974 resultados para Colonia


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Quelle est la différence entre un flibustier et un pirate ? Ce projet de recherche est basé sur cette question enfantine. En fait, les historiens contemporains, qui ont consacré de nombreuses pages à la « piraterie » et à la « flibuste » de l’âge moderne, n’ont pas réussi à répondre à cette – apparemment – simple question. Les reconstructions et les théories développées, en fait, ont assimilé ces deux phénomènes, en traitant les deux termes comme de simples synonymes. Mais, si cela peut être considéré comme vrai aujourd’hui, il n'était pas au cours des XVIIème et XVIIIème siècles. À l'époque, pirate était équivalent de « hostis humani generis », et comme tel craint et persécuté. Les flibustiers, au contraire, ont été considérés comme l’un des groupes les plus importants dans les premiers établissements des îles de la Mer des Caraïbes. En outre, le terme flibustier, dans la correspondance des gouverneurs français, se réfère à un élément considéré comme essentiel pour la réussite du processus de construction de la colonie, et également cruciale pour la consolidation des établissements américains. C’est donc la relation spéciale entre les flibustiers et le Nouveau Monde est l’objet de cette thèse. En utilisant une approche historico-culturel, on a essayé de contextualiser le phénomène de la flibuste dans le « processus d’américanisation » des premières communautés européennes en Amérique. La relation étroite entre les colons des établissements français de Saint-Domingue (aujourd’hui Haïti) et les nombreux espaces - économique, militaire, diplomatique, social, humain - des Caraïbes a fait des flibustiers un élément fortement « américanisé ». Grâce à la lecture des documents d'archives et les mémoires des années entre 1684 et 1727, on a reconstruit la dynamique de la relation entre ce groupe et le contexte américain, avec une attention particulière à la dynamique culturelle et sociale.

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In questo lavoro si conduce un’indagine sulle relazioni tra letteratura, diritto e scienze mediche all’interno del romanzo cosiddetto "giudiziario", sviluppatosi in Italia nel periodo compreso tra l’Unità e i primi anni del XX secolo. La nostra analisi si concentra in particolare sulla costruzione della figura del delinquente, intesa come prodotto specifico della suddetta relazione interdisciplinare. In questa prospettiva, abbiamo rilevato che la caratterizzazione di tale figura costituisce il principale tra i procedimenti narrativi osservabili in vari romanzi del periodo postunitario. Concentrandoci inoltre sulla definizione del genere, abbiamo affrontato l’ormai annoso dibattito sulla nascita (quando non sull’esistenza stessa) del poliziesco italiano, dimostrando come solo all’interno di una stretta relazione tra letteratura, diritto e scienze mediche sia possibile cogliere a pieno il valore di questi romanzi nel processo di costruzione dell’identità nazionale. Il lavoro è diviso in due parti. Nella prima, di carattere storico, si propone una nuova definizione del genere "giudiziario", dopo aver vagliato e discusso le ipotesi sino ad ora avanzate dalla critica. Nella seconda parte si affrontano due casi di studio esemplari: La colonia felice di Carlo Dossi e Il romanzo di Misdea di Edoardo Scarfoglio. Su ognuno di essi abbiamo condotto un’accurata analisi testuale, che ci ha permesso di esaminare la caratterizzazione delle diverse figure delinquenti dimostrando l’efficacia del metodo interdisciplinare adottato con particolare riguardo alle teorie di Cesare Lombroso.

