439 resultados para Categorie, limiti, colimiti.


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La nascita della Internet of Things, come conseguenza dell'aumento della capacità di calcolo e adozione di connettività in nuovi dispositivi, ha permesso l'apporto di nuove tecnologie negli oggetti di uso quotidiano e ha cambiano il modo in cui le persone utilizzano e interagiscono con questi oggetti. La Home Automation, da sempre orientata al controllo locale e remoto di apparecchiature domestiche, non ha mai raggiunto una grande diffusione per colpa del costo elevato, una controproducente chiusura rispetto ad altri sistemi e una certa difficoltà nella sua programmazione da parte dei possibili utenti. Le possibilità offerte dalla IoT e i limiti della Home Automation hanno suggerito lo sviluppo di un sistema in grado si superare queste limitazioni sfruttando le tecnologie più adatte a integrare Smart Object e sistemi, gli uni con gli altri, in maniera semplice e rapida. Il progetto e lo sviluppo di una soluzione reale di Home Automation basata su un impianto domotico commerciale ha permesso di dimostrare come strumenti opensource e tecnologie orientate alla IoT consentano, se opportunamente integrate, di migliorare sia la fruibilità dei sistemi domotici, attraverso la maggiore apertura verso altri sistemi, sia l'interazione con l'utente che sarà in grado di creare in modo semplice e diretto scenari di utilizzo sempre nuovi.

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Studio di una macchina automatica adibita all’avvolgimento ed al packaging di bobine di tubo corrugato flessibile in materiale plastico, denominata FLASH 700, finalizzato alla definizione dei principali parametri funzionali, degli attuali limiti di funzionamento ed alla soluzione di alcuni problemi. L’attività ha comportato un’iniziale studio dettagliato della macchina, indirizzato all’acquisizione delle necessarie competenze tecniche di costruzione e funzionamento, per poterne successivamente definire i parametri funzionali e comprenderne gli attuali limiti e margini di miglioramento, definiti i quali si è passati ad un'accurata fase di studio riguardante il ciclo di funzionamento del gruppo avvolgitore (che arrotola il tubo in bobine), eseguita durante i collaudi pre-vendita, con lo scopo di delineare i tempi necessari ad eseguire ogni operazione e ad evidenziare i punti critici (tempi morti) del sistema che caratterizzano l’attuale tempo ciclo. Infine, determinate le principali cause dei limiti di funzionamento e definite le principali funzioni di macchina causa del tempo ciclo, sono state proposte alcune possibili modifiche costruttive finalizzate all’abbattimento degli attuali limiti. Alcune delle soluzioni proposte sono state infine realizzate e collaudate in macchina, al fine di verificarne il reale miglioramento apportato.

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Lo scopo di questo elaborato è stato determinare una modalità per ridurre il rischio di Listeria monocytogenes in semi di ravanello utilizzati per produrre germogli ad uso alimentare. Per fare ciò è stato utilizzato il timolo, un composto fenolico la cui attività antimicrobica è nota. In primo luogo sono state eseguite prove preliminari in vitro per verificare gli effetti di diverse concentrazioni di questo terpene su L. monocytogenes mediante l’uso di un citofluorimetro. I risultati hanno mostrato che 30 minuti di esposizione a 500 ppm di timolo in acqua peptonata determinano un danneggiamento della membrana cellulare in metà della popolazione microbica. Quando l’esposizione avviene in tampone fosfato, l’effetto è evidente già a 250 ppm (82% di cellule danneggiate). Successivamente, è stato valutato l’effetto di diverse concentrazioni di timolo su cellule di L. monocytogenes preventivamente inoculate su semi di ravanello. La prova è stata condotta in due modalità: la prima in contenitori sterili, la seconda in germogliatori per riprodurre fedelmente le tecniche utilizzate nel processo industriale o casalingo. Sono stati effettuati sia campionamenti microbiologici (su semi, germogli e acqua degli ammolli) sia prove di germinabilità per individuare un’eventuale riduzione della capacità germinativa dei semi a seguito del contatto con timolo. Dai dati ottenuti è emerso che il timolo riesce a contenere entro certi limiti la crescita di L. monocytogenes nell’acqua usata per l’ammollo, ma non ha un effetto significativo sul suo destino nei semi durante la germinazione. La presenza di timolo non compromette la capacità germinativa ma rallenta il processo di germinazione. In conclusione, il processo produttivo di germogli lascia spazio a molti rischi microbiologici nel caso siano già presenti nella matrice delle specie patogene. Ciò nonostante l’impiego di trattamenti preliminari sui semi prima del germogliamento, può essere una strada importante per ridurne i rischi.

