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Ce travail n'a pas pour but d'établir une histoire du choeur tragique pour ainsi dire 'd'anthologie', mais bien plutôt de tracer un parcours sélectif et dynamique, en suivant l'évolution de ses formes et de ses fonctions dans la tragédie italienne, à partir du début du XVIe siècle jusqu' à la production alfiérienne et au retour du choeur dans le théâtre de Manzoni ; à cela s'ajoute un exercice en dehors du genre dramatique tel que le Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie dans les Operette morali di Giacomo Leopardi. Dans la première partie - la plus ample et complexe, portant sur l'emploi du choeur dans la tragédie de la Renaissance - on essaye de cerner le contexte qui favorise la persistance d'un espace choral en examinant plusieurs commentaires de la Poétique aristotélicienne, et des essais de théorie dramaturgique comme Della poesia rappresentativa de Angelo Ingegneri, ou le Discorso intorno al comporre de Giambattista Giraldi Cinzio. À côté de la discussion sur le rôle du choeur on envisage aussi le profil formel des sections chorales, en s'appuyant sur l'analyse métrique, dans le cadre plus général du 'petrarchismo metrico', et en particulier de la réception de la chanson pétrarquesque. Interroger la présence de trois constantes thématiques - par exemple la forme de l'hymne à Éros - signifie en suite relever l'importance de Sophocle pour le théâtre de la Renaissance dans la perspective du choeur. Cette première section est complétée par un chapitre entièrement consacré à Torquato Tasso et à son Re Torrismondo, qui présente un troisième chant choral de grande épaisseur philosophique, central dans l'économie du drame et analysé ici à travers un exercice de lecture qui utilise à la fois les instruments de la stylistique, de l'intertextualité, et de l'intratextualité concernant l'entier corpus poétique et philosophique tassien, de ses Rime aux Dialoghi. La deuxième section, qui commence par une exploration théorique de la question du choeur, conduite par exemple sur les textes de Paolo Beni e Tommaso Campanella, a pour cible principale de expliquer comment le choeur assume le rôle d'un vrai 'personnage collectif' dans le théâtre de Federico Della Valle : un choeur bien installé dans l'action tragique, mais conservant au même temps les qualités lyriques et philosophiques d'un chant riche de mémoire culturelle et intertextuelle, de la Phaedra de Sénèque à la Commedia dantesque dans la Reina di Scozia, centre principal de l'analyse et coeur du catholicisme contreréformiste dellavallien. Dans la troisième partie le discours se concentre sur les formes de la métamorphose, pour ainsi dire, du choeur : par exemple la figure du confident, conçu comme un substitut du groupe choral dans les discussions des théoriciens et des auteurs français - voir Corneille, D'Aubignac, Dacier - et italiens, de Riccoboni à Calepio et Maffei. Cependant dans cette section il est surtout question de la définition de l'aria mélodramatique compris comme le 'nouveau choeur' des Modernes, formulée par Ranieri Calzabigi et par Metastasio. Il s'agit donc ici de mettre en relation l'élaboration théorique contenue dans la Dissertazione de Calzabigi et dans l'Estratto de l'Arte poetica de Metastasio avec le premier et unique essai tragique de jeunesse de ce dernier, le Giustino, et le livret de son Artaserse. On essaye de montrer le profond lien entre l'aria et l'action dramatique : donc c'est le dramma musicale qui est capable d'accueillir la seule forme de choeur - l'aria - encore possible dans le théâtre moderne, tandis que le choeur proprement tragique est désormais considéré inutilisable et pour ainsi dire hors-contexte (sans toutefois oublier qu'à la fin du siècle Vittorio Alfieri essayait de ne pas renoncer au choeur dans sa traduction des Perses d'Eschyle ; et surtout dans un essai tragique comme l'Alceste seconda ou dans sa tramelogedia, l'Abele). Comme conclusion une section contenant des remarques qui voudrait juste indiquer trois possibles directions de recherche ultérieure : une comparaison entre Manzoni et Leopardi - dans la perspective de leur intérêt pour le choeur et de la différence entre le sujet lyrique manzonien et celui léopardien ; une incursion dans le livret du mélodrame verdien, afin de comprendre la fonction du choeur manzonien et sa persistance dans le texte pour l'opéra ; et enfin quelque note sur la réception du choeur manzonien et du Coro di morti léopardien dans le XXe siècle, en assumant comme point d'observation la poésie de Carlo Michelstaedter, Andrea Zanzotto et Franco Fortini. Il lavoro non intende tracciare una storia 'da manuale' del coro tragico, ma piuttosto indicare un percorso selettivo e dinamico, seguendo l'evoluzione delle sue forme e delle sue funzioni nella tragedia italiana, a partire dall'inizio del sedicesimo secolo per arrivare alla produzione alfieriana e al ritorno del coro nel teatro di Manzoni; a ciò si aggiunge una prova estranea al genere drammatico come il Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie nelle Operette morali di Giacomo Leopardi. Nella prima parte - la più ampia e complessa, riguardante l'impiego del coro nella tragedia rinascimentale - si cerca di ricostruire il contesto che favorisce la persistenza dello spazio corale attraverso l'esame di diversi commenti alla Poetica aristotelica, e di alcuni saggi di teoria drammaturgica come Della poesia rappresentativa di Angelo Ingegneri, o il Discorso intorno al comporre di Giambattista Giraldi Cinzio. La discussione sul ruolo del coro è affiancata dall'esame del profilo formale delle sezioni corali, grazie a un'indagine metrica nel quadro del più ampio petrarchismo metrico cinquecentesco, e in particolare nel quadro della ricezione della formacanzone petrarchesca. Interrogare la presenza di tre costanti tematiche - per esempio la forma dell'inno a Eros - significherà in seguito rilevare l'importanza di Sofocle per il teatro rinascimentale anche nella prospettiva angolata del coro. Questa prima sezione è completata da un capitolo interamente dedicato a Torquato Tasso e al suo Re Torrismondo, che presenta un terzo canto corale di grande spessore stilistico e filosofico, centrale nell'economia del dramma e analizzato qui attraverso un esercizio di lettura che si serve degli strumenti della stilistica e dell'intertestualità, oltre che del rapporto intratestuale fra i vari luoghi del corpus tassiano, dalle Rime ai suoi Dialoghi. La seconda sezione, che si avvia con un'esplorazione teorica della questione del coro nel Seicento - condotta per esempio sui testi di Paolo Beni e Tommaso Campanella - ha per fulcro la descrizione di un coro quale 'personaggio collettivo' nelle tragedie di Federico Della Valle: un coro ben inserito nell'azione tragica, ma che conserva allo stesso tempo le qualità liriche e filosofiche di un canto ricco di memoria culturale e intertestuale, dalla Fedra di Seneca alla Commedia dantesca, nella sua Reina di Scozia, centro dell'analisi e cardine del cattolicesimo controriformista dellavalliano. Nella terza sezione il discorso si concentra sulle forme della metamorfosi, per così dire, del coro: per esempio la figura del confidente, interpretato come un sostituto del gruppo corale nelle discussioni di teorici e autori francesi - Corneille, D'Aubignac, Dacier - e italiani, da Riccoboni a Calepio e Maffei. Ma qui ci si rivolge anzitutto alla definizione dell'aria melodrammatica, sentita quale 'nuovo coro' dei Moderni da Ranieri Calzabigi e Pietro Metastasio. Si tratterà dunque di mettere in relazione l'elaborazione teorica svolta nella Dissertazione di Calzabigi e nell'Estratto dell'arte poetica di Metastasio con il primo e unico - e giovanile - tentativo tragico di quest'ultimo, il Giustino, e con il libretto del suo Artaserse. L'intenzione è quella di mostrare il profondo legame tra l'aria e l'azione drammatica: è perciò il dramma musicale che è capace di accogliere la sola forma di coro - l'aria - ancora possibile nel teatro moderno, mentre il vero e proprio coro tragico si rassegna ormai a essere considerato inutile e per così dire fuori contesto (senza dimenticare, tuttavia, che al chiudersi del secolo Vittorio Alfieri tentava di non rinunciare al coro nella sua traduzione dei Persiani di Eschilo; e soprattutto in un tentativo tragico come la sua Alceste seconda o nella tramelogedia Abele). In conclusione una più veloce sezione che vorrebbe semplicemente indicare qualche altra possibile direzione di ricerca: un confronto fra Manzoni e Leopardi - nella prospettiva del coro interesse per il coro, e della differenza fra il soggetto lirico manzoniano e quello leopardiano; un'incursione nel libretto del melodramma verdiano, per misurarvi la funzione del coro manzoniano e la sua persistenza nel testo operistico; e infine qualche appunto sulla ricezione del coro manzoniano e del Coro di morti di Leopardi nel Novecento, assumendo quale punto d'osservazione la poesia di Carlo Michelstaedter, Andrea Zanzotto e Franco Fortini.

