544 resultados para Détecteur à pixels
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We describe the planning, implementation, and initial results of the first planned move of the default position of spectra on the Hubble Space Telescope's Cosmic Origins Spectrograph (COS) Far Ultraviolet (FUV) cross-delay line detector. This was motivated by the limited amount of charge that can be extracted from the microchannel plate due to gain sag at any one position. Operations at a new location began on July 23, 2012, with a shift of the spectrum by +3.5"(corresponding to ~ 41 pixels or ~ 1 mm) in a direction orthogonal to the spectral dispersion. Operation at this second "lifetime position" allows for spectra to be collected which are not affected by detector artifacts and loss of sensitivity due to gain sag. We discuss programs designed to enable operations at the new lifetime position; these include determinations of operational high voltage, measuring walk corrections and focus, confirming spectrum placement and aperture centering, and target acquisition performance. We also present results related to calibration of the new lifetime position, including measurements of spectral resolution and wavelength calibration, flux and flat field calibration, carryover of time-dependent sensitivity monitoring, and operations with the Bright Object Aperture (BOA).
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Photodynamic therapy (PDT) is a treatment modality that has advanced rapidly in recent years. It causes tissue and vascular damage with the interaction of a photosensitizing agent (PS), light of a proper wavelength, and molecular oxygen. Evaluation of vessel damage usually relies on histopathology evaluation. Results are often qualitative or at best semi-quantitative based on a subjective system. The aim of this study was to evaluate, using CD31 immunohistochem- istry and image analysis software, the vascular damage after PDT in a well-established rodent model of chemically induced mammary tumor. Fourteen Sprague-Dawley rats received a single dose of 7,12-dimethylbenz(a)anthraxcene (80 mg/kg by gavage), treatment efficacy was evaluated by comparing the vascular density of tumors after treatment with Photogem® as a PS, intraperitoneally, followed by interstitial fiber optic lighting, from a diode laser, at 200 mW/cm and light dose of 100 J/cm directed against his tumor (7 animals), with a control group (6 animals, no PDT). The animals were euthanized 30 hours after the lighting and mammary tumors were removed and samples from each lesion were formalin-fixed. Immunostained blood vessels were quantified by Image Pro-Plus version 7.0. The control group had an average of 3368.6 ± 4027.1 pixels per picture and the treated group had an average of 779 ± 1242.6 pixels per area (P < 0.01), indicating that PDT caused a significant decrease in vascular density of mammary tumors. The combined immu- nohistochemistry using CD31, with selection of representative areas by a trained pathology, followed by quantification of staining using Image Pro-Plus version 7.0 system was a practical and robust methodology for vessel damage evalua- tion, which probably could be used to assess other antiangiogenic treatments.
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In this paper,we present a novel texture analysis method based on deterministic partially self-avoiding walks and fractal dimension theory. After finding the attractors of the image (set of pixels) using deterministic partially self-avoiding walks, they are dilated in direction to the whole image by adding pixels according to their relevance. The relevance of each pixel is calculated as the shortest path between the pixel and the pixels that belongs to the attractors. The proposed texture analysis method is demonstrated to outperform popular and state-of-the-art methods (e.g. Fourier descriptors, occurrence matrix, Gabor filter and local binary patterns) as well as deterministic tourist walk method and recent fractal methods using well-known texture image datasets.
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Se il lavoro dello storico è capire il passato come è stato compreso dalla gente che lo ha vissuto, allora forse non è azzardato pensare che sia anche necessario comunicare i risultati delle ricerche con strumenti propri che appartengono a un'epoca e che influenzano la mentalità di chi in quell'epoca vive. Emergenti tecnologie, specialmente nell’area della multimedialità come la realtà virtuale, permettono agli storici di comunicare l’esperienza del passato in più sensi. In che modo la storia collabora con le tecnologie informatiche soffermandosi sulla possibilità di fare ricostruzioni storiche virtuali, con relativi esempi e recensioni? Quello che maggiormente preoccupa gli storici è se una ricostruzione di un fatto passato vissuto attraverso la sua ricreazione in pixels sia un metodo di conoscenza della storia che possa essere considerato valido. Ovvero l'emozione che la navigazione in una realtà 3D può suscitare, è un mezzo in grado di trasmettere conoscenza? O forse l'idea che abbiamo del passato e del suo studio viene sottilmente