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Vertebrates have a central clock and also several peripheral clocks. Light responses might result from the integration of light signals by these clocks. The dermal melanophores of Xenopus laevis have a photoreceptor molecule denominated melanopsin (OPN4x). The mechanisms of the circadian clock involve positive and negative feedback. We hypothesize that these dermal melanophores also present peripheral clock characteristics. Using quantitative PCR, we analyzed the pattern of temporal expression of Opn4x and the clock genes Per1, Per2, Bmal1, and Clock in these cells, subjected to a 14-h light:10-h dark (14L:10D) regime or constant darkness (DD). Also, in view of the physiological role of melatonin in the dermal melanophores of X. laevis, we determined whether melatonin modulates the expression of these clock genes. These genes show a time-dependent expression pattern when these cells are exposed to 14L:10D, which differs from the pattern observed under DD. Cells kept in DD for 5 days exhibited overall increased mRNA expression for Opn4x and Clock, and a lower expression for Per1, Per2, and Bmal1. When the cells were kept in DD for 5 days and treated with melatonin for 1 h, 24 h before extraction, the mRNA levels tended to decrease for Opn4x and Clock, did not change for Bmal1, and increased for Per1 and Per2 at different Zeitgeber times (ZT). Although these data are limited to one-day data collection, and therefore preliminary, we suggest that the dermal melanophores of X. laevis might have some characteristics of a peripheral clock, and that melatonin modulates, to a certain extent, melanopsin and clock gene expression.

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Problem statement: The aim of the present study was to characterize and differentiate the effects of addition of flavomycin or monensin on ruminal fermentation and degradability as well as on total digestibility in bovine. Approach: Twelve non-pregnant and non-lactating cows (736 kg of BW) were randomly assigned to three treatments: control, flavomycin (20 mg animal-1 day-1) and monensin (300 mg animal-1 day-1). The trial lasted 21 days. The last 10 days were used for external marker administration (15 g of chromic oxide animal-1 day-1). The last 5 days of the trial were used for feces collection and evaluation of corn grain, soybean meal or sugarcane ruminal degradability and the 21st day was used for ruminal fluid sampling. Results: Monensin increased 27.2%, on average, propionate molar proportion at 0, 4, 6, 8, 10 and 12 h after feeding, compared to control and flavomycin groups. When compared to control, flavomycin reduced the degradation rate of soybean meal CP in 31.0%, decreasing the effective degradability when passage rates of 5 and 8% h-1 were used. Dry matter intake, pH, total Short Chain Fatty Acids (tSCFA) or ammoniacal Nitrogen (NH3-N) concentration were not influenced by the addition of either antibiotics. Effective degradability of sugarcane NDF was not influenced by the use of either antibiotic; neither were the TDN nor the digestibility of DM, CP, EE, NFE, ADF, NDF, GE or starch of the diet. Conclusion/Recommendations: In the present study, it was possible to show the beneficial effects of monensin but not of flavomycin, on rumen fermentation

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Loaded with 16% of the world’s population, India is a challenged country. More than a third of its citizens live below the poverty line - on less than a dollar a day. These people have no proper electricity, no proper drinking water supply, no proper sanitary facilities and well over 40% are illiterates. More than 65% live in rural areas and 60% earn their livelihood from agriculture. Only a meagre 3.63% have access to telephone and less than 1% have access to a computer. Therefore, providing access to timely information on agriculture, weather, social, health care, employment, fishing, is of utmost importance to improve the conditions of rural poor. After some introductive chapters, whose function is to provide a comprehensive framework – both theoretical and practical – of the current rural development policies and of the media situation in India and Uttar Pradesh, my dissertation presents the findings of the pilot project entitled “Enhancing development support to rural masses through community media activity”, launched in 2005 by the Department of Mass Communication and Journalism of the Faculty of Arts of the University of Lucknow (U.P.) and by the local NGO Bharosa. The project scope was to involve rural people and farmers from two villages of the district of Lucknow (namely Kumhrava and Barhi Gaghi) in a three-year participatory community media project, based on the creation, implementation and use of a rural community newspaper and a rural community internet centre. Community media projects like this one have been rarely carried out in India because the country has no proper community media tradition: therefore the development of the project has been a challenge for the all stakeholders involved.