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Résumé II lavoro verte sui volgarizzamenti quattro-cinquecenteschi di Luciano di Samosata, importante capitolo nella fortuna dell'autore greco, che diede l'avvio a quel vasto fenomeno chiamato "lucianesimo", esteso in Europa fino al XIX sec. In particolare fornisco l'edizione critica e commentata delle Storie vere volgarizzate, contenute nella prima, assai ampia (41 opuscoli), e per molto tempo unica, silloge lucianea in volgare, che ho datato a poco prima del 1480. Essa ci è giunta tramite un unico manoscritto, il Vaticano Chigiano L.VI.215, confezionato a Ferrara per Ercole I d'Este, nonché in almeno otto edizioni veneziane apparse fra il 1525 e il 1551. La princeps, da cui dipendono in vario modo tutte le edizioni successive, è pubblicata da Niccolò Zoppino. I1 ms. e le prime due edizioni (1525; 1527 Bindoni e Pasini) tacciono il nome del traduttore, che compare solo nell'edizione del 1529 (Zoppino): Niccolò Leoniceno (1428-1524), medico umanista e valente grecista, attivo a Ferrara dal 1464 al 1524, studioso e traduttore di Ippocrate e Galeno, editore di Aristotele e volgarizzatore di storici per Ercole d'Este. L'edizione ha richiesto uno studio preliminare sulle numerose traduzioni in latino e in volgare di Luciano, per valutare meglio le modalità della sua fortuna umanistica. Confrontando ms. e stampe, per le Storie vere si hanno due volgarizzamenti totalmente diversi, fin dal titolo: La vera historia nel ms., Le vere narrazioni nelle cinquecentine. Ma per l'ultimo quarto di testo, ms. e stampe in sostanza coincidono. La collazione ha coinvolto anche il testo greco (con gli apparati delle edizioni critiche) e la versione latina dell'umanista umbro Lilio Tifernate (1417/18-1486) risalente al 1439-43 ca., intitolata De veris narrationibus, di cui si hanno almeno tre redazioni d'autore; una quarta è invece dovuta probabilmente a Benedetto Bordon, che la inserì nella sua silloge latina di Luciano del 1494. Ho cosa stabilito che il volgarizzamento del ms. Chigiano, La vera historia, è stato eseguito direttamente dal greco, fatto eccezionale nel panorama delle traduzioni umanistiche, mentre quello a stampa, Le vere narrazioni, deriva dalla redazione Bordon del De veris narrationibus. La diversità dei titoli dipende dalle varianti dei codici greci utilizzati dai traduttori: il Vat. gr. 1323, o una sua copia, è utilizzato sia dal volgarizzatore del Chigiano, sia da Bordon, indipendentemente l'uno dall'altro; il Marc. gr. 434, o una sua copia, dal Tifernate. Il titolo latino mantenuto da Bordon risale al Tifernate. Per quanto riguarda l'attribuzione dei due volgarizzamenti, come già per altri due testi della silloge da me studiati (Lucio 01 Asino e Timone), anche per La vera historia del Chigiano è accettabile il nome di Niccolò Leoniceno, poiché: 1) essa è tradotta direttamente dal greco, correttamente e con buona resa in volgare, 2) Paolo Giovio -che conobbe di persona il Leoniceno -, negli Elogia veris clarorum virorum imaginibus apposita ricorda che i volgarizzamenti di Luciano e di Dione eseguiti dal Leoniceno piacquero molto ad Ercole d'Este, 3) nessuno nella prima metà del sec. XVI rivendica, per sé o per un suo maestro, il volgarizzamento di Luciano. Le vere narrazioni a stampa, tradotte dal latino del Bordon, dopo il 1494 e prima del 1525, per la parte che diverge dalla Vera historia rimangono invece anonime. Dato che si tratta di due volgarizzamenti distinti, ho allestito l'edizione a fronte dei due testi fin dove essi divergono, seguendo per l'uno il ms., per l'altro la princeps; per la parte finale, in cui confluiscono, mi baso invece sul manoscritto e relego in apparato le varianti più vistose della princeps (non è emerso un chiaro rapporto di dipendenza fra i due testimoni). Oltre all'apparato critico con le lezioni rifiutate, fornisco un commento con la giustificazione delle scelte e il confronto con i corrispondenti passi greci e latini.

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F. 1-52v. Recueil de textes de piété, en italien sauf le premier. « Confiteor Deo omnipotenti Patri et Filio et Spiritui sancto (...) martiribus tuis Grisanto et Darie, confessoribus tuis Prospero et Venerio atque beato Francisco... - ... eternam amen » (1). — [Rubrique :] « Quisti son li X comandam. de la leze ». « Primo non adorare altro che uno solo dio et per questo commandamento se veta le idole... - ... non e » (1v-3v). — [Rubrique :] « Quisti son li XII articoli de la fede ». « Credo in Dio padre omnipotente creatore del celo et de la terra. 1. S. Petro. Et in Yesu... - ... alli boni. 11. S. Thadeo. 12. S. Mathia » (3v). — [Rubrique :] « Quisti son li septe peccati mortali. Lo primo Elatio ». « Superbia cio e reputare de havere bene per propria virtu et non da Dio... - ... tante fiade pecca mortalmente » (3v-10). — [Rubriques :] « Quisti son li dexe comandamenti soto brevita » (...) « Quisti sono li septe sacramenti » (...) « Que son le VII opere de la misericordia temporale » (...) « Queste son le spirituale » (...) « Questi son li setti peccati mortali » (...) « Circha de sopra in li dexe comandamenti. Quista sun li V sentimenti de lo corpo » (...) « Quisti sono li septi doni del Spirito sancto che sono contra li VII peccati mortali » (...) « Queste sono le III virtu theologie » (...) « Quatuor sono le cardinale » (...) « Queste son le conditione de la confessione » (...) « Quisti son li casi de la papa sive papali » (...) « Casus exclusi » (...) « Quisti sun li cassi de lo episcopo sive episcopali » (...) (10-12). — [NICOLAUS DE AUXIMO, O. F. M. (Nicolò da Osimo), Compendio de salute], cf. Umberto Picciafuoco, Fr. Nicolò da Osimo: vita, opera, spiritualità, 1980 ; « Per dare breve introductione delle cose necessarie ad la salute ad ciaschuno simplice lo quale desidera de salvarse, me sono studiato de redirre le dicte cose sotto breve compendio, retracto de uno libro dicto Quadriga spirituale... - ... molto cose secondo li doctori » (12-52v).F. 53-139v. Actes pontificaux et varia. EUGENIUS IV papa, Bulla [ad Jacobum de Primadiciis de Bononia, O. F. M. (Giacomo Primadizzi) ?], de communione pascali, [07/07/1446], cf. Archivum Franciscanum Historicum, 21, 1928, p. 270 n. 1, 282-283 « Eugenius papa IIIIus. Dilecte fili salutem et apostolicam benedictionem. Fidedigna relatione percepimus in civitate Licii non parvam... - ... VIII kal. julii 1446, po. no. anno XVI° » (éd. ibid., p. 282-283, avec une date corrigée) (53-54). — [PAULUS II papa], Bulla, 14/04/1469 « I ». [Rubrique :] « Bulla que quotannis in cena Domini publicari per summum pontificem consuevit ». « Dilecti filii salutem et apostolicam benedictionem. Consueverunt predecessores nostri romani pontifices annis singulis in die cene Domini sedentes...