440 resultados para Intestino


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Inflammatory Bowel Diseases (IBD) are intestinal chronic relapsing diseases which ethiopathogenesis remains uncertain. Several group have attempted to study the role of factors involved such as genetic susceptibility, environmental factors such as smoke, diet, sex, immunological factors as well as the microbioma. None of the treatments available satisfy several criteria at the same time such as safety, long-term remission, histopatological healing, and specificity. We used two different approaches for the development of new therapeutic treatment for Inflammatory Bowel Disease. The first is focused on the understanding of the potential role of functional food and nutraceuticals nutrients in the treatment of IBD. To do so, we investigated the role of Curcuma longa in the treatment of chemical induced colitis in mice model. Since Curcma Longa has been investigated for its antinflammatory role related to the TNFα pathway as well investigators have reported few cases of patients with ulcerative colites treated with this herbs, we harbored the hypothesis of a role of Curcuma Longa in the treatment f IBD as well as we decided to assess its role in intestinal motility. The second part is based on an immunological approach to develop new drugs to induce suppression in Crohn’s disease or to induce mucosa immunity such as in colonrectal tumor. The main idea behind this approach is that we could manipulate relevant cell-cell interactions using synthetic peptides. We demonstrated the role of the unique interaction between molecules expressed on intestinal epithelial cells such as CD1d and CEACAM5 and on CD8+ T cells. In normal condition this interaction has a role for the expansion of the suppressor CD8+ T cells. Here, we characterized this interaction, we defined which are the epitope involved in the binding and we attempted to develop synthetic peptides from the N domain of CEACAM5 in order to manipulate it.

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Nell’ambito della patologia gastroenterica del suino sono comprese alcune malattie sostenute da batteri spirillari gram negativi, di cui sono disponibili numerose trattazioni riguardanti, soprattutto, l'aspetto epidemiologico e patogenetico. Per alcuni di questi agenti microbici, e per le relative manifestazioni patologiche, poco si conosce nel cinghiale selvatico, animale correlato filogeneticamente al suino domestico, ma compreso in un’ecologia completamente differente. Da queste premesse è nato un approccio di ricerca e studio del comportamento di questi microrganismi in una metapopolazione di cinghiali, abbattuti durante il piano di controllo della popolazione densità-dipendente nel Parco dei Gessi e Calanchi dell’Abbadessa (BO), cercando di rapportare le conoscenze riportate in letteratura sul suino domestico con quanto è scaturito dalle indagini condotte sul cinghiale selvatico. In particolare è stata indagata con metodica immunoistochimica la presenza di Lawsonia intracellularis, patogeno del suino responsabile di Enterite Proliferativa (EP), in secondo luogo sono state condotte indagini batteriologiche e istologiche da stomaco e intestino, finalizzate all’isolamento di microrganismi spirillari dei generi Campylobacter e Helicobacter, da correlare all’eventuale presenza di lesioni infiammatorie e ulcerative gastriche o enteriche valutate secondo sistemi a punteggio ottenuti dalla bibliografia o realizzati in base alla tipologia di infiltrato cellulare e alla sua localizzazione. In ultimo, a fini comparativi con uno studio condotto nel 2002-2004 nello steso Parco Regionale, sono stati monitorati i livelli di antibioticoresistenza di indicatori fecali usando metodiche internazionali standardizzate (Escherichia coli e Enterococcus faecium.) nonché su un numero significativo di isolati di Campylobacter lanienae, per ottenere indicazioni preliminari sull’andamento nei 10 anni trascorsi dello stato di inquinamento da farmaco del Parco stesso. I risultati ottenuti permettono di ampliare le conoscenze sulla flora enterica del cinghiale selvatico e pongono questioni di sicurezza pubblica sulla gestione dei mammiferi selvatici.

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L’ecografia del tratto gastroenterico è una delle metodiche d’elezione nella valutazione diagnostica delle patologie gastrointestinali nel gatto. In questa tesi dottorale sono presentati i risultati di tre studi in cui l’ecografia convenzionale e con mezzo di contrasto è stata impiegata in gatti sani o con patologie gastroenteriche. Lo scopo del primo studio, prospettico, è stato quello di determinare lo spessore ecografico dei singoli strati di parete nell’intestino tenue in una popolazione di gatti sani. Lo strato mucoso è risultato significativamente più spesso nel duodeno e nel digiuno, per la maggiore grandezza dei villi in queste porzioni dell’intestino tenue. A livello dell’ileo, gli strati di maggior spessore sono risultati quello sottomucoso, per l’abbondante presenza di aggregati linfoidi, e quello muscolare, a causa delle caratteristiche anatomo-funzionali di sfintere che questo tratto intestinale svolge. Il secondo progetto, retrospettivo, nasce dalla collaborazione tra due centri universitari, uno italiano e uno americano, con l’obiettivo di confrontare lo spessore della tonaca muscolare intestinale in gatti affetti da Inflammatory Bowel disease (IBD) o da neoplasie intestinali. In questo studio, l’ipertrofia della tonaca muscolare (ITM) è stato maggiormente osservato in gatti con IBD rispetto a gatti con neoplasie intestinali, ma non sono state evidenziate differenze di spessore della tonaca muscolare tali da poter differenziare le due patologie. Lo scopo del terzo progetto, prospettico, è stato quello di descrivere il pattern di perfusione parietale del piccolo intestino, valutato mediante uso di mezzo di contrasto ecografico, in gatti con ITM associata a IBD. In tutti gli animali studiati, l’ITM si è associato a una modesta assunzione del mezzo di contrasto rispetto agli altri strati della parete intestinale. Questi risultati confermano che l’ITM che si osserva in gatti con IBD non è associato a significativi aumenti della vascolarizzazione di tale strato parietale.

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Le tecniche di next generation sequencing costituiscono un potente strumento per diverse applicazioni, soprattutto da quando i loro costi sono iniziati a calare e la qualità dei loro dati a migliorare. Una delle applicazioni del sequencing è certamente la metagenomica, ovvero l'analisi di microorganismi entro un dato ambiente, come per esempio quello dell'intestino. In quest'ambito il sequencing ha permesso di campionare specie batteriche a cui non si riusciva ad accedere con le tradizionali tecniche di coltura. Lo studio delle popolazioni batteriche intestinali è molto importante in quanto queste risultano alterate come effetto ma anche causa di numerose malattie, come quelle metaboliche (obesità, diabete di tipo 2, etc.). In questo lavoro siamo partiti da dati di next generation sequencing del microbiota intestinale di 5 animali (16S rRNA sequencing) [Jeraldo et al.]. Abbiamo applicato algoritmi ottimizzati (UCLUST) per clusterizzare le sequenze generate in OTU (Operational Taxonomic Units), che corrispondono a cluster di specie batteriche ad un determinato livello tassonomico. Abbiamo poi applicato la teoria ecologica a master equation sviluppata da [Volkov et al.] per descrivere la distribuzione dell'abbondanza relativa delle specie (RSA) per i nostri campioni. La RSA è uno strumento ormai validato per lo studio della biodiversità dei sistemi ecologici e mostra una transizione da un andamento a logserie ad uno a lognormale passando da piccole comunità locali isolate a più grandi metacomunità costituite da più comunità locali che possono in qualche modo interagire. Abbiamo mostrato come le OTU di popolazioni batteriche intestinali costituiscono un sistema ecologico che segue queste stesse regole se ottenuto usando diverse soglie di similarità nella procedura di clustering. Ci aspettiamo quindi che questo risultato possa essere sfruttato per la comprensione della dinamica delle popolazioni batteriche e quindi di come queste variano in presenza di particolari malattie.

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L'Ambergris (o Ambra grigia) è usata da secoli per creare profumi di qualità. Essendo una sostanza naturale prodotta nell'intestino dei capodogli non è possibile un approvigionamento continuo e stabile di questa materia prima senza uccidere l'animale. La sostanza responsabile del profumo è (-)-Ambrox e dagli anni '50 in poi sono state studiate vie di sintesi che non coinvolgessero lo sfruttamento di animali. In queesta tesi abbiamo cercato una via sintetica alternativa, di questa sostanza, di facile industrializzazione che prende spunto da un recente brevetto. La sequenza sintetica è stata modificata utilizzando sostanze con bassa tossicità. La reazione procede con il mantenimento della stereochimica del substrato, rendendo questa strategia ottimale anche nel caso in cui si utilizzi un substrato già enantiopuro. Si è dimostrato inoltre che questa reazione porta ad un prodotto finale con elevata purezza adatto ad una eventuale commercializzazione.

