921 resultados para Ultrasound computed tomography
Resumo:
L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
Resumo:
Angiography is usually performed as the preoperative road map for those requiring revascularization for lower extremity peripheral arterial disease (PAD). The alternative investigations are ultrasound, 3-D magnetic resonance angiography (3-D MRA) and computed tomography angiography. This pilot study aimed to assess whether 3-D MRA could replace the gold standard angiography in preoperative planning. Eight patients considered for aortoiliac or infrainguinal arterial bypass surgery were recruited. All underwent both imaging modalities within 7 days. A vascular surgeon and a radiologist each reported on the images from both the 3-D MRA and the angiography, with blinding to patient details and each others reports. Comparisons were made between the reports for the angiographic and the 3-D MRA images, and between the reports of the vascular surgeon and the radiologist. Compared to the gold standard angiogram, 3-D MRA had a sensitivity of 77% and specificity of 94% in detecting occlusion, and a sensitivity of 72% and specificity of 90% in differentiating high grade (> 50%) versus low grade (< 50%) stenoses. There was an overall concordance of 78% between the two investigations with a range of 62% in the peroneal artery to 94% in the aorta. 3-D MRA showed flow in 23% of cases where conventional angiography showed no flow. In the present pilot study, 3-D MRA had reasonable concordance with the gold standard angiography, depending on the level of the lesion. At times it showed vessel flow where occlusion was shown on conventional angiogram. 3-D MRA in peripheral vascular disease is challenging the gold standard, but is inconsistent at present.
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Acute epiploic appendagitis is an uncommon cause of abdominal pain. It is caused by torsion of an epiploic appendage or spontaneous venous thrombosis of a draining appendageal vein.1 The diagnosis of this condition primarily relies on cross-sectional imaging and is made most often after computed tomography (CT). Clinically, it is most often mistaken for acute diverticulitis. Approximately 7.1% of patients investigated to exclude sigmoid diverticulitis have imaging findings of primary epiploic appendagitis.
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Background: Despite the availability of expert surgeons and preoperative imaging investigations, some patients require reoperation for persistent or recurrent hyperparathyroidisms. Method: Fifty consecutive patients were reviewed. Results: There were 28 persistent cases (24 primary, 4 secondary) and 22 recurrent cases (15 primary, 7 secondary) and 98% had successful surgical treatment. Multigland disease was present in 24 of 39 (62%) of primary cases, 11 of 24 persistent and 13 of 15 recurrent (P < 0.02). Four patients in the recurrent primary group had multiple endocrine neoplasia type 1, whereas the other 20 primary patients had sporadic multigland disease. Multigland disease was present in all secondary cases and was a very important factor in this entire series of patients (70%). Regrowth of a remnant of a gland biopsied or partially resected at an earlier operation was the cause of recurrence in 12 of 15 primary and 2 of 7 secondary cases (P < 0.05). The site of missed glands in persistent disease was ectopic in 60%. Ectopic glands were found in the following sites: intrathyroidal 10 (8 inferior and 2 superior), intrathymic 9, posterior mediastinum 4, base of skull 2, carotid sheath 1 and supernumerary 5. Investigations to locate missing glands were positive in 28 of 43 sestamibi scans (65%), 14 of 34 ultrasound scans (41%), 10 of 24 computed tomography scans (42%) and 11 of 13 selective venous sampling tests (85%). Conclusion: Some persistent cases are unavoidable because of ectopic locations and some recurrences are inevitable because of multigland disease.
