573 resultados para SYNOVIAL SARCOMA


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Obiettivo: descrivere le caratteristiche ecografiche e flussimetriche dei sarcoma uterini Materiali e Metodi: Dall'archivio anatomopatologico di due cliniche Universitarie sono state reclutate retrospettivamente tutte le pazienti con diagnosi anatomopatologica di sarcoma uterino. Tutte le cartelle cliniche, le immagini e i filmati digitalizzati sono stati analizzati e dati raccolti in un database. Risultati: Sono stati inclusi nello studio 49 casi, che comprendono 17 leiomiosarcoma, 14 sarcoma dello stroma endometriale e 18 carcinosarcoma. L'età media alla diagnosi è stata 62 anni (range 35-87). L'ottanta per cento delle pazienti erano in menopausa al momento della diagnosi. Circa la metà delle pazienti presentavano sanguinamento anomalo e il 20% dolore pelvico. La maggior parte delle lesioni sono apparse iso-ipoecogene, senza coni d’ombra (47/49;96%). Conclusioni: I sarcomi uterini sono un gruppo eterogeneo di tumori che presentano aspetti ecografici diversi anche in relazione all’istotipo. Conoscere le diverse caratteristiche può essere utile ai fini di una corretta diagnosi. Nel nostro studio l’assenza dei coni d’ombra risulta essere l’aspetto più significativo.

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In dieser Arbeit wird eine Einteilung der degenerativen strukturellen Veränderungen der Synovialmembran vorgestellt. Anhand der Kriterien Fibrosierung des Stromas, Rückgang des Gefäßnetzes, Auftreten von Hyalinose und chondroider Metaplasie mit und ohne Nachweis von CPPD Kristallen wurden Präparate der Synovialmembran von 59 Patienten mit Nachweis degenerativer strukturellen Veränderungen in 4 Stadien eingeteilt. rnHyalinose (Stadium 3) konnte in den untersuchten Schnitten nur relativ selten beobachtet werden, so dass am ehesten von einem Vorstadium zur chondroiden Metaplasie auszugehen ist. rnDie Verteilung der Erkrankungsdauer und des Alters in den verschiedenen Stadien lassen darauf schließen, dass höhere Stadien mit höherem Alter und längerer Erkrankungsdauer korrelieren. rnAus der vorhandenen Literatur ergeben sich Hinweise, welche Faktoren zu der Entstehung der strukturellen Veränderungen beitragen können: rnAus dem Netzwerk der Zytokine scheinen TGF-beta und die BMP’s an der Zunahme der Fibrose und an der Entstehung chondroider Metaplasie beteiligt zu sein. Makrophagen scheinen dabei eine wichtige Rolle zu spielen. Dies weist darauf hin, dass entzündliche und strukturelle Veränderungen miteinander vernetzt sind. rnBei der Entstehung der chondroiden Metaplasie kommen zusätzlich mechanische Einflüsse in Form von zyklischen Kompressionen als Einflussfaktor in Frage. rnDie Regulierung der Angiogenese ist noch zu wenig verstanden, um den Gefäßrückgang bei fortgeschrittenen strukturellen Veränderungen zu erklären. Erklärungsansätze sind zum einen zunehmende mechanische Schädigung bei zunehmender Inkongruenz der Gelenkflächen. Zum anderen könnte eine beginnende chondroide Metaplasie mit Expression von Chondromodulin I eine entscheidende Rolle spielen. rnInsgesamt muss man davon ausgehen, dass die zunehmenden strukturellen Veränderungen die Ernährung des Knorpels erschweren. Dabei ist an erster Stelle der Rückgang des Gefäßnetzes zu nennen. Dies erschwert nicht nur die Versorgung mit Nährstoffen, sondern auch den Abtransport von Stoffwechselprodukten. Ab einem gewissen Punkt ist aber auch davon auszugehen, dass die Funktion der Deckzellschicht beeinträchtigt wird. Wenn die Konzentration der Hyaluronsäure in der Synovia dadurch sinkt, kann dies durch eine vermehrte Permeabilität der Synovialmembran zum verstärkten Ausstrom von Wasser aus der Gelenkhöhle führen. Durch ein Ödem des umliegenden Gewebes kann dadurch der Blutfluss im Bereich des Gelenks zusätzlich vermindert werden. rnAuch die zunehmende Fibrosierung der Synovialmembran kann einen Einfluss auf die Permeabilität der Synovialmembran haben. Ob und in welchen Stadien der Veränderungen das einen relevanten Einfluss für die Ernährung der Chondrozyten hat, ist noch unklar.rn