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La enfermedad celiaca, es un trastorno producido por una alteración genética a nivel del cromosoma 14; pero para que la enfermedad se manifieste deben estar presentes, en forma simultanea, dos componentes fundamentales: el hereditario por un lado y por otro un externo que se da por el consumo de proteínas tóxicas que se encuentran en algunos alimentos y que son atrofiantes de la mucosa intestinal. Su incidencia varía entre 1 en 300 (Irlanda occidental) y 1 en 5000 nacidos vivos en Suecia. Es una enfermedad en la cual la membrana del intestino delgado o mucosa intestinal, se ha dañado por causa del consumo de alimentos que contienen cereales en su composición como el trigo, la cebada el centeno y posiblemente en la avena por cuestiones de contaminación cruzada, por eso se hace referencia a los alimentos sin TACC, sigla formada por las iniciales de los nombres de estos cereales. En caso de la avena se discute sobre su toxicidad, por que se cree que es menos potente que los demás cereales, cabe destacar que el arroz y el maíz no presentan ningún grado de toxicidad. Los cereales identificados como tóxicos, para el resto de la población son inofensivos, en los celiacos dañan la mucosa intestinal y atrofian las vellosidades del intestino que son como pliegues agrupados en forma dedos que por su intermedio se produce la absorción de los nutrientes de los alimentos. No son los cereales en si los que producen la afección, si no ciertas proteínas que se encuentran en su composición las que se conocen con el nombre de pro láminas tóxicas, las que mencionaremos a continuación según su grado de toxicidad: • del trigo: gliadina • del centeno: secalina • de la cebada: hordeina • de la avena: avenina Lo que provoca estas toxinas, es la mala absorción de lípidos, hidratos de carbono, y en menor grado las proteínas. Esto lleva a una irritación a nivel del intestino, perdida de apetito, diarrea, y en especial esteatorrea que es una diarrea cuyo principal componente en la materia fecal, es la grasa. Una vez introducida la problemática y de acuerdo a los conceptos vertidos que intentan justificar el tema de estudio, se plantea el problema como sigue: ¿Cuál es el nivel de conocimiento sobre celiaquía de las personas que asisten al consultorio de pediatría del Centro de Salud Nº107 del distrito 25 de Mayo, San Rafael durante febrero de 2009, y qué puede aportar enfermería para la detección precoz?

