484 resultados para Verucchio Archeologia Paesaggio Esposizione
Resumo:
L’obbiettivo ultimo di questo elaborato è quello di valutare il rischio per un evento sismico e un evento idrogeologico di tre reti di condotte per la distribuzione dell’acqua, per poter assegnare ai vari gradi di rischio un opportuno intervento. Le condotte delle reti sono identificate con: ID, materiale, pressione nominale, diametro nominale, portata, spessore, tipologia di giunti, rivestimento, protezione catodica, anno di posa, collocazione. Noti i dati, si possono calcolare le classi dei fattori vulnerabilità, esposizione e pericolosità, relativa ad ogni singola condotta e all’intera rete. La vulnerabilità valuta i fattori di suscettibilità e resilienza di una condotta, l’esposizione valuta i costi ad essa associati e la pericolosità valuta la possibilità degli eventi scelti in base alla collocazione fisica della condotta. Le classi sono successivamente combinate per conoscere il rischio della condotta rispetto l’intera rete. Valutato il livello di rischio abbinato al livello di vulnerabilità della condotta, si ottiene l’intervento opportuno per la condotta analizzata.
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I campi di impiego della gomma da pneumatici fuori uso (PFU) nel settore stradale sono vari ed il numero di studi che comprovano l'utilizzo di questo materiale di riciclo è crescente. Il prodotto esaminato nella seguente ricerca è un legante bituminoso modificato (PmB tradizionale), al quale il poverino di gomma da PFU è aggiunto manualmente (meccanicamente) al miscelatore. La tecnologia è di tipo Dry, nella quale la frazione di gomma è impiegata in sostituzione a una porzione di inerti fini, direttamente nel conglomerato. Ai fini di tale studio sono stati stesi 300 metri di SMA (Splitt Mastix Asphalt) lungo la S.P. 569 nel centro abitato di Zola Predosa (BO). Di questi una parte è costituita da SMA tradizionale, mentre la parte restante è divisa tra SMA contenente 1,20% in peso di PFU e SMA contenente 0,75% in peso di PFU. Durante la stesa sono effettuate delle prove sull'esposizione dei lavoratori a inquinanti presenti in miscele bituminose con addizione di poverino da PFU e prove di esposizione ambientale. Sono state successivamente predisposte 3 diverse indagini sperimentali: la prima nell'arco di due giorni (02-03 Ottobre 2014) a due mesi dalla stesa del materiale (31 Luglio 2014), la seconda oltre sei mesi dalla stesa (14-15 Aprile 2015) e la terza ad 1 anno dalla prima sessione di controllo (Ottobre 2015). Nella prima campagna di indagine è stato eseguito il prelievo di campioni carotati per la verifica fisico-meccanica delle miscele posate e degli spessori. In tutte e tre le campagne di indagine sono state effettuate prove per la valutazione dell'emissione e dell'assorbimento acustico della pavimentazione tramite tecnologia Close Proximity Index (CPX). I dati raccolti riguardati le emissioni ambientali e l'inquinamento acustico sono stati poi analizzati al in di determinare il grado di deterioramento delle caratteristiche superficiali e di confrontare il comportamento dei diversi materiali all'usura.
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In questo elaborato si è focalizzata l’attenzione sulla determinazione del rischio simico e idrogeologico per una rete di distribuzione acqua. Partendo dalle caratteristiche di ogni singolo elemento si sono valutati la vulnerabilità, l’esposizione e la pericolosità per ogni condotta. In conclusione si è analizzato il rischio al fine di individuare quegli elementi maggiormente compromessi su cui concentrare l’attenzione per possibili interventi futuri.