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Photoacoustic tomography (PAT) of genetically encoded probes allows for imaging of targeted biological processes deep in tissues with high spatial resolution; however, high background signals from blood can limit the achievable detection sensitivity. Here we describe a reversibly switchable nonfluorescent bacterial phytochrome for use in multiscale photoacoustic imaging, BphP1, with the most red-shifted absorption among genetically encoded probes. BphP1 binds a heme-derived biliverdin chromophore and is reversibly photoconvertible between red and near-infrared light-absorption states. We combined single-wavelength PAT with efficient BphP1 photoswitching, which enabled differential imaging with substantially decreased background signals, enhanced detection sensitivity, increased penetration depth and improved spatial resolution. We monitored tumor growth and metastasis with ∼ 100-μm resolution at depths approaching 10 mm using photoacoustic computed tomography, and we imaged individual cancer cells with a suboptical-diffraction resolution of ∼ 140 nm using photoacoustic microscopy. This technology is promising for biomedical studies at several scales.
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This work focuses on the construction and application of coded apertures to compressive X-ray tomography. Coded apertures can be made in a number of ways, each method having an impact on system background and signal contrast. Methods of constructing coded apertures for structuring X-ray illumination and scatter are compared and analyzed. Apertures can create structured X-ray bundles that investigate specific sets of object voxels. The tailored bundles of rays form a code (or pattern) and are later estimated through computational inversion. Structured illumination can be used to subsample object voxels and make inversion feasible for low dose computed tomography (CT) systems, or it can be used to reduce background in limited angle CT systems.
On the detection side, coded apertures modulate X-ray scatter signals to determine the position and radiance of scatter points. By forming object dependent projections in measurement space, coded apertures multiplex modulated scatter signals onto a detector. The multiplexed signals can be inverted with knowledge of the code pattern and system geometry. This work shows two systems capable of determining object position and type in a 2D plane, by illuminating objects with an X-ray `fan beam,' using coded apertures and compressive measurements. Scatter tomography can help identify materials in security and medicine that may be ambiguous with transmission tomography alone.
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Les maladies cardiovasculaires sont la première cause de mortalité dans le monde et les anévrismes de l’aorte abdominale (AAAs) font partie de ce lot déplorable. Un anévrisme est la dilatation d’une artère pouvant conduire à la mort. Une rupture d’AAA s’avère fatale près de 80% du temps. Un moyen de traiter les AAAs est l’insertion d’une endoprothèse (SG) dans l’aorte, communément appelée la réparation endovasculaire (EVAR), afin de réduire la pression exercée par le flux sanguin sur la paroi. L’efficacité de ce traitement est compromise par la survenue d’endofuites (flux sanguins entre la prothèse et le sac anévrismal) pouvant conduire à la rupture de l’anévrisme. Ces flux sanguins peuvent survenir à n’importe quel moment après le traitement EVAR. Une surveillance par tomodensitométrie (CT-scan) annuelle est donc requise, augmentant ainsi le coût du suivi post-EVAR et exposant le patient à la radiation ionisante et aux complications des contrastes iodés. L’endotension est le concept de dilatation de l’anévrisme sans la présence d’une endofuite apparente au CT-scan. Après le traitement EVAR, le sang dans le sac anévrismal coagule pour former un thrombus frais, qui deviendra progressivement un thrombus plus fibreux et plus organisé, donnant lieu à un rétrécissement de l’anévrisme. Il y a très peu de données dans la littérature pour étudier ce processus temporel et la relation entre le thrombus frais et l’endotension. L’étalon d’or du suivi post-EVAR, le CT-scan, ne peut pas détecter la présence de thrombus frais. Il y a donc un besoin d’investir dans une technique sécuritaire et moins coûteuse pour le suivi d’AAAs après EVAR. Une méthode récente, l’élastographie dynamique, mesure l’élasticité des tissus en temps réel. Le principe de cette technique repose sur