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Recenti sviluppi nella progettazione di impianti di luce di sincrotrone di quarta generazione riguardano la produzione di fasci di luce nella banda dei raggi X con elevate caratteristiche in termini di brillanza, coerenza e impulsi estremamente brevi ( femtosecondo ) . I principali schemi per la produzione della radiazione XFEL riguardano l’impiego di ondulatori con differenti modalità di seeding. L’utilizzo dei fasci di radiazione XFEL nelle linee di luce per applicazioni di imaging, spettroscopia e diffrazione, ha determinato un costante sforzo sia nello sviluppo di dispositivi ottici in grado di selezionare e focalizzare il fascio su dimensioni nanometriche, che nella sperimentazione di tecniche “lensless” in grado di superare i limiti imposti dall’utilizzo di tali dispositivi . I risultati ottenuti nella produzione dei fasci hanno consentito nuove possibilità di indagine nella struttura dei materiali su distanze atomiche nella definizione, senza precedenti di dettagli su scale temporali del femtosecondo, permettendo lo studio, non solo di strutture atomiche in condizioni di equilibrio stabile quanto di stati della materia velocemente dinamici e di non equilibrio. CXDI e Spettroscopia Strutturale Ultraveloce risolte in tempo sono alcune delle tecniche in cui l’utilizzo della radiazione XFEL apre nuove possibilità di indagine agli stati transienti della materia permettendo la ricostruzione della dinamica di processi chimico –fisici su intervalli temporali finora inaccessibili .

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Il rilevamento e l’analisi delle frodi è una delle attività cruciali per un sistema di carrier billing. Una frode non rilevata prontamente può causare ingenti danni economici, mentre un falso positivo porta ad uno spreco di tempo da parte del team di Reporting and Control. In questa tesi viene studiato il dominio di un Payment Service Provider (PSP) operativo nel settore del carrier billing, andando ad approfondire il sistema di rilevamento delle frodi basato sull’analisi di serie storiche con la tecnica Holt-Winters. Verrà fornita una panoramica sull’architettura del sistema seguita da alcuni esempi in cui la scarsa qualità delle predizioni ha causato una perdita economica o temporale al PSP. Verranno quindi proposte numerose soluzioni per estendere e migliorare il sistema attuale, concentrandosi principalmente sulla pulizia dei dati da analizzare e sullo sfruttamento di informazioni implicitamente contenute nei dati. I miglioramenti apportati possono essere divisi in due categorie: quelli che necessitano della supervisione dell’essere umano e quelli che possono essere ottenuti in modo automatico da un algoritmo. Alcune di queste soluzioni verranno implementate e commentate confrontando le prestazioni del sistema prima e dopo le varie implementazioni. Alcune proposte verranno invece trattate solamente a livello teorico ma faranno parte degli sviluppi futuri. Infine si cercherà di trarre delle conclusioni, dimostrando come nel dominio del carrier billing sia possibile ottenere prestazioni soddisfacenti grazie ad un filtraggio supervisionato dei dati delle serie storiche, mentre i tentativi di filtraggio non supervisionato hanno fornito risultati contrastanti.