cambiato nel momento in cui lo si divulga attraverso la grafica 3D? Da tempo però la disciplina ha cominciato a fare i conti con questa situazione, costretta soprattutto dall'invasività di questo tipo di media, dalla spettacolarizzazione del passato e da una divulgazione del passato parziale e antiscientifica. In un mondo post letterario bisogna cominciare a pensare che la cultura visuale nella quale siamo immersi sta cambiando il nostro rapporto con il passato: non per questo le conoscenze maturate fino ad oggi sono false, ma è necessario riconoscere che esiste più di una verità storica, a volte scritta a volte visuale. Il computer è diventato una piattaforma onnipresente per la rappresentazione e diffusione dell’informazione. I metodi di interazione e rappresentazione stanno evolvendo di continuo. Ed è su questi due binari che è si muove l’offerta delle tecnologie informatiche al servizio della storia. Lo scopo di questa tesi è proprio quello di esplorare, attraverso l’utilizzo e la sperimentazione di diversi strumenti e tecnologie informatiche, come si può raccontare efficacemente il passato attraverso oggetti tridimensionali e gli ambienti virtuali, e come, nel loro essere elementi caratterizzanti di comunicazione, in che modo possono collaborare, in questo caso particolare, con la disciplina storica. La presente ricerca ricostruisce alcune linee di storia delle principali fabbriche attive a Torino durante la seconda guerra mondiale, ricordando stretta relazione che esiste tra strutture ed individui e in questa città in particolare tra fabbrica e movimento operaio, è inevitabile addentrarsi nelle vicende del movimento operaio torinese che nel periodo della lotta di Liberazione in città fu un soggetto politico e sociale di primo rilievo. Nella città, intesa come entità biologica coinvolta nella guerra, la fabbrica (o le fabbriche) diventa il nucleo concettuale attraverso il quale leggere la città: sono le fabbriche gli obiettivi principali dei bombardamenti ed è nelle fabbriche che si combatte una guerra di liberazione tra classe operaia e autorità, di fabbrica e cittadine. La fabbrica diventa il luogo di "usurpazione del potere" di cui parla Weber, il palcoscenico in cui si tengono i diversi episodi della guerra: scioperi, deportazioni, occupazioni .... Il modello della città qui rappresentata non è una semplice visualizzazione ma un sistema informativo dove la realtà modellata è rappresentata da oggetti, che fanno da teatro allo svolgimento di avvenimenti con una precisa collocazione cronologica, al cui interno è possibile effettuare operazioni di selezione di render statici (immagini), di filmati precalcolati (animazioni) e di scenari navigabili interattivamente oltre ad attività di ricerca di fonti bibliografiche e commenti di studiosi segnatamente legati all'evento in oggetto. Obiettivo di questo lavoro è far interagire, attraverso diversi progetti, le discipline storiche e l’informatica, nelle diverse opportunità tecnologiche che questa presenta. Le possibilità di ricostruzione offerte dal 3D vengono così messe a servizio della ricerca, offrendo una visione integrale in grado di avvicinarci alla realtà dell’epoca presa in considerazione e convogliando in un’unica piattaforma espositiva tutti i risultati. Divulgazione Progetto Mappa Informativa Multimediale Torino 1945 Sul piano pratico il progetto prevede una interfaccia navigabile (tecnologia Flash) che rappresenti la pianta della città dell’epoca, attraverso la quale sia possibile avere una visione dei luoghi e dei tempi in cui la Liberazione prese forma, sia a livello concettuale, sia a livello pratico. Questo intreccio di coordinate nello spazio e nel tempo non solo migliora la comprensione dei fenomeni, ma crea un maggiore interesse sull’argomento attraverso l’utilizzo di strumenti divulgativi di grande efficacia (e appeal) senza perdere di vista la necessità di valicare le tesi storiche proponendosi come piattaforma didattica. Un tale contesto richiede uno studio approfondito degli eventi storici al fine di ricostruire con chiarezza una mappa della città che sia precisa sia topograficamente sia a livello di navigazione multimediale. La preparazione della cartina deve seguire gli standard del momento, perciò le soluzioni informatiche utilizzate sono quelle fornite da Adobe Illustrator per la realizzazione della topografia, e da Macromedia Flash per la creazione di un’interfaccia di navigazione. La base dei dati descrittivi è ovviamente consultabile essendo contenuta nel supporto media e totalmente annotata nella bibliografia. È il continuo evolvere delle tecnologie d'informazione e la massiccia diffusione dell’uso dei computer che ci porta a un cambiamento sostanziale nello studio e nell’apprendimento storico; le strutture accademiche e gli operatori economici hanno fatto propria la richiesta che giunge dall'utenza (insegnanti, studenti, operatori dei Beni Culturali) di una maggiore diffusione della conoscenza storica attraverso la sua rappresentazione informatizzata. Sul fronte didattico la ricostruzione di una realtà storica attraverso strumenti informatici consente anche ai non-storici di toccare con mano quelle