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El objetivo principal de esta tesis fue incrementar el valor proteico para rumiantes de la harina de girasol mediante tratamientos combinados con ácidos y calor para proteger sus proteínas frente a la degradación ruminal. Estos estudios comprenden dos experimentos realizados sobre ovinos mediante tecnologías in vitro (experimento 1) o in situ e in vivo (experimento 2), empleando siempre dos ácidos: málico u ortofosfórico. Aprovechando este último experimento, también se consideraron otros objetivos de carácter metodológico con el fin de mejorar la precisión de las estimas de i) la degradabilidad ruminal y la digestibilidad intestinal de la proteína y los aminoácidos (AAs) de los alimentos y ii) la síntesis microbiana ruminal y su contribución al flujo post-ruminal de nutrientes al animal. En el experimento 1 (capítulo 2) se efectuaron cuatro ensayos in vitro para estudiar la influencia de distintos factores que puedan afectar la eficacia de estos tratamientos. En cada ensayo se utilizó una réplica por tratamiento (dos para el tratamiento control) y dos bolsas vacías (empleadas para corregir la contaminación microbiana) en cada una de las cuatro botellas del incubador (ANKOM Daisy II). Cada botella contenía 2 l de medio de incubación, saturado con CO2 para asegurar la anaerobiosis. Este medio consistió en una mezcla de solución McDougall y liquido ruminal filtrado en relación 4:1. El liquido ruminal fue obtenido de 2 corderos canulados en rumen, utilizándose bien solo o mezclado con el del otro cordero en una relación 3:1. Así, cada botella de incubación contenía un inoculo ruminal diferente. Las incubaciones se realizaron a 39 ºC durante 20 h, siendo las bolsas lavadas con agua corriente y almacenadas a -20 ºC. Tras ser descongeladas, se lavaron 3 veces durante 5 min en una mini-lavadora de turbina, se desecaron a 80 ºC durante 48 h y se destinaron íntegras al análisis de N-Kjeldahl. En el ensayo 1 se estudió el efecto del volumen de disolución de dos dosis de ácido ortofosfórico (0,4 y 1,2 equivalentes gramo (eq)/kg de harina de girasol), testando cinco volúmenes de disolución (80, 160, 240, 320 and 400 ml/kg de harina) para cada dosis, desecándose las harinas a 60 ºC hasta sequedad al tacto. La proteína bruta (PB) indegradada se incremento con la dosis de ácido empleada y también (como tendencia, P < 0,1) con el volumen de dilución. En base a ello en los siguientes ensayos se utilizo el volumen de dilución mayor (400 ml/kg). En el ensayo 2 se estudió el efecto de la dosis y del tipo de ácido a cuatro dosis (1,2; 2,4; 3,6 y 4,8 eq/kg), secándose igualmente las muestras tratadas a 60 ºC. La PB indegradada aumentó con la dosis de ácido, siendo también mayor para el ácido málico, tanto en este ensayo como en los posteriores. En el ensayo 3 se estudiaron los efectos de los dos ácidos, cuatro concentraciones (0,6; 1,2; 1,8 y 2,4 eq/kg) y tres tratamientos térmicos para el secado de las muestras (100, 150 and 200 ºC durante 60, 30 y 20 minutos, respectivamente). Con los tratamientos térmicos a 100 y 150 ºC no hubo un incremento de protección para concentraciones superiores a 0,8 eq/kg para ambos ácidos. Para incrementar la protección fue necesario aumentar la temperatura a 200 ºC y la dosis a 1,2 eq/kg, no observándose un aumento de protección a dosis mayores. En el ensayo 4 se estudiaron los efectos sobre la lisina disponible, la solubilidad de la PB en saliva artificial de McDougall y la PB indegradada in vitro de tratar la harina solo con agua o con disoluciones de ambos ácidos a dosis de 0,8 eq/kg y temperaturas de secado de 100 ó 150 ºC en las mismas condiciones que en el ensayo 3. No se apreciaron efectos sobre la lisina disponible para ninguno de los tratamientos. El efecto específico de los ácidos quedo demostrado tanto por la fuerte reducción de la solubilidad de la PB como por el aumento de la PB indegradada frente al tratamiento con agua. En conjunto, los resultados de este experimento mostraron que la eficacia de estos tratamientos depende del tipo y dosis de ácido y de su dilución, así como de las condiciones de secado. Como tratamiento de mayor interés a aplicar posteriormente en el experimento 2 se consideró una dosis de 0,8 eq/kg de harina, aplicada en un volumen de 400 ml/kg (correspondiente a soluciones 1 M y 0,67 M para los ácidos málico y ortofosfórico, respectivamente) y desecación a 150 ºC. El experimento 2 (capítulos 3 a 7) se realizó con un diseño en cuadrado latino 3x3, empleando tres corderos canulados en rumen y duodeno y tres dietas isoproteicas: U, M y P, que incluían harinas de girasol sin tratar (control) y tratadas con acido málico u ortofosfórico, respectivamente. La harina de girasol se trató en las condiciones ya indicadas siendo necesarias 6 horas para su secado en estufa. Las dietas incluían 40% de heno de raigrás italiano y 60% de concentrado a base de harina de girasol (tratada y/o sin tratar), trigo y corrector vitamínico-mineral, siendo suministradas a 75 g/kg P0.75 (equivalente a 2,3 × mantenimiento). La relación harina de girasol sin tratar y tratada fue de 100:0 en la dieta U y entorno a 40:60 en las dietas M y P. Tras 10 días de adaptación a la dieta, se estudiaron sucesivamente: i) el tránsito hasta el duodeno de las partículas del heno (solo en la dieta control) y de la harina de girasol marcadas previamente con europio e iterbio, respectivamente; ii) la fermentación ruminal durante el periodo postprandial, iii) la degradación ruminal in situ de la harina de girasol específica de cada dieta (y del trigo y el heno en la dieta control) y iv) la magnitud y composición del contenido ruminal mediante el vaciado manual del rumen-retículo. Durante todo el periodo experimental se infundio de forma continua una solución de sulfato amónico enriquecido en 15N (98 átomos %) para corregir la contaminación microbiana ruminal en los estudios in situ y para establecer las diferencias de composición química entre las bacterias libres (BAL) y adherentes (BAS) del rumen. Esta solución incluyó en los dos últimos días Li-Cr- EDTA para determinar la tasa de dilución ruminal. Posteriormente, y tras un periodo de al menos 10 días para eliminar el enriquecimiento en 15N de la digesta, se estudió la digestibilidad intestinal de los distintos alimentos mediante la técnica de bolsas móviles. La determinación del bypass (BP) o de la degradabilidad efectiva (DE) de la materia seca (MS) y de la PB se realizó por el método tradicional de integración matemática; estos valores se obtuvieron también para la PB y los AAs generando una muestra representativa del flujo post-ruminal del alimento en estudio en cada animal. Ello se realizó mediante la mezcla de los distintos residuos de incubación en base a la función que describe el flujo de alimento indegradado que abandona el rumen. Todos estos trabajos se realizaron considerando la tasa de salida de partículas del rumen (kp) y, según casos, considerando también la tasa de conminución y mezcla de las partículas en este compartimento (kc). Para este último caso se ha desarrollado también el modelo matemático que describe este flujo y permite este cálculo. Los valores no corregidos por la contaminación microbiana del BP (o de DE) de la PB resultantes de ambos métodos se han comparado tanto en las harinas de girasol como en los restantes alimentos de la dieta, obteniéndose valores similares, sin apreciarse desviaciones sistemáticas. Sobre las muestras compuestas representativas de la composición química del BP se determino la digestibilidad intestinal efectiva (DIE) de la MS, PB y AAs. Todos los valores resultantes de esta técnica fueron corregidos para la contaminación microbiana de las partículas que tiene lugar en el rumen. Los estudios de transito digestivo se realizaron tras suministrar en el comedero a los corderos una dosis simple de los alimentos marcados, seguida de la toma de muestras de la digesta duodenal durante 82 h. En la dieta testigo se suministraron