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Dall'analisi dei big data si possono trarre degli enormi benefici in svariati ambiti applicativi. Uno dei fattori principali che contribuisce alla ricchezza dei big data, consiste nell'uso non previsto a priori di dati immagazzinati in precedenza, anche in congiunzione con altri dataset eterogenei: questo permette di trovare correlazioni significative e inaspettate tra i dati. Proprio per questo, il Valore, che il dato potenzialmente porta con sè, stimola le organizzazioni a raccogliere e immagazzinare sempre più dati e a ricercare approcci innovativi e originali per effettuare analisi su di essi. L’uso fortemente innovativo che viene fatto dei big data in questo senso e i requisiti tecnologici richiesti per gestirli hanno aperto importanti problematiche in materia di sicurezza e privacy, tali da rendere inadeguati o difficilmente gestibili, gli strumenti di sicurezza utilizzati finora nei sistemi tradizionali. Con questo lavoro di tesi si intende analizzare molteplici aspetti della sicurezza in ambito big data e offrire un possibile approccio alla sicurezza dei dati. In primo luogo, la tesi si occupa di comprendere quali sono le principali minacce introdotte dai big data in ambito di privacy, valutando la fattibilità delle contromisure presenti all’attuale stato dell’arte. Tra queste anche il controllo dell’accesso ha riscontrato notevoli sfide causate dalle necessità richieste dai big data: questo elaborato analizza pregi e difetti del controllo dell’accesso basato su attributi (ABAC), un modello attualmente oggetto di discussione nel dibattito inerente sicurezza e privacy nei big data. Per rendere attuabile ABAC in un contesto big data, risulta necessario l’ausilio di un supporto per assegnare gli attributi di visibilità alle informazioni da proteggere. L’obiettivo di questa tesi consiste nel valutare fattibilità, caratteristiche significative e limiti del machine learning come possibile approccio di utilizzo.

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L’obiettivo della tesi è definire un modello che permetta di realizzare applicazioni che integrino diverse tecnologie come la realtà aumentata, pervasive computing e Internet of Things. In particolare si analizza la nozione di "augmentation" che indica un’estensione e un arricchimento delle funzionalità e delle informazioni che possono essere percepite dai sensi umani e che può essere ritrovata, in modo diverso, nelle tecnologie trattate. A tal proposito, si introduce l’idea di augmented world, il cui scopo è quello di realizzare un livello aumentato collegato ad un livello fisico, attraverso il quale permettere l’interazione tra elementi virtuali ed elementi fisici. In seguito, tramite un'analisi tassonomica si vogliono individuare le caratteristiche ed i requisiti fondanti degli ambiti applicativi trattati per poter definire un modello che possa essere utilizzato come riferimento per le diverse tipologie di applicazioni. Infine il modello proposto è stato applicato a diversi casi di studio che spaziano tra i principali contesti applicativi in cui vengono utilizzate le tecnologie illustrate. La modellazione è fatta prescindendo da alcuni aspetti relativi alla comunicazione o alla sincronizzazione tra livello reale e livello aumentato, in quanto l’obiettivo è esporre una prima validazione del modello che permetta di riscontrarne l’adeguatezza ed eventuali limiti per una futura raffinazione.

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Il presente elaborato tratta il lavoro di studio, analisi e sperimentazione effettuato dal sottoscritto, Giovanni Sitta, in conclusione al Corso di Laurea Magistrale in Informatica presso l'Università degli Studi di Bologna. Questo ha dapprima previsto un periodo di approfondimento di alcune architetture di supporto alla mobilità dei terminali di rete, in particolare di due protocolli allo stato dell'arte, Mobile IPv6 (MIPv6) e Locator/Identifier Separation Protocol (LISP), e di una terza architettura sperimentale denominata Always Best Packet Switching (ABPS). Sono stati in seguito esaminati tre simulatori, uno per ciascuna architettura di supporto alla mobilità considerata, realizzati come estensioni della libreria INET del framework OMNeT++, assicurandosi che fossero conformi alle specifiche del protocollo implementato (almeno entro i limiti di semplificazione rilevanti ai fini del lavoro), e correggendone eventuali problematiche, mancanze e anomalie in caso questi non le rispettassero. Sono poi stati configurati alcuni scenari simulativi utilizzando le tre librerie, in prima battuta di natura molto semplice, utilizzati per verificare il corretto funzionamento dei simulatori in condizioni ideali, e successivamente più complessi, allestendo un ambiente di esecuzione più verosimile, dotato di un maggior numero di host connessi alla rete e di ostacoli per i segnali radio usati nelle comunicazioni wireless. Tramite i risultati sperimentali ottenuti da queste simulazioni è stato infine possibili realizzare un confronto tra le prestazioni di MIPv6, LISP e ABPS.