che sono le problematiche della ricerca quali fonti mancanti, buchi della cronologia e valutazione della veridicità dei fatti attraverso prove. Le tecnologie informatiche permettono una visione completa, unitaria ed esauriente del passato, convogliando tutte le informazioni su un'unica piattaforma, permettendo anche a chi non è specializzato di comprendere immediatamente di cosa si parla. Il miglior libro di storia, per sua natura, non può farlo in quanto divide e organizza le notizie in modo diverso. In questo modo agli studenti viene data l'opportunità di apprendere tramite una rappresentazione diversa rispetto a quelle a cui sono abituati. La premessa centrale del progetto è che i risultati nell'apprendimento degli studenti possono essere migliorati se un concetto o un contenuto viene comunicato attraverso più canali di espressione, nel nostro caso attraverso un testo, immagini e un oggetto multimediale. Didattica La Conceria Fiorio è uno dei luoghi-simbolo della Resistenza torinese. Il progetto è una ricostruzione in realtà virtuale della Conceria Fiorio di Torino. La ricostruzione serve a arricchire la cultura storica sia a chi la produce, attraverso una ricerca accurata delle fonti, sia a chi può poi usufruirne, soprattutto i giovani, che, attratti dall’aspetto ludico della ricostruzione, apprendono con più facilità. La costruzione di un manufatto in 3D fornisce agli studenti le basi per riconoscere ed esprimere la giusta relazione fra il modello e l’oggetto storico. Le fasi di lavoro attraverso cui si è giunti alla ricostruzione in 3D della Conceria: . una ricerca storica approfondita, basata sulle fonti, che possono essere documenti degli archivi o scavi archeologici, fonti iconografiche, cartografiche, ecc.; . La modellazione degli edifici sulla base delle ricerche storiche, per fornire la struttura geometrica poligonale che permetta la navigazione tridimensionale; . La realizzazione, attraverso gli strumenti della computer graphic della navigazione in 3D. Unreal Technology è il nome dato al motore grafico utilizzato in numerosi videogiochi commerciali. Una delle caratteristiche fondamentali di tale prodotto è quella di avere uno strumento chiamato Unreal editor con cui è possibile costruire mondi virtuali, e che è quello utilizzato per questo progetto. UnrealEd (Ued) è il software per creare livelli per Unreal e i giochi basati sul motore di Unreal. E’ stata utilizzata la versione gratuita dell’editor. Il risultato finale del progetto è un ambiente virtuale navigabile raffigurante una ricostruzione accurata della Conceria Fiorio ai tempi della Resistenza. L’utente può visitare l’edificio e visualizzare informazioni specifiche su alcuni punti di interesse. La navigazione viene effettuata in prima persona, un processo di “spettacolarizzazione” degli ambienti visitati attraverso un arredamento consono permette all'utente una maggiore immersività rendendo l’ambiente più credibile e immediatamente codificabile. L’architettura Unreal Technology ha permesso di ottenere un buon risultato in un tempo brevissimo, senza che fossero necessari interventi di programmazione. Questo motore è, quindi, particolarmente adatto alla realizzazione rapida di prototipi di una discreta qualità, La presenza di un certo numero di bug lo rende, però, in parte inaffidabile. Utilizzare un editor da videogame per questa ricostruzione auspica la possibilità di un suo impiego nella didattica, quello che le simulazioni in 3D permettono nel caso specifico è di permettere agli studenti di sperimentare il lavoro della ricostruzione storica, con tutti i problemi che lo storico deve affrontare nel ricreare il passato. Questo lavoro vuole essere per gli storici una esperienza nella direzione della creazione di un repertorio espressivo più ampio, che includa gli ambienti tridimensionali. Il rischio di impiegare del tempo per imparare come funziona questa tecnologia per generare spazi virtuali rende scettici quanti si impegnano nell'insegnamento, ma le esperienze di progetti sviluppati, soprattutto all’estero, servono a capire che sono un buon investimento. Il fatto che una software house, che crea un videogame di grande successo di pubblico, includa nel suo prodotto, una serie di strumenti che consentano all'utente la creazione di mondi propri in cui giocare, è sintomatico che l'alfabetizzazione informatica degli utenti medi sta crescendo sempre più rapidamente e che l'utilizzo di un editor come Unreal Engine sarà in futuro una attività alla portata di un pubblico sempre più vasto. Questo ci mette nelle condizioni di progettare moduli di insegnamento più immersivi, in cui l'esperienza della ricerca e della ricostruzione del passato si intreccino con lo studio più tradizionale degli avvenimenti di una certa epoca. I mondi virtuali interattivi vengono spesso definiti come la forma culturale chiave del XXI secolo, come il cinema lo è stato per il XX. