizzo di strumenti di indagine basati sull’analisi di biosegnali, per caratterizzare aree coinvolte nella genesi della EFN ancora largamente sconosciute e chiarire ulteriormente l’eziologia di questo tipo di epilessia.
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Questa tesi si propone di investigare l'origine di effetti non gaussiani nella distribuzione del segnale del rivelatore Time of Flight (TOF) dell'esperimento A Large Ion Collider Experiment (ALICE). Con la presa dati iniziata nel 2009 si è infatti osservata un'asimmetria nel segnale la cui origine è ancora oggetto di studio. L'analisi svolta mostra come essa sia dovuta a motivi strumentali piuttosto che fenomenologici e permette quindi di correggere in parte questa anomalia migliorando la risoluzione del rivelatore. ALICE è uno dei quattro esperimenti allestiti lungo l'anello del LHC e ha come obiettivo principale verificare l'esistenza di prove sperimentali che confermino l'esistenza di un nuovo stadio della materia, il cosiddetto Quark Gluon Plasma (QGP). Secondo la Cromodinamica Quantistica (QCD), la teoria che descrive l'interazione forte, caratteristica fondamentale di quark e gluoni è il loro confinamento all'interno di adroni. Studi recenti nell'ambito della QCD non-perturbativa hanno tuttavia dimostrato che in condizioni estreme di densità di materia adronica e temperatura sarebbe possibile un'inversione di tendenza nell'andamento della costante di accoppiamento forte. Le condizioni necessarie alla formazione del QGP sono ben riproducibili nelle collisioni ad energie ultrarelativistiche tra ioni pesanti, come quelle che sono state prodotte a LHC negli ultimi due anni, fra ioni di piombo con energie del centro di massa pari a 2.76 TeV per coppia di nucleoni. L'esperimento ALICE si propone di studiarne i prodotti e poiché la molteplicità di particelle che si generano nell'urto e considerevole, e necessario un sistema di rivelazione che permetta l'identificazione di particelle cariche su un grande angolo solido e in un ampio intervallo di impulsi. Il TOF, utilizzando un particolare rivelatore a gas detto Multigap Resistive Plate Chamber (MRPC), svolge brillantemente questo compito permettendo di raggiungere una risoluzione temporale inferiore ai 100 ps.
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Obiettivo del lavoro è migliorare la lettura della ruralità europea. A fronte delle profonde trasformazioni avvenute, oggi non è più possibile analizzare i territori rurali adottando un mero approccio dicotomico che semplicemente li distingua dalle città. Al contrario, il lavoro integra l’analisi degli aspetti socio-economici con quella degli elementi territoriali, esaltando le principali dimensioni che caratterizzano le tante tipologie di ruralità oggi presenti in Europa. Muovendo dal dibattito sulla classificazione delle aree rurali, si propone dapprima un indicatore sintetico di ruralità che, adottando la logica fuzzy, considera congiuntamente aspetti demografici (densità), settoriali (rilevanza dell’attività agricola), territoriali e geografici (accessibilità e uso del suolo). Tale tecnica permette di ricostruire un continuum di gradi di ruralità, distinguendo così, all’interno dell’Unione Europea (circa 1.300 osservazioni), le aree più centrali da quelle progressivamente più rurali e periferiche. Successivamente, attraverso un’analisi cluster vengono individuate tipologie di aree omogenee in termini di struttura economica, paesaggio, diversificazione dell’attività agricola. Tali cluster risentono anche della distribuzione geografica delle aree stesse: vengono infatti distinti gruppi di regioni centrali da gruppi di regioni più periferiche. Tale analisi evidenzia soprattutto come il binomio ruralità-arretratezza risulti ormai superato: alcune aree rurali, infatti, hanno tratto vantaggio dalle trasformazioni che hanno interessato l’Unione Europea negli ultimi decenni (diffusione dell’ICT o sviluppo della manifattura). L’ultima parte del lavoro offre strumenti di analisi a supporto dell’azione politica comunitaria, analizzando la diversa capacità delle regioni europee di rispondere alle sfide lanciate dalla Strategia Europa 2020. Un’analisi in componenti principali sintetizza le principali dimensioni di tale performance regionale: i risultati sono poi riletti alla luce delle caratteristiche strutturali dei territori europei. Infine, una più diretta analisi spaziale dei dati permette di evidenziare come la geografia influenzi ancora profondamente la capacità dei territori di rispondere alle nuove sfide del decennio.