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In questa tesi viene analizzato un problema di ottimizzazione proposto da alcuni esercizi commerciali che hanno la necessita` di selezionare e disporre i propri ar- ticoli in negozio. Il problema nasce dall’esigenza di massimizzare il profitto com- plessivo atteso dei prodotti in esposizione, trovando per ognuno una locazione sugli scaffali. I prodotti sono suddivisi in dipartimenti, dai quali solo un ele- mento deve essere selezionato ed esposto. In oltre si prevede la possibilita` di esprimere vincoli sulla locazione e compatibilita` dei prodotti. Il problema risul- tante `e una generalizzazione dei gia` noti Multiple-Choice Knapsack Problem e Multiple Knapsack Problem. Dopo una ricerca esaustiva in letteratura si `e ev- into che questo problema non `e ancora stato studiato. Si `e quindi provveduto a formalizzare il problema mediante un modello di programmazione lineare intera. Si propone un algoritmo esatto per la risoluzione del problema basato su column generation e branch and price. Sono stati formulati quattro modelli differenti per la risoluzione del pricing problem su cui si basa il column generation, per individuare quale sia il piu` efficiente. Tre dei quattro modelli proposti hanno performance comparabili, mentre l’ultimo si `e rivelato piu` inefficiente. Dai risul- tati ottenuti si evince che il metodo risolutivo proposto `e adatto a istanze di dimensione medio-bassa.
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L'obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare la stabilità di uno spettro raggi X emesso da un tubo usurato per analisi cardiovascolari, in modo da verificare il suo comportamento. Successivamente questo tipo di analisi sarà effettuata su tubi CT. Per raggiungere questo scopo è stato assemblato un particolare set-up con un rivelatore al germanio criogenico in modo da avere la miglior risoluzione energetica possibile ed alcuni particolari collimatori così da ridurre il flusso fotonico per evitare effetti di pile-up. Il set-up è stato costruito in modo da avere il miglior allineamento possibile nel modo più veloce possibile, e con l'obiettivo di rendere l'intero sistema portabile. Il tubo usato è un SRM Philips tube per analisi cardiovascolari; questa scelta è stata fatta in modo da ridurre al minimo i fattori esterni (ottica elettromagnetica, emettitori) e concentrare l'attenzione solo sugli effetti, causati dalle varie esposizioni, sull'anodo (roughness e bending) e sul comportamento di essi durante il surriscaldamento e successivo raffreddamento del tubo. I risultati mostrano come durante un'esposizione alcuni fattori di usura del tubo possono influire in maniera sostanziale sullo spettro ottenuto e quindi alterare il risultato. Successivamente, nell'elaborato, mediante il software Philips di ricostruzione e simulazione dello spettro si è cercato di riprodurre, variando alcuni parametri, la differenza riscontrata sperimentalmente in modo da poter simulare l'instabilità e correggere i fattori che la causano. I risultati sono interessanti non solo per questo esperimento ma anche in ottica futura, per lo sviluppo di applicazioni come la spectral CT. Il passo successivo sarà quello di spostare l'attenzione su un CT tube e verificare se l'instabilità riscontrata in questo lavoro è persiste anche in una analisi più complessa come quella CT.
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L'incisore Giovanni Volpato (1735 ca.-1803), allievo di Francesco Bartolozzi a Venezia e trasferitosi nel 1770 a Roma era un incisore che serviva due campi tra di loro molto diversi – da una parte era un'abile e fertile incisore di un genere di stampe che attingeva al genere popolare e al paesaggio di gusto veneziano ma la sua attività maggiormente notata si riferiva al repertorio classico di tradizione romano – riproducendo le opere di Raffaello, Michelangelo, degli Carracci e della loro scuola. La maggior fama del Volpato deriva soprattutto dalle 46 tavole che trasse dalle Logge di Raffaello pubblicate tra 1776 e 1777 delle quali esistono anche esemplari colorati a mano e che hanno profondamente influenzato il gusto della decorazione degli interni in tutta l'Europa oltre il 1800. Alessandro Verri nel 1776 scrisse a suo fratello Pietro a proposito di questa pubblicazione: "Dopo che si sono stampate in Roma le Loggie del Vaticano tutto ha cambiato di gusto. Le carrozze, i muri, gli intagli, le argenterie hanno preso gli ornamenti di quel fonte perenne di ogni varietà." La collaborazione con Gavin Hamilton per la Scholae Italia Picturae e le riproduzioni della Galleria Farnese e della Cappella Sistina come anche del Museo Pio Clementino e delle statue antiche in un repertorio per artisti rivelano il suo interesse per la formazione artistica. In un certo senso si può dire che Volpato era la contropparte di Piranesi e che ambedue effettuavano una precisa e ben meditata divisione dei compiti e di generi e interessi che comunque era al servizio del pubblico turistico che in numero crescente prendeva Roma come meta di viaggi e d'istruzione culturale e si serviva delle incisioni di facile portata di mano. L'importanza delle incisioni come merce di facile trasporto e diffusione è stata per la prima volta riconosciuta da Luigi Lanzi quando definì il Settecento "secolo di rame".