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Nel corso della sua storia, l’uomo ha sempre cercato nuovi modi per superare i suoi limiti naturali di osservazione e di percezione visiva. Il Telerilevamento (TLR) può essere considerato una tappa di questo cammino verso una visione più completa e complessiva dell’ambiente in cui vive. Sfruttando le conoscenze dei fenomeni d’interazione tra la radiazione elettromagnetica e i corpi naturali, il TRL permette di avere informazioni accurate sullo stato fisico di un corpo a partire dalla misura della radiazione emessa dalla sua superficie. Nel caso specifico del telerilevamento satellitare, l'osservazione su un'ampia scala spaziale permette di ottenere informazioni estremamente dettagliate su vaste aree geografiche e su parametri atmosferici di notevole interesse meteorologico come le precipitazioni. Le precipitazioni infatti rappresentano uno dei parametri meteorologici di maggiore importanza per la sua diretta interazione col sistema climatico planetario e le attività antropiche. La comprensione e la previsione del tempo e del clima richiede dei buoni dati relativi alle precipitazioni ed è proprio qui che entrano in gioco le microonde che, lavorando su ampie lunghezze d’onda, sono in grado di fare un sondaggio della parte interna della nube. Tutto ciò è possibile, in particolare, grazie all'uso di piattaforme (come aerei o satelliti) che consentono di riprendere a distanza più o meno ravvicinata il territorio, e di sensori che ne scrutano le caratteristiche e le condizioni.

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Il focus di questo elaborato è sui sistemi di recommendations e le relative caratteristiche. L'utilizzo di questi meccanism è sempre più forte e presente nel mondo del web, con un parallelo sviluppo di soluzioni sempre più accurate ed efficienti. Tra tutti gli approcci esistenti, si è deciso di prendere in esame quello affrontato in Apache Mahout. Questa libreria open source implementa il collaborative-filtering, basando il processo di recommendation sulle preferenze espresse dagli utenti riguardo ifferenti oggetti. Grazie ad Apache Mahout e ai principi base delle varie tipologie di recommendationè stato possibile realizzare un applicativo web che permette di produrre delle recommendations nell'ambito delle pubblicazioni scientifiche, selezionando quegli articoli che hanno un maggiore similarità con quelli pubblicati dall'utente corrente. La realizzazione di questo progetto ha portato alla definizione di un sistema ibrido. Infatti l'approccio alla recommendation di Apache Mahout non è completamente adattabile a questa situazione, per questo motivo le sue componenti sono state estese e modellate per il caso di studio. Siè cercato quindi di combinare il collaborative filtering e il content-based in un unico approccio. Di Apache Mahout si è mantenuto l'algoritmo attraverso il quale esaminare i dati del data set, tralasciando completamente l'aspetto legato alle preferenze degli utenti, poichè essi non esprimono delle valutazioni sugli articoli. Del content-based si è utilizzata l'idea del confronto tra i titoli delle pubblicazioni. La valutazione di questo applicativo ha portato alla luce diversi limiti, ma anche possibili sviluppi futuri che potrebbero migliorare la qualità delle recommendations, ma soprattuto le prestazioni. Grazie per esempio ad Apache Hadoop sarebbe possibile una computazione distribuita che permetterebbe di elaborare migliaia di dati con dei risultati più che discreti.