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Nel presente progetto di ricerca, da novembre 2011 a novembre 2013 , sono stati trattati chirurgicamente, con l’assistenza del navigatore , pazienti con tumori ossei primitivi degli arti, del bacino e del sacro, analizzando i risultati degli esami istologici dei margini di resezione del tumore e i risultati clinici e radiografici. Materiali e metodi : Abbiamo analizzato 16 pazienti 9 maschi e 7 femmine , con un'età media di 31 anni (range 12-55 ). Di tutti i pazienti valutati 8 avevano una localizzazione agli arti inferiori , 4 al bacino e 4 all'osso sacro . Solo quelli con osteosarcoma parostale , Cordoma e Condrosarcoma non sono stati sottoposti a terapia antiblastica . Solo un paziente è stato sottoposto a radioterapia postoperatoria per una recidiva locale . Tutti gli altri pazienti non sono stati trattati con la radioterapia per l’ adeguatezza dei margini di resezione . Non ci sono state complicanze intraoperatorie . Nel periodo postoperatorio abbiamo osservato una vescica neurologica , una paresi sciatica, due casi di infezione di cui una superficiale e una profonda, tutti e quattro i pazienti con sarcoma sacrale sviluppati hanno avuto ritardato della guarigione della ferita e di questi tre hanno avuto incontinenza sfinterica. In tutti i casi si è ottenuta una eccellente risultato clinico e radiografico , con soddisfazione del paziente , corretto contatto tra l'osteotomia e l'impianto che apparivano stabili ai primi controlli ambulatoriali ( FU 19 mesi). Risultati: La chirurgia assistita da calcolatore ha permesso di migliorare l’esecuzione delle resezioni ossee prevista dal navigatore. Questa tecnologia è valida e utile per la cure dei tumori dell’apparato scheletrico, soprattutto nelle sedi anatomiche più complesse da trattare come la pelvi, il sacro e nelle resezioni intercalari difficoltose nell’ottenere un margine di resezione ampio e quindi di salvare l’articolazione e l’arto stesso.

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Il trattamento dell’osteoartrosi (OA) del cane è una sfida nella pratica clinica veterinaria. Molti trattamenti sono stati proposti, tuttavia la risposta clinica agli stessi non è sempre soddisfacente. Molti farmaci sono utilizzati per il trattamento dell’OA, tra cui farmaci anti-infiammatori non steroidei, corticosteroidi, ed inibitori della produzione dell’ossido nitrico. Lo stanozololo è un derivato sintetico del testosterone; oltre alle sue proprietà anaboliche/androgeniche , a basse dosi lo stanozololo ha un affinità per i recettori glucocorticoidi. Per questa attività antinfiammatoria e rigenerativa sui tessuti articolari danneggiati viene utilizzato nella degenerative joint desease del cavallo. Lo scopo di questo studio è stato di valutare l’efficacia clinica dello stanozololo intra-articolare a 15, 30, 45 e 60 giorni dal trattamento di gomiti con OA di cane. E’ stato eseguito uno studio cieco, multicentrico e randomizzato. Previo consenso informato, sono stati arruolati 48 cani, suddivisi in 3 gruppi e trattati con stanozololo, mavacoxib e con entrambi i farmaci. Sono state valutate zoppia, tollerabilità del trattamento, range of motion, e punteggio radiografico. Inoltre sono state stabilite e annoverate quantità e qualità del liquido sinoviale. Ai dati ottenuti sono stati applicati i test di Kruskal-Wallis, Chi-quadro e Fischer, i quali hanno dimostrato l’efficacia della terapia nei singoli gruppi e tra i diversi gruppi di studio. I risultati ottenuti hanno mostrato la riduzione di almeno un grado di zoppia e la riduzione della progressione dell’OA nei casi trattati con stanozololo. Si può quindi affermare che tale molecola per via intra-articolare può essere una valida alternativa per il trattamento dell’OA di gomito nel cane.