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Lo scritto ha l’obiettivo di definire dinamiche e cronologie di quel complesso processo espansionistico che portò Roma alla conquista dei territori dell’Ager Gallicus, partendo dall’analisi dettagliata della cultura materiale e dei rispettivi contesti di provenienza emersi dalle recenti indagini archeologiche realizzate dal Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università degli Studi di Bologna nella città di Senigallia. In armonia con quanto testimoniato dalle sequenze stratigrafiche documentate, si delineano quattro principali fasi di vita dell’abitato: la prima preromana, la seconda riferibile alla prima fase di romanizzazione del sito, la terza inerente allo sviluppo dell’insediamento con la fondazione della colonia romana e l’ultima riferibile all’età repubblicana. Emerge con chiarezza la presenza già dalla fine del IV-inizio III a.C., di un insediamento romano nel territorio della città, sviluppatosi con la fondazione di un’area sacra e la predisposizione di un’area produttiva. La scelta del sito di Sena Gallica fu strategica: un territorio idoneo allo sfruttamento agricolo e utile come testa di ponte per la conquista dei territori del Nord Italia. Inoltre, questo centro aveva già intrecciato rapporti commerciali con gli insediamenti costieri adriatici e mediterranei. La presenza di ceramica di produzione locale, il rinvenimento di elementi distanziatori e le caratteristiche geomorfologiche del sito, fanno ipotizzare la presenza in loco di un’officina ceramica. Ciò risulta di grande importanza dato che tutte le attestazioni ceramiche prodotte localmente e rinvenute nel territorio, fino ad oggi sono attribuite alle officine di Aesis e Ariminum. Dunque Sena Gallica sarebbe stata un centro commerciale e produttivo. La precoce presenza di ceramica a Vernice Nera di tipo romano-laziale prodotte localmente prima dell’istituzione ufficiale della colonia, che permette di ipotizzare uno stanziamento di piccoli gruppi di Romani in territori appena conquistati ma non ancora colonizzati, attestata a Sena Gallica, trova riscontro anche in altri centri adriatici come Ariminum, Aesis, Pisaurum, Suasa e Cattolica.

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Gli squali bianchi sono tra i più importanti predatori dei Pinnipedi (Klimley et al., 2001; Kock, 2002). La loro principale strategia di caccia consiste nel pattugliare le acque circostanti ad una colonia di otarie e nell’attaccarle quando queste sono in movimento, mentre si allontanano o avvicinano all’isola (Klimley et al., 2001; Kock, 2002). Tuttavia, la strategia e la dinamica della predazione osservate anche in relazione al ciclo riproduttivo della preda e le tattiche comportamentali messe in atto dalla preda per ridurre la probabilità di predazione, e quindi diminuire la sua mortalità, sono ancora poco conosciute. Con questo studio, effettuato nell’area di Seal Island all’interno della baia di Mossel Bay in Sud Africa, abbiamo cercato di definire proprio questi punti ancora poco conosciuti. Per studiare la strategia e le dinamica di predazione dello squalo bianco abbiamo utilizzato il sistema di monitoraggio acustico, in modo da poter approfondire le conoscenze sui loro movimenti e quindi sulle loro abitudini. Per dare un maggiore supporto ai dati ottenuti con la telemetria acustica abbiamo effettuato anche un monitoraggio visivo attraverso l’attrazione (chumming) e l’identificazione fotografica degli squali bianchi. Per comprendere invece i loro movimenti e le tattiche comportamentali messi in atto dalle otarie orsine del capo per ridurre la probabilità di predazione nella baia di Mossel Bay, abbiamo utilizzato il monitoraggio visivo di 24 ore, effettuato almeno una volta al mese, dalla barca nell’area di Seal Island. Anche se gli squali bianchi sono sempre presenti intorno all’isola i dati ottenuti suggeriscono che la maggior presenza di squali/h si verifica da Maggio a Settembre che coincide con l’ultima fase di svezzamento dei cuccioli delle otarie del capo, cioè quando questi iniziano a foraggiare lontano dall'isola per la prima volta; durante il sunrise (alba) durante il sunset (tramonto) quando il livello di luce ambientale è bassa e soprattutto quando la presenza delle prede in acqua è maggiore. Quindi possiamo affermare che gli squali bianchi a Seal Island prendono delle decisioni che vanno ad ottimizzare la loro probabilità di catturare una preda. I risultati preliminari del nostro studio indicano anche che il numero di gruppi di otarie in partenza dall'isola di notte sono di gran lunga maggiori di quelle che partono durante il giorno, forse questo potrebbe riflettere una diminuzione del rischio di predazione; per beneficiare di una vigilanza condivisa, le otarie tendono in media a formare gruppi di 3-5 o 6-9 individui quando si allontanano dall’isola e questo probabilmente le rende meno vulnerabili e più attente dall’essere predate. Successivamente ritornano all’isola da sole o in piccoli gruppi di 2 o 3 individui. I gruppi più piccoli probabilmente riflettono la difficoltà delle singole otarie a riunirsi in gruppi coordinati all'interno della baia.