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Lo sviluppo locale rappresenta, non solo per gli economisti, un tema di analisi sempre più rilevante sia al livello istituzionale che al livello scientifico. La complessità degli aspetti inerenti lo sviluppo locale richiede il coinvolgimento di diverse discipline, in ambito economico, politico, sociale e ambientale e di tutti i livelli istituzionali. Parallelamente è cresciuta l’esigenza di processi valutativi coerenti e sistematici, basati su di un numero sempre maggiore di strumenti e metodologie di valutazione. Dall’orientamento della Commissione Europea emerge del resto con sempre maggiore evidenza il binomio fra politica di sviluppo locale e valutazione, che coinvolge i diversi livelli di governo. Il presente lavoro realizza un quadro delle politiche di sviluppo locale, partendo dal livello europeo fino ad arrivare al livello locale, ed una successiva analisi di metodologie e strumenti di valutazione consolidati e di frontiera. La considerazione della valutazione come strumento strategico per le politiche di sviluppo locale trova applicazione nella realizzazione di una analisi comparativa di due aree di montagna. Tali aree, identificate nell’Appennino Bolognese e nell’area montana della Contea di Brasov in Romania, pur collocate in paesi a diverso livello di sviluppo, risultano confrontabili, in termini di similitudini e criticità, al fine di trarre considerazioni di policy inerenti il disegno di adeguate politiche di riqualificazione, mettendo in luce l’importanza del processo valutativo e la necessità di contribuire a diffondere una vera e propria cultura della valutazione.