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L’accoppiamento articolare in ceramica è sempre più utilizzato in chirurgia protesica dell’anca per le sue eccellenti proprietà tribologiche. Tuttavia la fragilità della ceramica è causa di fallimenti meccanici. Abbiamo quindi condotto una serie di studi al fine di individuare un metodo efficace di diagnosi precoce del fallimento della ceramica. Abbiamo analizzato delle componenti ceramiche espiantate e abbiamo trovato un pattern di usura pre-frattura che faceva supporre una dispersione di particelle di ceramica nello spazio articolare. Per la diagnosi precoce abbiamo validato una metodica basata sulla microanalisi del liquido sinoviale. Per validare la metodica abbiamo eseguito un agoaspirato in 12 protesi ben funzionanti (bianchi) e confrontato i risultati di 39 protesi con segni di rottura con quelli di 7 senza segni di rottura. Per individuare i pazienti a rischio rottura i dati demografici di 26 pazienti con ceramica rotta sono stati confrontati con 49 controlli comparabili in termini demografici, tipo di ceramica e tipo di protesi. Infine è stata condotta una revisione sistematica della letteratura sulla diagnosi della rottura della ceramica. Nell’aspirato la presenza di almeno 11 particelle ceramiche di dimensioni inferiori a 3 micron o di una maggiore di 3 micron per ogni campo di osservazione sono segno di rottura della ceramica. La metodica con agoaspirato ha 100% di sensibilità e 88 % di specificità nel predire rotture della ceramica. Nel gruppo delle ceramiche rotte è stato trovato un maggior numero di malposizionamenti della protesi rispetto ai controlli (p=0,001). Il rumore in protesi con ceramica dovrebbe sollevare il sospetto di fallimento ed indurre ad eseguire una TC e un agoaspirato. Dal confronto con la letteratura la nostra metodica risulta essere la più efficace.

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CD99, glicoproteina di membrana codificata dal gene MIC2, è coinvolta in numerosi processi cellulari, inclusi adesione, migrazione, apoptosi, differenziamento e regolazione del trafficking intracellulare di proteine, in condizioni fisiologiche e patologiche. Nell’osteosarcoma risulta scarsamente espressa ed ha ruolo oncosoppressivo. L’isoforma completa (CD99wt) e l’isoforma tronca (CD99sh), deleta di una porzione del dominio intracellulare, influenzano in modo opposto la malignità tumorale. In questo studio, comparando cellule di osteosarcoma caratterizzate da differenti capacità metastatiche e diversa espressione di CD99, abbiamo valutato la modulazione dei contatti cellula-cellula, la riorganizzazione del citoscheletro di actina e la modulazione delle vie di segnalazione a valle del CD99, al fine di identificare i meccanismi molecolari regolati da questa molecola e responsabili del comportamento migratorio e invasivo delle cellule di osteosarcoma. L'espressione forzata di CD99wt induce il reclutamento di N-caderina e β-catenina a livello delle giunzioni aderenti ed inibisce l'espressione di molecole cruciali nel processo di rimodellamento del citoscheletro di actina, come ACTR2, ARPC1A, Rho-associated, coiled–coil-containing protein kinase 2 (ROCK2), nonché di ezrina, membro della famiglia ezrin/radixin/moesin e chiaramente associata con la progressione tumorale e la metastatizzazione dell’OS. Gli studi funzionali identificano ROCK2 come mediatore fondamentale nella regolazione della migrazione e della diffusione metastatica dell’osteosarcoma. Mantenendo cSRC in una conformazione inattiva, CD99wt inibisce la segnalazione mediata da ROCK2 inducendo una diminuzione dell’ezrina a livello della membrana accompagnata dalla traslocazione in membrana di N-caderina e β-catenina, principali ponti molecolari per il citoscheletro di actina. La ri-espressione di CD99wt, generalmente presente negli osteoblasti, ma perso nelle cellule di osteosarcoma, attraverso l'inibizione dell'attività di cSrc e ROCK2, aumenta la forza di contatto e riattiva i segnali anti-migratori ostacolando l’azione pro-migratoria, altrimenti dominante, dell’ezrina nell’osteosarcoma. Abbiamo infine valutato la funzione di ROCK2 nel sarcoma di Ewing: nonostante il ruolo oncogenico esercitato da CD99, ROCK2 guida la migrazione cellulare anche in questa neoplasia.