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di suggerire che vi sono grosse opportunità per gli storici impiegando gli oggetti e le ambientazioni in 3D, e che essi devono coglierle. Si consideri il fatto che l’estetica abbia un effetto sull’epistemologia. O almeno sulla forma che i risultati delle ricerche storiche assumono nel momento in cui devono essere diffuse. Un’analisi storica fatta in maniera superficiale o con presupposti errati può comunque essere diffusa e avere credito in numerosi ambienti se diffusa con mezzi accattivanti e moderni. Ecco perchè non conviene seppellire un buon lavoro in qualche biblioteca, in attesa che qualcuno lo scopra. Ecco perchè gli storici non devono ignorare il 3D. La nostra capacità, come studiosi e studenti, di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio che il 3D porta con sè, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Una ricostruzione storica può essere molto utile dal punto di vista educativo non sono da chi la visita ma, anche da chi la realizza. La fase di ricerca necessaria per la ricostruzione non può fare altro che aumentare il background culturale dello sviluppatore. Conclusioni La cosa più importante è stata la possibilità di fare esperienze nell’uso di mezzi di comunicazione di questo genere per raccontare e far conoscere il passato. Rovesciando il paradigma conoscitivo che avevo appreso negli studi umanistici, ho cercato di desumere quelle che potremo chiamare “leggi universali” dai dati oggettivi emersi da questi esperimenti. Da punto di vista epistemologico l’informatica, con la sua capacità di gestire masse impressionanti di dati, dà agli studiosi la possibilità di formulare delle ipotesi e poi accertarle o smentirle tramite ricostruzioni e simulazioni. Il mio lavoro è andato in questa direzione, cercando conoscere e usare strumenti attuali che nel futuro avranno sempre maggiore presenza nella comunicazione (anche scientifica) e che sono i mezzi di comunicazione d’eccellenza per determinate fasce d’età (adolescenti). Volendo spingere all’estremo i termini possiamo dire che la sfida che oggi la cultura visuale pone ai metodi tradizionali del fare storia è la stessa che Erodoto e Tucidide contrapposero ai narratori di miti e leggende. Prima di Erodoto esisteva il mito, che era un mezzo perfettamente adeguato per raccontare e dare significato al passato di una tribù o di una città. In un mondo post letterario la nostra conoscenza del passato sta sottilmente mutando nel momento in cui lo vediamo rappresentato da pixel o quando le informazioni scaturiscono non da sole, ma grazie all’interattività con il mezzo. La nostra capacità come studiosi e studenti di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio sottinteso al 3D, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Le esperienze raccolte nelle pagine precedenti ci portano a pensare che in un futuro non troppo lontano uno strumento come il computer sarà l’unico mezzo attraverso cui trasmettere conoscenze, e dal punto di vista didattico la sua interattività consente coinvolgimento negli studenti come nessun altro mezzo di comunicazione moderno.
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Il presente studio si concentra sulle diverse applicazioni del telerilevamento termico in ambito urbano. Vengono inizialmente descritti la radiazione infrarossa e le sue interazioni con l’atmosfera terrestre, le leggi principali che regolano lo scambio di calore per irraggiamento, le caratteristiche dei sensori e le diverse applicazioni di termografia. Successivamente sono trattati nel dettaglio gli aspetti caratteristici della termografia da piattaforma satellitare, finalizzata principalmente alla valutazione del fenomeno dell'Urban Heat Island; vengono descritti i sensori disponibili, le metodologie di correzione per gli effetti atmosferici, per la stima dell'emissività delle superfici e per il calcolo della temperatura superficiale dei pixels. Viene quindi illustrata la sperimentazione effettuata sull'area di Bologna mediante immagini multispettrali ASTER: i risultati mostrano come sull'area urbana sia riscontrabile la presenza dell'Isola di Calore Urbano, anche se la sua quantificazione risulta complessa. Si procede quindi alla descrizione di potenzialità e limiti della termografia aerea, dei suoi diversi utilizzi, delle modalità operative di rilievo e degli algoritmi utilizzati per il calcolo della temperatura superficiale delle coperture edilizie. Tramite l’analisi di alcune esperienze precedenti vengono trattati l’influenza dell’atmosfera, la modellazione dei suoi effetti sulla radianza rilevata, i diversi metodi per la stima dell’emissività. Viene quindi introdotto il progetto europeo Energycity, finalizzato alla creazione di un sistema GeoWeb di supporto spaziale alle decisioni per la riduzione di consumi energetici e produzione di gas serra su sette città dell'Europa Centrale. Vengono illustrate le modalità di rilievo e le attività di processing dei datasets digitali per la creazione di mappe di temperatura superficiale da implementare nel sistema SDSS. Viene infine descritta la sperimentazione effettuata sulle immagini termiche acquisite nel febbraio 2010 sulla città di Treviso, trasformate in un mosaico georiferito di temperatura radiometrica tramite correzioni geometriche e radiometriche; a seguito della correzione per l’emissività quest’ultimo verrà trasformato in un mosaico di temperatura superficiale.