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Il Genius Loci, affrontato nelle sue caratteristiche e analizzato tra la perdita e la riscoperta del luogo, è il filo conduttore per la rilettura di un percorso, che si snoda attraverso le esperienze didattiche progettuali maturate durante il corso di studi. L’analisi del concetto di luogo avviene secondo la lettura data dagli architetti che in particolare ne hanno promosso il confronto, Aldo Rossi e Christian Norberg-Schulz, nella loro interpretazione volta alla riscoperta della memoria del luogo e dell’identificazione con esso. Se da una parte c’è una valutazione della sedimentazione storica, individuata come memoria imprescindibile; dall’altra c’è un apprezzamento delle caratteristiche intrinseche del sito, che ne costituiscono la sua identità. Il confronto con alcuni scritti di Umberto Cao e Franco Purini ha permesso di concludere un lungo discorso, riallacciandolo al dibattito culturale che aveva suscitato. Per avvicinarci a questo concetto di rispetto del luogo e alla sua valorizzazione si sono presentati due progetti, che ne rappresentano da una parte la piena realizzazione e dall’altra il fallimento e questi sono il Centro culturale Jean-Marie Tjibaou a Nouméa in Nuova Caledonia di Renzo Piano ed il progetto Nexus di un complesso di abitazioni a Fukuoka, in Giappone, coordinato da Arata Isozaky. I progetti maturati durante le esperienze didattiche e presentati per un confronto sul tema sono: Un giardino in forma di teatro, progettato per il quadrilatero di Cervia, con la professoressa Maura Savini; Tre edifici per uffici e pubblici esercizi, realizzati all’interno di un intervento di gruppo più ampio, sulla Vena Mazzarini, a Cesenatico, affrontati con il professor Jose’ Charters Monteiro; un Edificio per il rilevamento delle acque, in prossimità di Kleve, in Germania, realizzato durante il periodo Erasmus, svoltosi presso la Fachhochschule di Colonia, con il professor Hannes Hermanns.

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Homeorhetic Assemblies indaga le potenzialità tettoniche ed architettoniche derivanti dallo studio dei sistemi biologici decentralizzati, dei loro comportamenti e delle relazioni dinamiche con la colonia in termini di processi adattativi e costruttivi continui nel tempo. La ragione di questo interesse è radicata nei principi dell’ecologia applicata al design ed alle tecnologie di fabbricazione contemporanee, che vanno al di là della mera imitazione formale: ci si è quindi chiesto come raggiungere una spazialità complessa ed articolata, omogeneità di prestazioni ed una struttura continua caratterizzata da molti elementi aventi le stesse caratteristiche di forma e materiale. L’ecologia è lo studio di un insieme di economie, ovvero rapporti di scambio, tra un organismo ed il suo ambiente e l’efficenza dei pattern distributivi che derivano da queste relazioni sono fondamentali al fine del successo evolutivo del sistema stesso. I sistemi su cui ci si è concentrati sono caratterizzati dalla capacità di creare strutture a buon mercato (con l’uso di istruzioni semplici ed un unico materiale) e ad elevato grado di complessità ed efficienza, armonizzando l’aspetto formale con l’organizzazione materica e fisiologica. Il modello di comportamento considerato riguarda le dinamiche alla base della creazione degli alveari naturali creati dalle api millifere. Queste caratteristiche sono state codificate nella programmazione di un sistema multi agente composto da agenti autonomi in grado di interagire in un ambiente eterogeneo e capaci di depositare selettivamente elementi in una struttura composta da springs e particles, periodicamente stabilizzata ed ottimizzata. In un tale sistema, a priori sono note solo le relazioni locali per i singoli agenti ed il comportamento strutturale generale, mentre gli oggetti e gli eventi emergono in maniera non predeterminata come risultato di queste interazioni nello spazio e nel tempo. I risultati appaiono estremamente complessi ed eterogenei nella loro organizzazione spaziale, pur emergendo un set di elementi identificabili nella loro specifica singolarità (come ad esempio superfici, colonne, capriate etc...) ma che generano strutture continue, e creano grande differenziazione di densità e di disposizione dei singoli elementi all’interno della struttura. La ridondanza strutturale ottenuta è una scelta deliberata e permessa dall’automatizzazione della fase di costruzione attraverso la programmazione di robot, tramite i quali si intende realizzare un prototipo fisico delle strutture ottenute.