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Il lavoro è stato strutturato in due parti distinte. La prima riguarda il riordino delle informazioni contenute nella Banca Dati sui Castelli dell’Emilia Romagna ultimata nel 2004, arricchendo le informazioni con nuove fonti sia edite che inedite e fotografie, mettendo poi tutti i dati online sul sito Geologia Storia Turismo della Regione Emilia Romagna. La seconda parte ha riguardato invece l’analisi dell’area reggiana e, in particolare, di tre castelli: Rubiera, Salvaterra e Dinazzano che, a partire dalla fine del XII secolo, hanno costituito quella che è stata definita la Cintura sul Secchia, una vera e propria catena difensiva costruita dal comune di Reggio Emilia a protezione del suo confine orientale, quello con Modena. Nella prima parte si è predisposto l’avvio di un Atlante dei castelli esistenti e scomparsi dell’Emilia Romagna, strutturato provincia per provincia, con corredo di piante e grafici che indicano la consistenza del fenomeno nelle diverse aree della Regione; poi, per l’area reggiana, si è completata la disamina con una serie di grafici che mettono in luce la dislocazione per aree, la localizzazione sicura dei castelli in rapporto alla loro condizione attuale e la densità per aree del fenomeno. Infine si sono inserite informazioni ricavate da materiale inedito per verificare possibili sviluppi della Banca Dati. La seconda parte ha ricostruito non solo le vicende storico-costruttive dei castelli di Rubiera, Salvaterra e Dinazzano, ma ha approfondito anche la genesi e l’evoluzione di questo progetto di difesa territoriale: studiare questo progetto significa capire come il comune di Reggio Emilia, nell’arco di oltre un secolo, ha governato i propri castelli, come ne ha organizzato la difesa e la manutenzione e come ne ha progettato il popolamento.
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La tesi affronta il tema della neuromatematica della visione, in particolare l’integrazione di modelli geometrici di percezione visiva con tecniche di riduzione di dimensionalità. Dall’inizio del secolo scorso, la corrente ideologica della Gestalt iniziò a definire delle regole secondo le quali stimoli visivi distinti tra loro possono essere percepiti come un’unica unità percettiva, come ad esempio i principi di prossimità, somiglianza o buona continuazione. Nel tentativo di quantificare ciò che gli psicologi avevano definito in maniera qualitativa, Field, Hayes e Hess hanno descritto, attraverso esperimenti psicofisiologici, dei campi di associazione per stimoli orientati, che definiscono quali caratteristiche due segmenti dovrebbero avere per poter essere associati allo stesso gruppo percettivo. Grazie alle moderne tecniche di neuroimaging che consentono una mappatura funzionale dettagliata della corteccia visiva, è possibile giustificare su basi neurofisiologiche questi fenomeni percettivi. Ad esempio è stato osservato come neuroni sensibili ad una determinata orientazione siano preferenzialmente connessi con neuroni aventi selettività in posizione e orientazione coerenti con le regole di prossimità e buona continuazione. Partendo dal modello di campi di associazione nello spazio R^2xS^1 introdotto da Citti e Sarti, che introduce una giustificazione del completamento percettivo sulla base della funzionalità della corteccia visiva primaria (V1), è stato possibile modellare la connettività cellulare risolvendo un sistema di equazioni differenziali stocastiche. In questo modo si sono ottenute delle densità di probabilità che sono state interpretate come probabilità di connessione tra cellule semplici in V1. A queste densità di probabilità è possibile collegare direttamente il concetto di affinità tra stimoli visivi, e proprio sulla costruzione di determinate matrici di affinità si sono basati diversi metodi di riduzione di dimensionalità. La fenomenologia del grouping visivo descritta poco sopra è, di fatto, il risultato di un procedimento di riduzione di dimensionalità. I risultati ottenuti da questa analisi e gli esempi applicativi sviluppati si sono rivelati utili per comprendere più nel dettaglio la possibilità di poter riprodurre, attraverso l’analisi spettrale di matrici di affinità calcolate utilizzando i modelli geometrici di Citti-Sarti, il fenomeno percettivo di grouping nello spazio R^2xS^1.