-... die XIIII° aprilis 1469 p. n. anno quinto. L. Dathus » (55-56). — PAULUS II papa, Bulla, 30/03/1469 « 2. Bulla. Paulus (...). Consueverunt sancte memorie romani pontifices predecessoris [sic] nostri ad retinendam puritatem... - ... tertio kal. aprilis, p. n. anno quinto. De curia. Signata A. Ingherannus, L. Dathus » (56v-64). — PAULUS II papa, Bulla, 06/06/1469 « 3. Paulus (...). Decet romanum pontificem sic in suis fore gratiis liberalem quod in ecclesiarum... - ... octavo id. junii, p. n. anno quinto. De curia, B. Lunensis » (64v-67). — PAULUS II papa, Bulla, 02/07/1469 « Paulus papa II. 4. [Rubrique :] Presidenti monasteriorum Sancte Justine de Padua ». « Dilecte fili salutem et apostolicam benedictionem. Bullam presentibus alligatam constitutionis et decreti nostri circa annexa et juncta beneficia... - ... die IIa julii M° CCCC LXVIIII p. n. anno quinto. L. Dathus » (67v-68). — PAULUS II papa, Bulla, de casibus reservatis, [03/03/1470] cf. Cesare Censi, Manoscritti francescani della Biblioteca Nazionale di Napoli, 2 vol., 1971 (Spicilegium bonaventurianum, VII-VIII), t. I, p. 222, qui renvoie au ms. Napoli, Biblioteca Nazionale, V H 33 (n° 125 a de la liste de Cenci) ; incomplet de la fin « 5. [Rubrique :] Bulla pro casibus reservatis ». « Paulus (...). Etsi dominici gregis saluti semper intenti singulis cum humilitate poscentibus ea benigne... - ... omnipotentis Dei et beatorum » [Petri et Pauli...] (68v-70). — PAULUS II papa, Bulla, 23/11/1464 « 6. [Rubrique :] Contra symoniacos ». « Paulus (...). Cum detestabile scelus simoniace pravitates tam divinorum quam sacrorum canonum... - ... nono kal. decembres, p. n. anno primo » (70v-72). — PAULUS II papa, Bulla, [01/03/1468], cf. C. Censi, op. cit., ms. Napoli, Bibl. Naz., I H 43 et V H 33 (n° 50 ap et 125 d) « 7. [Rubrique :] Bulla prohibens ne bona ecclesiarum et Dei alienari possint ultra triennium ». « Paulus (...). Ambitiose perversorum cupiditati illorum precipue qui divinis et humanis legibus affectata... - ... M° CCCC LXVII kalendis martii p. n. anno quarto » (72v-74). — PAULUS II papa, Bulla, 31/01/1468 « 8. [Rubrique :] De celebratione dierum festorum in terris ecclesie ». « Paulus (...). Perniciosa consuetudo aut verius corruptela que in gravem divine majestatis ac sanctorum... - ... M° CCCC LXVII pridie kal. febr. anno p. n. IIII° » (74v-76v). — Exemplum de Raymundo cardinale nepote Honorii pape et beata Maria virgine et Annunciatione ejus. [Rubrique :] « Pro jejunio domine nostre ». « Honorius summus pontifex habuit ex sorore nepotem Raymundum nomine tituli sanctorum Johannis et Pauli cardinalem libidini ita deditum... - ... regna migravit » (77-79). — PAULUS II papa, Bulla, de jubilaeo, 19/04/1470 « 10 ( ?). [Rubrique :] De publicatione anni jubilei redacti ad M CCCC LXXV ». « Paulus (...). Ineffabilis providentia summi patris qui pro redemptione humani generis ejusque reconcilianda natura... - ... tertiodecimo kalendas maii p. n. anno sexto » (79-85). — PAULUS II papa, Breve, ad episcopum Cumanensem, 22/04/1471 « Breve pontificis ad episcopum Cumanensem. Paulus II. Venerabilis frater (...). Expositum fuit nobis nonnullos istius civitatis Cumane ejusque diocesis existere qui contra libertatem... - ... XXII aprilis 1471 p. n. anno septimo » (86-86v). — PAULUS II papa, Breve, ad episcopum Cumanensem, 07/06/1471 « Suprascriptum breve non habuit locum sed reformatum fuit in formam infrascriptam : Paulus II. Ven. (...). Expositum nobis fuit pro parte dilecti filii nobilis viri Galeaz Marie ducis Mediolani nonnullos istius civitatis Cumane... - ... 7° junii 1471 p. n. anno 7° » (86v-87v). — PAULUS II papa, Breve, [ad Galeazzum Mariam Sforza ducem Mediolanensem], 31/05/1471 « Dilecte fili (...). Diligenter exposuit nobis dilectus filius Augustinus de Rubeis eques et doctor Parmensis consiliarius et orator ad nos tuus... - ... ultimo maii 1471, p. n. anno septimo » (87v-88v). — NICODEMUS [TRANCHEDINI], Littera ad Galeazzum Mariam Sforza ducem Mediolanensem, 13/05/1471, cf. Paola Sverzelatti, « Per la biografia di Nicodemo Tranchedini [1413-1481] di Pontremoli, ambasciatore sforzesco », Aevum, 1998, LXII, 485-557 [4° Z 4794] « Littere Nicodemi ad illustrissimum d. ducem. El papa me ha dicto questa sera che heri sera deputo et immediate hebbe ad se li inferri... - ... Johachinus et Franciscus de Padua advocati consistoriales ». « Suprascriptis videnda commissa fuit bulla pontificis » (89-89v). — AUGUSTINUS DE RUBEIS (Agostino de’Rossi) et NICODEMUS [TRANCHEDINI], Littera ad Galeazzum Mariam Sforza ducem Mediolanensem, 25/05/1471 « Littere d. Augustini et Nicodemi ad principem. Illustrissimo (...). Questi xi sonno mo stati piu volte insieme et col papa anchora et heri se fece el consistorio... - ... XXV maii 1471. Augustinus et Nicodemus » (89v-91). — Iidem ad eumdem, 27/05/1471 « Eorundem. Illustrissimo (...). Credace la vestra signoria per cosa se havesse ad agitar. qua postquam questo nostro sancto patre fu facto papa... - ... XXVII maii 1471 » (91-94v). — [EUGENIUS IV papa, Gratiae concessae Francisco de Platea de Bononia, O. F. M., 01/1440], cf. Cesare Censi, Manoscritti francescani della Biblioteca Nazionale di Napoli, 2 vol., 1971 (Spicilegium bonaventurianum, VII-VIII), t. II, p. 1060, qui renvoie à deux exemplaires du texte, mss. Napoli, Biblioteca Nazionale, cod. VII G 50 et VII G 66 [n° 371 et 383 de la liste de Cenci] « Copia. Ego frater Franciscus de Bononia frater venerabilis viri fratris Jacobi de Primidiciis de Bononia Florentiam accessi... - ... M CCCC XL die III et die decima januarii » (95-98v). — PAULUS II papa, Breve ( ?), ad Julium Cesari de Varano domicellum, incomplet de la fin « Paulus episcopus (...) dilecto filio nobili viro Julio Cesari de Varano domicello civitatis nostre Camerini et pro nobis (...) gubernatori (...). Inter cura multiplices quibus assidue permimur illa precipue sollicitat mentem nostram... - ... merito commendari » (100-106v). — NICOLAUS V papa, Breve ( ?), ad Franciscum Sforza, 24/07/1447 « Nicolaus (...) dilecto filio nobili viro Francisco Sfortie vicecomiti, comiti et marchioni (...). Sedes apostolica pia mater recurrentibus ad eam cum humilitate filiis post excessum libenter... - ... nono kal. augusti, p. n. anno primo. Pe. de Noxeto » (107-111v). — FRANCISCUS PHILELPHUS ( ?), [De Sacerdotio Christi (extractum et translatum e graeco Souda), versio italica], cf. Giovanni Mercati, Ultimi contributi alla storia degli Umanistici, 1939, I, p. 74-76 (4° Z 1722 (90)) « Tractatello traducto per messere Francescho Philelpho singularissimo poetha de greco in latino per luy trovato presso autentici et antiqui autori, reducto in volgare ad contemplatione d’alcuni devoti cortesani del illustrissimo signiore duca di Milano, ad confirmatione de la fede nostra et confusione de Judei. Regnando Justiniano imperatore clementissimo fo uno homo principe de Judei chiamato Theodosio... - ... teneva occulto » (112-118v). — « Electi beneficii et superni doni data ad quella anima che oldira la sancta messa integramente monifestati per li sancti doctori... - ... ligno de la vita » (118v-119). — MARTINUS V papa, Bulla, de excommunicatione hereticorum, [28/03/1426 ?], incomplète de la fin ; cf. C. Censi, op. cit., I, p. 501-502 (n° 304 f) « 1. Excommunicationes plures contente in processu qui fit annuatim in curia in cena Domini. Martinus (...). Excommunicamus et anathematizamus ex parte omnipotentis Dei Patris et Filii et Spiritus sancti auctoritate Petri... - ... incursurum. Datum Rome etc » (120-122v). — « Item excommunicamus et anathematizamus omnes illos qui per se vel per alium vel alios directe vel indirecte... - ... cautione prestitis » (122v-123v). — PAULUS II papa, Bulla, 11/04/1471 « 2. Paulus (...). Consueverunt sancte memorie romani pontifices predecessores nostri ad retinendam puritatem... - ... tertio idus aprilis, p. n. anno VII° » (124-130v). — SIXTUS IV papa, Bulla, de excommunicatione hereticorum, 26/03/1472 « 2. Sixtus (...). Excommunicamus et anathematizamus ex parte omnipotentis Dei Patris et Filii et Spiritus sancti auctoritate quoque beatorum... - ... septimo kal. aprilis etc. anno primo » (131-134v). — SIXTUS IV papa, Breve ( ?), ad Ferdinandum I regem Sicilie, 01/03/1472 « 4. Sixtus (...) carissimo in Christo filio Ferdinando regi Sicilie illustri (...). Dum eximie fidelitatis devotionis atque prudentie tue ceterasque tibi a Domino traditas virtutes...-... kalendis martiis [sic] p. n. anno primo. M. Milinus » (135-139v).