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The utopian communities of Finns are linked to world history and the great ideological foundations behind numerous utopian endeavors. In the paper, Finnish utopian communities will be described, compared, and contrasted by their ideological backgrounds and in a global context. In addition, the reasons for the dissolution of these settlements are analyzed. Even though the Finnish utopian communities are not often mentioned together with More's Utopia, or with Fourier, Owen, Cabet, or Oneida, they have an interesting history reaching back to the 1792 “New Jerusalem” plan in Sierra Leone. While the best-known Finnish utopian ventures are Sointula in Canada (1901-1905) and Colonia Finlandesa (1906-1940) in Argentina there were, however, almost twenty similar Finnish ventures around the world based on nationalism, utopian socialism, cooperative movements, “tropic fevers,” and religious ideas.

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Lack of access to oral health care frequently affects those of lower socio-economic level; individuals in this group experience more dental decay, and the caries experience is more likely to be untreated. Inadequate dental care access may be attributed to exclusion that is due to income, geography, age, race or ethnicity. Objective: The present study aims were to: (1) determine how oral disease prevalence and access to dental services in four US-Mexico Border unincorporated low socioeconomic settlements identified as colonias compare to each other and Laredo, Texas, and (2) determine if insurance status affects dental care access and/or disease prevalence. Methods: A secondary analysis of data from a retrospective chart review of 672 patients attending a Mobile Dental Van Program in the Webb County colonias. Demographic information, (ethnicity, age, gender, insurance coverage and colonia site), dental visits within past year, insurance status, presence of dental sealants, prevalence of untreated dental decay (caries), and presence of gum disease (gingivitis and periodontitis) were extracted. Pearson's chi-square tests (χ2) were computed to compare the prevalence of these outcomes between colonias and Laredo and their potential association with insurance status. Results: For 6 - 11 year olds, dental visits in the past year were lower for colonias (39%), than Laredo (58.5%) (p<0.002). Caries prevalence was higher for colonias (56.6%), than Laredo (37.1%) (p<0.001). Gum disease prevalence was higher in colonias (73%), than in Laredo (21.4%) (p<0.001). No significant differences were noted for caries (χ2=1.73; p<0.188) and gum disease (χ2=0.0098; p<0.921) by patient's insurance status. For adults 36 - 64 years of age, dental visits in the past year were lower in colonias (22.4%), than Laredo (36.3%) (p<0.001). Caries prevalence was higher for colonias (78.3%), than Laredo (54.0%) (p<0.001). Gum disease prevalence was also higher among colonias (91.3%) than Laredo (61.3%) (p<0.001). No significant differences were noted for caries (χ2=0.0010; p<0.975) and gum disease (χ2=0.0607; p<0.805) by patient's insurance status. Conclusion: Colonia residents seeking dental care at a Mobile Dental Van Program in Webb County have significantly higher prevalence of oral disease regardless of insurance status.^