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Background: sulla base delle evidenze emerse dalle rassegne sistematiche in materia (Johnstone, 1994; Cohen et al.,1998; Robson et al., 2012; Burke et al., 2006; Ricci et al., 2015) si è ipotizzato che la formazione alla salute e sicurezza sul lavoro sia maggiormente efficace quando non è presentata come obbligatoria e venga articolata su più livelli di apprendimento, attraverso metodologie adeguate per ogni livello, con docenti che abbiano caratteristiche corrispondenti allo specifico obiettivo di apprendimento e la cui durata sia parametrata all’obiettivo stesso. Obiettivo di questa ricerca è valutare se esista e quanto sia intensa la relazione causale tra la formazione alla sicurezza sul lavoro e i suoi effetti sul miglioramento delle conoscenze, degli atteggiamenti, dei comportamenti, degli esiti per la salute, del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione. Metodo: la variabile indipendente è costituita dell’intervento formativo erogato, articolato in tre condizioni: formazione obbligatoria, formazione non obbligatoria, gruppo di controllo: sono stati posti a confronto due interventi di pari durata (16 settimane, per 10h complessive), realizzati con identiche modalità (step1 audio-visivo; step2 affiancamento su lavoro da parte del preposto; step3 discussione di auto-casi), ma differenziati rispetto all’essere presentati uno come formazione obbligatoria, l’altro come non obbligatoria. I due gruppi sono anche stati confrontati con un gruppo di controllo per il quale la formazione è prevista successivamente. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo con obbligo formativo, senza obbligo formativo, di controllo. Sono stati presi come indicatori (variabili dipendenti) per valutare l’effetto della formazione: I livello – conoscenze: riconoscimento o produzione di un maggior numero di risposte corrette. II livello – atteggiamenti e credenze: maggiore propensione a mettere in atto comportamenti auto ed etero protettivi. III livello – comportamenti: comportamenti osservati più adeguati per la tutela della salute propria e altrui. IV livello – salute: maggior grado di benessere bio-psico-sociale auto-riferito. Le misure di esito consistono nella variazione tra la rilevazione iniziale e ogni rilevazione successiva, sulla base delle diverse misure registrate per ognuno dei quattro livelli dell’intervento formativo. Lo stesso confronto del tempo è stato realizzato per le misure del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione, quest’ultimo misurato solo immediatamente al termine dell’intervento. Risultati: le condizioni di intervento non differiscono in termini di efficacia, la formazione determina infatti gli stessi risultati per i partecipanti del gruppo obbligo formativo e di quello non obbligo, con una significativa differenza post-intervento rispetto al gruppo di controllo. La formazione ha un effetto forte nel miglioramento delle conoscenze che solo parzialmente decade nel tempo, ma comunque mantenendo un livello maggiore rispetto ai valori iniziali. In relazione al miglioramento di atteggiamenti e comportamenti sicuri nel lavoro al Videoterminale, l’effetto della formazione è modesto: per gli atteggiamenti si registra solo un miglioramento verso l’applicazione delle procedure come utili realmente e non come mero adempimento, ma tale effetto decade entro quattro mesi riportando i partecipanti su valori iniziali; i comportamenti invece migliorano nel tempo, ma con deboli differenze tra partecipanti alla formazione e gruppo di controllo, tuttavia tale miglioramento non decade in seguito. Non si registrano invece effetti della formazione nella direzione attesa in termini di esiti per la salute, per il miglioramento del clima di sicurezza e come maggior controllo comportamentale percepito, non risultano nemmeno dati evidenti di moderazione degli effetti dovuti a caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti. Inoltre emerge che il gradimento per la formazione è correlato con migliori atteggiamenti (strumento audio-visivo), il miglioramento del clima di sicurezza e un maggior controllo comportamentale percepito (studio di auto-casi), ovvero gli step che hanno visto l’intervento di formatori qualificati. Infine, la formazione ha determinato migliori condizioni operative e l’adeguamento delle procedure interne. Conclusioni: la presente ricerca ci consente di affermare che la formazione erogata è stata efficace, oltre che molto gradita dai partecipanti, in particolare quando il formatore è qualificato per questa attività (step1 e 3). L’apprendimento prodotto è tanto più stabile nel tempo quanto più i contenuti sono in stretta relazione con l’esperienza lavorativa quotidiana dei partecipanti, mentre negli altri casi il decremento degli effetti è alquanto rapido, di conseguenza ribadiamo la necessità di erogare la formazione con continuità nel tempo. E’ risultato comunque modesto l’effetto della formazione per migliorare gli atteggiamenti e i comportamenti nel lavoro al VDT, ma, al di là di alcuni limiti metodologici, sono obiettivi ambiziosi che richiedono più tempo di quanto abbiamo potuto disporre in questa occasione e il cui conseguimento risente molto delle prassi reali adottate nel contesto lavorativo dopo il termine della formazione. Le evidenze finora prodotte non hanno poi chiarito in modo definitivo se attraverso la formazione si possano determinare effetti significativi nel miglioramento di esiti per la salute, anche eventualmente attraverso interventi di supporto individuale. Inoltre l’assenza di differenze significative negli effetti tra i partecipanti assegnati alla condizione di obbligo e quelli di non obbligo, eccezion fatta in direzione opposta alle attese per la misura del danno da lavoro, suggeriscono che nell’erogare la formazione, occorre sottolineare in misura molto rilevante l’importanza dell’intervento che viene realizzato, anche qualora esistesse una prescrizione normativa cogente. Infine, la ricerca ci ha fornito anche indicazioni metodologiche e misure valide che invitano ad estendere questa formazione, e la sua valutazione di efficacia, a diversi comparti economici e svariate mansioni. Nel fare questo è possibile fare riferimento, e testare nuovamente, un modello che indica la corretta percezione del rischio (conoscenza) come fattore necessario, ma non sufficiente per ottenere, con la mediazione di atteggiamenti favorevoli allo specifico comportamento, azioni sicure, attraverso le quali si rinforza l’atteggiamento e migliorano le conoscenze. La formazione, per raggiungere i propri obiettivi, deve tuttavia agire anche sui meccanismi di conformismo sociale favorevoli alla safety, questi originano da conoscenze e azioni sicure e reciprocamente le rinforzano.