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Regulatorische T-Zellen sind essentiell für die Aufrechterhaltung der peripheren Toleranz. Hierbei sorgen diese hocheffektiven Suppressorzellen für ein immunologisches Gleichgewicht, indem sie Immunantworten gegen Autoantigene sowie harmlose Nahrungs- und Umweltantigene verhindern. Andererseits können diese bei chronischen Infekten Immunantworten reduzieren sowie effektive Antitumor-Immunantworten hemmen. Aufgrund ethischer Erwägungen ist die Erforschung regulatorischer T-Zellen und deren Rolle bei der Tumorentwicklung weitestgehend auf Mausmodelle oder humane in vitro oder ex vivo Analysen beschränkt. Um diese Limitationen zu überwinden und translationale immunologische Experimente zu ermöglichen, wurde hier ein humanisiertes Mausmodell verwendet. T- und B-Zell-defiziente NOD-scid IL2Rgammanull (NSG) Mäuse wurden mit humanen CD34+ hämatopoetischen Stammzellen aus Nabelschnurblut rekonstituiert. Aus diesen Stammzellen entstanden in den Tieren vielfältige humane Immunzellen. Im murinen Thymus der NSG Tiere entwickelten sich CD4+ und CD8+ einzelpositive T-Zellen, welche als funktionelle Effektorpopulationen in die Peripherie auswanderten. Humane regulatorische T-Zellen (CD4+ CD25+ Foxp3+ CD127-) entwickelten sich ebenfalls im murinen Thymus der Tiere und machten ca. 10% der humanen peripheren CD4+ T-Zellen in den Mäusen aus. Diese humanen regulatorischen T-Zellen zeigten vorwiegend einen HLA-DR+ Phänotyp, welcher mit höchster Suppressivität assoziiert ist. Weiter verhielten sich die regualtorischen T-Zellen anergisch und bewiesen ihre Funktionalität unter anderem durch die Inhibition der Proliferation von Effektor-T-Zellen in vitro. rnSubkutan injizierte Tumorzellen eines humanen undifferenzierten pleomorphen Sarkoms wurden in den humanisierten Mäusen nicht abgestoßen und der Tumor konnte, trotz Infiltration humaner Immunzellen, ungehindert wachsen. Als mögliche Ursache hierfür zeigte sich die selektive Akkumulation regulatorischer T-Zellen im Tumor. Zusammen mit dem erhöhten Anteil humaner regulatorischer T-Zellen in der Peripherie, weisen diese Beobachtungen deutliche Parallelen mit Befunden aus humanen Patienten auf. Dies bietet somit erstmalig die Option in vivo die Rolle humaner regulatorischer T-Zellen im undifferenzierten pleomorphen Sarkom zu analysieren. Die hier gezeigten Daten machen deutlich, dass es das humanisierte Mausmodell ermöglicht, die Entstehung und Funktion humaner regulatorischer T-Zellen in vivo zu analysieren, deren Bedeutung in klinisch relevanten Modellen zu charakterisieren und somit innovative Therapien zu etablieren.