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1. Extensión de las capacitaciones en entrevistas a docentes y alumnos: Los talleres de capacitación que hemos iniciado en la Escuela Normal Nº 4 de Oberá, en la Primera Etapa del Proyecto, comenzaron a rendir los primeros frutos. Efectivamente, los mismos docentes fueron quienes dieron difusión a nuestro trabajo haciendo posible que la experiencia se extendiera a otras escuelas de la ciudad y de las colonias que se nutren de ella. La Escuela de Comercio Nº 1 de Oberá; la Escuela de Comercio Nº 11 de la localidad 25 de Mayo y la Escuela Nº 587 Colonia Paraíso, Municipio de Campo Ramón, han incorporado a sus prácticas docentes, la historia oral. 2. Realización de entrevistas a distintos actores sociales por parte de los alumnos involucrados en los distintos proyectos áulicos: El trabajo llevado a cabo por adolescentes de entre quince y diecinueve años de las escuelas públicas mencionadas, es sumamente valioso, no solo por los testimonios que han aportado al proyecto sino, esencialmente por el proceso que lleva a un joven a acercarse a un adulto, generalmente un adulto mayor, en busca de sus recuerdos. Los protagonistas en este proceso de enseñanza son los alumnos, que aprenden a hurgar en la memoria de sus mayores, terreno en donde pueden hallar sus raíces. 3. Participación en el Programa de Actividades de la Semana en conmemoración de los 40 años del Movimiento Agrario Misionero: A través de uno de los proyectos áulicos de la Escuela de Comercio Nº 1, los estudiantes participaron en las actividades de conmemoración del aniversario del MAM, entidad que nuclea a los trabajadores del agro y que tiene su sede en la ciudad de Oberá. 4. Reafirmación de los vínculos con las instituciones locales: A partir de los trabajos de taller en las diferentes escuelas y las entrevistas efectuadas por los alumnos para sus respectivos trabajos de investigación, los objetivos de nuestro proyecto fueron difundiéndose coadyuvando de esta manera a afianzar nuestros vínculos con las escuelas y el municipio. Además se nos abrieron otras puertas como el MAM (Movimiento Agrario Misionero) organización que tiene una larga trayectoria de lucha en las reivindicaciones de los derechos de los trabajadores del agro en la provincia de misiones. Evaluación del proceso. En el transcurso de este primer año de implementación del proyecto, se ha dado cumplimiento a las actividades programadas. Más allá del cumplimiento de los objetivos que nos propusimos cuando proyectamos este trabajo, nos llena de satisfacción la progresiva ampliación de nuestra propuesta inicial de recuperación de la memoria. El interés y el entusiasmo que suscita tanto en docentes como en alumnos, la posibilidad de indagar en la memoria de los suyos (abuelos, vecinos, maestros, etc.) y descubrir historias de vida que, sumándolas o confrontándolas, les permite ir armando un entramado de relaciones que es la historia misma del barrio, de la colonia o del pueblo, nos produce una gran complacencia. Descubrimos que no es ya solamente la historia en sí la que nos interesa, sino lo que generamos en los jóvenes. Despertar el interés en su propia historia, el sentimiento de pertenencia al lugar en el que viven y en el que estudian. Entender que forman parte de una comunidad con características culturales propias, con una identidad peculiar que los hace particularmente diferentes e iguales a la vez. Comprender que esa identidad que les es propia la fueron construyendo sus mayores, y lo más importante: saber que están en condiciones de re-construir juntos esas historias. Por otro lado el momento afectivo que se genera cuando el estudiante escucha los relatos, las evocaciones de los “abuelos” y la emoción que se observa cuando relata a los compañeros y a los docentes la experiencia vivida en la entrevista. Y el otro aspecto importante de la entrevista es la valorización de los objetos que atesoraban los abuelos: cartas, fotos, herramientas, muebles, vestidos, etc. acompañaban el relato de los jóvenes y terminan siempre en la necesidad de exponer esas prendas en una muestra organizada por ellos mismos. Allí, la presencia de abuelos, padres, hermanos, maestros y vecinos, trasmite el lazo entre el presente y el pasado, entre nuevas y viejas generaciones. Se advierte la alegría, el amor, la emoción entre los asistentes y el orgullo de los padres viendo a sus hijos tan comprometidos con sus estudios. Y a los profesores satisfechos con el trabajo realizado por sus alumnos. Entonces es cuando reafirmamos el valor de la historia oral como herramienta para sacar a la luz esas historias de vida, silenciadas y subestimadas y que revela, además, quienes son los verdaderos protagonistas de la historia. Y reafirmamos también, el rol de la universidad en el trabajo con la sociedad.