la génération d’ondes de cisaillement et l’étude de leur propagation afin de remonter aux propriétés mécaniques du milieu étudié. Cette thèse vise l’application de l’élastographie dynamique pour la détection des endofuites ainsi que de la caractérisation mécanique des tissus du sac anévrismal après le traitement EVAR. Ce projet dévoile le potentiel de l’élastographie afin de réduire les dangers de la radiation, de l’utilisation d’agent de contraste ainsi que des coûts du post-EVAR des AAAs. L’élastographie dynamique utilisant le « Shear Wave Imaging » (SWI) est prometteuse. Cette modalité pourrait complémenter l’échographie-Doppler (DUS) déjà utilisée pour le suivi d’examen post-EVAR. Le SWI a le potentiel de fournir des informations sur l’organisation fibreuse du thrombus ainsi que sur la détection d’endofuites. Tout d’abord, le premier objectif de cette thèse consistait à tester le SWI sur des AAAs dans des modèles canins pour la détection d’endofuites et la caractérisation du thrombus. Des SGs furent implantées dans un groupe de 18 chiens avec un anévrisme créé au moyen de la veine jugulaire. 4 anévrismes avaient une endofuite de type I, 13 avaient une endofuite de type II et un anévrisme n’avait pas d’endofuite. Des examens échographiques, DUS et SWI ont été réalisés à l’implantation, puis 1 semaine, 1 mois, 3 mois et 6 mois après le traitement EVAR. Une angiographie, un CT-scan et des coupes macroscopiques ont été produits au sacrifice. Les régions d’endofuites, de thrombus frais et de thrombus organisé furent identifiées et segmentées. Les valeurs de rigidité données par le SWI des différentes régions furent comparées. Celles-ci furent différentes de façon significative (P < 0.001). Également, le SWI a pu détecter la présence d’endofuites où le CT-scan (1) et le DUS (3) ont échoué. Dans la continuité de ces travaux, le deuxième objectif de ce projet fut de caractériser l’évolution du thrombus dans le temps, de même que l’évolution des endofuites après embolisation dans des modèles canins. Dix-huit anévrismes furent créés dans les artères iliaques de neuf modèles canins, suivis d’une endofuite de type I après EVAR. Deux gels embolisants (Chitosan (Chi) ou Chitosan-Sodium-Tetradecyl-Sulfate (Chi-STS)) furent injectés dans le sac anévrismal pour promouvoir la guérison. Des examens échographiques, DUS et SWI ont été effectués à l’implantation et après 1 semaine, 1 mois, 3 mois et 6 mois. Une angiographie, un CT-scan et un examen histologique ont été réalisés au sacrifice afin d’évaluer la présence, le type et la grosseur de l’endofuite. Les valeurs du module d’élasticité des régions d’intérêts ont été identifiées et segmentées sur les données pathologiques. Les régions d’endofuites et de thrombus frais furent différentes de façon significative comparativement aux autres régions (P < 0.001). Les valeurs d’élasticité du thrombus frais à 1 semaine et à 3 mois indiquent que le SWI peut évaluer la maturation du thrombus, de même que caractériser l’évolution et la dégradation des gels embolisants dans le temps. Le SWI a pu détecter des endofuites où le DUS a échoué (2) et, contrairement au CT-scan, détecter la présence de thrombus frais. Finalement, la dernière étape du projet doctoral consistait à appliquer le SWI dans une phase clinique, avec des patients humains ayant déjà un AAA, pour la détection d’endofuite et la caractérisation de l’élasticité des tissus. 25 patients furent sélectionnés pour participer à l’étude. Une comparaison d’imagerie a été produite entre le SWI, le CT-scan et le DUS. Les valeurs de rigidité données par le SWI des différentes régions (endofuite, thrombus) furent identifiées et segmentées. Celles-ci étaient distinctes de façon significative (P < 0.001). Le SWI a détecté 5 endofuites sur 6 (sensibilité de 83.3%) et a eu 6 faux positifs (spécificité de 76%). Le SWI a pu détecter la présence d’endofuites où le CT-scan (2) ainsi que le DUS (2) ont échoué. Il n’y avait pas de différence statistique notable entre la rigidité du thrombus pour un AAA avec endofuite et un AAA sans endofuite. Aucune corrélation n’a pu être établie de façon significative entre les diamètres des AAAs ainsi que leurs variations et l’élasticité du thrombus. Le SWI a le potentiel de détecter les endofuites et caractériser le thrombus selon leurs propriétés mécaniques. Cette technique pourrait être combinée au suivi des AAAs post-EVAR, complémentant ainsi l’imagerie DUS et réduisant le coût et l’exposition à la radiation ionisante et aux agents de contrastes néphrotoxiques.