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Letterato versatile e curioso del presente, Sertorio Quattromani (Cosenza 1541-1603) fu uno dei migliori critici letterari della seconda metà del Cinquecento, come dimostrano innanzi tutto l'importante esposizione delle Rime di Della Casa (edita postuma nel 1616) e ora il commento alle Rime di Bembo, qui per la prima volta pubblicato, sulla base del manoscritto Palatino 1036 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, nel quale si conserva adespoto con il titolo Luoghi difficili del Bembo. Elaborato tra il 1564 e il 1570, il commento bembiano si presenta non del tutto compiuto, per quanto già ricco di chiose esplicative e di riferimenti intertestuali. Occorre tuttavia considerare che la tipologia esegetica scelta da Quattromani non è quella dell'esposizione continua ma quella del commento tecnico e selettivo, incentrato sulla spiegazione dei luoghi difficili e sull'allegazione dei loci paralleli, oltre che sulle censure di gusto e sui rilievi linguistici, stilistici e retorici. Focalizzata sulla parafrasi e sull'intertestualità, l'annotazione di Quattromani intende essere al servizio del testo e insieme offrire agli scrittori coevi la possibilità di entrare in uno dei più raffinati laboratori poetici del Rinascimento. Almeno due sono le ragioni per motivare il recupero di un'opera incompiuta, e che lo stesso autore non ritenne più adeguata ai tempi, impegnandosi nell'esegesi delle Rime dellacasiane. Innanzi tutto un motivo di ordine generale: letture e commenti di critici coevi all'autore sono di grande utilità per un'interpretazione dei testi storicamente fondata. Poi un motivo specifico, che riguarda lo sviluppo della lirica italiana: già da metà Cinquecento l'esegesi dei poeti contemporanei diventa uno strumento essenziale per costruire la lirica moderna sulle fondamenta gettate da Bembo prima e da Della Casa poi. Infatti nel commento bembiano di Quattromani la fitta allegazione di loci paralleli estratti dalla letteratura latina serve anche a rivelare quanto il petrarchismo di Bembo non si alimenti del solo Petrarca. Rispetto alla vulgata petrarchistica, ciò che emerge nel Bembo di Quattromani è pertanto l'impossibilità per un poeta non corrivo di attenersi a norme insensibili al mutare dei tempi. Il riuso del dettato petrarchesco resta ovviamente legge, ma a patto che accolga nuove commistioni e svariati incrementi. In particolare, si avverte come sempre più vitale la riappropriazione profonda di tutta la letteratura in latino, da quella antica a quella umanistico-rinascimentale, tanto da pervenire a una contaminazione di latino e volgare che può essere considerata uno dei principali fattori di apertura della strada verso il Barocco intrapresa a fine Cinquecento dalla poesia italiana.

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Riassunto Il presente studio verte sull'analisi del voto relativo all'iniziativa popolare 'contro l'immigrazione di massa' del 9 febbraio 2014. In particolare, l'analisi si concentra sul voto avvenuto nel Ticino, il cantone svizzero in cui l'iniziativa ha avuto maggiore sostegno. Lo studio si è avvalso di un'inchiesta d'opinione rappresentativa realizzata dall'Osservatorio della vita politica regionale dell'Università di Losanna presso 1.429 cittadini ticinesi nei giorni successivi allo scrutinio. Dopo una contestualizzazione del voto del 9 febbraio rispetto alla storia delle votazioni sui temi di politica estera e migratoria, l'analisi si è concentrata sulla partecipazione al voto. Il ricorso a tre modelli interpretativi (delle risorse, della competenza e della mobilitazione) ha permesso di mostrare come il voto del 9 febbraio sia caratterizzato in particolare modo dal senso del dovere, dall'interesse per la politica e dal legame di partito. L'analisi dell'orientamento di voto evidenzia l'influenza delle dimensioni economiche, politiche, identitarie, e soprattutto, alla stregua di altri voti nel passato recente di questo cantone, una forte tensione tra centro e periferia. Dall'analisi del voto del 9 febbraio emerge un forte timore che vede nel Ticino una 'doppia periferia', verso Berna e in relazione alla vicina Lombardia. Parole chiave: iniziativa popolare, partecipazione, orientamento di voto, centro-periferia. Résumé Cette étude porte sur l'analyse du vote sur l'initiative populaire 'contre l'immigration de masse' du 9 février 2014 et, plus précisément, sur le vote qui s'est déroulé au Tessin, canton suisse dans lequel l'initiative a obtenu le plus large soutien. L'étude a été menée à l'aide d'une enquête d'opinion représentative réalisée par l'Observatoire de la vie politique régionale de l'Université de Lausanne auprès de 1.429 citoyens tessinois dans les jours suivant le scrutin. Après une contextualisation du vote du 9 février par rapport à l'histoire des votations sur les thèmes de la politique étrangère et de l'immigration, l'analyse a porté sur la participation au vote. À ce propos, l'utilisation de trois modèles explicatifs (des ressources, de la compétence et de la mobilisation) a permis de dévoiler que le vote a été caractérisé plus particulièrement par le sens du devoir (habitus du vote), par l'intérêt pour la politique et par le lien avec un parti. L'analyse de l'orientation du vote montre l'influence des aspects économiques, politiques et identitaire ainsi que, à l'instar d'autres votations récemment passées dans le canton italophone, des raisons qui mettent en évidence une vision contrastée du Tessin et notamment le risque de devenir une 'double périphérie' par rapport à Berne et à la Lombardie. Mots-clés: initiative populaire, participation, choix du vote, centre-périphérie. Zusammenfassung Die vorliegende Studie analysiert das Abstimmungsverhalten anlässlich der eidgenössischen Volksinitiative 'Gegen Masseneinwanderung' vom 9. Februar 2014. Die Analyse beschränkt sich auf die Abstimmung im Kanton Tessin, wo die Initiative am stärksten unterstützt wurde. Die Studie wurde vom Observatorium des regionalen politischen Lebens der Universität Lausanne durchgeführt und basiert auf einer repräsentativen Umfrage, bei welcher 1429 Bürger des Kantons Tessin in den Tagen nach der Abstimmung teilnahmen. Zunächst wird die Abstimmung vom 9. Februar in Bezug auf die Geschichte verschiedener anderer Abstimmungen zum Thema Aussen- und Immigrationspolitik kontextualisiert. Die Analyse analysiert dann als erstes die