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Il plasma, quarto stato della materia, rappresenta un gas ionizzato in cui ioni ed elettroni si muovono a diverse energie sotto l’azione di un campo elettro-magnetico applicato dall’esterno. I plasmi si dividono in plasmi di equilibrio e di non equilibrio termodinamico, quest’ultimi sono caratterizzati da un’alta temperatura elettronica (oltre 10000 K) e da una bassa temperatura traslazionale degli ioni e delle specie neutre (300-1000 K). I plasmi di non equilibrio trovano largo impiego nella microelettronica, nei processi di polimerizzazione, nell’industria biomedicale e del packaging, consentendo di effettuare trattamenti di sterilizzazione e attivazione superficiale. Il lavoro di tesi è incentrato sui processi di funzionalizzazione e polimerizzazione superficiale con l’obbiettivo di realizzare e caratterizzare sorgenti di plasma di non equilibrio a pressione atmosferica operanti in ambiente controllato. È stata realizzata una sorgente plasma operante a pressione atmosferica e in ambiente controllato per realizzare trattamenti di modifica superficiale e di polimerizzazione su substrati polimerici. L’efficacia e l’omogeneità dei trattamenti eseguiti sono stati valutati tramite misura dell’angolo di contatto. La caratterizzazione elettrica ha consentito di determinare i valori di densità di energia superficiale trasferita sui substrati al variare delle condizioni operative. Lo strato depositato durante il processo di polimerizzazione è stato analizzato qualitativamente tramite l’analisi chimica in spettroscopia infrarossa. L’analisi delle prove di funzionalizzazione dimostra l’uniformità dei processi plasma eseguiti; inoltre i valori dell’angolo di contatto misurati in seguito ai trattamenti risultano confrontabili con la letteratura esistente. Lo studio dei substrati trattati in atmosfera satura d’azoto ha rivelato una concentrazione superficiale di azoto pari al 3% attribuibile alla presenza di ammine, ammine protonate e gruppi ammidici; ciò conferma la bontà della soluzione realizzata e dei protocolli operativi adottati per la funzionalizzazione delle superfici. L’analisi spettroscopica dei trattamenti di polimerizzazione, ha fornito spettri IR confrontabili con la letteratura esistente indicando una buona qualità del polimero depositato (PEG). I valori misurati durante la caratterizzazione elettrica della sorgente realizzata risulteranno fondamentali in futuro per l’ottimizzazione del dispositivo. I dati raccolti infatti, determineranno le linee guida per il tailoring dei trattamenti plasma e per lo sviluppo della sorgente. Il presente lavoro di tesi, pur prendendo in esame una piccola parte delle applicazioni industriali dei plasmi non termici, conferma quanto queste siano pervasive nei comuni processi industriali evidenziandone le potenzialità e i numerosi campi d’applicazione. La tecnologia plasma è destinata ad essere imprescindibile per la ricerca di soluzioni innovative ai limiti dei processi tradizionali.
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Lo studio presentato in questa sede concerne applicazioni di saldatura LASER caratterizzate da aspetti di non-convenzionalità ed è costituito da tre filoni principali. Nel primo ambito di intervento è stata valutata la possibilità di effettuare saldature per fusione, con LASER ad emissione continua, su pannelli Aluminum Foam Sandwich e su tubi riempiti in schiuma di alluminio. Lo studio ha messo in evidenza numerose linee operative riguardanti le problematiche relative alla saldatura delle pelli esterne dei componenti ed ha dimostrato la fattibilità relativa ad un approccio di giunzione LASER integrato (saldatura seguita da un post trattamento termico) per la realizzazione della giunzione completa di particolari tubolari riempiti in schiuma con ripristino della struttura cellulare all’interfaccia di giunzione. Il secondo ambito di intervento è caratterizzato dall’applicazione di una sorgente LASER di bassissima potenza, operante in regime ad impulsi corti, nella saldatura di acciaio ad elevato contenuto di carbonio. Lo studio ha messo in evidenza come questo tipo di sorgente, solitamente applicata per lavorazioni di ablazione e marcatura, possa essere applicata anche alla saldatura di spessori sub-millimetrici. In questa fase è stato messo in evidenza il ruolo dei parametri di lavoro sulla conformazione del giunto ed è stata definita l’area di fattibilità del processo. Lo studio è stato completato investigando la possibilità di applicare un trattamento LASER dopo saldatura per addolcire le eventuali zone indurite. In merito all’ultimo ambito di intervento l’attività di studio si è focalizzata sull’utilizzo di sorgenti ad elevata densità di potenza (60 MW/cm^2) nella saldatura a profonda penetrazione di acciai da costruzione. L’attività sperimentale e di analisi dei risultati è stata condotta mediante tecniche di Design of Experiment per la valutazione del ruolo preciso di tutti i parametri di processo e numerose considerazioni relative alla formazione di cricche a caldo sono state suggerite.