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Introduction: Enviromental factors such as exercise participation and nutrition have often been linked to bone improvements. However, not all sports have the same effects, being non-osteogenic sports such as swimming defined as negative or neutral sports to practice regarding bone mass by some authors, similarly exercise-diet interaction in especific groups is still not clear. Objective: To present the methodology of the RENACIMENTO project that aims to evaluate body composition and more specifically bone mass by several techniques in adolescent swimmers and to observe the effects and perdurability of whole body vibration (WBV) and jumping intervention (JIN) on body composition and fitness on this population and explore posible diet interactions. Design: Randomized controlled trial. Methods: 78 swimmers (12-17 y) and 26 sex- and age-matched controls will participate in this study. Dual energy X-ray, peripheral Quantitative Computed Tomography, Quantitative Ultrasound, Bioelectrical Impedance Analysis, and anthropometry measurements will be performed in order to evaluate body composition. Physical activity, nutrition, pubertal development and socio-economical status may act as confounders of body composition and therefore will also be registered. Several fitness factors regarding strength, endurance, performance and others will also be registered to evaluate differences with controls and act as confounders. A 7-month WBV therapy will be performed by 26 swimmers consisting of a training of 15 minutes 3 times per week. An 8 month JIM will also be performed by 26 swimmers 3 times per week. The remaining 26 swimmers will continue their normal swimming training. Four evaluations will be performed, the first one in order to describe differences between swimmers and controls. The second one to describe the effects of the interventions and the third and fourth evaluations to describe the perdurability of the effects of the WBV and JIN. Conclusion: The RENACIMIENTO project will allow to answer several questions regarding body composition, fitness, bone mass and interaction with diet of adolescent swimmers, describe swimming as a positive, negative or neutral sport to practice regarding these parameters and elucidate the effects and perdurability of WBV and JIM on body composition.
Resumo:
Ao contrário da ecografia e da ressonância magnética (RM), a tomografia computadorizada (TC) não é uma técnica de primeira linha no estudo da patologia pélvica feminina. Contudo, a TC é frequentemente utilizada na avaliação de patologia pélvica não ginecológica, nomeadamente em contexto de urgência ou de seguimento, na qual os órgãos ginecológicos são englobados. Nestas situações, o padrão de captação de contraste endovenoso pelo corpo e colo do útero na TC pode ser de difícil interpretação e por vezes simular patologia, dado o amplo espectro de padrões de captação de contraste endovenoso, de variantes anatómicas e/ou de patologia subjacente. Neste artigo as autoras revêm e ilustram os padrões de captação de contraste endovenoso pelo útero em TC e RM e possíveis pitfalls, permitindo diferenciar os aspectos normais e patológicos do útero em TC.
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Urachal carcinoma is a rare neoplasm, which accounts for only 0.5–2% of bladder malignancies, and arises from a remnant of the fetal genitourinary tract. A 46-year-old woman presented with a history of pelvic pain and frequent daytime urination. Ultrasound (US), computed tomography (CT), and magnetic resonance (MR) demonstrated a supravesical heterogeneous mass with calcifications. The patient underwent a partial cystectomy with en-bloc resection of the mass and histopathological examination revealed the diagnosis of urachal adenocarcinoma. Urachal carcinomas are usually associated with poor prognosis and early diagnosis is fundamental. CT and MR are useful to correctly diagnose and preoperatively staging.