simultáneamente el heno de raigrás y la harina de girasol, mientras que en las otras dietas solo se suministró esta última. La harina de girasol mostro un mayor valor para kc frente al heno (0,5766 v. 0,0892, /h), mientras que no hubo diferencias entre los dos alimentos para kp (0,0623 v. 0,0609, /h). Para la harina de girasol no se apreciaron diferencias entre dietas para kc, pero si se redujo de manera moderada la tasa kp con los tratamientos, siendo ésta también menor al utilizar ácido ortofosfórico frente al uso de ácido malico (0,0577 v. 0,0600, /h). El empleo de las harinas tratadas no modifico los parámetros de fermentación ruminal, la composición de los contenidos ruminales o la tasa de dilución del rumen. Los valores efectivos del BP y de DIE de la MS, PB y AAs de las harinas de girasol se obtuvieron considerando kc y kp, conjuntamente. Los tratamientos de protección incrementaron el BP de MS y PB en 48,5 y 268% de media, respectivamente. Estos incrementos se debieron principalmente al descenso de la fracción soluble y de la velocidad de degradación, pero también al aumento de la fracción indegradable, especialmente usando ácido ortofosfórico. Con los tratamientos se incrementó también la DIE de la MS (108% de media) y de la PB con gran diferencia entre los ácidos málico y ortofosfórico (20,7 v. 11,8%). Como consecuencia de estos cambios la protección aumentó la fracción realmente digerida en el intestino en 211% (MS) y 325% (PB), sin efectos entre ambos ácidos. Considerando la reducción del suministro de energía fermentable para los microorganismos ruminales asociada a la protección y los parámetros indicados por el sistema PDI francés para la síntesis de proteína microbiana digestible, la eficacia de conversión de PB en proteína metabolizable aumentó de 0,244 a 0,559 y 0,515 con el tratamiento con acido málico y ortofosfórico, respectivamente. El contenido en aminoácidos (AAs) fue similar en todas las harinas salvo por una disminución de lisina en las harinas tratadas. De forma análoga a la PB, los tratamientos de protección incrementaron el BP y la DIE de la mayoría de AAs. El aporte de AAs metabolizabes de la harina se multiplico en 3,87 para los AAs azufrados y en menor medida (2,5 veces) para la lisina, como consecuencia de las pérdidas sufridas a consecuencia del tratamiento térmico. Estos tratamientos se muestran, por tanto, útiles para incrementar el valor proteico de la harina de girasol, si bien su empleo junto con concentrados proteicos ricos en lisina bypass digestible mejoraría el perfil de la proteína metabolizable. La corrección de la contaminación microbiana de las partículas que tiene lugar en el rumen se asoció en todos los alimentos testados y, de forma general, con reducciones del BP y de su DIE en todas las fracciones estudiadas. Estas reducciones fueron pequeñas en todos los concentrados, de forma acorde con los muy pequeños niveles de contaminación registrados tanto en las harinas de girasol como en el grano de trigo. Por el contrario, esta contaminación, al igual que los efectos de su corrección, fueron muy importantes en el heno de raigrás. Esta contaminación aumentó al tener en cuenta kc. Así, para la proporción de PB de origen microbiano existente en las muestras compuestas representativas del BP, este aumento fue significativo para el heno de raigrás (0,463 v. 0,706) y solo numérico para la harina de girasol (0,0170 v. 0,0208). La reducción de las estimas de DIE al corregir esta contaminación fue consecuencia de la eliminación de forma casi completa de los microorganismos adherentes en todos los residuos testados. Así, esta biomasa se redujo en 96,1% como media de 7x3 observaciones. Como resultado de las diferencias acumulativas a nivel del rumen e intestino, la no corrección de la contaminación microbiana junto con la no consideración de kc condujo a fuertes sobrestimaciones de la PB digerida en el intestino. Ésta fue de 39% en la harina de girasol (0,146 v. 0,105) y de 761% en el heno de raigrás (0,373 v. 0,0433). Estos resultados muestran que es necesario considerar tanto kc como corregir la contaminación microbiana para obtener estimas in situ precisas en forrajes, mientras que en concentrados, siempre que la contaminación microbiana sea pequeña, es más importante considerar kc. La elevada contaminación microbiana observada en el heno de raigrás se asoció también con importantes errores a nivel del N asociado a la fibra neutro (FND) y ácido (FAD) detergente (NDIN y ADIN, respectivamente) e incluso de estas fracciones de fibra, evidenciándose que estos métodos no eliminan completamente la contaminación microbiana que sufren los alimentos en su paso por el retículorumen. Así, en la muestra compuesta representativa de la composición química del flujo postruminal antes descrita, la sobrevaloración por no corregir la contaminación microbiana fue de 99,8; 24,2; 3,34 y 0,48% para NDIN, ADIN, FND y FAD, respectivamente. Las subvaloraciones asociadas para su DE fueron 34,1; 8,79; 4,41 y 0,51%, respectivamente. La DE corregida del NDIN y ADIN (0,743 y 0,728, respectivamente) mostró un aprovechamiento ruminal elevado de estos compuestos, si bien menor al de la PB total (0,85). El estudio de este aprovechamiento sobre los residuos de incubación ruminal a 6 y 72 h demostró, además, una más rápida degradación del ADIN frente al NDIN, así como un mayor potencial de degradación de este último en este alimento. Para comprobar si la digestión en el abomaso eliminaba la contaminación microbiana en la FND y FAD se estudio esta contaminación y sus posibles errores en muestras liofilizadas de contenidos ruminales y duodenales correspondientes a una dieta mixta de similar composición a la utilizada en el experimento 2, comparándose, además, las diferencias entre la extracción secuencial o directa de la FAD. Utilizando como referencia las BAS se apreciaron elevadas contaminaciones en la FND y FAD y su N asociado tanto en las muestras ruminales como en las duodenales. Sin embargo, los resultados de enriquecimiento en 15N de las partículas fueron intermedios entre los correspondientes a BAS y BAL lo que evidencia una elevada contaminación con BAL en estas muestras probablemente durante el proceso de liofilización. Ello conlleva una sobrevaloración de esta estimación. El método de extracción directa de FAD se mostró, por otra parte, marcadamente menos eficaz en la eliminación de la contaminación microbiana. Los resultados muestran la necesidad de corregir la contaminación microbiana para obtener estimaciones precisas de la degradabilidad de las proteínas de las paredes celulares vegetales. Estos errores deberían ser también considerados para FND y FAD en estudios in situ e in vivo. La elevada tasa fraccional de degradación del grano de trigo (60,9 y 42,0%/h para MS y PB, respectivamente) implico que su flujo de material indegradado (calculado solo en base a la kp obtenida para la harina de girasol) se redujera muy rápidamente, de forma que es casi nulo a 8 h tras la ingestión. Los valores corregidos de PB digerida en el intestino (0,15) representan solo el 18,7% de la proteína metabolizable, lo que muestra que el valor proteico del grano de trigo está estrechamente ligado a la síntesis de proteína microbiana derivada de su fermentación. En el experimento 2 se observaron menores concentraciones para materia orgánica, lípidos y PB, así como en la proporción N-AAs/N total en BAL que en BAS, siendo, por el contrario, mayor su enriquecimiento en 15N. Estos últimos resultados se utilizaron (junto con los de otros trabajos previos de este equipo) para validar una predicción preexistente del enriquecimiento en 15N de las BAS a partir de este valor en las BAL. Esta ecuación, de muy alta precisión (R2 = 0.995), permite calcular la subvaloración que se comete en los aportes de nutrientes correspondientes a las BAS al usar las BAL como muestra de referencia. Esta subvaloración representa aproximadamente 21, 32,5 y 60% para PB, proteína verdadera y lípidos.