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Una stella non è un sistema in "vero" equilibrio termodinamico: perde costantemente energia, non ha una composizione chimica costante nel tempo e non ha nemmeno una temperatura uniforme. Ma, in realtà, i processi atomici e sub-atomici avvengono in tempi così brevi, rispetto ai tempi caratteristici dell'evoluzione stellare, da potersi considerare sempre in equilibrio. Le reazioni termonucleari, invece, avvengono su tempi scala molto lunghi, confrontabili persino con i tempi di evoluzione stellare. Inoltre il gradiente di temperatura è dell'ordine di 1e-4 K/cm e il libero cammino medio di un fotone è circa di 1 cm, il che ci permette di assumere che ogni strato della stella sia uno strato adiabatico a temperatura uniforme. Di conseguenza lo stato della materia negli interni stellari è in una condizione di ``quasi'' equilibrio termodinamico, cosa che ci permette di descrivere la materia attraverso le leggi della Meccanica Statistica. In particolare lo stato dei fotoni è descritto dalla Statistica di Bose-Einstein, la quale conduce alla Legge di Planck; lo stato del gas di ioni ed elettroni non degeneri è descritto dalla Statistica di Maxwell-Boltzmann; e, nel caso di degenerazione, lo stato degli elettroni è descritto dalla Statistica di Fermi-Dirac. Nella forma più generale, l'equazione di stato dipende dalla somma dei contributi appena citati (radiazione, gas e degenerazione). Vedremo prima questi contributi singolarmente, e dopo li confronteremo tra loro, ottenendo delle relazioni che permettono di determinare quale legge descrive lo stato fisico di un plasma stellare, semplicemente conoscendone temperatura e densità. Rappresentando queste condizioni su un piano $\log \rho \-- \log T$ possiamo descrivere lo stato del nucleo stellare come un punto, e vedere in che stato è la materia al suo interno, a seconda della zona del piano in cui ricade. È anche possibile seguire tutta l'evoluzione della stella tracciando una linea che mostra come cambia lo stato della materia nucleare nelle diverse fasi evolutive. Infine vedremo come leggi quantistiche che operano su scala atomica e sub-atomica siano in grado di influenzare l'evoluzione di sistemi enormi come quelli stellari: infatti la degenerazione elettronica conduce ad una massa limite per oggetti completamente degeneri (in particolare per le nane bianche) detta Massa di Chandrasekhar.
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La Tesi presenta uno studio sulla distribuzione dei raggi di Einsten compiuta su campioni di ammassi simulati. Il codice utilizzato, MOKA, consente la costruzione di vasti campioni di ammassi in differenti cosmologie e con differenti parametri strutturali. I risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli ottenuti dalla simulazione cosmologica N-body ad alta risoluzione MUSIC. Sono stati quindi prodotti campioni di ammassi per sette valori diversi della normalizzazione dello spettro di potenza e 7 valori diversi del parametro di densità della materia mantenendo la geometria piatta
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La conoscenza del sistema nervoso centrale dei Cetacei si limita alla morfologia esterna, mentre la storia evolutiva, invece, è ben documentata. Il sistema nervoso centrale, che funziona da interfaccia tra il corpo dell’animale e l’ambiente circostante, integra le informazioni afferenti in una reazione adatta alla sopravvivenza dell’individuo. L’aumento o la diminuzione delle aree cerebrali dipende dall’implicazione funzionale che esse hanno per l’organismo e, nel tursiope, quelle particolarmente sviluppate sono connesse alla trasmissione ed elaborazione delle informazioni acustiche comprendendo le cortecce acustiche, il pulvinar, il nucleo genicolato mediale, il collicolo caudale ed alcuni nuclei pontini. Esse sono basilari per la sopravvivenza nell’ ambiente acquatico. Questo studio si è occupato di delineare le caratteristiche citoarchitettoniche (con riferimento alla morfologia ed alle dimensioni dei neuroni) e l'espressione della calbindina-D28k del corpo genicolato mediale, importante centro di integrazione delle informazioni acustiche. Le sue caratteristiche morfofunzionali sono state studiate soprattutto nei Roditori, nei Carnivori e nei Primati, ed è emersa la presenza di tre aree citoarchitettoniche: nucleo dorsale (MGd), nucleo ventrale (MGv) e nucleo mediale (MGm). Nel tursiope, in base alla densità di distribuzione dei neuroni, si possono evidenziare, invece, due nuclei principali: il ventro-laterale ed il dorso-mediale. Nel primo nucleo i neuroni presenti appaiono più densamente stipati che nel secondo. Nel corpo genicolato mediale di tursiope, come nei Chirotteri, le cellule calbindina-D28k-immunoreattive sono distribuite in maniera diffusa ed uniforme. Tali cellule ricevono informazioni modulatorie afferenti soprattutto dalla corteccia cerebrale; di conseguenza è possibile ipotizzare come le infomazioni modulatorie che dalla neocorteccia si portano al corpo genicolato mediale non terminino in aree specifiche, come accade in molti Mammiferi terrestri, ma si distribuiscano in maniera diffusa a tutto il corpo. Tale caratteristica anatomica potrebbe indicare la presenza di un maggior controllo modulatorio, eventualmente correlato al fenomeno dell’ecolocazione, operato dalla corteccia cerebrale sul corpo genicolato mediale.