Wahlbeteiligung: Der Gebrauch von drei Erklärungsmodellen (Ressourcen, Kompetenz und Mobilisierung) zeigt auf, dass der Entscheid, an der Abstimmung vom 9. Februar überhaupt teilzunehmen, vor allem von Pflichtbewusstsein, politischem Interesse und Parteibindung geprägt war. Das Abstimmungsverhalten selber war dann von ökonomischen und politischen Faktoren, von der eigenen Identität sowie insbesondere - und wie auch schon andere Abstimmungen in der jüngsten Vergangenheit des italienisch-sprechenden Kantons -von einer grossen Angst geprägt, dass das Tessin eine 'doppelte Peripherie' zwischen Bern und der Lombardei werden könnte. Stichwörter: Volksinitiative, Teilnahme, Abstimmungsverhalten, Zentrum-Peripherie Abstract This study focuses on the analysis of the federal vote on the popular initiative 'against mass immigration' of 9 February 2014. More precisely, the analysis focuses on the vote that took place in Ticino, the Swiss canton in which the popular initiative has received the widest support. The study was carried out by the Research Observatory for Regional Politics at the University of Lausanne using a representative survey among 1.429 citizens of Ticino during the days following the vote. After a contextualization of the vote of 9 February with respect to the history of referenda about foreign policy and immigration issues, the analysis first discusses voter turnout. In this regard, the use of three explanatory models (resources, expertise and mobilisation) reveals that participation in the vote of 9 February was especially characterized by one's sense of duty, political interest, and links with a political party. The decision how to vote was then influenced by economic, political and identity factors as well as - like other votes in the recent past in the Italian-speaking canton - the particular fear that Ticino would become a 'double periphery' vis-à-vis both Berne and Lombardy. Keywords: popular initiative, participation, vote, centre-periphery.

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L'objectif de la présente étude est de cerner les facteurs de succès et d'échec des réouvertures et modernisations de lignes ferroviaires transfrontalières dans les zones limitrophes. L'enquête prend pour base deux lignes franco-belges (Mons-Valenciennes et Namur- Charleville-Mézières) et deux lignes franco-suisses (Delémont-Belfort et Neuchâtel- Besançon). Le problème public réside dans l'absence de moyens de transports publics exploitant le potentiel existant dans le bassin de vie concerné (sous-exploitation du marché des transports). Les obstacles à franchir dans le domaine des transports ferroviaires peuvent être de nature juridique. Ainsi, des prescriptions légales telles que certains standards d'interopérabilité, l'absence d'une définition de l'expression «train régional» au niveau européen, la sécurité (passages à niveau) ou des mesures en faveur des personnes à mobilité réduite, peuvent entraver, voire empêcher des réouvertures ou modernisations de lignes régionales, car ces standards ne sont pas adaptés à la réalité des lignes dont le potentiel est faible en termes de voyageurs et de fret. À un autre niveau, il est rare que les aspects techniques constituent des obstacles. C'est cependant le cas lorsque deux réseaux ferroviaires nourrissent des philosophies antagonistes (réseau cadencé et non cadencé). Pour la réouverture des lignes, on constate l'absence de définitions claires, au niveau politique, de la desserte de base et des seuils de fréquentation minimale. Il y a parfois un contraste marqué entre une infrastructure dégradée et un matériel roulant très moderne, signe d'absence de sensibilisation à l'entretien des infrastructures ferroviaires. Pourtant, ces infrastructures jouent un rôle important à l'échelon géopolitique. Correctement aménagées (offre, temps de parcours, correspondances), elles permettent le désenclavement de toute une région. La réouverture d'un chaînon manquant peut changer la position géopolitique d'une région, comme dans le cas de Mons-Valenciennes; mais en même temps, l'argument de l'impact géopolitique peut entraver une réouverture, même lorsqu'il n'est pas fondé, comme le montre le cas de Dinant-Givet qui semble concurrencer une autre ligne existante. L'impact des lignes à grande vitesse sur les régions limitrophes est souvent surestimé. En revanche, la praticabilité du concept des quatre capitaux (capital manufacturé, social, naturel et humain) est sous-estimée dans le domaine des transports publics. Les grilles d'analyse des quatre capitaux nous ont en effet permis de prouver l'applicabilité du concept aux lignes ferroviaires transfrontalières, en dépit du manque de me- surabilité de certains indicateurs. L'évaluation des lignes retenues à l'aide de notre grille d'analyse montre que les lignes régionales françaises accusent un lourd retard en termes de performance. Ce fait est confirmé dans les quatre capitaux. En appliquant notre méthode de planification à des lignes ferroviaires (transfrontalières), on observe que les lignes actuelles n'exploitent pas suffisamment leur potentiel. L'approche proposée se base sur le triangle «offre - infrastructure - matériel roulant» et s'articule autour des usagers. Avant toute planification, il faut développer une vision pour la région et la ligne concernée, dans laquelle la voie ferrée servira d'axe structurant. La vision se manifeste par un horaire qui traduit l'offre sou-haitée à long terme avec des temps de parcours idéaux, et des noeuds de correspondance avec d'autres moyens de transport. Alors, les lignes régionales peuvent contribuer à un changement de paradigme qui favorise un mode de vie axé davantage sur les services des transports publics que sur le transport individuel, également dans les régions limitrophes. - Het doel van deze Studie is het onderzocken von de redenen van het succès en van het falen van de heropening of modernisering van al of niet grensoverschrijdende spoorlijnen. Het on- derzoek is gebaseerd op twee Frans-Belgische lijnen (Bergen-Yalenciennes en Namen- Charleville-Mezières) en twee Frans-Zwitserse lijnen (Delémont-Belfort en Neuchâtel- Besançon). Het probleem is de afwezigheid van openbare transportmogelijkheden in de uitbating van de betrokken woongebieden (onderbenutting van de transportmarkt). De te overschrijden hindernissen op het gebied van spoorwegvervoer kunnen van juridische oorsprong zijn. Dat wil zeggen dat wettelijke vereisten zoals bepaalde standaarden voor inte- roperabiliteit, het ontbreken van een definitie van «regionale trein» op Europees niveau, de beveiliging (spoorwegovergangen) of maatregelen voor mensen met verminderde mobiliteit de heropening of modernisering van de regionale lijnen kunnen verhinderen, aangezien deze normen niet zijn aangepast aan de realiteit op aan de lijnen waarvan het potenti eel laag is, zowel voor reizigers als voor goederen. Op een ander niveau is het zeldzaam dat de technische as-pecten voor obstakels zorgen. Het is nochtans het geval wanneer twee spoorwegnetten zorgen voor tegenstrijdige ideeën (regelmatig of onregelmatig bezet net). Om de lijnen te he- ropenen, is er een gebrek aan duidelijke afspraken op politiek niveau, voor een minimale be- diening