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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione

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INTRODUZIONE: L’integrazione mente-corpo applicata ad un ambito patologico predominante in questi tempi, come il cancro, è il nucleo di questa tesi. Il background teorico entro cui è inserita, è quello della Psiconeuroendocrinoimmunologia (Bottaccioli, 1995) e Psico-Oncologia. Sono state identificate, nella letteratura scientifica, le connessioni tra stati psicologici (mente) e condizioni fisiologiche (corpo). Le variabili emerse come potenzialmente protettive in pazienti che si trovano ad affrontare il cancro sono: il supporto sociale, l’immagine corporea, il coping e la Qualità della Vita, insieme all’indice fisiologico Heart Rate Variability (HRV; Shaffer & Venner, 2013). Il potenziale meccanismo della connessione tra queste variabili potrebbe essere spiegato dall’azione del Nervo Vago, come esposto nella Teoria Polivagale di Stephen Porges (2007; 2009). OBIETTIVI: Gli obiettivi principali di questo studio sono: 1. Valutare l’adattamento psicologico alla patologia in termini di supporto sociale percepito, immagine corporea, coping prevalente e qualità della vita in donne con cancro ovarico; 2. Valutare i valori di base HRV in queste donne; 3. Osservare se livelli più elevati di HRV sono associati ad un migliore adattamento psicologico alla patologia; 4. Osservare se una peggiore percezione dell’immagine corporea e l’utilizzo di strategie di coping disadattive sono associate ad una Qualità della Vita più scarsa. METODO: 38 donne affette da cancro ovarico, al momento della valutazione libere da patologia, sono state reclutate presso la clinica oncologica del reparto di Ginecologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Italia. Ad ogni partecipante è stato chiesto di compilare una batteria di test composta da: MSPSS, per la valutazione del supporto sociale percepito; DAS-59, per la valutazione dell’immagine corporea; MAC, per la valutazione delle strategie di coping prevalenti utilizzate verso il cancro; EORTC-QLQ30, per la valutazione della Qualità della Vita. Per ogni partecipante è stato registrato HRV di base utilizzando lo strumento emWave (HeartMath). RISULTATI PRINCIPALI: Rispondendo agli obiettivi 1 e 2, in queste donne si è rilevato una alto tasso di supporto sociale percepito, in particolare ricevuto dalla persona di riferimento. L’area rivelatasi più critica nel supporto sociale è quella degli amici. Per quanto riguarda l’immagine corporea, la porzione di campione dai 30 ai 61 anni, ha delle preoccupazioni globali legate all’immagine corporea paragonabili ai dati provenienti dalla popolazione generale con preoccupazioni riguardo l’aspetto corporeo. Invece, nella porzione di campione dai 61 anni in su, il pattern di disagio verso l’aspetto fisico sembra decisamente peggiorare. Inoltre, in questo campione, si è rilevato un disagio globale verso l’immagine corporea significativamente più alto rispetto ai valori normativi presenti in letteratura riferiti a donne con cancro al seno con o senza mastectomia (rispettivamente t(94)= -4.78; p<0.000001; t(110)= -6.81;p<0.000001). La strategia di coping più utilizzata da queste donne è lo spirito combattivo, seguito dal fatalismo. Questo campione riporta, inoltre, una Qualità della Vita complessivamente soddisfacente, con un buon livello di funzionamento sociale. L’area di funzionalità più critica risulta essere il funzionamento emotivo. Considerando i sintomi prevalenti, i più riferiti sono affaticamento, disturbi del sonno e dolore. Per definire, invece, il pattern HRV, sono stati confrontati i dati del campione con quelli presenti in letteratura, riguardanti donne con cancro ovarico. Il campione valutato in questo studio, ha un HRV SDNN (Me=28.2ms) significativamente più alto dell’altro gruppo. Tuttavia, confrontando il valore medio di questo campione con i dati normativi sulla popolazione sana (Me=50ms), i