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Spatial prediction of hourly rainfall via radar calibration is addressed. The change of support problem (COSP), arising when the spatial supports of different data sources do not coincide, is faced in a non-Gaussian setting; in fact, hourly rainfall in Emilia-Romagna region, in Italy, is characterized by abundance of zero values and right-skeweness of the distribution of positive amounts. Rain gauge direct measurements on sparsely distributed locations and hourly cumulated radar grids are provided by the ARPA-SIMC Emilia-Romagna. We propose a three-stage Bayesian hierarchical model for radar calibration, exploiting rain gauges as reference measure. Rain probability and amounts are modeled via linear relationships with radar in the log scale; spatial correlated Gaussian effects capture the residual information. We employ a probit link for rainfall probability and Gamma distribution for rainfall positive amounts; the two steps are joined via a two-part semicontinuous model. Three model specifications differently addressing COSP are presented; in particular, a stochastic weighting of all radar pixels, driven by a latent Gaussian process defined on the grid, is employed. Estimation is performed via MCMC procedures implemented in C, linked to R software. Communication and evaluation of probabilistic, point and interval predictions is investigated. A non-randomized PIT histogram is proposed for correctly assessing calibration and coverage of two-part semicontinuous models. Predictions obtained with the different model specifications are evaluated via graphical tools (Reliability Plot, Sharpness Histogram, PIT Histogram, Brier Score Plot and Quantile Decomposition Plot), proper scoring rules (Brier Score, Continuous Rank Probability Score) and consistent scoring functions (Root Mean Square Error and Mean Absolute Error addressing the predictive mean and median, respectively). Calibration is reached and the inclusion of neighbouring information slightly improves predictions. All specifications outperform a benchmark model with incorrelated effects, confirming the relevance of spatial correlation for modeling rainfall probability and accumulation.
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Am Mainzer Mikrotron MAMI wurde ein neuartiges Interferometer entwickelt und getestet, mit dem magneto-optische Effekte an dünnen, freitragenden Folien von 3d-Übergangsmetallen wie Eisen, Kobalt oder Nickel an den L_{2,3}-Absorptionskanten (im Spektralbereich der weichen Röntgenstrahlung) gemessen werden können. Es handelt sich um eine Weiterentwicklung eines an MAMI erprobten Interferometers, das im wesentlichen aus einer kollinearen Anordnung zweier identischer Undulatoren, zwischen die die dünne Probefolie eingebracht wird, und einem Gitterspektrometer besteht. Aus den als Funktion des Abstands der Undulatoren beobachtbaren Intensitätsoszillation lassen sich das Dekrement des Realteils δ und der Absorptionskoeffizient β des komplexen Brechungsindex bestimmen.rnIm Rahmen der vorliegenden Arbeit wurde die Apparatur derart weiterentwickelt, dass auch die magnetisch zirkulare Doppelbrechung Δδ und der magnetisch zirkulare Dichroismus Δβ an den L_{2,3}-Absorptionskanten von Übergangsmetallen gemessen werden können. Der zweite Undulator wurde um die Elektronenstrahlachse um den Winkel Ψ = ±107° drehbar gemacht. Damit dient er auch als Analysator der aus der Folie austretenden elliptisch polarisierten weichen Röntgenstrahlung, für die - wie bei der Faraday-Rotation - die Polarisationsebene gedreht ist. Weiterhin kann die Spaltbreite der 10-poligen Hybrid-Undulatoren mit einer Periodenlänge von 12 mm und damit der Undulatorparameter über eine Antriebsmechanik kontinuierlich variiert werden, wodurch eine optimale Anpassung der Amplituden der Undulatorstrahlung aus den beiden Undulatoren möglich wird. Der maximale Undulatorparameter beträgt K = 1.1. Auch das Spektrometer, das auf einem selbstfokussierenden Gitter mit variierter Liniendichte (im Mittel 1400 Linien / mm) basiert, wurde weiterentwickelt. Als Detektor kommt jetzt eine fensterlose CCD mit 1024 x 1024 Pixeln und einer Pixelgröße von 13 μm x 13 μm zum Einsatz, die im Bildmodus betrieben wird, was die gleichzeitige Messung eines Energieintervalls von ca. 50 eV ermöglicht. Die totale Linienbreite wurde bei einer vertikalen Strahlfleckausdehnung von σ_y = 70 μm (rms) am Neon 1s-3p Übergang bei (867.18 ±0.02) eV zu Δħω = (0.218 ±0.002) eV (FWHM) gemessen. Das hohe Auflösungsvermögen von 4000 und die Möglichkeit der Eichung gegen den 1s-3p Übergang von Neon wurden ausgenutzt, um die Energie der Maxima an den Absorptionskanten von Nickel (weiße Linien) neu zu bestimmen. Die Ergebnisse E_{L_2}=(869.65_{-0.16}^{+0.27}) eV und E_{L_3}=(852.37_{-0.11}^{+0.16}) eV stellen eine Verbesserung früherer Messungen dar, die große Streuungen aufwiesen.rnAus systematischen Messungen als Funktion des Abstandes der Undulatoren und des Drehwinkels Ψ wurden die magnetisch zirkulare Doppelbrechung Δδ im Energiebereich 834 eV ≤ ħω ≤ 885 eV an einer freitragenden, bis zur Sättigung magnetisierten Nickelfolie der Dicke von (96.4 ±2.7) nm gemessen. Sowohl das Auflösungsvermögen als auch die Genauigkeit der Messungen für Δδ übersteigen bekannte Literaturangaben signifikant, so dass eine bisher nicht bekannte Feinstruktur gefunden werden konnte. Außerdem wurde der Betrag des magnetisch zirkularen Dichroismus |Δβ| im Bereich des Maximums an der L_3-Absorptionskante mit hoher Genauigkeit gemessen.rn