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El manejo pre-sacrificio es de vital importancia en acuicultura, ya que afecta tanto a las reacciones fisiológicas como a los procesos bioquímicos post mortem, y por tanto al bienestar y a la calidad del producto. El ayuno pre-sacrificio se lleva a cabo de forma habitual en acuicultura, ya que permite el vaciado del aparato digestivo de restos de alimento y heces, reduciendo de esta manera la carga bacteriana en el intestino y la dispersión de enzimas digestivos y potenciales patógenos a la carne. Sin embargo, la duración óptima de este ayuno sin que el pez sufra un estrés innecesario no está clara. Además, se sabe muy poco sobre la mejor hora del día para realizar el sacrificio, lo que a su vez está regido por los ritmos diarios de los parámetros fisiológicos de estrés. Finalmente, se sabe que la temperatura del agua juega un papel muy importante en la fisiología del estrés pero no se ha determinado su efecto en combinación con el ayuno. Además, las actuales recomendaciones en relación a la duración óptima del ayuno previo al sacrificio en peces no suelen considerar la temperatura del agua y se basan únicamente en días y no en grados día (ºC d). Se determinó el efecto del ayuno previo al sacrificio (1, 2 y 3 días, equivalente a 11,1-68,0 grados día) y la hora de sacrificio (08h00, 14h00 y 20h00) en trucha arco iris (Oncorhynchus mykiss) de tamaño comercial en cuatro pruebas usando diferentes temperaturas de agua (Prueba 1: 11,8 ºC; Prueba 2: 19,2 ºC; Prueba 3: 11,1 ºC; y Prueba 4: 22,7 ºC). Se midieron indicadores biométricos, hematológicos, metabólicos y de calidad de la carne. En cada prueba, los valores de los animales ayunados (n=90) se compararon con 90 animales control mantenidos bajo condiciones similares pero nos ayunados. Los resultados sugieren que el ayuno tuvo un efecto significativo sobre los indicadores biométricos. El coeficiente de condición en los animales ayunados fue menor que en los controles después de 2 días de ayuno. El vaciado del aparato digestivo se produjo durante las primeras 24 h de ayuno, encontrándose pequeñas cantidades de alimento después de 48 h. Por otra parte, este vaciado fue más rápido cuando las temperaturas fueron más altas. El peso del hígado de los animales ayunados fue menor y las diferencias entre truchas ayunadas y controles fueron más evidentes a medida que el vaciado del aparato digestivo fue más rápido. El efecto del ayuno hasta 3 días en los indicadores hematológicos no fue significativo. Los niveles de cortisol en plasma resultaron ser altos tanto en truchas ayunadas como en las alimentadas en todas las pruebas realizadas. La concentración media de glucosa varió entre pruebas pero mostró una tendencia a disminuir en animales ayunados a medida que el ayuno progresaba. En cualquier caso, parece que la temperatura del agua jugó un papel muy importante, ya que se encontraron concentraciones más altas durante los días 2 y 3 de ayuno en animales mantenidos a temperaturas más bajas previamente al sacrificio. Los altos niveles de lactato obtenidos en sangre parecen sugerir episodios de intensa actividad muscular pero no se pudo encontrar relación con el ayuno. De la misma manera, el nivel de hematocrito no mostró efecto alguno del ayuno y los leucocitos tendieron a ser más altos cuando los animales estaban menos estresados y cuando su condición corporal fue mayor. Finalmente, la disminución del peso del hígado (índice hepatosomático) en la Prueba 3 no se vio acompañada de una reducción del glucógeno hepático, lo que sugiere que las truchas emplearon una estrategia diferente para mantener constantes los niveles de glucosa durante el periodo de ayuno en esa prueba. En relación a la hora de sacrificio, se obtuvieron niveles más bajos de cortisol a las 20h00, lo que indica que las truchas estaban menos estresadas y que el manejo pre-sacrificio podría resultar menos estresante por la noche. Los niveles de hematocrito fueron también más bajos a las 20h00 pero solo con temperaturas más bajas, sugiriendo que las altas temperaturas incrementan el metabolismo. Ni el ayuno ni la hora de sacrificio tuvieron un efecto significativo sobre la evolución de la calidad de la carne durante los 3 días de almacenamiento. Por el contrario, el tiempo de almacenamiento sí que parece tener un efecto claro sobre los parámetros de calidad del producto final. Los niveles más bajos de pH se alcanzaron a las 24-48 h post mortem, con una lata variabilidad entre duraciones del ayuno (1, 2 y 3 días) en animales sacrificados a las 20h00, aunque no se pudo distinguir ningún patrón común. Por otra parte, la mayor rigidez asociada al rigor mortis se produjo a las 24 h del sacrificio. La capacidad de retención de agua se mostró muy estable durante el período de almacenamiento y parece ser independiente de los cambios en el pH. El parámetro L* de color se incrementó a medida que avanzaba el período de almacenamiento de la carne, mientras que los valores a* y b* no variaron en gran medida. En conclusión, basándose en los resultados hematológicos, el sacrificio a última hora del día parece tener un efecto menos negativo en el bienestar. De manera general, nuestros resultados sugieren que la trucha arco iris puede soportar un período de ayuno previo al sacrificio de hasta 3 días o 68 ºC d sin que su bienestar se vea seriamente comprometido. Es probable que con temperaturas más bajas las truchas pudieran ser ayunadas durante más tiempo sin ningún efecto negativo sobre su bienestar. En cualquier caso, se necesitan más estudios para determinar la relación entre la temperatura del agua y la duración óptima del ayuno en términos de pérdida de peso vivo y la disminución de los niveles de glucosa en sangre y otros indicadores metabólicos. SUMMARY Pre-slaughter handling in fish is important because it affects both physiological reactions and post mortem biochemical processes, and thus welfare and product quality. Pre-slaughter fasting is regularly carried out in aquaculture, as it empties the viscera of food and faeces, thus reducing the intestinal bacteria load and the spread of gut enzymes and potential pathogens to the flesh. However, it is unclear how long rainbow trout can be fasted before suffering unnecessary stress. In addition, very little is known about the best time of the day to slaughter fish, which may in turn be dictated by diurnal rhythms in physiological stress parameters. Water temperature is also known to play a very important role in stress physiology in fish but the combined effect with fasting is unclear. Current recommendations regarding the optimal duration of pre-slaughter fasting do not normally consider water temperature and are only based on days, not degree days (ºC d). The effects of short-term fasting prior to slaughter (1, 2 and 3 days, between 11.1 and 68.0 ºC days) and hour of slaughter (08h00, 14h00 and 20h00) were determined in commercial-sized rainbow trout (Oncorhynchus mykiss) over four trials at different water temperatures (TRIAL 1, 11.8 ºC; TRIAL 2, 19.2 ºC; TRIAL 3, 11.1 ºC; and TRIAL 4, 22.7 ºC). We measured biometric, haematological, metabolic and product quality indicators. In each trial, the values of fasted fish (n=90) were compared with 90 control fish kept under similar conditions but not fasted. Results show that fasting affected biometric indicators. The coefficient of condition in fasted trout was lower than controls 2 days after food deprivation. Gut emptying occurred within the first 24 h after the cessation of feeding, with small traces of digesta after 48 h. Gut emptying was faster at higher water temperatures. Liver weight decreased in food deprived fish and differences between fasted and fed trout were more evident when gut clearance was faster. The overall effect of fasting for up to three days on haematological indicators was small. Plasma cortisol levels were high in both fasted and fed fish in all trials. Plasma glucose response to fasting varied among trials, but it tended to be lower in fasted fish as the days of fasting increased. In any case, it seems that water temperature played a more important role, with higher concentrations at lower temperatures on days 2 and 3 after the cessation of feeding. Plasma lactate levels indicate moments of high muscular activity and were also high, but no variation related to fasting could be found. Haematocrit did not show any significant effect of fasting, but leucocytes tended to be higher when trout were less stressed and when their body condition was higher. Finally, the loss of liver weight was not accompanied by a decrease in liver glycogen (only measured in TRIAL 3), suggesting that a different strategy to maintain plasma glucose levels was used. Regarding the hour of slaughter, lower cortisol levels were found at 20h00, suggesting that trout were less stressed later in the day and that pre-slaughter handling may be less stressful at night. Haematocrit levels were also lower at 20h00 but only at lower temperatures, indicating that higher temperatures increase metabolism. Neither fasting nor the hour of slaughter had a significant effect on the evolution of meat quality during 3 days of storage. In contrast, storage time seemed to have a more important effect on meat quality parameters. The lowest pH was reached 24-48 h post mortem, with a higher variability among fasting durations at 20h00, although no clear pattern could be discerned. Maximum stiffening from rigor mortis occurred after 24 h. The water holding capacity was very stable throughout storage and seemed to be independent of pH changes. Meat lightness (L*) slightly increased during storage and a* and b*-values were relatively stable. In conclusion, based on the haematological results, slaughtering at night may have less of a negative effect on welfare than at other times of the day. Overall, our results suggest that rainbow trout can cope well with fasting up to three days or 68 ºC d prior to slaughter and that their welfare is therefore not seriously compromised. At low water temperatures, trout could probably be fasted for longer periods without negative effects on welfare but more research is needed to determine the relationship between water temperature and days of fasting in terms of loss of live weight and the decrease in plasma glucose and other metabolic indicators.

