911 resultados para Religious Conflicts
Resumo:
Il presente lavoro approfondisce le tematiche della conflittualità e della separazione etnica, sociale, religiosa, generazionale e culturale. In particolare, riporta i risultati di ricerche condotte in alcuni degli attuali contesti urbani più carichi di tensioni conflittuali, cercando di individuare i motivi vicini e remoti del confligere, le attività messe in atto per contenere le tensioni e le relative necessità educative poste in primo piano. L’elaborato si compone di cinque parti. La prima parte consiste in una riflessione teorica sulle dinamiche che caratterizzano le interazioni sociali nello spazio cittadino. Nella seconda parte viene trattato il tema del settarismo in Scozia, che vede contrapposti i cattolici di origine irlandese (generalmente tifosi della squadra di calcio dei Celtic) e i protestanti di sangue scozzese (generalmente tifosi dei Rangers). La terza parte ricostruisce la storia e il presente della lunga convivenza tra tatari musulmani e russi cristiano-ortodossi nei territori dell’attuale Repubblica etnica del Tatarstan, situata nel cuore della Russia europea, ponendo particolare attenzione agli aspetti religiosi, linguistici, culturali ed educativi. La quarta parte parla del disagio nelle periferie europee, manifestatosi in modo eclatante con le rivolte giovanili in Francia (2005) e nel Regno Unito (2011). La parte conclusiva, infine riprenderà alcuni degli elementi emersi per proporre una riflessione di tipo pedagogico atta ad affrontare in tutta la sua complessità, e con approcci nuovi, il tema della città divisa, con le relative conflittualità, i confini e le prove di comunità.
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La tesi descrive e analizza la geografia delle moschee in Italia, un tema di grande attualità, in particolare per quanto riguardo il quadro degli studi geografici. La tesi ripercorre quello che è stato il processo di insediamento delle moschee in Italia, attraverso lo studio di casi esemplari, e analizza l’impatto che tale presenza ha esercitato sul territorio italiano, ed in particolare nel contesto urbano di Milano. Questo lavoro, infatti, permette di osservare il “processo di visibilizzazione” che una religione, assente fino a pochi decenni fa dal paesaggio italiano, imprime sul territorio, attraverso i luoghi di culto, le moschee. Il cuore di questo lavoro riflette sulla dimensione della “costruzione dello spazio” evidenziata dalla realizzazione di moschee. Infatti, i frequenti conflitti che accompagnano la proposta o la realizzazione di moschee dimostrano che non tutti hanno ugualmente “diritto alla città”, a un “posto” nello spazio. Le moschee non rappresentano solamente il simbolo della presenza di musulmani nello spazio europeo. Attraverso di esse è possibile leggere la posizione dei musulmani nella società italiana. Le sale di preghiera sorte inizialmente nelle città italiane, e in questo caso a Milano, in luoghi residuali e precari (cantine, garage, etc.) rappresentano una prima fase dell’insediamento dei musulmani nello spazio urbano. Un insediamento poco visibile e poco organizzato visto dalle istituzioni e dalla società senza grandi reazioni negative. I conflitti si innescano invece nel passaggio al tempo del riconoscimento, dell’istituzionalizzazione, in cui una presenza che si pensava temporanea o accidentale si fa stabile, organizzata, visibile e centrale. La realizzazione di moschee rappresenterebbe il passaggio da un’epoca di insediamento spontaneo di una minoranza religiosa arrivata recentemente al momento dell’istituzionalizzazione, dell’attribuzione di un “posto” riconosciuto e legittimo. Dunque, il passaggio dal tempo dell’ospitalità al “tempo del diritto alla città” e del riconoscimento.