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Innerhalb des Untersuchungsgebiets Schleswig-Holstein wurden 39.712 topographische Hohlformen detektiert. Genutzt wurden dazu ESRI ArcMap 9.3 und 10.0. Der Datenaufbereitung folgten weitere Kalkulationen in MATLAB R2010b. Jedes Objekt wurde räumlich mit seinen individuellen Eigenschaften verschnitten. Dazu gehörten Fläche, Umfang, Koordinaten (Zentroide), Tiefe und maximale Tiefe der Hohlform und Formfaktoren wie Rundheit, Konvexität und Elongation. Ziel der vorgestellten Methoden war die Beantwortung von drei Fragestellungen: Sind negative Landformen dazu geeignet Landschaftseinheiten und Eisvorstöße zu unterscheiden und zu bestimmen? Existiert eine Kopplung von Depressionen an der rezenten Topographie zu geologischen Tiefenstrukturen? Können Senken unterschiedlicher Entstehung anhand ihrer Formcharakteristik unterteilt werden? Die vorgenommene Klassifikation der großen Landschaftseinheiten basiert auf der Annahme, dass sowohl Jungmoränengebiete, ihre Vorflächen als auch Altmoränengebiete durch charakteristische, abflusslose Hohlformen, wie Toteislöcher, Seen, etc. abgegrenzt werden können. Normalerweise sind solche Depressionen in der Natur eher selten, werden jedoch für ehemalige Glaziallandschaften als typisch erachtet. Ziel war es, die geologischen Haupteinheiten, Eisvorstöße und Moränengebiete der letzten Vereisungen zu differenzieren. Zur Bearbeitung wurde ein Detektionsnetz verwendet, das auf quadratischen Zellen beruht. Die Ergebnisse zeigen, dass durch die alleinige Nutzung von Depressionen zur Klassifizierung von Landschaftseinheiten Gesamtgenauigkeiten von bis zu 71,4% erreicht werden können. Das bedeutet, dass drei von vier Detektionszellen korrekt zugeordnet werden können. Jungmoränen, Altmoränen, periglazialeVorflächen und holozäne Bereiche können mit Hilfe der Hohlformen mit großer Sicherheit voneinander unterschieden und korrekt zugeordnet werden. Dies zeigt, dass für die jeweiligen Einheiten tatsächlich bestimmte Senkenformen typisch sind. Die im ersten Schritt detektierten Senken wurden räumlich mit weiterreichenden geologischen Informationen verschnitten, um zu untersuchen, inwieweit natürliche Depressionen nur glazial entstanden sind oder ob ihre Ausprägung auch mit tiefengeologischen Strukturen in Zusammenhang steht. 25.349 (63,88%) aller Senken sind kleiner als 10.000 m² und liegen in Jungmoränengebieten und können vermutlich auf glaziale und periglaziale Einflüsse zurückgeführt werden. 2.424 Depressionen liegen innerhalb der Gebiete subglazialer Rinnen. 1.529 detektierte Hohlformen liegen innerhalb von Subsidenzgebieten, von denen 1.033 innerhalb der Marschländer im Westen verortet sind. 919 große Strukturen über 1 km Größe entlang der Nordsee sind unter anderem besonders gut mit Kompaktionsbereichen elsterzeitlicher Rinnen zu homologisieren.344 dieser Hohlformen sind zudem mit Tunneltälern im Untergrund assoziiert. Diese Parallelität von Depressionen und den teils über 100 m tiefen Tunneltälern kann auf Sedimentkompaktion zurückgeführt werden. Ein Zusammenhang mit der Zersetzung postglazialen, organischen Materials ist ebenfalls denkbar. Darüber hinaus wurden in einer Distanz von 10 km um die miozän aktiven Flanken des Glückstadt-Grabens negative Landformen detektiert, die Verbindungen zu oberflächennahen Störungsstrukturen zeigen. Dies ist ein Anzeichen für Grabenaktivität während und gegen Ende der Vereisung und während des Holozäns. Viele dieser störungsbezogenen Senken sind auch mit Tunneltälern assoziiert. Entsprechend werden drei zusammenspielende Prozesse identifiziert, die mit der Entstehung der Hohlformen in Verbindung gebracht werden können. Eine mögliche Interpretation ist, dass die östliche Flanke des Glückstadt-Grabens auf die Auflast des elsterzeitlichen Eisschilds reagierte, während sich subglazial zeitgleich Entwässerungsrinnen entlang der Schwächezonen ausbildeten. Diese wurden in den Warmzeiten größtenteils durch Torf und unverfestigte Sedimente verfüllt. Die Gletschervorstöße der späten Weichselzeit aktivierten erneut die Flanken und zusätzlich wurde das Lockermaterial exariert, wodurch große Seen, wie z. B. der Große Plöner See entstanden sind. Insgesamt konnten 29 große Depressionen größer oder gleich 5 km in Schleswig-Holstein identifiziert werden, die zumindest teilweise mit Beckensubsidenz und Aktivität der Grabenflanken verbunden sind, bzw. sogar auf diese zurückgehen.Die letzte Teilstudie befasste sich mit der Differenzierung von Senken nach deren potentieller Genese sowie der Unterscheidung natürlicher von künstlichen Hohlformen. Dazu wurde ein DEM für einen Bereich im Norden Niedersachsens verwendet, das eine Gesamtgröße von 252 km² abdeckt. Die Ergebnisse zeigen, dass glazial entstandene Depressionen gute Rundheitswerte aufweisen und auch Elongation und Exzentrizität eher kompakte Formen anzeigen. Lineare negative Strukturen sind oft Flüsse oder Altarme. Sie können als holozäne Strukturen identifiziert werden. Im Gegensatz zu den potentiell natürlichen Senkenformen sind künstlich geschaffene Depressionen eher eckig oder ungleichmäßig und tendieren meist nicht zu kompakten Formen. Drei Hauptklassen topographischer Depressionen konnten identifiziert und voneinander abgegrenzt werden: Potentiell glaziale Senken (Toteisformen), Flüsse, Seiten- und Altarme sowie künstliche Senken. Die Methode der Senkenklassifikation nach Formparametern ist ein sinnvolles Instrument, um verschiedene Typen unterscheiden zu können und um bei geologischen Fragestellungen künstliche Senken bereits vor der Verarbeitung auszuschließen. Jedoch zeigte sich, dass die Ergebnisse im Wesentlichen von der Auflösung des entsprechenden Höhenmodells abhängen.