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El objetivo general de esta Tesis doctoral fue estudiar la influencia de diversos factores nutricionales sobre los parámetros productivos y el desarrollo del tracto digestivo de pollitas rubias destinadas a la producción de huevos comerciales. Para alcanzar este objetivo se realizaron tres experimentos donde se estudió el cereal principal, el tamaño de partícula del cereal y el nivel de energía y la presentación de los piensos. En el experimento 1 se estudió la influencia del cereal (piensos con enzimas) y la presentación del pienso sobre los parámetros productivos y las características del tracto digestivo en 576 pollitas rubias de 1 a 120 d de edad. De 1 a 45 d de la edad, se utilizaron 4 piensos experimentales organizados de forma factorial con 2 cereales al 50% de inclusión (maíz vs. trigo) y 2 presentaciones del pienso (harina vs. gránulo de 2- mm de diámetro). Cada tratamiento se replicó 6 veces (24 pollitas por réplica). De 46 a 120 d de edad todas las dietas (maíz o trigo) se ofrecieron en harina y por tanto, la única diferencia entre tratamientos fue el cereal utilizado. De 1 a 120 d de edad, las pollitas que recibieron los piensos basados en maíz tuvieron una ganancia de peso vivo (PV) superior (P < 0,05) que las que recibieron los piensos basados en trigo, pero el índice de conversión (IC) fue similar para ambos grupos. De 1 a 45 d de edad, las pollitas alimentadas con gránulo consumieron más pienso (P < 0,001) y tuvieron una ganancia de peso superior (P < 0,001) que las pollitas alimentadas con harina. Gran parte de los efectos beneficiosos de la granulación sobre los parámetros productivos se mantuvieron al final de la prueba (120 d de edad). A los 45 d de edad, el peso relativo de la molleja (PR; g/kg PV) fue superior (P < 0,01) en pollitas alimentadas con maíz que en pollitas alimentadas con trigo. La alimentación en gránulo redujo el PR del tracto gastro intestinal (TGI) y de la molleja (P < 0,001), así como la longitud relativa (LR; cm/kg PV) del intestino delgado (P< 0.01) a ambas edades (45 y 120 d de edad). El tipo de cereal utilizado no afectó al pH del contenido de la molleja a 120 d de edad pero fué inferior (P < 0,01) en las pollitas que recibieron el pienso en harina de 1 a 45 d de la edad que en las que recibieron el pienso en gránulo. Se concluye que el trigo puede substituir al maíz en piensos para pollitas si se acepta una ligera reducción en la ganancia de peso. Asímismo, la alimentación en gránulo de 1 a 45 d de edad aumentó la ganancia de peso a esta edad y al final de la prueba, así como el pH de la molleja a 120 d de edad. La presentación del pienso en gránulo redujo el PR de la molleja y la LR del TGI a 120 d de edad. En el experimento 2 se utilizaron un total de 864 pollitas rubias Hy-Line de 1 d de edad para estudiar la influencia del cereal de la dieta (500 g de maíz o trigo/kg) y el tamaño de partícula del mismo (molienda con molino de martillos con un diámetro de criba de 6, 8, o 10-mm) sobre los parámetros productivos y las características del TGI de 1 a 120 d de edad. Cada uno de los 6 tratamientos se replicó 6 veces (24 pollitas por réplica). De 1 a 45 d de edad, la ganancia de PV aumentó (P< 0,001) y el IC se mejoró (P < 0,05) al reducir el tamaño de partícula del cereal, pero no se observaron diferencias en el periodo crecimiento de 45 a 120 d de edad. A los 45 d de vida, las pollitas alimentadas con maíz tendieron (P < 0,10) a tener un mayor PR del TGI y del proventrículo y una mayor LR del intestino delgado que las pollitas alimentadas con trigo. Asímismo, el PR del TGI a esta edad, aumentó (P < 0,05) a medida que aumentaba el tamaño de partícula del cereal utilizado. A los 120 d de edad, el tratamiento no afectó el PR de ninguno de los órganos del TGI ni al pH de la molleja. Sin embargo, la LR del intestino delgado fue superior (P < 0,05) para las pollitas alimentadas con trigo que para las pollitas alimentadas con maíz. La LR del TGI se redujó (P < 0,05) al aumentar el tamaño de partícula del cereal. Se concluye que el trigo puede incluirse 500 g/kg en piensos de pollitas de 1 a 120 días de edad y que el tamaño de partícula de los cereales afecta el crecimiento de las pollitas durante los primeros 45 d de vida, pero no después. Por lo tanto, se recomienda moler el cereal utilizado al inicio del período de recría (1 a 45 d de edad) con una criba de diámetro igual o inferior a 8 mm. En el experimento 3 se utilizaron un total de 1.152 pollitas rubias Hy-Line de 1 d de edad para estudiar la influencia del nivel de energía de la dieta y la presentación del pienso sobre la productividad y las características del TGI. De 1 a 45 d de edad se utilizaron 6 piensos organizados de forma factorial con 3 concentraciones energéticas (baja: 11,44 MJ; media: 12,05 MJ y alta: 12,66 MJ/kg) y 2 presentaciones del pienso (harina vs. gránulo). De 45 a 120 d todos los piensos experimentales se suministraron en forma de harina y por tanto, la única diferencia entre tratamientos fue el nivel de EMAn utilizado. Cada uno de los 6 tratamientos se replicó 8 veces y la unidad experimental fue la jaula con 24 pollitas. De 1 a 120 d de edad, la ganancia de PV y el IC mejoraron a medida que aumentó la EMAn del pienso (P < 0,001). Las pollitas alimentadas con gránulo de 1 a 45 d de edad comieron mas y tuvieron una ganancia de peso superior (P < 0,001) que las alimentadas con harina. En el global de la prueba, la ganancia de PV fue mayor (P < 0,01) para las pollitas alimentadas con piensos en gránulo. A los 45 d de edad, el PR de todos los segmentos del TGI estudiados fue inferior para las pollitas alimentadas con piensos de alta energía que para las pollitas alimentadas con piensos de media o baja energía. A 120 d de edad, el PR de la molleja fue superior (P < 0,01) para las pollitas alimentadas con piensos de baja energía que con los otros piensos. Sin embargo, la LR del TGI no se vió afectada por el nivel de energía de los piensos. A los 45 d de edad, la alimentación con gránulo redujo el PR del proventrículo (P < 0,05), de la molleja (P < 0,001) y del TGI (P < 0.001), así como la LR del intestino delgado (P < 0,05) y de los ciegos (P < 0,001). A pesar de que las pollitas solo recibieron los piensos en gránulo durante los primeros 45 d de vida, la alimentación con gránulos redujo el PR de la molleja y del proventrículo a 120 d de edad. Se concluye que la alimentación con gránulos durante los primeros 45 d de vida mejora el consumo de pienso y el PV de las pollitas a 120 d de edad. Un aumento del nivel de energía de la dieta de 12,0 a 12,7 MJ/kg mejora los parámetros productivos de 1 a 120 d de edad pero reduce el tamaño del proventrículo y de la molleja. En base de estos resultados concluimos que maíz y trigo con enzimas pueden utilizarse indistintamente en piensos para pollitas de 1 a 120 d de edad con sólo una ligera disminución del PV final con trigo. La granulación y la reducción del tamaño de partícula del cereal del pienso de primera edad (1 a 45 d de vida) y el uso de piensos de alta densidad energética, mejoran los PV a 120 d de edad. Por lo tanto, es recomendable moler los cereales con cribas de no más de 8-mm de diámetro. También, la granulación del pienso y el uso de piensos de alta energía (pobres en fibra bruta) pueden reducir el desarrollo del TGI especialmente de la molleja, lo que puede perjudicar el consumo posterior de pienso durante el inicio del ciclo de puesta. ABSTRACT The general objective of this Thesis was to study the effect of different nutritional factors on productive performance and the development of the gastrointestinal tract (GIT) of commercial brown egg-laying pullets from 1 to 120 d of age. In this respect, the influence of type and particle size of the cereal, and feed form, and energy content of the die,t were studied in 3 experiments. In experiment 1, the influence of the main cereal and feed form of the diet on performance and GIT traits was studied in 576 brown-egg laying pullets from 1 to 120 d of age. From 1 to 45 d of age, 4 diets arranged factorially with 2 cereals (maize vs. wheat) and 2 feed forms (mash vs. pellets) were used. Each treatment was replicated 6 times (24 pullets per replicate). From 46 to 120 d of age, all diets were offered in mash form and therefore, the only difference among diets was the cereal used. Cumulatively, pullets fed the maize diets had higher body weight (BW) gain (P< 0.05) but similar feed conversion ratio (FCR) than pullets fed the wheat diets. From 1 to 45 d of age, pullets fed pellets consumed more feed (P < 0.001) and had higher BW gain (P < 0.001) than pullets fed mash. Most of the beneficial effects of pelleting on productive performance of the birds were still evident at 120 d of age. At 45 d of age, gizzard relative weight (RW; g/kg BW) was higher (P < 0.01) in pullets fed maize than in pullets fed wheat. Feeding pellets reduced the RW of the GIT and the gizzard (P < 0.001) as well as the relative length (RL; cm/kg BW) of the small intestine (SI, P < 0.01) at both ages. The pH of the gizzard contents at 120 d of age was not affected by the main cereal of the diet, but was lower in pullets fed mash from 1 to 45 d of age (P < 0.01) than in pullets fed pellets. We conclude that wheat supplemented with enzymes can be used in substitution of maize in pullet diets with only a slight reduction in BW gain at 120 d of age. Also, feeding pellets from 1 to 45 d of age increased BW gain and pH of the gizzard, and reduced the RW of the gizzard and the RL of the GIT at 120 d of age. In experiment 2, a total of 864 brown-egg laying pullets was used to study the effects of the main cereal of the diet (500 g maize or wheat/kg) and particle size of the cereal (hammer milled to pass through a 6, 8, and 10-mm screen) on growth performance and GIT traits from 1 to 120 d of age. Each of the 6 treatments was replicated 6 times (24 pullets per replicate). Type of cereal did not affect pullet performance at any age. From 1 to 45 d of age, BW gain was increased (P < 0.001) and FCR was improved (P < 0.05) as the particle size of the cereal was reduced, but no effects were observed after this age. At 45 d of age, pullets fed maize tended (P < 0.10) to have a heavier RW of the GIT and proventriculus and a higher relative length (RL, cm/kg BW) of the SI than pullets fed wheat. Also at this age, the RW of the GIT increased (P < 0.05) with increases in particle size of the cereal. At 120 d of age, dietary treatment did not affect the RW of any of the organs studied or gizzard pH, but the RL of the SI was higher (P < 0.05) for pullets fed wheat than for pullets fed maize. Also, the RL of the SI was reduced (P < 0.05) as the particle size of the cereal increased. We conclude that 500 g wheat/kg can be included in pullet feeds from 1 to 120 d of age, and that particle size of the cereal affects pullet performance during the first 45 d of life but not thereafter. Therefore, it is recommended to grind the cereal used in this period with a screen size of no more than 8-mm. In experiment 3, a total of 1,152 one-day-old Hy-Line Brown egg laying pullets were used to study the influence of the energy content of the diet and feed form on productive performance and on several GIT traits. From 1 to 45 d of age, there were 6 diets arranged factorially with 3 concentrations of AMEn (low: 11.66 MJ/kg, medium: 12.05 MJ/kg and high: 12.66 MJ/kg) of the diet and 2 feed forms (mash vs. pellets). From 45 to 120 d all diets were fed in mash form and therefore, the only difference among treatments in this period was the energy content of the diets. Each of the 6 treatments was replicated 8 times and the experimental unit was formed by 24 pullets. Cumulatively, BW gain and FCR improved as the AMEn of the diet increased (P < 0.001). Also, pullets fed pellets from 1 to 45 d of age had higher feed intake and BW gain (P < 0.001) in this period and higher cumulative BW gain (P < 0.01) than pullets fed mash. At 45 d of age, the RWof all the segments of the GIT was lower for pullets fed the high- than for pullets fed the medium- or low- energy diets. At 120 d of age, the RW of the gizzard was higher (P < 0.01) for pullets fed the low energy diets than for pullets fed the other diets. However, the RL of the GIT was not affected by the energy content of the diet. Feeding pellets reduced the RW of the proventriculus (P < 0.05), gizzard (P < 0.001), and GIT (P < 0.001), as well as the RL of the small intestine (P < 0.05) and the ceaca (P < 0.001) at 45 d of age. The effects of feeding pellets on RW of gizzard and proventriculus were still evident at 120 d of age. We concluded that feeding pellets from 1 to 45 d of age improved feed intake and BW of pullets at 120 d of age and that an increase in the energy content of the diet increased pullet performance at all ages but reduced the RW of the proventriculus and gizzard. We conclude that maize and wheat can be used indistinctly in diets for egg laying pullets from 1 to 120 d of age, with only a slight reduction in final BW when wheat is used. Also, particle size of the cereal affects pullet performance during the first 45 d of life but not thereafter. Pelleting of the feeds, and grinding the cereal with a screen size of no more than 8-mm from 1 to 45 d of age, and the use of high density energy diets are recommended in order to achieve adequate target BW at 120 d of age. However, pelleting of the feed, very fine grinding, and the use of high AMEn diets might hinder the development of the GIT, especially that of the gizzard, which might affect feed intake of laying hens especially at the beginning of the production cycle.