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Oggetto di studio del dottorato sono stati i suoli forestali in ambiente litoraneo della Regione Emilia-Romagna. In particolare sono state considerate quattro zone di studio in Provincia di Ravenna: Pineta di San Vitale, aree boscate di Bellocchio, Pineta di Classe e Pineta di Pinarella di Cervia. Lo studio in una prima fase si è articolato nella definizione dello stato del sistema suolo, mediante la caratterizzazione pedologica delle zone di studio. A tale scopo è stata messa a punto un’adeguata metodologia d’indagine costituita da un’indagine ambientale e successivamente da un’indagine pedologica. L’indagine ambientale, mediante fotointerpretazione ed elaborazione di livelli informativi in ambito GIS, ha permesso di individuare ambiti pedogenetici omogenei. L’indagine pedologica in campo ha messo in luce l’elevata variabilità spaziale di alcuni fattori della pedogenesi, in particolar modo l’andamento microtopografico tipico dei sistemi dunali costieri e la profondità della falda freatica del piano campagna. Complessivamente sono stati aperti descritti e campionati 40 profili pedologici. Sugli orizzonti diagnostici di questi sono state eseguite le seguenti analisi: tessitura, pH, calcare totale, carbonio organico, azoto kjeldahl, conduttività elettrica (CE), capacità di scambio cationico (CSC) e calcare attivo. I suoli presentano, ad eccezione della tessitura (generalmente grossolana), un’elevata variabilità delle proprietà chimico fisiche in funzione della morfologia, della profondità e della vicinanza della falda freatica. Sono state riscontrate diverse correlazioni, tra le più significative quelle tra carbonio organico e calcare totale (coeff. di correlazione R = -0.805 per Pineta di Classe) e tra calcare totale e pH (R = 0.736), dalle quali si è compreso in che misura l’effetto della decarbonatazione agisce nei diversi ambiti pedogenetici e tra suoli con diversa età di formazione. Il calcare totale varia da 0 a oltre 400 g.kg-1 e aumenta dalla superficie in profondità, dall’entroterra verso la costa e da nord verso sud. Il carbonio organico, estremamente variabile (0.1 - 107 g.kg-1), è concentrato soprattutto nel primo orizzonte superficiale. Il rapporto C/N (>10 in superficie e molto variabile in profondità) evidenzia una efficienza di umificazione non sempre ottimale specialmente negli orizzonti prossimi alla falda freatica. I tipi di suoli presenti, classificati secondo la Soil Taxonomy, sono risultati essere Mollic/Sodic/Typic Psammaquents nelle zone interdunali, Typic Ustipsamments sulle sommità dunali e Oxiaquic/Aquic Ustipsamments negli ambienti morfologici intermedi. Come sintesi della caratterizzazione pedologica sono state prodotte due carte dei suoli, rispettivamente per Pineta di San Vitale (scala 1:20000) e per le aree boscate di Bellocchio (scala 1:10000), rappresentanti la distribuzione dei pedotipi osservati. In una seconda fase si è focalizzata l’attenzione sugli impatti che le principali pressioni naturali ed antropiche, possono esercitare sul suolo, condizionandone la qualità in virtù delle esigenze del soprasuolo forestale. Si è scelta la zona sud di Pineta San Vitale come area campione per monitorarne mensilmente, su quattro siti rappresentativi, le principali caratteristiche chimico-fisiche dei suoli e delle acque di falda, onde evidenziare possibili correlazioni. Le principali determinazioni svolte sia nel suolo in pasta satura che nelle acque di falda hanno riguardato CE, Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, SO4 2-, HCO3 - e SAR (Sodium Adsorption Ratio). Per ogni sito indagato sono emersi andamenti diversi dei vari parametri lungo i profili, correlabili in diversa misura tra di loro. Si sono osservati forti trend di aumento di CE e degli ioni solubili verso gli orizzonti profondi in profili con acqua di falda più salina (19 – 28 dS.m-1) e profonda (1 – 1.6 m dalla superficie), mentre molto significativi sono apparsi gli accumuli di sali in superficie nei mesi estivi (CE in pasta satura da 17.6 a 28.2 dS.m-1) nei profili con falda a meno di 50 cm dalla superficie. Si è messo successivamente in relazione la CE nel suolo con diversi parametri ambientali più facilmente monitorabili quali profondità e CE di falda, temperatura e precipitazioni, onde trovarne una relazione statistica. Dai dati di tre dei quattro siti monitorati è stato possibile definire tali relazioni con equazioni di regressione lineare a più variabili. Si è cercato poi di estendere l’estrapolabilità della CE del suolo per tutte le altre casistiche possibili di Pineta San Vitale mediante la formulazione di un modello empirico. I dati relativi alla CE nel suolo sia reali che estrapolati dal modello, sono stati messi in relazione con le esigenze di alcune specie forestali presenti nelle zone di studio e con diverso grado di tolleranza alla salinità ed al livello di umidità nel suolo. Da tali confronti è emerso che per alcune specie moderatamente tolleranti la salinità (Pinus pinea, Pinus pinaster e Juniperus communis) le condizioni critiche allo sviluppo e alla sopravvivenza sono da ricondursi, per la maggior parte dei casi, alla falda non abbastanza profonda e non tanto alla salinità che essa trasmette sull’intero profilo del suolo. Per altre specie quali Quercus robur, Populus alba, Fraxinus oxycarpa e Ulmus minor moderatamente sensibili alla salinità, ma abituate a vivere in suoli più umidi, la salinità di una falda troppo prossima alla superficie può ripercuotersi su tutto il profilo e generare condizioni critiche di sviluppo. Nei suoli di Pineta San Vitale sono stati inoltre studiati gli aspetti relativi all’inquinamento da accumulo di alcuni microtossici nei suoli quali Ag, Cd, Ni e Pb. In alcuni punti di rilievo sono stati osservati moderati fattori di arricchimento superficiale per Pb e Cd riconducibili all’attività antropica, mentre le aliquote biodisponibili risultano maggiori in superficie, ma all’interno dei valori medi dei suoli italiani. Lo studio svolto ha permesso di meglio conoscere gli impatti sul suolo, causati dalle principali pressioni esistenti, in un contesto dinamico. In particolare, si è constatato come i suoli delle zone studiate abbiano un effetto tampone piuttosto ridotto sulla mitigazione degli effetti indotti dalle pressioni esterne prese in esame (salinizzazione, sodicizzazione e innalzamento della falda freatica). Questo è dovuto principalmente alla ridotta presenza di scambiatori sulla matrice solida atti a mantenere un equilibrio dinamico con le frazioni solubili. Infine le variabili ambientali considerate sono state inserite in un modello concettuale DPSIR (Driving forces, Pressures, States, Impacts, Responces) dove sono stati prospettati, in via qualitativa, alcuni scenari in funzione di possibili risposte gestionali verosimilmente attuabili, al fine di modificare le pressioni che insistono sul sistema suolo-vegetazione delle pinete ravennati.