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Este proyecto consiste en un análisis histórico económico de las condiciones y factores de desarrollo de Santa Ana (Misiones), en el lapso que media entre la creación trunca de la colonia correntina –muy poco antes de la fundación de la colonia nacional, en 1883-, y los primeros años de la provincialización. El punto de partida se fundamenta en que tanto la iniciativa correntina como la nacional tuvieron entre otros móviles el demostrar la potencialidad de una zona considerada “inmensamente rica”, para albergar y dar prosperidad a mucha gente. El fin del período se coloca cerca de 1960, porque es en este momento cuando la idea de “desarrollo”, que comenzó a plantearse a fines del S XIX, se formaliza ideológica y políticamente. En la joven provincia comienzan a sentirse los efectos del nuevo marco político institucional, la producción se va apartando del modo extractivo, y la infraestructura vial configura un orden geoeconómico muy diferenciado del que proporcionaba el río. Paralelamente los censos de población muestran que la proporción de habitantes rurales cede frente a la urbana. En este lapso, la segunda colonia nacional fue un polo de atracción para uno de los primeros grupos europeos en Misiones, y por un corto lapso un centro azucarero que apuntaba a dejar atrás a los del NOA, con ingenios de gran porte –entre ellos el del mismísimo primer gobernador del territorio; experimentó rebeliones de indígenas pampeanos reclutados forzadamente, realizó los primeros experimentos de cultivo de la yerba mate luego de la expulsión de los jesuitas, y tuvo uno de los puertos más importantes del territorio. Una investigación mayoritariamente exploratoria, se complementa con aproximaciones comparativas, particularmente en el análisis de la experiencia azucarera – que obliga a un manejo de los principales elementos de la cuenca tradicional-, y el desplazamiento de la producción yerbatera a la zona centro-sur. En este sentido el análisis histórico se integra con el geográfico y económico, de modo de obtener recursos metodológicos, como matrices demográficas, modelos de urbanización y utilización del espacio, estudios de costos y precios relativos, etc. Recíprocamente la reconstrucción de procesos en el tiempo, apunta a ponderar el peso de la acción individual y colectiva y la decisión política en situaciones contextuales específicas. Desde un concepto de desarrollo que enfoca un proceso de cambio social cuali-cuantitativo parcialmente dependiente de la acción privada y pública, podemos hablar entonces de la explicación histórica del subdesarrollo -o del no desarrollo-, o simplemente de la historia de la frustración, o del proceso asociado a ella.

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Introducción: El ambientalismo en la provincia ha convertido a la expansión de la frontera agrícola, representada por pequeños productores rurales mucho de ellos sin tierra, en los principales responsables de la degradación del principal ambiente a conservar: la Selva Misionera. La conversión o transformación de la selva con fines agrícolas que llevan a cabo los agricultores, a través principalmente de la técnica de tumba y quema, es considerada la principal causa de desaparición de la selva. En este trabajo se toma el caso de Colonia Pepirí, una pequeña comunidad de productores rurales que están asentados desde hace varios años dentro de los limites de Reserva de Biosfera Yabotí, una de las mas importantes áreas de conservación de la provincia. Esta colonia esta asentada sobre dos grandes lotes de propiedad privada en los que se realiza explotación de madera nativa. Si bien, en los últimos años se ha aceptado su presencia continúan las restricciones sobre muchas de las actividades que realizan. Con este trabajo de investigación se intentó ver la evolución en la ocupación del espacio, las características generales de esta ocupación y la utilización del ambiente natural. La intención era describir las principales características de la utilización de los recursos en esta colonia particular. Por tratarse de un área de conservación, en el cual un elemento crítico es la conservación de la selva. Se tomo especial consideración del uso del ambiente y sus recursos, así como los efectos producidos por las actividades agrícolas ganaderas sobre el monte. El presente trabajo esta organizado para su presentación en cuatro capítulos, el primero trata sobre los fundamentos de la política ambiental en la provincia y breve análisis de la misma basándome en algunas reflexiones teóricas dentro de la antropología. Un segundo capítulo que presenta una reseña de la Reserva de Biosfera Yabotí. En el tercer capitulo una caracterización de la Colonia Pepirí. Y un cuarto y ultimo donde se plantea los principales usos del espacio. Se incluyen además unos breves comentarios a modo de conclusión.