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This thesis is aimed to assess similarities and mismatches between the outputs from two independent methods for the cloud cover quantification and classification based on quite different physical basis. One of them is the SAFNWC software package designed to process radiance data acquired by the SEVIRI sensor in the VIS/IR. The other is the MWCC algorithm, which uses the brightness temperatures acquired by the AMSU-B and MHS sensors in their channels centered in the MW water vapour absorption band. At a first stage their cloud detection capability has been tested, by comparing the Cloud Masks they produced. These showed a good agreement between two methods, although some critical situations stand out. The MWCC, in effect, fails to reveal clouds which according to SAFNWC are fractional, cirrus, very low and high opaque clouds. In the second stage of the inter-comparison the pixels classified as cloudy according to both softwares have been. The overall observed tendency of the MWCC method, is an overestimation of the lower cloud classes. Viceversa, the more the cloud top height grows up, the more the MWCC not reveal a certain cloud portion, rather detected by means of the SAFNWC tool. This is what also emerges from a series of tests carried out by using the cloud top height information in order to evaluate the height ranges in which each MWCC category is defined. Therefore, although the involved methods intend to provide the same kind of information, in reality they return quite different details on the same atmospheric column. The SAFNWC retrieval being very sensitive to the top temperature of a cloud, brings the actual level reached by this. The MWCC, by exploiting the capability of the microwaves, is able to give an information about the levels that are located more deeply within the atmospheric column.
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There is a demand for technologies able to assess the perfusion of surgical flaps quantitatively and reliably to avoid ischemic complications. The aim of this study is to test a new high-speed high-definition laser Doppler imaging (LDI) system (FluxEXPLORER, Microvascular Imaging, Lausanne, Switzerland) in terms of preoperative mapping of the vascular supply (perforator vessels) and postoperative flow monitoring. The FluxEXPLORER performs perfusion mapping of an area 9 x 9 cm with a resolution of 256 x 256 pixels within 6 s in high-definition imaging mode. The sensitivity and predictability to localize perforators is expressed by the coincidence of preoperatively assessed LDI high flow spots with intraoperatively verified perforators in nine patients. 18 free flaps are monitored before, during, and after total ischemia. 63% of all verified perforators correspond to a high flow spot, and 38% of all high flow spots correspond to a verified perforator (positive predictive value). All perfused flaps reveal a value of above 221 perfusion units (PUs), and all values obtained in the ischemic flaps are beneath 187 PU. In summary, we conclude that the present LDI system can serve as a reliable, fast, and easy-to-handle tool to detect ischemia in free flaps, whereas perforator vessels cannot be detected appropriately.
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An algorithm for the real-time registration of a retinal video sequence captured with a scanning digital ophthalmoscope (SDO) to a retinal composite image is presented. This method is designed for a computer-assisted retinal laser photocoagulation system to compensate for retinal motion and hence enhance the accuracy, speed, and patient safety of retinal laser treatments. The procedure combines intensity and feature-based registration techniques. For the registration of an individual frame, the translational frame-to-frame motion between preceding and current frame is detected by normalized cross correlation. Next, vessel points on the current video frame are identified and an initial transformation estimate is constructed from the calculated translation vector and the quadratic registration matrix of the previous frame. The vessel points are then iteratively matched to the segmented vessel centerline of the composite image to refine the initial transformation and register the video frame to the composite image. Criteria for image quality and algorithm convergence are introduced, which assess the exclusion of single frames from the registration process and enable a loss of tracking signal if necessary. The algorithm was successfully applied to ten different video sequences recorded from patients. It revealed an average accuracy of 2.47 ± 2.0 pixels (∼23.2 ± 18.8 μm) for 2764 evaluated video frames and demonstrated that it meets the clinical requirements.