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Eiszeit, Späteiszeit, Holozän: In den vergangenen 60 000 Jahren erfolgten grosse klimatische Veränderungen, welche auch die Beziehung zwischen Mensch und Umwelt prägten. Der einzige Faunafund aus der Späteiszeit im Kanton Zug, der gleichzeitig die Anwesenheit von Menschen beweist, stammt aus der Zeit um 12 600 v.Chr. Die Untersuchung zweier verlandeter Zuger Seen gibt Aufschluss über die Vegetations- und Umweltgeschichte über mehr als 16 000 Jahre hinweg und belegt unter anderem erste Anzeichen von Ackerbau zwischen 6700 und 5500 v.Chr.
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1944/1945 wurde in Cham-Hagendorn eine Wassermühle ausgegraben, die dank ihrer aussergewöhnlich guten Holzerhaltung seit langem einen prominenten Platz in der Forschung einnimmt. 2003 und 2004 konnte die Kantonsarchäologie Zug den Platz erneut archäologisch untersuchen. Dabei wurden nicht nur weitere Reste der Wassermühle, sondern auch Spuren älterer und jüngerer Anlagen geborgen: eine ältere und eine jüngere Schmiedewerkstatt (Horizont 1a/Horizont 3) sowie ein zweiphasiges Heiligtum (Horizonte 1a/1b). All diese Anlagen lassen sich nun in das in den neuen Grabungen erkannte stratigraphische Gerüst einhängen (s. Beil. 2). Dank der Holzerhaltung können die meisten Phasen dendrochronologisch datiert werden (s. Abb. 4.1/1a): Horizont 1a mit Schlagdaten zwischen 162(?)/173 und 200 n. Chr., Horizont 1b um 215/218 n. Chr. und Horizont 2 um 231 n. Chr. Ferner konnten in den neuen Grabungen Proben für mikromorphologische und archäobotanische Untersuchungen entnommen werden (Kap. 2.2; 3.11). In der vorliegenden Publikation werden der Befund und die Baustrukturen vorgelegt, (Kap. 2), desgleichen sämtliche stratifizierten Funde und eine umfassende Auswahl der 1944/1945 geborgenen Funde (Kap. 3). Dank anpassender Fragmente, sog. Passscherben, lassen sich diese zum Teil nachträglich in die Schichtenabfolge einbinden. Die mikromorphologischen und die archäobotanischen Untersuchungen (Kap. 2.2; 3.11) zeigen, dass der Fundplatz in römischer Zeit inmitten einer stark vom Wald und dem Fluss Lorze geprägten Landschaft lag. In unmittelbarer Nähe können weder eine Siedlung noch einzelne Wohnbauten gelegen haben. Die demnach nur gewerblich und sakral genutzten Anlagen standen an einem Bach, der vermutlich mit jenem Bach identisch ist, der noch heute das Groppenmoos entwässert und bei Cham-Hagendorn in die Lorze mündet (s. Abb. 2.4/1). Der antike Bach führte wiederholt Hochwasser ─ insgesamt sind fünf grössere Überschwemmungsphasen auszumachen (Kap. 2.2; 2.4). Wohl anlässlich eines Seehochstandes durch ein Überschwappen der Lorze in den Bach ausgelöst, müssen diese Überschwemmungen eine enorme Gewalt entwickelt haben, der die einzelnen Anlagen zum Opfer fielen. Wie die Untersuchung der Siedlungslandschaft römischer Zeit rund um den Zugersee wahrscheinlich macht (Kap. 6 mit Abb. 6.2/2), dürften die Anlagen von Cham-Hagendorn zu einer in Cham-Heiligkreuz vermuteten Villa gehören, einem von fünf grösseren Landgütern in diesem Gebiet. Hinweise auf Vorgängeranlagen fehlen, mit denen die vereinzelten Funde des 1. Jh. n. Chr. (Kap. 4.5) in