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Nonostante lo sforzo sempre crescente mirato allo studio delle malattie che colpiscono le sclerattinie, ancora poco si sa circa distribuzione, prevalenza, host range e fattori che concorrono alla comparsa di queste patologie, soprattutto nell’area indopacifica. Questo studio si propone quindi lo scopo di documentare la presenza della Brown Band Disease all’interno delle scogliere madreporiche dell’Arcipelago delle Maldive. Nell’arco di tempo tra Novembre e Dicembre 2013 è stata effettuata una valutazione di tipo quantitativo di tale patologia su tre isole appartenenti l’Atollo di Faafu, rispettivamente Magoodhoo, Filitheyo e Adangau. Queste tre isole sono caratterizzate da un diverso sfruttamento da parte dell’uomo: la prima isola è abitata da locali, la seconda caratterizzata dalla presenza di un resort e l’ultima, un’isola deserta. Al fine di valutare prevalenza, distribuzione e host range della BrBD sono stati effettuati belt transect (25x2 m), point intercept transect e analisi chimico fisiche delle acque. La Brown Band Disease è risultata essere diffusa tra le isole con prevalenze inferiori al 0,50%. Queste non hanno mostrato differenze significative tra le isole, facendo quindi ipotizzare che i diversi valori osservati potrebbero essere imputati a variazioni casuali e naturali. In tutta l’area investigata, le stazioni più profonde hanno mostrato valori di prevalenza maggiori. La patologia è stata registrata infestare soprattutto il genere Acropora (con prevalenza media totale inferiore all’1%) e in un solo caso il genere Isopora. È stato dimostrato come sia presente una correlazione negativa tra densità totale delle sclerattinie e la prevalenza della Brown Band sul genere Acropora. É stato inoltre notato come vi fosse una correlazione positiva tra la prevalenza della BrBD e la presenza del gasteropode Drupella sulle colonie già malate. Poiché il principale ospite della patologia è anche il più abbondante nelle scogliere madreporiche maldiviane, si rendono necessari ulteriori accertamenti e monitoraggi futuri della BrBD.
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Alcune patologie dell’occhio come la retinopatia diabetica, il pucker maculare, il distacco della retina possono essere curate con un intervento di vitrectomia. I rischi associati all’intervento potrebbero essere superati ricorrendo alla vitrectomia enzimatica con plasmina in associazione o in sostituzione della vitrectomia convenzionale. Inoltre, l’uso di plasmina autologa eviterebbe problemi di rigetto. La plasmina si ottiene attivando il plasminogeno con enzimi quali l’attivatore tissutale (tPA) e l’urochinasi ( uPA ) . La purificazione del plasminogeno dal sangue avviene normalmente attraverso cromatografia di affinità con resina. Tuttavia, le membrane di affinità costituiscono un supporto ideale per questa applicazione poiché possono essere facilmente impaccate prima dell’intervento, permettendo la realizzazione di un dispositivo monouso che fornisce un processo rapido ed economico. Obiettivo di questo lavoro è la preparazione di membrane di affinità per la purificazione del plasminogeno utilizzando L-lisina come ligando di affinità. Per questo scopo sono state usate membrane in cellulosa rigenerata ad attivazione epossidica, modificate con due diversi protocolli per l’immobilizzazione di L-lisina. La densità ligando è stata misurata mediante un saggio colorimetrico che usa l’acido arancio 7 come indicatore. La resa di immobilizzazione è stata studiata in funzione del tempo di reazione e della concentrazione di L-lisina. Le membrane ottimizzate sono state caratterizzate con esperimenti dinamici usando siero bovino e umano, i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti in esperimenti paralleli condotti con una resina commerciale di affinità con L-lisina. Durante gli esperimenti con siero, le frazioni provenienti da ogni fase cromatografica sono state raccolte e analizzate con HPLC ed elettroforesi SDS-PAGE. In particolare, l’elettroforesi dei campioni eluiti presenta una banda del plasminogeno ben definita indicando che le membrane di affinità con L-lisina sono adatte alla purificazione del plasminogeno. Inoltre, è emerso che le membrane hanno maggiore produttività della resina commerciale di riferimento.