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La alimentación de los animales se considera una vía importante de mitigación de la emisión de gases contaminantes a la atmósfera, principalmente amoniaco (NH3) y metano (CH4), (BREF, 2006). La incorporación de fuentes de fibra fácilmente fermentable poco lignificada en piensos es capaz de modificar el comportamiento fermentativo de las bacterias en el intestino grueso y el balance entre el nitrógeno (N) orgánico e inorgánico y el pH de las deyecciones (Portejoie y col., 2004; Jarret y col., 2011). Este efecto, que no altera la excreción total de N puede condicionar considerablemente a la emisión de NH3. Por otro lado, el efecto de la inclusión de fuentes de fibra en la dieta sobre las emisiones de CH4 ha sido menos estudiado. Algunos estudios sugieren que un incremento de la cantidad de fibra en los piensos puede aumentar la producción de CH4 por cerdo y día (Jarret y col., 2011) al reducir la digestibilidad de los nutrientes e incrementar la cantidad de materia orgánica no digerida en las heces. El objetivo del presente estudio es evaluar los efectos de las variaciones en el nivel y tipo de fibra (fermentable y no fermentable) de los piensos sobre las características del purín y las emisiones de NH3,CH4 y Biogás.

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Diversas espécies de anuros da família Leptodactylidae se reproduzem em corpos dágua sazonais, temporários e mantidos exclusivamente por chuvas. Em períodos de estiagem prolongada a poça pode secar completamente, ocasionando elevadas taxas de mortalidade de ovos e girinos dessas espécies, podendo exercer forte pressão seletiva na evolução de mecanismos de resistência e sobrevivência nas fases iniciais do desenvolvimento. Algumas espécies de girinos conseguem sobreviver cerca de cinco dias fora dágua o que pode proporcionar uma adaptação vantajosa, porque possibilita a sobrevivência dos girinos por um período que pode ser suficiente para a reincidência de novas chuvas e restabelecimento do corpo dágua. Apesar dessa capacidade de sobrevivência, pouco se sabe sobre as possíveis modificações que a desidratação pode causar na locomoção e na morfologia durante o desenvolvimento desses animais. O presente trabalho teve como objetivo avaliar o efeito do estresse hídrico: (1) no nível de sobrevivência e perda de massa corpórea; (2) no desempenho locomotor; (3) na morfologia externa (morfometria linear) e interna, analisando tanto o volume total quanto o volume visceral (estereologia); e (4) no tempo até metamorfose após o estresse. Utilizamos girinos de duas espécies de anuros, Leptodactylus fuscus (Leptodactylinae) e Physalaemus nattereri (Leiuperinae), ambas as espécies se reproduzem em corpos dágua temporários, em áreas com estação seca definida estando, portanto sujeitas as mesmas pressões seletivas. Além disso, as duas espécies apresentam modos reprodutivos diferentes, podendo apresentar diferentes graus de resistência ao estresse hídrico. Os girinos das duas espécies foram divididos em dois grupos, os que ficaram em água (grupo controle) e os que foram submetidos ao estresse hídrico (grupo tratamento), por três períodos de tempo (12, 24 e 72 horas). Houve diferenças significativas para valores de perda de massa entre os grupos controle e tratamento em ambas as espécies, sendo o grupo tratamento que mais perdeu massa corpórea em todos os períodos, além disso, quase metade dos girinos de P. nattereri morreram em 36 horas de estresse. Não houve diferenças significativas para os dados de desempenho locomotor e volume total entre os grupos testado para girinos de L. fuscus, mas houve diferenças morfometricas significantes nos componentes relacionados a cauda e no volume visceral, onde, o intestino do grupo tratamento foi menor que do controle. Já em P. nattereri, houve diferenças significativas entre os grupos testados para desempenho locomotor, volume total, morfometria da cauda e volume visceral, sendo o estomago e anexo do tratamento maior que do controle. Nossos resultados sugerem que a exposição ao estresse hídrico não afeta significativamente a morfologia e o desempenho locomotor dos girinos de L. fuscus. No entanto, girinos de P. nattereri apresentaram uma sensibilidade ao estresse hídrico prolongado, principalmente sobre o seu desempenho locomotor.

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Phytoplasmas are bacteria with a persistent propagative transmission by insect vectors that generates direct and indirect interactions among them. In order to understand these interactions for maize bushy stunt phytoplasma (MBSP) and the leafhopper vector Dalbulus maidis (Hemiptera: Cicadellidae), two research lines were addressed. The first one aimed to determine the indirect effects of maize infection by MBSP on some biological and behavioral parameters of the vector, whereas a second line investigated direct interactions of the phytoplasma with D. maidis during its movement through the vector body following acquisition from plants, and associated microbiota. Indirect effects were investigated in choice experiments in which alighting and oviposition preferences by D. maidis were compared on healthy vs. MBSP-infected plants with variable incubation time (diseased plants with early and advanced symptoms, or still asymptomatic). Likewise, indirect effect of MBSP on the D. maidis biology was determined in two life table experiments in which the vector was reared on healthy vs. MBSP-infected plants expressing advanced disease symptoms or still asymptomatic. Choice experiments showed that alighting and oviposition preferences of D. maidis on MBSP-infected plants compared to healthy plants depend on the pathogen incubation period in the plant. The leafhopper preferred MBSP-infected plants over healthy ones during the asymptomatic phase of the disease, but rejected infected plants with advanced symptoms. The vector was able to acquire MBSP from asymptomatic infected plants shortly (3 days) after inoculation, but transmission efficiency increased when acquisition occurred at later stages of the pathogen incubation period (≥14 days) in the source plants and the test plants showed disease symptoms faster. These results suggest that MBSP modulates D. maidis preference for asymptomatic infected plants in the early stages of the crop, allowing rapid spread of this pathogen. Maize infection by the phytoplasma had a neutral effect on most life table parameters of D. maidis; a lower net reproductivity rate (Ro) was observed in the cohort reared on MBSP-infected plants with advanced symptoms, which was compensated to some extent by a higher sexual ratio. MBSP acquisition by all vector nymphal stadia was confirmed by PCR, and the pathogen as detected in both male and female reproductive organs. Concerning direct MBSP-vector interactions, transmission electron microscopy analyses showed phytoplasma-like cells in the midgut lumen, microvilli and epithelial cells, suggesting that MBSP enters the epithelium midgut through the microvilli wall. Within the epithelial cells, mitochondria and bacteria-like cells (possibly endosymbionts) were observed together with masses of phythoplasma-like cells. In the hemocoel, phytoplasma-like cells grouped into a matrix were also observed in association with bacteria-like cells similar to those observed in the midgut epithelium. Similar associations were found in the salivary gland. Interestingly, in-situ hybridization (FISH) technique revealed a variation in diversity and abundance of the microbiota in intestine and salivary glands of D. maidis adults over time after MBSP acquisition from plants. Sulcia sp., Cardinium sp. and eubacteria increased their abundance over time, whereas Rickettsia sp. decreased. The frequent association of the vector microbiota with the phytoplasma in some tissues of D. maidis suggests that endosymbiotic bacteria may play some role in MBSP-vector interactions.