Resumo:
Les maladies cardiovasculaires sont la première cause de mortalité dans le monde et les anévrismes de l’aorte abdominale (AAAs) font partie de ce lot déplorable. Un anévrisme est la dilatation d’une artère pouvant conduire à la mort. Une rupture d’AAA s’avère fatale près de 80% du temps. Un moyen de traiter les AAAs est l’insertion d’une endoprothèse (SG) dans l’aorte, communément appelée la réparation endovasculaire (EVAR), afin de réduire la pression exercée par le flux sanguin sur la paroi. L’efficacité de ce traitement est compromise par la survenue d’endofuites (flux sanguins entre la prothèse et le sac anévrismal) pouvant conduire à la rupture de l’anévrisme. Ces flux sanguins peuvent survenir à n’importe quel moment après le traitement EVAR. Une surveillance par tomodensitométrie (CT-scan) annuelle est donc requise, augmentant ainsi le coût du suivi post-EVAR et exposant le patient à la radiation ionisante et aux complications des contrastes iodés. L’endotension est le concept de dilatation de l’anévrisme sans la présence d’une endofuite apparente au CT-scan. Après le traitement EVAR, le sang dans le sac anévrismal coagule pour former un thrombus frais, qui deviendra progressivement un thrombus plus fibreux et plus organisé, donnant lieu à un rétrécissement de l’anévrisme. Il y a très peu de données dans la littérature pour étudier ce processus temporel et la relation entre le thrombus frais et l’endotension. L’étalon d’or du suivi post-EVAR, le CT-scan, ne peut pas détecter la présence de thrombus frais. Il y a donc un besoin d’investir dans une technique sécuritaire et moins coûteuse pour le suivi d’AAAs après EVAR. Une méthode récente, l’élastographie dynamique, mesure l’élasticité des tissus en temps réel. Le principe de cette technique repose sur la génération d’ondes de cisaillement et l’étude de leur propagation afin de remonter aux propriétés mécaniques du milieu étudié. Cette thèse vise l’application de l’élastographie dynamique pour la détection des endofuites ainsi que de la caractérisation mécanique des tissus du sac anévrismal après le traitement EVAR. Ce projet dévoile le potentiel de l’élastographie afin de réduire les dangers de la radiation, de l’utilisation d’agent de contraste ainsi que des coûts du post-EVAR des AAAs. L’élastographie dynamique utilisant le « Shear Wave Imaging » (SWI) est prometteuse. Cette modalité pourrait complémenter l’échographie-Doppler (DUS) déjà utilisée pour le suivi d’examen post-EVAR. Le SWI a le potentiel de fournir des informations sur l’organisation fibreuse du thrombus ainsi que sur la détection d’endofuites. Tout d’abord, le premier objectif de cette thèse consistait à tester le SWI sur des AAAs dans des modèles canins pour la détection d’endofuites et la caractérisation du thrombus. Des SGs furent implantées dans un groupe de 18 chiens avec un anévrisme créé au moyen de la veine jugulaire. 4 anévrismes avaient une endofuite de type I, 13 avaient une endofuite de type II et un anévrisme n’avait pas d’endofuite. Des examens échographiques, DUS et SWI ont été réalisés à l’implantation, puis 1 semaine, 1 mois, 3 mois et 6 mois après le traitement EVAR. Une angiographie, un CT-scan et des coupes macroscopiques ont été produits au sacrifice. Les régions d’endofuites, de thrombus frais et de thrombus organisé furent identifiées et segmentées. Les valeurs de rigidité données par le SWI des différentes régions furent comparées. Celles-ci furent différentes de façon significative (P < 0.001). Également, le SWI a pu détecter la présence d’endofuites où le CT-scan (1) et le DUS (3) ont échoué. Dans la continuité de ces travaux, le deuxième objectif de ce projet fut de caractériser l’évolution du thrombus dans le temps, de même que l’évolution des endofuites après embolisation dans des modèles canins. Dix-huit anévrismes furent créés dans les artères iliaques de neuf modèles canins, suivis d’une endofuite de type I après