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La República de Haití, al igual que sus hermanas caribeñas, por su abigarrada mezcla de culturas surgidas de una historia común, resultado del sistema de Plantación y la servidumbre que le fueran impuestos por la colonización europea (hispánica, inglesa, francesa o neerlandesa), se encuadra en la acertada definición del cubano Benítez Rojo: el Caribe es una isla que se repite. Por la complejidad de los componentes culturales caribeños, este estudio intenta señalar que el encuentro o choque de culturas disímiles, la convivencia forzada, el modo de apropiación cultural de cada una de las regiones involucradas en la región desencadenaron respuestas culturales impredecibles como diversas. Lengua y religión son las matrices fundamentales de toda cosmovisión o manera de ver el mundo. El créo/e y la religión vudú no son sino respuestas de los esclavos sometidos al desarraigo de su cultura, a la pérdida de su identidad. Cada pueblo fabrica creencias a la altura de su desarrollo técnico y su estructura social. Haití es en definitiva una apretada síntesis de todas las tensiones y entrechoques de las fuerzas del Caribe. La "Perla de las Antillas", la más poderosa colonia francesa, es hoy una paradoja. No logró el acceso a la revolución industrial, su inestabilidad institucional y su pobreza endémica la transformaron en uno de los países más frágiles y vulnerables del planeta. Sin embargo, el levantamiento de los esclavos que diera origen a la primera independencia latinoamericana (1804) y primera República negra en la historia de la Humanidad, no tiene parangón, constituye un caso único.

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Este estudio se propone explicar el Vudú, esa religión mal conocida, desprestigiada, tergiversada por las revistas, los libros, las películas que se dicen serias y objetivas. De manera sistemática y con gran sensacionalismo, los medios extranjeros han contribuido a presentarla constantemente como una horrible acumulación de groseras supersticiones, orgías sexuales, magia negra, brujería y maleficios. Sin embargo, el Vudú haitiano no es sólo una religión recreada por los esclavos africanos en la colonia francesa de Santo Domingo, es por el contrario un Humanismo, un conjunto de tradiciones culturales que constituyen el cimiento que une al pueblo haitiano en los momentos de crisis y lo salva de la desesperanza. Gracias al Vudú, ciertos valores morales que se pierden en otros pueblos considerados "avanzados y civilizados" se encuentran todavía ligados a una red que condiciona todos los actos de la vida cotidiana de los haitianos de cualquier clase social a la que pertenezcan. Se presentan aquí los puntos clave de la filosofía vudú y su modo de transferencia de una generación a otra. De igual modo, el arte y la pintura de Haití, inspirados por el culto ancestral, han sorprendido al mundo por su vitalidad, su creatividad y su humanismo.

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Con el fin de conocer las últimas interpretaciones acerca de nuestro pasado regional, los videos de la serie "Mendoza, crónica de nuestra identidad", pretenden llevar adelante la tarea constante de construir y reconstruir una identidad que se mantenga abierta a los valores del pasado, pero también a la inevitable reformulación crítica de los mismos principios. La propuesta es generar un proceso de actualización y perfeccionamiento en el campo de la historia regional. En el documental LA LITERATURA DE MENDOZA, se describen las tendencias literarias en la provincia desde la época de la colonia a la actualidad. Los temas abordados son: - Los cronistas - El siglo XVIII - El Siglo XIX - El regionalismo literario - Vanguardia en Mendoza - Las últimas tendencias

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Nos hemos planteado los cambios de percepción de un accidente geográfico, como la cadena montañosa de los Andes, desde la Colonia hasta nuestros días, como un modo de comprender mejor nuestras maneras de ver el mundo. En efecto, la relación con el espacio avala universalmente la particularidad de las identidades, tal como ha sido estudiado por la antropología, entre otras disciplinas que se han ocupado de la problemática entre identidad y espacio. Nos interesa concentrarnos en las significaciones que le ha sido asignado al macizo andino en ciertas etapas, en uno y otro lado del mismo. La significación de muro que se le atribuye a la cordillera constituye una de las varias que existen y circulan en los textos literarios y no literarios. La relevancia que tiene ese punto de vista –el muro- se puede apreciar mejor en el campo de las relaciones internacionales entre ambos países. Sin embargo, existen otras relaciones espacio-representación que han alentado procesos integracionistas.