en een minimale opkomst. Soms is er een groot contrast tussen een verouderde infras- tructuur en een zeer modem rollend materieel, een teken van gebrek aan gezond verstand bij het onderhoud van de spoorweginfrastructuur. Deze infrastructuur speelt echter een belan- grijke roi in het geopolitieke niveau. Goed beheerd (aanbod, reistijd, verbindingen) zorgen ze voor een heropening van een hele regio. De heropening van een ontbrekende schakel kan de geopolitieke positie van een regio veranderen, zoals in het geval van Bergen-Valenciennes, maar terzelfder tijd kan het argument van de geopolitieke impact een heropening verhinderen, zelfs als het ongegrond is, zoals in het geval van Dinant-Givet dat blijkt te concurreren met een andere bestaande lijn. De impact van hogesnelheidslijnen op grensoverschrijdende regio's wordt vaak overschat. Daartegenover wordt de haalbaarheid van het concept van de vier kapi- taalvlakken (opbouwend, sociaal, natuurlijk en menselijk kapitaal) onderschat op het gebied van openbaar vervoer. De analyse van de vier kapitaalvlakken heeft ons toegelaten de toepas- baar-heid van het concept van de grensoverschrijdende spoorlijnen aan te tonen, ondanks het ge-brek aan meetbaarheid van bepaalde indicatoren. Evaluatie van de lijnen, geselecteerd met behulp van ons analysekader, heeft aangetoond dat Franse regionale lijnen achterblijven op het gebied van prestaties. Dit wordt bevestigd op de vier kapitaalvlakken. Door het toepassen van onze planningsmethode op spoorlijnen (in grenszones), zien we dat de huidige lijnen hun potentieel onvoldoende benutten. De voorgestelde aanpak is gebaseerd op de driehoek «aan- bieding - infrastructuur - rollend materieel» en rieht zieh op de gebruikers. Vooraleer een planning opgesteld kan worden, moeten we een visie ontwikkelen voor de betrokken lijn en de regio waarin de spoorweg zal dienen als structurele as. De visie baseert zieh op een diens- tregeling die uitgaat van een aanbod op lange termijn met ideale rijtijden en knooppunten met an-dere transportmiddelen. Zodoende kunnen regionale lijnen bijdragen aan een paradigma- vers-chuiving die een levensstijl promoot die meer gericht is op het openbaar vervoer dan op het individueel vervoer, ook in naburige regio's. - Das Ziel der Studie ist die Identifizierung von Erfolgs- und Misserfolgsfaktoren bei Wiedereröffnungen und Modernisierungen von (grenzüberschreitenden) Regionalverkehrslinien in Randregionen. Die Untersuchung stützt sich auf zwei belgisch-französische (Mons- Valenciennes und Namur-Charleville-Mézières) sowie zwei schweizerisch-französische Linien (Delémont-Belfort und Neuchâtel-Besançon). Das öffentliche Problem besteht im Fehlen eines öffentlichen Verkehrsmittels, welches das vorhandene Potential im Einzugsbereich der betrachteten Linien vollständig ausnützt (unvollständige Ausnützung des vorhandenen Transportmarktes). Die zu überwindenden Hindernisse auf dem Gebiet des Eisenbahnwesens können juristischer Natur sein. Es handelt sich dabei um gewisse juristische Vorschriften w. z. B. Interoperabili- tätsstandards, die Abwesenheit einer klaren Definition des Begriffes «Regionalverkehr» auf europäischer Ebene, Sicherheitsstandards (Bahnübergänge) oder Massnahmen zu Gunsten von Behinderten, die Wiedereröffnungen behindern können, weil diese Standards keine Rücksicht auf die Gegebenheiten von Regionallinien mit einem geringen Nachfragepotential nehmen. Technische Vorgaben stellen nur selten ein Hindernis bei Wiedereröffnungen dar. Dies kann dann der Fall sein, wenn zwei Eisenbahnnetze mit unterschiedlichen Betriebsphilosophien aufeinander treffen (Netz mit Taktverkehr und unvertaktete Netze). Bei Wiedereröffnung von Eisenbahnlinie ist festzustellen, dass auf politischer Ebene keine Definitionen in Bezug auf Basisangebot und der minimalen Nachfrage bestehen. Bisweilen ist ein starker Kontrast zwischen einem schlechten Infrastrukturzustand und einem darauf verkehrenden modernem Rollmaterial festzustellen. Gerade diese Infrastruktur spielt auf geopolitischer Ebene eine wichtige Rolle. Wird diese korrekt betrieben (attraktives Angebot, Fahrzeit, Umsteigeverbindungen), erlaubt sie einer ganzen Region eine Lösung aus der Isolation. Die Wiedereröffnung eines fehlenden Teilstücks kann die geopolitische Situation einer Region positiv verändern, wie das Beispiel der Linie Mons-Valenciennes zeigt. Gleichzeitig kann das Argument der geopolitischen Position eine Wiedereröffnung behindern, auch wenn die vorgebrachten Argumente nicht stichhaltig sind, wie das Beispiel der Linie Dinant-Givet beweist, die angeblich einen bestehenden Eisenbahgüterverkehrskorridor konkurrenzieren soll. Der Einfluss von Hochgeschwindigkeitsstrecken auf Randregionen wird oft überschätzt. Im Gegensatz dazu wird die Anwendbarkeit des Konzeptes der vier Kapitalien (konstruiertes, soziales, natürliches und Human-Kapital) bei der Anwendbarkeit im öffentlichen Verkehr unters-chätzt. Der verwendete Analyseraster der vier Kapitalien erlaubt die Anwendbarkeit dieses Ansatzes auf grenzüberschreitende Eisenbahnlinien, trotz des Fehlens von Daten für zahlreiche Indikatoren, zu untermauern. Die Evaluation der betrachteten Linien hat gezeigt, dass die französischen Schienenregionalverkehrslinien einen bedeutenden Rückstand in Bezug auf die Leistungsfähigkeit vorweisen. Dies wird durch die Anwendung des Analyseraster der vier Kapitalien bestätigt. Der Einsatz, der in dieser Arbeit entwickelten Planungsmethode auf die vier grenzüberschreitenden Regionalverkehrslinien hat gezeigt, dass die heutige Betriebsweise von Regionalverkehrslinien das vorhandene Potential nicht ausschöpft. Der vorgeschlagene Ansatz basiert auf dem Dreieck «Angebot - Infrastruktur - Rollmaterial» in dem die Benützerlnnen im Zentrum stehen. Jedoch steht die Entwicklung einer Vision für die betroffene Region und Linie vor dem Beginn jeder Planung im Zentrum, bei der die Eisenbahnlinie als strukturierende Achse benützt wird. Diese manifestiert sich in einer Fahrplanstruktur, die das langfristig gewünschte Angebot mit idealen Fahrzeiten und Umsteigeknoten mit anderen Verkehrsmitteln beinhaltet. In dieser Weise können die Regionalverkehrslinien einen Beitrag zu einem Paradigmawechsel beitragen, der auch in Randregionen einen Lebensstil fördert, der vermehrt auf den öffentlichen Verkehr als auf den motorisierten Individualverkehr setzt. - L'obiettivo di questo studio è quello di identificare i fattori di successo e di fallimento relativi alla riapertura e modernizzazione di linee ferroviarie transfrontaliere e non in aree limitrofe. L'indagine si basa su due linee franco-belghe (Mons-Valenciennes e Namur-Charleville- Mézières) e due linee franco-svizzere (Delémont-Belfort e Neuchâtel-Besançon). Il problema pubblico è la mancanza di mezzi di trasporto pubblico che sfruttino il potenziale esistente nel bacino d'utenza interessato (sottoutilizzazione del mercato dei trasporti). Gli ostacoli da superare nel settore del trasporto ferroviario possono essere di natura giuridica - vale a dire, requisiti legali come alcuni standard d'interoperabilità, l'assenza di una definizione del termine «treno regionale» a livello europeo, la sicurezza (passaggi a livello) o misure a favore di persone a