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Clinically, the displacement of intravertebral fat into the circulation during vertebroplasty is reported to lead to problems in elderly patients and can represent a serious complication, especially when multiple levels have to be treated. An in vitro study has shown the feasibility of removing intravertebral fat by pulsed jet-lavage prior to vertebroplasty, potentially reducing the embolization of bone marrow fat from the vertebral bodies and alleviating the cardiovascular changes elicited by pulmonary fat embolism. In this in vivo study, percutaneous vertebroplasty using polymethylmethacrylate (PMMA) was performed in three lumbar vertebrae of 11 sheep. In six sheep (lavage group), pulsed jet-lavage was performed prior to injection of PMMA compared to the control group of five sheep receiving only PMMA vertebroplasty. Invasive recording of blood pressures was performed continuously until 60 min after the last injection. Cardiac output and arterial blood gas parameters were measured at selected time points. Post mortem, the injected cement volume was measured using CT and lung biopsies were processed for assessment of intravascular fat. Pulsed jet-lavage was feasible in the in vivo setting. In the control group, the injection of PMMA resulted in pulmonary fat embolism and a sudden and significant increase in mean pulmonary arterial pressure. Pulsed jet-lavage prevented any cardiovascular changes and significantly reduced the severity of bone marrow fat embolization. Even though significantly more cement had been injected into the lavaged vertebral bodies, significantly fewer intravascular fat emboli were identified in the lung tissue. Pulsed jet-lavage prevented the cardiovascular complications after PMMA vertebroplasty in sheep and alleviated the severity of pulmonary fat embolism.

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Bacterial contamination of endoscopy suites is of concern; however studies evaluating bacterial aerosols are lacking. We aimed to determine the effectiveness of air suctioning during removal of biopsy forceps in reducing bacterial air contamination.

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The Gaussian-3 (G3) model chemistry method has been used to calculate the relative ΔG° values for all possible conformers of neutral clusters of water, (H2O)n, where n = 3−5. A complete 12-fold conformational search around each hydrogen bond produced 144, 1728, and 20 736 initial starting structures of the water trimer, tetramer, and pentamer. These structures were optimized with PM3, followed by HF/6-31G* optimization, and then with the G3 model chemistry. Only two trimers are present on the G3 potential energy hypersurface. We identified 5 tetramers and 10 pentamers on the potential energy and free-energy hypersurfaces at 298 K. None of these 17 structures were linear; all linear starting models folded into cyclic or three-dimensional structures. The cyclic pentamer is the most stable isomer at 298 K. On the basis of this and previous studies, we expect the cyclic tetramers and pentamers to be the most significant cyclic water clusters in the atmosphere.

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No abstract available.

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Eosinophil extracellular traps (EETs) are part of the innate immune response and are seen in multiple infectious, allergic, and autoimmune eosinophilic diseases. EETs are composed of a meshwork of DNA fibers and eosinophil granule proteins, such as major basic protein (MBP) and eosinophil cationic protein (ECP). Interestingly, the DNA within the EETs appears to have its origin in the mitochondria of eosinophils, which had released most their mitochondrial DNA, but were still viable, exhibiting no evidence of a reduced life span. Multiple eosinophil activation mechanisms are represented, whereby toll-like, cytokine, chemokine, and adhesion receptors can all initiate transmembrane signal transduction processes leading to the formation of EETs. One of the key signaling events required for DNA release is the activation of the NADPH oxidase. Here, we review recent progress made in the understanding the molecular mechanisms involved in DNA and granule protein release, discuss the presence of EETs in disease, speculate on their potential role(s) in pathogenesis, and compare available data on other DNA-releasing cells, particularly neutrophils.

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Symptomatic narcolepsy is often related to hypothalamic, pontine, or mesencephalic lesions. Despite evidence of disturbances of the hypothalamic hypocretin system in patients with idiopathic narcolepsy, neuroimaging in patients with idiopathic narcolepsy revealed conflicting results and there is limited data on possible structural brain changes that might be associated with this disorder.