EVAR. Deux gels embolisants (Chitosan (Chi) ou Chitosan-Sodium-Tetradecyl-Sulfate (Chi-STS)) furent injectés dans le sac anévrismal pour promouvoir la guérison. Des examens échographiques, DUS et SWI ont été effectués à l’implantation et après 1 semaine, 1 mois, 3 mois et 6 mois. Une angiographie, un CT-scan et un examen histologique ont été réalisés au sacrifice afin d’évaluer la présence, le type et la grosseur de l’endofuite. Les valeurs du module d’élasticité des régions d’intérêts ont été identifiées et segmentées sur les données pathologiques. Les régions d’endofuites et de thrombus frais furent différentes de façon significative comparativement aux autres régions (P < 0.001). Les valeurs d’élasticité du thrombus frais à 1 semaine et à 3 mois indiquent que le SWI peut évaluer la maturation du thrombus, de même que caractériser l’évolution et la dégradation des gels embolisants dans le temps. Le SWI a pu détecter des endofuites où le DUS a échoué (2) et, contrairement au CT-scan, détecter la présence de thrombus frais. Finalement, la dernière étape du projet doctoral consistait à appliquer le SWI dans une phase clinique, avec des patients humains ayant déjà un AAA, pour la détection d’endofuite et la caractérisation de l’élasticité des tissus. 25 patients furent sélectionnés pour participer à l’étude. Une comparaison d’imagerie a été produite entre le SWI, le CT-scan et le DUS. Les valeurs de rigidité données par le SWI des différentes régions (endofuite, thrombus) furent identifiées et segmentées. Celles-ci étaient distinctes de façon significative (P < 0.001). Le SWI a détecté 5 endofuites sur 6 (sensibilité de 83.3%) et a eu 6 faux positifs (spécificité de 76%). Le SWI a pu détecter la présence d’endofuites où le CT-scan (2) ainsi que le DUS (2) ont échoué. Il n’y avait pas de différence statistique notable entre la rigidité du thrombus pour un AAA avec endofuite et un AAA sans endofuite. Aucune corrélation n’a pu être établie de façon significative entre les diamètres des AAAs ainsi que leurs variations et l’élasticité du thrombus. Le SWI a le potentiel de détecter les endofuites et caractériser le thrombus selon leurs propriétés mécaniques. Cette technique pourrait être combinée au suivi des AAAs post-EVAR, complémentant ainsi l’imagerie DUS et réduisant le coût et l’exposition à la radiation ionisante et aux agents de contrastes néphrotoxiques.
Resumo:
Introducción: Entre las diferentes herramientas clínicas para evaluar la presencia de enfermedad coronaria mediante puntajes, la más usada es la Escala de Riesgo cardiovascular de Framingham. Desde hace unos años, se creó el puntaje de calcio coronario el cual mide el riesgo cardiovascular según la presencia de placas ateromatosas vistas por tomografía computarizada. Se evaluó la asociación entre la escala de Framigham y el puntaje de calcio coronario en una población de sujetos sanos asintomáticos. Metodología: Se realizó un estudio transversal para evaluar la asociación entre el puntaje de calcio coronario y la escala de Framingham en sujetos asintomáticos que se practicaron exámen médico preventivo en la Fundación Cardioinfantil- Instituto de Cardiología (FCI-IC) en el periodo comprendido entre 1 de Julio 2011 hasta el 31 de octubre de 2015. Resultados: Se evaluaron 262 pacientes en total. La prevalencia de riesgo cardiovascular fue bajo en un 77.86% de la población, medio en 18.70% y alto en 3.44%, según la escala de Framingham. El riesgo cardiovascular según el puntaje de Calcio coronario fue nulo 70.99%, bajo en 21.75%, medio en 4.19%, severo en 3.05%. Se encontró una asociación entre ambos puntajes para riesgo estadísticamente significativa (p0,00001) Discusión: El riesgo cardiovascular establecido por escala de Framingham se relaciona de forma significativa con la presencia de placas aterioscleróticas. El estudio demostró que en una muestra de sujetos asintomáticos, hay una alteración estructural coronaria temprana.