mobilità ridotta, che possono ostacolare o impedire la riapertura o modernizzazione di linee regionali poiché queste norme non vengono adattate alla realtà delle linee il cui potenziale è basso in termini di viaggiatori e merci. A un altro livello è raro che aspetti tecnici costituiscano degli ostacoli. Tuttavia è il caso quando due reti ferroviarie perseguono filosofie antagoniste (rete cadenzata e non cadenzata). Per riaprire le linee si rileva una mancanza di definizioni chiare, a livello politico, del collegamento di base e delle soglie minime di frequentazione. A volte vi è un netto contrasto tra un'infrastruttura degradata e un modernissimo materiale rotabile, segno della mancanza di sensibilizzazione per la manutenzione delle infrastrutture ferroviarie. Eppure queste strutture svolgono un ruolo importante a livello geopolitico. Correttamente gestite (offerta, tempi di percorrenza, coincidenze), permettono l'apertura verso l'esterno di un'intera regione. La riapertura di un tassello mancante può cambiare la posizione geopolitica di una regione, come nel caso di Mons-Valenciennes. Allo stesso tempo, tuttavia, l'argomento dell'impatto geopolitico, anche se infondato, può ostacolare una riapertura - come nel caso di Dinant-Givet che sembra fare concorrenza a un'altra linea esistente. L'impatto delle linee ad alta velocità sulle regioni limitrofe è spesso sovrastimato. In compenso, l'attuabilità del concetto dei quattro capitali (capitale fabbricato, sociale, naturale e umano) è sottovalutata nel settore dei trasporti pubblici. Le griglie d'analisi dei quattro capitali ci hanno effettivamente permesso di dimostrare l'applicabilità del concetto alle linee ferroviarie transfrontaliere, nonostante la mancanza di misurabilità di alcuni indicatori. La valutazione delle linee selezionate in supporto alla nostra griglia d'analisi mostra che le linee regionali francesi accusano un pesante ritardo in termini di prestazioni. Questo dato di fatto è confermato nei quattro capitali. Applicando il nostro metodo di pianificazione alle linee ferroviarie (transfrontaliere), si osserva che le attuali linee non sfruttano a sufficienza il loro potenziale. L'approccio proposto è basato sul triangolo «offerta / infrastrutture / materiale rotabile» e si articola attorno agli utenti. Prima di qualsiasi pianificazione, è necessario sviluppare una visione per la regione e la linea coinvolta, in cui la ferrovia servirà come asse strutturale. La visione si manifesta attraverso un orario che rifletta l'offerta desiderata a lungo termine, con tempi di percorrenza ideali e nodi di coincidenza con altri mezzi di trasporto. In questo modo, le linee regionali possono contribuire a un cambiamento di paradigma che favorisca uno stile di vita più focalizzato sui servizi di trasporto pubblico che sul trasporto individuale - anche nelle regioni limitrofe.

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F. 1-48. Le Roman de Renart. Le manuscrit, qui a été doté du sigle O dans les différentes éditions, est incomplet de la fin et mixte, proposant une structure relativement inédite. Il a récemment fait l’objet d’une édition critique par Aurélie Barre : Édition critique et littéraire du manuscrit O du « Roman de Renart » ( f. fr. 12583), doctorat, Université Lyon III, 2005. F. 1a-14b. Branche I.F. 1a-7e. [Branche Ia : « Le jugement de Renart »]. « Pierres qui son enging et s’art / Mist es vers faire de Renart…-… Tant qu’il [re]fu en sa santé / Com il avoit devant esté ». – F. 7e-10b. [Branche Ib : « Le Siège de Maupertuis »]. « Messires Nobles l’empereres / Vint au chastel ou Renart ere …-… Et Renart ainsi s’en eschape, / Des or gart bien chascun sa chape ! ». – F. 10b-14b. [Branche Ic : « Renart teinturier, Renart jongleur »]. « Li rois a fait son ban crier, / Par tout plevir et afier …-… Puis fu Renart lonc tens en mue ; / Ne va, ne vient, ne se remue » (éd. Barre, p.117-233, v. 1-3217). . F. 14b-20bBranche II. F. 14b-20b. [Branche II : « Le duel judiciaire »]. « Messires Nobles li lions / O lui avoit toz ses barons …-… Et autre redirai aprés, / A itant de cestui vos lés » (éd. Barre, p. 235-289, v. 1-1522). F. 20b-25c. Branche III.F. 20b-22a. [Branche IIIa : « Renart et Chantecler »]. « Seignors, oï avez maint conte, / Que maint contierres vos aconte …-… Dou coc qui li est eschapez, / Quant il ne s’en est saoulez ». – F. 22a-22f. [Branche IIIb : « Renart et la mésange »]. « Que que cil se plaint et demente, / Atant es vos une mesenge …-… Assez a grant travail eü / de ce dont li est mescheü ». – F. 22f-23c. [Branche IIIc. « Renart et Tibert »]. « Que qu’il se plaint de s’aventure, / Qui li avient et pesme et dure …-… Tornez s’en est a mout grant paine …-… Si com aventure le maine ». – F. 23c-24e. [Branche IIId : « Renart et l’andouille »]. «Renart qui mout sot de treslüe, / Et qui mout ot grant fain eüe …-… Esfondree ert entr’eus la guerre, / Mes ne velt trive ne pes querre ». – F. 24e-25c. [Branche IIIe : « Tibert et les deux prêtres »]. « Thibert li chaz, dont je a dit, / Doute Renart assez petit …-… Qui touz nos a enfantosmez : / A paine en sui vis eschapez ! » (éd. Barre, p. 291-340, v. 1-1265). F. 25c-27d. Branche IV. F. 25c-26a. [Branche IVa : « Renart et Tiercelin »]. « Entre .II. mons, en une plangne / Tout droit au pié d’une montaigne …-… Fuiant s’en va les sauz menuz : / Ses anemis a confonduz ». – F. 26a-27d. [Branche IVb : « Le viol d’Hersent »]. « Cis plaiz fu ainsi deffinez / Et Renars s’est acheminez …-… Et est venuz a sa mesnie / Qui soz la roche est entasnie » (éd. Barre, p. 341-359, v. 1-524). F. 27d-29d. Branche V. [« Renart et les anguilles »]. « Seignors, ce fu en cest termine / Que li douz tens d’esté decline …-…Que de Renart se vengera / Ne jamés jor ne l’amera » (éd. Barre, p. 361-378, v. 1-514). F. 29d-31e. Branche VI. [« Le puits »]. « Prime covient tel chose dire / Dont je vos puisse faire rire …-… Et il le puet prandre en sa marge, / Sachiez qu’i li fera domage ! » (éd. Barre, p. 379-396, v. 1-537).. 31e-39c. Branche VII. F. 31e-32e. [Branche VIIa : « Le jambon enlevé »]. « [U]n jour issit hors de la lande / Isengrins por querre viande …-… .XV. jours va a grant baudour, / Onques Renars n’i fist sejour ». – F. 32c-32e. [Branche VIIb : « Renart et le grillon »]. « Renart s’en va tout son chemin. / Or veut (en) engignier Isengrin …-… Tornez s’en est grant aleüre / Et vet aillors querre droiture ». – F. 32e-36e. [Branche VIIc : « L’Escondit »]. « Atant s’apense d’une chose / Dont il sa fame sovent chose …-…Tant defoulé et tant batu / Qu’a Malpertuis l’ont enbatu ». – F. 36e-39c. [Branche VIId : « La confession de Renart »]. « Foux est qui croit sa male pense : / Mout remaint de ce que fox panse …-…L’escofle lor donne a mengier, / Qu’il en avoient grant mestier (éd. Barre, p. 397-470, v. 1-1960). F. 36c-48e. Branche VIII. [« Renart et Liétart »]. « Uns prestres de la Croiz en Brie, / Que Damediex doint bone vie …-… Ou au chiés ou a la parclose, / Qui n’est aüsés de la chose » (éd. Barre, p. 471-554, v. 1-2470). F. 48e. Branche IX (v. 1-86). [« Les Vêpres de Tibert »]. « Oiez une novele estoire / Qui bien doit estre en mémoire …-… Jel conterai a Hameline, / La foi et la reconnoissance… » (éd. Barre, p. 555-557, v. 1-85).