nostri valori risultano drasticamente più bassi. In ultimo, donne che hanno ricevuto diagnosi di cancro ovarico in età fertile, sembrano avere maggiore HRV, migliore funzionamento emotivo e minore sintomatologia rispetto alle donne che hanno ricevuto diagnosi non in età fertile. Focalizzando l’attenzione sulla ricerca di relazioni significative tra le variabili in esame (obiettivo 3 e 4) sono state trovate numerose correlazioni significative tra: l’età e HRV, supporto percepito , Qualità della Vita; Qualità della Vita e immagine corporea, supporto sociale, strategie di coping; strategie di coping e immagine corporea, supporto sociale; immagine corporea e supporto sociale; HRV e supporto sociale, Qualità della Vita. Per verificare la possibile connessione causale tra le variabili considerate, sono state applicate regressioni lineari semplici e multiple per verificare la bontà del modello teorico. Si è rilevato che HRV è significativamente positivamente influenzata dal supporto percepito dalla figura di riferimento, dal funzionamento di ruolo, dall’immagine corporea totale. Invece risulta negativamente influenzata dal supporto percepito dagli amici e dall’uso di strategie di coping evitanti . La qualità della vita è positivamente influenzata da: l’immagine corporea globale e l’utilizzo del fatalismo come strategia di coping prevalente. Il funzionamento emotivo è influenzato dal supporto percepito dalla figura di riferimento e dal fatalismo. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Il campione Italiano valutato, sembra essere a metà strada nell’adattamento dello stato psicologico e dell’equilibrio neurovegetativo al cancro. Sicuramente queste donne vivono una vita accettabile, in quanto sopravvissute al cancro, ma sembra anche che portino con sé preoccupazioni e difficoltà, in particolare legate all’accettazione della loro condizione di sopravvissute. Infatti, il migliore adattamento si riscontra nelle donne che hanno avuto peggiori condizioni in partenza: stadio del cancro avanzato, più giovani, con diagnosi ricevuta in età fertile. Pertanto, è possibile suggerire che queste condizioni critiche forzino queste donne ad affrontare apertamente il cancro e la loro situazione di sopravvissute al cancro, portandole ad “andare avanti” piuttosto che “tornare indietro”. Facendo riferimento alle connessioni tra variabili psicologiche e fisiologiche in queste donne, si è evidenziato che HRV è influenzata dalla presenza di figure significative ma, in particolare, è presumibile che sia influenzata da un’appropriata condivisione emotiva con queste figure. Si è anche evidenziato che poter continuare ad essere efficaci nel proprio contesto personale si riflette in un maggiore HRV, probabilmente in quanto permette di preservare il senso di sé, riducendo in questo modo lo stress derivante dall’esperienza cancro. Pertanto, HRV in queste donne risulta associato con un migliore adattamento psicologico. Inoltre, si è evidenziato che in queste donne la Qualità della Vita è profondamente influenzata dalla percezione dell’immagine corporea. Si tratta di un aspetto innovativo che è stato rilevato in questo campione e che, invece, nei precedenti studi non è stato indagato. In ultimo, la strategia di coping fatalismo sembra essere protettiva e sembra facilitare il processo di accettazione del cancro. Si spera sinceramente che le ricerche future possano superare i limiti del presente studio, come la scarsa numerosità e l’uso di strumenti di valutazione che, per alcuni aspetti come la scala Evitamento nel MAC, non centrano totalmente il target di indagine. Le traiettorie future di questo studio sono: aumentare il numero di osservazioni, reclutando donne in diversi centri specialistici in diverse zone d’Italia; utilizzare strumenti più specifici per valutare i costrutti in esame; valutare se un intervento di supporto centrato sul miglioramento di HRV (come HRV Biofeedback) può avere una ricaduta positiva sull’adattamento emotivo e la Qualità della Vita.