Resumo:
El impacto que ha generado el trauma en Colombia a lo largo de la historia, nos ha obligado a mejorar y adaptar diferentes tipos de sistemas de atención en trauma, basados en los lineamientos internacionales, los cuales buscan evitar el significativo aumento en las tasas de mortalidad y discapacidad que se obtienen de este, especialmente en los servicios de Emergencias en los cuales se reciben el 100% de estos pacientes con traumatismo múltiple o politraumatismo. Dentro de este grupo de pacientes hay un subgrupo que son las pacientes con trauma de abdomen que cursan con estabilidad hemodinámica y además son clasificados de bajo riesgo, ya sea por índices de trauma o por otros métodos como la medición sérica de lactato, los cuales tienen un papel poco despreciable al momento de ver mortalidad y discapacidad por trauma, ya sea penetrante o cerrado; en este trabajo específicamente nos centramos en las personas que consultan al servicio de Emergencias con trauma cerrado de abdomen los cuales son considerados de bajo riesgo, siendo este subgrupo de pacientes uno de los más difíciles de abordar y enfocar al momento de la valoración inicial, ya que se debe tener la seguridad de que no hay lesiones que comprometen la vida y por consiguiente estos pacientes puedan ser dados de alta.
Resumo:
Adolescent Idiopathic Scoliosis (AIS) is the most common deformity of the spine, affecting 2-4% of the population. Previous studies have shown that the vertebrae in scoliotic spines undergo abnormal shape changes, however there has been little exploration of how scoliosis affects bone density distribution within the vertebrae. In this study, existing CT scans of 53 female idiopathic scoliosis patients with right-sided main thoracic curves were used to measure the lateral (right to left) bone density profile at mid-height through each vertebral body. Five key bone density profile measures were identified from each normalised bone density distribution, and multiple regression analysis was performed to explore the relationship between bone density distribution and patient demographics (age, height, weight, body mass index (BMI), skeletal maturity, time since Menarche, vertebral level, and scoliosis curve severity). Results showed a marked convex/concave asymmetry in bone density for vertebral levels at or near the apex of the scoliotic curve. At the apical vertebra, mean bone density at the left side (concave) cortical shell was 23.5% higher than for the right (convex) cortical shell, and cancellous bone density along the central 60% of the lateral path from convex to concave increased by 13.8%. The centre of mass of the bone density profile at the thoracic curve apex was located 53.8% of the distance along the lateral path, indicating a shift of nearly 4% toward the concavity of the deformity. These lateral bone density gradients tapered off when moving away from the apical vertebra. Multi-linear regressions showed that the right cortical shell peak bone density is significantly correlated with skeletal maturity, with each Risser increment corresponding to an increase in mineral equivalent bone density of 4-5%. There were also statistically significant relationships between patient height, weight and BMI, and the gradient of cancellous bone density along the central 60% of the lateral path. Bone density gradient is positively correlated with weight, and negatively correlated with height and BMI, such that at the apical vertebra, a unit decrease in BMI corresponds to an almost 100% increase in bone density gradient.
Resumo:
Bone graft is generally considered fundamental in achieving solid fusion in scoliosis correction and pseudarthrosis following instrumentation may predispose to implant failure. In thoracoscopic anterior-instrumented scoliosis surgery, autologous rib or iliac crest graft has been utilised traditionally but both techniques increase operative duration and cause donor site morbidity. Allograft bone and bone morphogenetic protein (BMP) alternatives may improve fusion rates but this remains controversial. This study's objective was to compare two-year postoperative fusion rates in a series of patients who underwent thoracoscopic anterior instrumentation for thoracic scoliosis utilising various bone graft types.