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By analogy to gliosarcoma, the term "ependymosarcoma" has recently been coined to thematize the rare phenomenon of a malignant mesenchymal component arising within an ependymoma. We report on an example of this paradigm, involving tanycytic ependymoma as the host tumor in a 40-year-old female who underwent two tumor extirpation procedures at one-year interval. She first presented with severe headaches, and was seen by imaging to harbor a moderately enhancing mass 2.5cm in diameter at the rostral septum pellucidum accompanied by occlusive hydrocephalus. Microscopically, the tumor consisted of solid, wavy fascicles of elongated cells that were occasionally interrupted by vague perivascular pseudorosettes. Mitotic activity was absent, and less than 1% of nuclei immunoreacted for MIB-1. A histological diagnosis of tanycytic ependymoma (WHO grade II) was rendered, and no adjuvant therapy given. At recurrence, the lesion was 3.5cm in diameter, intensely enhancing, and had already seeded into the subarachnoid space. Histology showed a biphasic glial-sarcomatous architecture with remnants of the original ependymoma now displaying hypercellularity and atypical - yet not frankly anaplastic - features. The sarcomatous moiety consisted of spindle and epithelioid cells densely interwoven with reticulin fibers. While the ependymal component was GFAP and S100 protein positive, and featured punctate staining for EMA, none of these markers was expressed in the adjacent sarcoma. Instead, the latter reacted for vimentin and smooth muscle actin. To the best of our knowledge, this is the first documentation of tanycytic ependymoma undergoing malignant transformation, one driven by a highly anaplastic mesenchymal component, corresponding to "ependymosarcoma".

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In patients with HIV-1 infection who are starting combination antiretroviral therapy (ART), the incidence of immune reconstitution inflammatory syndrome (IRIS) is not well defined. We did a meta-analysis to establish the incidence and lethality of the syndrome in patients with a range of previously diagnosed opportunistic infections, and examined the relation between occurrence and the degree of immunodeficiency. Systematic review identified 54 cohort studies of 13 103 patients starting ART, of whom 1699 developed IRIS. We calculated pooled cumulative incidences with 95% credibility intervals (CrI) by Bayesian methods and did a random-effects metaregression to analyse the relation between CD4 cell count and incidence of IRIS. In patients with previously diagnosed AIDS-defining illnesses, IRIS developed in 37.7% (95% CrI 26.6-49.4) of those with cytomegalovirus retinitis, 19.5% (6.7-44.8) of those with cryptococcal meningitis, 15.7% (9.7-24.5) of those with tuberculosis, 16.7% (2.3-50.7) of those with progressive multifocal leukoencephalopathy, and 6.4% (1.2-24.7) of those with Kaposi's sarcoma, and 12.2% (6.8-19.6) of those with herpes zoster. 16.1% (11.1-22.9) of unselected patients starting ART developed any type of IRIS. 4.5% (2.1-8.6) of patients with any type of IRIS died, 3.2% (0.7-9.2) of those with tuberculosis-associated IRIS died, and 20.8% (5.0-52.7) of those with cryptococcal meningitis died. Metaregression analyses showed that the risk of IRIS is associated with CD4 cell count at the start of ART, with a high risk in patients with fewer than 50 cells per microL. Occurrence of IRIS might therefore be reduced by initiation of ART before immunodeficiency becomes advanced.

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The advent of highly active antiretroviral therapy (HAART) in 1996 led to a decrease in the incidence of Kaposi's sarcoma (KS) and non-Hodgkin's lymphoma (NHL), but not of other cancers, among people with HIV or AIDS (PWHA). It also led to marked increases in their life expectancy.