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La ricerca ha scelto di affrontare una serie di problemi connessi alla valorizzazione e alla conservazione del materiale pubblicitario rispetto a un caso studio selezionato, l’archivio dell’Art Directors Club Italiano conservato presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma. Questo archivio è costituito principalmente da materiali della comunicazione pubblicitaria - suddivisi in categorie corrispondenti a media e tecniche - iscritti dal 1998 al 2003 agli ADCI Awards, il premio italiano di riferimento dedicato alla pubblicità e organizzato dall’Art Directors Club Italiano - ADCI a partire dall’anno della sua fondazione, il 1985. La sua storia è quindi connessa strettamente con quella dell’associazione, che rappresenta e riunisce professionisti della pubblicità che condividono obiettivi comuni, e in particolare il riconoscimento e la valorizzazione della creatività come elemento fondante della comunicazione d’impresa e istituzionale. Lo CSAC in parallelo, il contesto archivistico all’interno del quale questi fondi sono venuti a trovarsi in seguito alla donazione da parte dell’ADCI nel 2002-2003, è un centro di ricerca dell’Università di Parma dedicato alla conservazione e allo studio di archivi provenienti da diversi ambiti culturali. A partire da una mappatura dell’archivio e dalla ricostruzione di contesti e dibattiti fondamentali per studiare e organizzare i fondi, questa tesi si propone di individuare, in particolare attraverso gli strumenti digitali, possibili modalità di analisi, esposizione e accesso ai materiali, che possano aprire una rete di connessioni verso altri ambiti di ricerca e nuove prospettive in funzione delle storie della pubblicità.

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La limitazione del brevetto in corso di causa è uno dei temi più caldi ed attuali del contenzioso brevettuale, a seguito dell’introduzione nel Codice della Proprietà Industriale, con la riforma dell’agosto 2010, del 3° comma dell’art. 79, a mente del quale “In un giudizio di nullità, il titolare ha facoltà di sottoporre al giudice, in ogni stato e grado del giudizio, una riformulazione delle rivendicazioni che rimanga entro i limiti del contenuto della domanda di brevetto quale inizialmente depositata e non estenda la protezione conferita dal brevetto concesso”. L’applicazione della disposizione in discorso genera una serie di interrogativi, ai quali giurisprudenza e dottrina cercano di rispondere, e determina, e sempre più determinerà, un cambiamento radicale dello svolgimento del contenzioso brevettuale, con la possibilità di un “riassetto” della privativa, anche per successivi tentativi, nella quale anche il C.T.U. è spesso (e non senza contestazioni, a questo riguardo) parte attiva, non essendo infrequente che questo offra indicazioni circa la sussistenza di un margine di validità del titolo . L’elaborato tenta, quindi, di approfondire le problematiche di natura sostanziale e procedurale che l’articolo 79, comma 3, C.P.I. solleva, ripercorrendo con l’occasione le possibili facoltà di intervento sul brevetto, sia allo stato di domanda, che a seguito di concessione, che l’ordinamento mette a disposizione dell’inventore per perfezionare la propria privativa.