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Para ser competitivo atualmente, o sistema intensivo de produção de suínos deve estar pautado na eficiência. A fim de obter esta eficiência produtiva, o avanço genético das ultimas décadas buscou por fêmeas suínas cada vez mais prolíficas. A prolificidade contudo, veio acompanhada por uma queda no consumo voluntário de alimento por parte das fêmeas, bem como um aumento na produção de leite, e no número de leitões nascidos; o aumento da leitegada, levou a uma redução do peso ao nascimento e um aumento da heterogeneidade entre os leitões. Como forma de contornar o problema, são oferecidas aos leitões dietas formuladas com ingredientes de alto valor biológico a partir dos sete dias de vida, procurando suprir a demanda nutricional do animal durante o período de amamentação e preparar seu sistema digestório para o desmame. Contudo, grande parte das dietas formuladas para os leitões neonatos são oferecidas aos animais em sua forma sólida. Neste projeto, avaliamos os efeitos sobre a performance de leitões neonatos e da performance reprodutiva da fêmea suína do oferecimento de uma dieta líquida para os leitões neonatos, dieta esta que foi disponibilizada aos animais através de um sistema automatizado que realizou a mistura do alimento em sua forma sólida com a água. Para tais avaliações, os leitões ao nascer foram alocados em três grupos distintos, recebendo a dieta em sua forma líquida, em sua forma sólida ou então apenas o leite materno. Foram avaliadas variáveis zootécnicas relacionadas aos leitões, como peso, ganho diário de peso, consumo de ração, conversão alimentar, mortalidade pré-desmame; frequência de dias com diarreia nos leitões em fase de maternidade e creche. Foram eutanasiados leitões aos 14 e aos 28 dias de idade, para a realização do exame morfométrico da altura de vilosidade, profundidade de cripta e a relação entre a altura de vilosidade e profundidade de cripta nas porções do duodeno, jejuno e íleo. Avaliamos também o impacto do uso da dieta líquida sobre o catabolismo sofrido pela fêmea durante a lactação, através da aferição do peso e da espessura de toucinho desta fêmeas durante o período lactacional e também a duração do intervalo desmame estro e a duração do estro subsequente ao desmame. Não verificamos contudo um melhor desempenho zootécnico dos leitões nos períodos de maternidade e creche, tão pouco uma alteração favorável quanto a frequência de dias com diarreia nas duas fases em relação aos leitões que não consumiram nenhum tipo de suplementação. Quanto aos parâmetros morfométricos do intestino delgado, apenas aos 28 dias de idade os leitões que receberam a dieta líquida apresentaram maiores alturas de vilosidades no íleo em relação aos leitões que consumiram a dieta sólida e os animais do grupo controle apresentaram menores profundidades de cripta no mesmo seguimento e idade quando comparados aos demais animais. Contudo, estas alterações não foram o suficiente para garantir diferenças na relação altura de vilosidade:profundidade de cripta. E ainda, a suplementação independente de sua forma não reduziu o catabolismo sofrido pela fêmea suína durante a lactação

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As principais propriedades farmacológicas da Casearia sylvestris, uma espécie de árvore cujas folhas são utilizadas na medicina popular, já foram descritas na literatura. Recentemente foi demonstrada a potente atividade citotóxica in vitro da casearina X (CAS X), o diterpeno clerodânico majoritário isolado das folhas de C. sylvestris, contra linhagens de células tumorais humanas. Apesar dos resultados promissores, sua potente atividade citotóxica in vitro não pode ser extrapolada para uma potente atividade in vivo, a menos que possua boa biodisponibilidade e duração desejável do seu efeito. Tendo em vista que o avanço nas pesquisas de produtos naturais requer a avaliação pré-clínica de propriedades farmacocinéticas, no presente trabalho foi realizada a caracterização in vitro do metabolismo e da absorção intestinal da CAS X, com o objetivo de prever sua biodisponibilidade in vivo. Para os estudos de metabolismo in vitro, foi utilizado o modelo microssomal hepático de ratos e de humanos. Foi desenvolvido um método analítico para a quantificação da CAS X em microssomas, empregando a precipitação de proteínas com acetonitrila no preparo das amostras e a cromatografia líquida de alta eficiência para as análises. O método foi validado de acordo com os guias oficiais da Agência Nacional de Vigilância Sanitária e da European Medicine Agency (EMA). A CAS X demonstrou ser substrato para as reações de hidrólise mediada pelas carboxilesterases (CES) e apresentou um perfil cinético de Michaelis-Menten. Foram estimados os parâmetros de Vmax e KM, demonstrando que o clearance intrínseco em microssomas hepático de humanos foi 1,7 vezes maior que o de ratos. O clearance hepático foi estimado por extrapolação in vitro-in vivo, resultando em mais de 90% do fluxo sanguíneo hepático em ambas as espécies. Um estudo qualitativo para a pesquisa de metabólitos foi feito utilizando espectrometria de massas, pelo qual foi possível sugerir a formação da casearina X dialdeído como produto de metabolismo. Nos estudos de absorção intestinal in vitro foi utilizado o modelo de monocamadas de células Caco-2. Um método analítico por cromatografia líquida acoplada a espectrometria de massas foi desenvolvido e validado de acordo com o EMA, para as etapas de quantificação da CAS X no sistema de células. Os parâmetros cinéticos de permeabilidade aparente absortiva e secretória da CAS X foram estimados em um sistema celular, no qual a atividade hidrolítica da CES foi inibida. Assim, a CAS X foi capaz de permear a monocamada de células Caco-2, provavelmente por transporte ativo, sem a ocorrência de efluxo, mas com significativa retenção do composto dentro das células. Em conjunto, os ensaios in vitro realizados demonstraram a susceptibilidade da CAS X ao metabolismo de primeira passagem, como substrato para as CES específicas expressas no fígado e intestino.

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As Doenças inflamatórias intestinais (DII) são multifatoriais e sua etiologia envolve susceptibilidade genética, fatores ambientais, disbiose e ativação exacerbada do sistema imunológico no intestino. Essas doenças também tem sido relacionadas a baixos níveis de dehidroepiandrosterona (DHEA), um hormônio precursor de diversos esteroides e relacionado à modulação das respostas imunes. Porém, os mecanismos precisos que relacionam as ações deste hormônio com a proteção ou susceptibilidade à doença de Crohn ou colite ulcerativa ainda não são totalmente conhecidos. Sendo assim, este projeto buscou entender o papel imunomodulador do DHEA exógeno in vitro e in vivo durante a inflamação intestinal experimental induzida por dextran sulfato de sódio (DSS) em camundongos C57BL/6. Inicialmente, in vitro, DHEA inibiu a proliferação de células do baço de forma dose dependente nas concentrações de 5?M, 50?M ou 100?M, com diminuição da produção de IFN-?. Este hormônio não foi tóxico para células de linhagem mieloide, embora tenha causado necrose em leucócitos nas doses mais elevada (50 ?M e 100?M), o que pode ter influenciado a diminuição das citocinas in vitro. Nos ensaios in vivo, os camundongos tratados com DHEA (40 mg/Kg) foram avaliados na fase de indução da doença (dia 6) e durante o reparo tecidual, quando os animais expostos ao DSS e ao DHEA por 9 dias foram mantidos na ausência destas drogas até o dia 15. Houve diminuição do escore pós-morte, melhora no peso e nos sinais clínicos da inflamação intestinal, com redução de monócitos no sangue periférico com 6 dias e aumento de neutrófilos circulantes na fase de reparo tecidual (15 dias). Ainda, a suplementação com DHEA levou à redução da celularidade da lâmina própria (LP) e ao restabelecimento do comprimento normal do intestino. O uso deste hormônio também diminuiu a expressão do RNAm de IL-6 e TGF-?, enquanto aumentou a expressão de IL-13 no colón dos animais durante a fase de indução da doença, o que provavelmente ajudou na atenuação da inflamação intestinal. Além disso, houve acúmulo de linfócitos CD4+ e CD8+ no baço e diminuição apenas de linfócitos CD4+ nos linfonodos mesentéricos (LNM), indicando retenção das células CD4+ no baço após uso do DHEA. O tratamento foi também capaz de aumentar a frequência de células CD4 produtoras de IL-4 e diminuir CD4+IFN-?+ no baço, além de reduzir a frequência de CD4+IL-17+ nos LNM, sugerindo efeito do DHEA no balanço das respostas Th1/Th2/Th17 relacionadas à colite. Em adição, as células de baço dos animais tratados com DHEA e expostos ao DSS se tornaram hiporresponsivas, como visto pela diminuição da proliferação após re-estímulos in vitro. Finalmente, DHEA foi capaz de atuar no metabolismo dos camundongos tratados, levando à diminuição de colesterol total e da fração LDL no soro durante a fase de indução da doença, sem gerar quaisquer disfunções hepáticas. Com isso, podemos concluir que o DHEA atua por meio do balanço das respostas imunes exacerbadas, minimizando os danos locais e sistêmicos causados pela inflamação intestinal induzida por DSS.