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Abstract- In this correspondence, a simple one-dimensional (1-D) differencing operation is applied to bilevel images prior to block coding to produce a sparse binary image that can be encoded efficiently using any of a number of well-known techniques. The difference image can be encoded more efficiently than the original bilevel image whenever the average run length of black pixels in the original image is greater than two. Compression is achieved because the correlation between adjacent pixels is reduced compared with the original image. The encoding/decoding operations are described and compression performance is presented for a set of standard bilevel images.
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OBJECTIVE: The purpose of our study was to evaluate the efficacy of CT histogram analysis for further characterization of lipid-poor adenomas on unenhanced CT. MATERIALS AND METHODS: One hundred thirty-two adrenal nodules were identified in 104 patients with lung cancer who underwent PET/CT. Sixty-five nodules were classified as lipid-rich adenomas if they had an unenhanced CT attenuation of less than or equal to 10 H. Thirty-one masses were classified as lipid-poor adenomas if they had an unenhanced CT attenuation greater than 10 H and stability for more than 1 year. Thirty-six masses were classified as lung cancer metastases if they showed rapid growth in 1 year (n = 27) or were biopsy-proven (n = 9). Histogram analysis was performed for all lesions to provide the mean attenuation value and percentage of negative pixels. RESULTS: All lipid-rich adenomas had more than 10% negative pixels; 51.6% of lipid-poor adenomas had more than 10% negative pixels and would have been classified as indeterminate nodules on the basis of mean attenuation alone. None of the metastases had more than 10% negative pixels. Using an unenhanced CT mean attenuation threshold of less than 10 H yielded a sensitivity of 68% and specificity of 100% for the diagnosis of an adenoma. Using an unenhanced CT threshold of more than 10% negative pixels yielded a sensitivity of 84% and specificity of 100% for the diagnosis of an adenoma. CONCLUSION: CT histogram analysis is superior to mean CT attenuation analysis for the evaluation of adrenal nodules and may help decrease referrals for additional imaging or biopsy.
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The alveolated structure of the pulmonary acinus plays a vital role in gas exchange function. Three-dimensional (3D) analysis of the parenchymal region is fundamental to understanding this structure-function relationship, but only a limited number of attempts have been conducted in the past because of technical limitations. In this study, we developed a new image processing methodology based on finite element (FE) analysis for accurate 3D structural reconstruction of the gas exchange regions of the lung. Stereologically well characterized rat lung samples (Pediatr Res 53: 72-80, 2003) were imaged using high-resolution synchrotron radiation-based X-ray tomographic microscopy. A stack of 1,024 images (each slice: 1024 x 1024 pixels) with resolution of 1.4 mum(3) per voxel were generated. For the development of FE algorithm, regions of interest (ROI), containing approximately 7.5 million voxels, were further extracted as a working subunit. 3D FEs were created overlaying the voxel map using a grid-based hexahedral algorithm. A proper threshold value for appropriate segmentation was iteratively determined to match the calculated volume density of tissue to the stereologically determined value (Pediatr Res 53: 72-80, 2003). The resulting 3D FEs are ready to be used for 3D structural analysis as well as for subsequent FE computational analyses like fluid dynamics and skeletonization.
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PURPOSE: To test the hypothesis that hyporeflective spaces in the neuroretina found on optical coherence tomography (OCT) examination have different optical reflectivities according to whether they are associated with exudation or degeneration. METHODS: Retrospective analysis of eyes with idiopathic perifoveal telangiectasia (IPT), diabetic macular edema (DME), idiopathic central serous chorioretinopathy (CSC), retinitis pigmentosa (RP), or cone dystrophy (CD) and eyes of healthy control subjects. OCT scans were performed. Raw scan data were exported and used to calculate light reflectivity profiles. Reflectivity data were acquired by projecting three rectangular boxes, each 50 pixels long and 5 pixels wide, into the intraretinal cystoid spaces, centrally onto unaffected peripheral RPE, and onto the prefoveolar vitreous. Light reflectivity in the retinal pigment epithelium (RPE), vitreous, and intraretinal spaces for the different retinal conditions and control subjects were compared. RESULTS: Reflectivities of the vitreous and the RPE were similar among the groups. Hyporeflective spaces in eyes with exudation (DME, RP, and CSC) had higher reflectivity compared with the mean reflectivity of the vitreous, whereas the cystoid spaces in the maculae of the eyes without exudation (CD and IPT) had a lower reflectivity than did the normal vitreous. CONCLUSIONS: Analysis of the light reflectivity profiles may be a tool to determine whether the density of hyporeflective spaces in the macula is greater or less than that of the vitreous, and may be a way to differentiate degenerative from exudative macular disease.