Verbindung gebracht werden könnten. Diese dürften eher von einer der Überschwemmungen bachaufwärts weggerissen und nach Cham-Hagendorn eingeschwemmt worden sein. Die Nutzung des Fundplatzes (Horizont 1a; s. Beil. 6) setzte um 170 n. Chr. mit einer Schmiedewerkstatt ein (Kap. 2.5.1). Der Fundanfall, insbesondere die Schmiedeschlacken (Kap. 3.9) belegen, dass hier nur hin und wieder Geräte hergestellt und repariert wurden (Kap. 5.2). Diese Werkstatt war vermutlich schon aufgelassen und dem Verfall preisgegeben, als man 200 n. Chr. (Kap. 4.2.4) auf einer Insel zwischen dem Bach und einem Lorzearm ein Heiligtum errichtete (Kap. 5.3). Beleg für den sakralen Status dieser Insel ist in erster Linie mindestens ein eigens gepflanzter Pfirsichbaum, nachgewiesen mit Pollen, einem Holz und über 400 Pfirsichsteinen (Kap. 3.11). Die im Bach verlaufende Grenze zwischen dem sakralen Platz und der profanen Umgebung markierte man zusätzlich mit einer Pfahlreihe (Kap. 2.5.3). In diese war ein schmaler Langbau integriert (Kap. 2.5.2), der an die oft an Temenosmauern antiker Heiligtümer angebauten Portiken erinnert und wohl auch die gleiche Funktion wie diese gehabt hatte, nämlich das Aufbewahren von Weihegaben und Kultgerät (Kap. 5.3). Das reiche Fundmaterial, das sich in den Schichten der ersten Überschwemmung fand (s. Abb. 5./5), die um 205/210 n. Chr. dieses Heiligtum zerstört hatte, insbesondere die zahlreiche Keramik (Kap. 3.2.4), und die zum Teil auffallend wertvollen Kleinfunde (Kap. 3.3.3), dürften zum grössten Teil einst in diesem Langbau untergebracht gewesen sein. Ein als Glockenklöppel interpretiertes, stratifiziertes Objekt spricht dafür, dass die fünf grossen, 1944/1945 als Stapel aufgefundenen Eisenglocken vielleicht auch dem Heiligtum zuzuweisen sind (Kap. 3.4). In diesen Kontext passen zudem die überdurchschnittlich häufig kalzinierten Tierknochen (Kap. 3.10). Nach der Überschwemmung befestigte man für 215 n. Chr. (Kap. 4.2.4) das unterspülte Bachufer mit einer Uferverbauung (Kap. 2.6.1). Mit dem Bau eines weiteren, im Bach stehenden Langbaus (Kap. 2.6.2) stellte man 218 n. Chr. das Heiligtum auf der Insel in ähnlicher Form wieder her (Horizont 1b; s. Beil. 7). Von der Pfahlreihe, die wiederum die sakrale Insel von der profanen Umgebung abgrenzte, blieben indes nur wenige Pfähle erhalten. Dennoch ist der sakrale Charakter der Anlage gesichert. Ausser dem immer noch blühenden Pfirsichbaum ist es ein vor dem Langbau aufgestelltes Ensemble von mindestens 23 Terrakottafigurinen (s. Abb. 3.6/1), elf Veneres, zehn Matres, einem Jugendlichen in Kapuzenmantel und einem kindlichen Risus (Kap. 3.6; s. auch Kap. 2.6.3). In den Sedimenten der zweiten Überschwemmung, der diese Anlage um 225/230 n. Chr. zum Opfer gefallen war, fanden sich wiederum zahlreiche Keramikgefässe (Kap. 3.2.4) und zum Teil wertvolle Kleinfunde wie eine Glasperle mit Goldfolie (Kap. 3.8.2) und eine Fibel aus Silber (Kap. 3.3.3), die wohl ursprünglich im Langbau untergebracht waren (Kap. 5.3.2 mit Abb. 5/7). Weitere Funde mit sicherem oder möglichem sakralem Charakter finden sich unter den 1944/1945 geborgenen Funden (s. Abb. 5/8), etwa ein silberner Fingerring mit Merkurinschrift, ein