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Für alle fünf zentralasiatischen Teilrepubliken kam der Zusammenbruch der Sowjetunion im Jahr 1991 relativ plötzlich und eher unerwartet. Der Prozess der „Transformation“ beinhaltete für die neu entstandenen Staaten nun nicht nur die Umstellung politischer und wirtschaftlicher Systeme, sondern ebenso die Organisation von Erinnerung und die Konstruktion von Identität, bei der die staatliche Nationalisierungspolitik oft Paradebeispiele von invented traditions her-vorbrachte. rnIn Kasachstan, dem Land, das während der Sowjetzeit am stärksten russifiziert wurde und heute offiziell 120 Minderheiten zählt, stellt sich dabei die Frage, wie nationale Identitätsmus-ter konstruiert werden und wie Politik. Medien und Bevölkerung damit umgehen. Zwanzig Jahre nach der Unabhängigkeitserklärung des Landes und einer Phase, in der die Regierung mit einer Vielzahl von Maßnahmen versucht, den Identitätsfindungsprozess zu steuern, wurde im Rahmen dieser Arbeit erstmals eine empirische Studie zu der Frage durchgeführt, welche Bedeutungen bestimmte Identitätskonzepte für die lokale Bevölkerung haben. Während meh-rerer Forschungsaufenthalte von insgesamt vier Monaten in den Jahren 2010 und 2011 wurden in Hinblick auf die Fragestellung leitfadenorientierte Interviews und informelle Gespräche mit Teilen der kasachstanischen Bevölkerung geführt, teilnehmende Beobachtung, zwei Fragebo-genaktionen und eine Zeitungsanalyse durchgeführt sowie wissenschaftliche Studien und poli-tische Dokumente analysiert.rnDie Arbeit kommt zu dem Ergebnis, dass die Mehrheit der Befragten sich mehr oder weniger stark entweder über die Staatsbürgerschaft oder die ethnische Zugehörigkeit zur Titularnation mit dem Staat identifiziert. Auffällig ist die Bedeutung regionaler Identitäten für die Befrag-ten, die weder in der nationalen Identitätspolitik noch in der wissenschaftlichen Literatur von Wichtigkeit sind. Ethnische und religiöse Nivellierungen scheinen im Alltagsleben belanglos zu sein, aber in bestimmten anderen Kontexten eine entscheidende Rolle zu spielen. Starke Unterschiede in der Bedeutung verschiedener Identitätsmodelle lassen sich zwischen Stadt- und Landbevölkerung beziehungsweise zwischen sowjetisierten und nach der Wende repatri-ierten Kasachen ausmachen.rnEs ist anzunehmen, dass die Regierung der entscheidende Agent in der Identitätsfindung des Landes ist. Unter den Befragten zeigte sich, dass Identitätspolitik auf der pragmatischen Ebe-ne, beispielsweise in der Anerkennung von Russisch und Kasachisch als Staatssprachen, er-folgreicher ist als auf der emotionalen. rn
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This paper explores the religious implications of eroticism in Western culture since the Sexual Revolution, a period at once applauded for its open and immanent view of sexuality and denounced for its shamelessness and promiscuity. After discussing the work and effects of Alfred C. Kinsey, the father of the Sexual Revolution, I focus on a critical appraisal of Kinsey written by French theorist Georges Bataille (“Kinsey, the Underworld and Work,” in L’Erotisme, 1957). Bataille situates contemporary Western sexuality within a larger historical movement towards the “desacralization” of all aspects of human life: sex, under the scientific gaze of the Kinsey team, became simply another “object” to be analyzed and classified, and “good” sex defined solely in terms of frequency and explosiveness of orgasm. For many, including Hugh Hefner, this approach to sex occasioned a refreshing awakening from the long dark night of Victorian sexual repression. However, as Bataille’s protégé Foucault has shown, the scientific approach to sexuality often masks a desire to control and delimit sexual behaviour, not “liberate” it. Moreover, Bataille makes the point that the desacralization of sexuality denudes sex of a vital component—eroticism—which is necessary for real pleasure and ecstasy. Beyond the “moral” critiques one often hears leveled against Kinsey and his work, Bataille provides a “religious” critique, one that stands, perhaps surprisingly, on the “near side” of sexuality.