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Musculoskeletal ultrasonography (US) is an established and validated imaging technique in rheumatology. Ultrasonography is able to directly visualize soft tissue pathologies such as synovial tissue changes. Pathological findings in superficial cartilage, bone lesions and synovial tissue changes in the context of rheumatoid arthritis, spondyloarthritis or crystal arthropathies may only be seen by sonography or detected earlier by ultrasonography compared to conventional imaging techniques. The activity of an inflammatory arthropathy can be visualized using Doppler and power Doppler US. US is helpful in the detection of early inflammatory changes, particularly in patients with undifferentiated arthritis and/or unremarkable conventional radiography. In addition to diagnosis in early arthritis and monitoring of therapy in rheumatoid arthritis, sonography is able to detect pivotal pathologies in spondyloarthritis and crystal deposition diseases such as gout, pseudogout and apatite deposition disease. Ultrasound-guided diagnostic and therapeutic interventions are characterized by their excellent accuracy and improvement of clinical effectiveness compared to unguided procedures. In conclusion, ultrasonography plays a pivotal role in the assessment and monitoring of therapy in rheumatic diseases.

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The diagnostic yield of prosthetic joint-associated infection is hampered by the phenotypic change of bacteria into a sessile and resistant form, also called biofilm. With sonication, adherent bacteria can be dislodged from the prosthesis. Species identification may be difficult because of their variations in phenotypic appearance and biochemical reaction. We have studied the phenotypic, genotypic, and biochemical properties of Escherichia coli variants isolated from a periprosthetic joint infection. The strains were collected from synovial fluid, periprosthetic tissue, and fluid from the explanted and sonicated prosthesis. Isolates from synovial fluid revealed a normal phenotype, whereas a few variants from periprosthetic tissue and all isolates from sonication fluid showed different morphological features (including small-colony variants). All isolates from sonication fluid were beta-galactosidase negative and nonmotile; most were indole negative. Because of further variations in biochemical properties, species identification was false or not possible in 50% of the isolates included in this study. In contrast to normal phenotypes, variants were resistant to aminoglycosides. Typing of the isolates using pulsed-field gel electrophoresis yielded nonidentical banding patterns, but all strains were assigned to the same clonal origin when compared with 207 unrelated E. coli isolates. The bacteria were repeatedly passaged on culture media and reanalyzed. Thereafter, most variants reverted to normal phenotype and regained their motility and certain biochemical properties. In addition, some variants displayed aminoglycoside susceptibility after reversion. Sonication of an explanted prosthesis allows insight into the lifestyle of bacteria in biofilms. Since sonication fluid also reveals dislodged sessile forms, species identification of such variants may be misleading.

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A high (18)F-fluorodeoxyglucose (FDG) uptake by positron emission tomography/computed tomography (PET/CT) imaging in sarcomas of adults has been reported. The current study aimed at defining the degree of (18)F-FDG uptake of pediatric sarcomas. This retrospective study included 29 patients (23 males, 6 females; mean age 14 ± 5 years) with soft tissue (n = 9) or bone (n = 20) sarcomas. Twenty-two patients (76%) underwent (18)F-FDG PET/CT and 7 (24%) had dedicated (18)F-FDG PET studies. Tumor (18)F-FDG uptake was quantified by standard uptake value (SUV)(max) and tumor-to-liver ratios (SUV ratios; tumor SUV(max)/liver SUV(mean)). Tumor SUV(max) and SUV ratios were correlated with tumor Ki-67 expression. SUV(max) ranged from 1.4 to 24 g/mL (median 2.5 g/mL) in soft tissue sarcomas and 1.6 to 20.4 g/mL (median 6.9 g/mL) in bone sarcomas (P = .03), and from 1.6 to 9.2 g/mL (median 3.9 g/mL) and 3.5 to 20.4 g/mL (median 12 g/mL) in Ewing sarcoma and osteosarcoma, respectively (P = .009). Tumor SUV ratios ranged from 0.8 to 8.7 (median 1.9) in soft tissue sarcomas and 1.4 to 8.9 (median 3.8) in bone sarcomas (P = .08). Ewing sarcoma had a significantly lower tumor SUV ratio than osteosarcoma (P = .01). Ki-67 expression correlated significantly with the (18)F-FDG uptake in bone but not in soft tissue sarcomas. All sarcomas were visualized by (18)F-FDG PET/CT imaging. A higher (18)F-FDG uptake was observed in osteosarcoma than in Ewing and soft tissue sarcomas. The results of this study suggest that the degree of tumor (18)F-FDG uptake is sufficient to allow for monitoring of therapeutic responses in pediatric sarcomas.