silberner Lunula-Anhänger, eine silberne Kasserolle (Kap. 3.3.3), eine Glasflasche mit Schlangenfadenauflage (Kap. 3.8.2) und einige Bergkristalle (Kap. 3.8.4). Im Bereich der Terrakotten kamen ferner mehrere Münzen (Kap. 3.7) zum Vorschein, die vielleicht dort niedergelegt worden waren. Nach der zweiten Überschwemmung errichtete man um 231 n. Chr. am Bach eine Wassermühle (Horizont 2; Kap. 2.7; Beil. 8; Abb. 2.7/49). Ob das Heiligtum auf der Insel wieder aufgebaut oder aufgelassen wurde, muss mangels Hinweisen offen bleiben. Für den abgehobenen Zuflusskanal der Wassermühle verwendete man mehrere stehen gebliebene Pfähle der vorangegangenen Anlagen der Horizonte 1a und 1b. Obwohl die Wassermühle den 28 jährlichen Überschwemmungshorizonten (Kap. 2.2) und den Funden (Kap. 4.3.2; 4.4.4; 45) zufolge nur bis um 260 n. Chr., während gut einer Generation, bestand, musste sie mindestens zweimal erneuert werden – nachgewiesen sind drei Wasserräder, drei Mühlsteinpaare und vermutlich drei Podeste, auf denen jeweils das Mahlwerk ruhte. Grund für diese Umbauten war wohl der weiche, instabile Untergrund, der zu Verschiebungen geführt hatte, so dass das Zusammenspiel von Wellbaum bzw. Sternnabe und Übersetzungsrad nicht mehr funktionierte und das ganze System zerbrach. Die Analyse von Pollen aus dem Gehhorizont hat als Mahlgut Getreide vom Weizentyp nachgewiesen (Kap. 3.11.4). Das Abzeichen eines Benefiziariers (Kap. 3.3.2 mit Abb. 3.3/23,B71) könnte dafür sprechen, dass das verarbeitete Getreide zumindest zum Teil für das römische Militär bestimmt war (s. auch Kap. 6.2.3). Ein im Horizont 2 gefundener Schreibgriffel und weitere stili sowie eine Waage für das Wägen bis zu 35-40 kg schweren Waren aus dem Fundbestand von 1944/1945 könnten davon zeugen, dass das Getreide zu wägen und zu registrieren war (Kap. 3.4.2). Kurz nach 260 n. Chr. fiel die Wassermühle einem weiteren Hochwasser zum Opfer. Für den folgenden Horizont 3 (Beil. 9) brachte man einen Kiesboden ein und errichtete ein kleines Gebäude (Kap. 2.8). Hier war wohl wiederum eine Schmiede untergebracht, wie die zahlreichen Kalottenschlacken belegen (Kap. 3.9), die im Umfeld der kleinen Baus zum Vorschein kamen. Aufgrund der Funde (Kap. 4.4.4; 4.5) kann diese Werkstatt nur kurze Zeit bestanden haben, höchstens bis um 270 n. Chr., bevor sie einem weiteren Hochwasser zum Opfer fiel. Von der jüngsten Anlage, die wohl noch in römische Zeit datiert (Horizont 4; Beil. 10), war lediglich eine Konstruktion aus grossen Steinplatten zu fassen (Kap. 2.9.1). Wozu sie diente, muss offen bleiben. Auch der geringe Fundanfall spricht dafür, dass die Nutzung des Platzes, zumindest für die römische Zeit, allmählich ein Ende fand (Kap. 4.5). Zu den jüngsten Strukturen gehören mehrere Gruben (Kap. 2.9.2), die vielleicht der Lehmentnahme dienten. Mangels Funden bleibt ihre Datierung indes ungewiss. Insbesondere wissen wir nicht, ob sie noch in römische Zeit datieren oder jünger sind. Spätestens mit der fünften Überschwemmung, die zur endgültigen Verlandung führte und wohl schon in die frühe Neuzeit zu setzen ist, wurde der Platz aufgelassen und erst mit dem Bau der bestehenden Fensterfabrik Baumgartner wieder besetzt.