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Fragment d'une chronique rédigée en partie d'après Sigebert, de 991 à 1099 ; -- F. 97, Collection de lettres du XIIe siècle dont plusieurs se rattachent à l'histoire de Saint-Victor ; -- F. 159, Sur Otton, évêque de Padoue ; -- F. 164, Sur les maires du Palais ; -- F. 165, Chronique des rois de France de 985 à 1437 ; -- F. 172, Lettres du XIIIe siècle dont beaucoup sont de Clément IV, avec des statuas synodaux ; -- F. 266, Liste des évêques ayant siégé au concile de Latran en 1179 ; -- F. 270, Raimundus arbor philosophie amoris ; -- F. 297, Epitome super cognitione sui auctore Petro Seguier ; -- F. 368, Chronique de Normandie. Copiés sur le ms. Latin 14663, f. 168v.F. 392, Fragment de la chronique de Girard de Frachet.

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Ce travail de recherche a visé deux aspects: celui d'identification et d'analyse des textes et celui de parution des deux premières traductions en langue anglaise et italienne des contes. La recherche s'est développée essentiellement tenant compte de trois notions importantes: dialogue, intertextualité et intercultureLa première étape a donc été de repérer la première traduction en langue italienne et anglaise des contes pour une évaluation du texte qui puisse ainsi permettre de commencer le parcours d'analyse comparée. En ce qui concerne celle anglaise il y avait déjà une date certaine, 1729, et le nom du traducteur: Robert Samber; La version anglaise, ayant paru en 1960 dans une édition partielle sous la direction de Jacques Barchilon et Henry Pettit, était plus facile à repérer; en outre la British Library avait dans son catalogue celle originelle et complète de 1729. Repérer la version italienne a pris plus de temps et a été complexe car on ne connaissait que certaines dates, 1754 et 1752, et aucune autre indication. La première des deux s'avérait inexacte, tandis que la deuxième était celle d'une réédition mais ce n'était pas la date de la première traduction italienne. Traduction que l'on estimait ne plus exister, ou bien perdue. Toutefois, au cours des recherches préliminaires j'ai finalement trouvé une édition en italien des contes de 1727: c'est la plus ancienne connue et, peut-être, c'est bien la première traduction italienne et, de toute façon, à considérer comme la première dans une langue européenne. Les chapitres initiaux se développent autour de l'aspect qui concerne le complexe dialogue interculturel qui a eu lieu et qui a mené, à travers une compliquée mosaïque d'intrigues, au changement de perspective d'un genre dans les différentes cultures: de cunto à conte de fées d'un côté et de conte de fée à fiaba et à fairy taie de l'autre. Les chapitres successifs sont consacrés à la présentation du texte des deux traductions et à l'analyse de celui-ci selon la méthode de la comparaison différentielle. La partie qui concerne plus précisément l'analyse du texte des deux traductions vise à mettre en exergue tous les points de divergence de celui français de l'édition Barbin de 1697, qui est repris ici pour les deux traductions comme le texte fondamental de départ, et a représenté d'un côté l'élément pour une évaluation de l'oeuvre du traducteur et de l'autre a fourni les éléments pour comprendre quel a été l'accueil du texte lui-même dans le nouveau contexte culturel cible. Les points de vue littéraire et linguistique ont été privilégiés dans la recherche, par rapport à celui folkloriste et anthropologique.Avec cette étude on a démontré que, dans les contextes linguistiques et culturels anglais et italien visés, il y a une présence des contes de Perrault. Que cette présence se réalise par l'intermédiaire du travail de traduction qui en a modifié et, parfois, changé la perspective et le plan énonciatif du message selon la nécessité dans laquelle se trouvait le traducteur. Et enfin que chacune des deux traductions peut être considérée comme une ré-énonciation sui generts.Etant donné que les textes des deux traductions ne sont pas faciles à repérer, celui italien de 1727 est à considérer comme une véritable découverte éditoriale, leur parution intégrale constitue non seulement un complément indispensable à la recherche mais aussi une contribution pour leur connaissance et leur étude et approfondissement supplémentaires.

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Oggetto della tesi è la poesia volgare prodotta nell'orbita della corte viscontea nel corso del Trecento e del primo Quattrocento. La presente ricerca si propone di illustrare il contesto culturale lombardo e correggere alcuni giudizi di colore avanzati dagli studi positivistici di fine Ottocento e inizio Novecento, attraverso un'indagine rigorosa sui testi scritti attorno ai Visconti, dei quali si propone un'edizione filologicamente sorvegliata, accompagnata da uno studio sulla tradizione manoscritta, da cappelli introduttivi, apparati critici e note di commento. Una prima sezione ospita il corpus di rime dell'aretino Braccio Bracci: tre canzoni {Silenzio posto aveva al dire in rima-, O aspettato dalla giusta verga e lo scambio epistolare fittizio Soldan di Bambilonia et ceterà-Illustri e serenissimo, alto e vero) e quindici sonetti (O tesorier, che 7 bel tesor d'Omero-, Antonio mio, tua fama era inmortale; Deh, non guastare il popol cristiano; O santo Pietro, per Dio, non restare; El tempio tuo, che tu edificasti-, Veggio l'antica, dritta e ferma Scala-, Messer Luigi, vostra nobil fama-, Volse Traian, quando la vedovella-, Firenze, or ti rallegra, or ti conforta-, O infamato da ' lucenti raggi-, Sette sorelle sono a mme venute-, Sempre son stato con gran signoria; Se Ile cose terrene al possesore; Sia con voi pace, signor' fiorentini). La seconda sezione accoglie dodici sonetti attribuiti al fiorentino Marchionne di Matteo Arrighi {Deh, quant 'egli è in villa un bello stare; Omé, e ' mi par che Ila mia rota torca; Acciò che veggi chiaro il mio sonetto; Tu non potrai più bere alle stagioni; O Iscatizza di vii condizione; Se mille volte il dì tu m'uccidessi; Io n'ò 'n dispetto il Sole e Ila Luna; Tanto mi piace l'angelico sono; Lasso, tapino a mme, quando riguardo; Era venuta nella mente mia; Io ti ricordo, caro amico fino; Solo soletto ma non di pensieri). Nella terza sezione si propongono due canzoni viscontee del magister Giovanni da Modena, La mia gravosa e disformata vita e Ne l'ora che la caligin nocturna . La quarta e ultima sezione è dedicata ad alcune poesie anonime viscontee: sei sonetti (Egli è gran tempo, dolce Signor mio; Quela dolce saeta che nel core; Stan le cita lombarde co le chiave; Cesere in arme fu feroce e franco; l'pensava stancar la destra mano; Poniam silenzio a tutti i gran Signori), due ballate (Chi troppo al fuoco si lassa apressare e Io udii già cantare), due Lamenti di Bernabò Visconti in ottava rima (Novo lamento con doglioxo pianto e l'prego Idio eh 'è Signore e Padre, quest'ultimo pronunciato da un tal Matteo da Milano) e una canzone in morte del duca Gian Galeazzo {Fortuna c 'ogni ben mundan remuti).

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La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.

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O artigo procura acompanhar as linhas de força envolvidas na concepção deleuzeana de causalidade, particularmente em suas distâncias para com as noções equivalentes no mecanicismo, no platonismo e no hegelianismo. O interesse é ressaltar como tal noção, desde que sublinhada como causalidade interna ou causa sui, favorece o estabelecimento da diferença como origem do ser, requisito ontológico fundamental no pensamento de Deleuze. Para tanto, mostraremos, argumentando em favor da pertinência do comentário de Michael Hardt, o contexto que, atravessando especialmente as relações de Deleuze com a produção de Bergson, situa a causalidade na imanência, na mesma medida em que a afasta do território da negação. Nessa direção, vamos nos valer ainda de aspectos vinculados a uma interessante controvérsia de tradução.