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Mesenchymal stromal cells (MSCs), which reside within various tissues, are utilized in the engineering of cartilage tissue. Dexamethasone (DEX)--a synthetic glucocorticoid--is almost invariably applied to potentiate the growth-factor-induced chondrogenesis of MSCs in vitro, albeit that this effect has been experimentally demonstrated only for transforming-growth-factor-beta (TGF-β)-stimulated bone-marrow-derived MSCs. Clinically, systemic glucocorticoid therapy is associated with untoward side effects (e.g., bone loss and increased susceptibility to infection). Hence, the use of these agents should be avoided or limited. We hypothesize that the influence of DEX on the chondrogenesis of MSCs depends upon their tissue origin and microenvironment [absence or presence of an extracellular matrix (ECM)], as well as upon the nature of the growth factor. We investigated its effects upon the TGF-β1- and bone-morphogenetic-protein 2 (BMP-2)-induced chondrogenesis of MSCs as a function of tissue source (bone marrow vs. synovium) and microenvironment [cell aggregates (no ECM) vs. explants (presence of a natural ECM)]. In aggregates of bone-marrow-derived MSCs, DEX enhanced TGF-β1-induced chondrogenesis by an up-regulation of cartilaginous genes, but had little influence on the BMP-2-induced response. In aggregates of synovial MSCs, DEX exerted no remarkable effect on either TGF-β1- or BMP-2-induced chondrogenesis. In synovial explants, DEX inhibited BMP-2-induced chondrogenesis almost completely, but had little impact on the TGF-β1-induced response. Our data reveal that steroids are not indispensable for the chondrogenesis of MSCs in vitro. Their influence is context dependent (tissue source of the MSCs, their microenvironment and the nature of the growth-factor). This finding has important implications for MSC based approaches to cartilage repair.

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Malignant mesodermal tumors of the uterus are an inhomogenous group of uterine malignancies with different pathogenesis, clinical presentation and prognosis. These rare tumors represent approximately 1 % of all uterine malignancies. The aggressive carcinosarcomas or mixed muellerian tumors are defined by mixed malignant epithelial and malignant mesodermal histopathology and are of the same precursor cell origin like endometrial cancer. Thus, carcinosarcomas were reclassified by the FIGO as an aggressive type of endometrial cancer and treated like type II endometrial cancer. Adenosarcomas are also mixed tumors with benign epithelial proliferation and malignant mesodermal cell growth, have a good prognosis and represent less than 5 % of all mesodermal uterine malignancies. Besides carcinosarcomas, the pure mesodermal leiomyosarcomas are the most common mesodermal malignancies. Patients with leiomyosarcamos are usually perimenopausal, and although more than half of the patients present with symptoms, diagnosis occurs incidentally in most cases in final histopathologic workup of an excised putative myoma or uterus. Adequate anamnesis, gynecologic examination and careful imaging by transvaginal ultrasound in the preoperative setting might hint to correct differential diagnosis in many cases. Overall the prognosis of uterine leiomyomas is poor. Malignancies of the endometrial stroma are very rare and divided in two subgroups, the mostly estrogen receptor positive endometrial stromal sarcoma, which occur preferably in premenopausal women and show a favorable prognosis, and the very aggressive undifferentiated endometrial sarcomas. The more rare undifferentiated endometrial sarcomas occur in postmenopausal women and most patients die in the first two years after diagnosis. Risk stratification of preoperative differential diagnosis requires improvements and the correct histopathologic workup of mesodermal uterine malignancies is still a challenge for pathologists.