434 resultados para tomografia komputerowa


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La tomografia es un sistema de obtención de imágenes internas de sólidos a los que no se tiene acceso directo. Ésta técnica ha sido ya de enorme fecundidad en el campo del diagnóstico médico. Hoy día el sistema sigue perfeccionandose y el presente trabajo se enmarca dentro de esta linea, con aplicaciones en el campo de la Ingeniería Civil, utilizando técnicas de discretización del medio investigado, así como la teoría de rayos. Los resultados obtenidos son esperanzadores, y es posible que en un corto espacio de tiempo esta técnica goce de la fiabilidad necesaria en el campo de la Ingeniería.

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Ao criar a técnica para tratamento ortodôntico denominado Straight-Wire, Andrews introduziu o uso de bráquetes pré-programados, ou bráquetes construídos individualmente para cada dente, com o objetivo de melhor posicioná-los ao final do tratamento. Capelozza Filho sugeriu novas angulações e inclinações para dentes que necessitavam de ajuste ao final do tratamento, criando prescrições para os diferentes padrões faciais. O presente trabalho tem por objetivo avaliar as alterações nas inclinações dentárias causadas pelo tratamento ortodôntico nos dentes anteriores utilizando-se da prescrição Capelozza Classe II. Foram selecionados 17 indivíduos adultos de padrão facial II, portadores de má-oclusão Classe II; para tratamento ortodôntico compensatório, e em três tempos clínicos, relativos a três diferentes fios ortodônticos (.020 ; .019 x .025 , .021 x .025 ), foram realizados exames de tomografia computadorizada volumétrica, para mensuração e posterior avaliação das inclinações dentárias alcançadas em cada um dos tempos, pela ação de cada um dos fios, comparando-se estes valores aos da prescrição utilizada, bem como das diferenças ocorridas entre os tempos. Após a coleta de dados e aplicação dos testes estatísticos, concluiu-se que existe diferença estatística (p<0,05) na maioria dos valores da prescrição e os valores encontrados em cada um dos tempos avaliados; não foram encontradas diferenças estatisticamente significantes quando comparados os tempos estudados. Observou-se também uma tendência dos dentes a expressarem a prescrição apenas em T3.

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Ao criar a técnica para tratamento ortodôntico denominado Straight-Wire, Andrews introduziu o uso de bráquetes pré-programados, ou bráquetes construídos individualmente para cada dente, com o objetivo de melhor posicioná-los ao final do tratamento. Capelozza Filho sugeriu novas angulações e inclinações para dentes que necessitavam de ajuste ao final do tratamento, criando prescrições para os diferentes padrões faciais. O presente trabalho tem por objetivo avaliar as alterações nas inclinações dentárias causadas pelo tratamento ortodôntico nos dentes anteriores utilizando-se da prescrição Capelozza Classe II. Foram selecionados 17 indivíduos adultos de padrão facial II, portadores de má-oclusão Classe II; para tratamento ortodôntico compensatório, e em três tempos clínicos, relativos a três diferentes fios ortodônticos (.020 ; .019 x .025 , .021 x .025 ), foram realizados exames de tomografia computadorizada volumétrica, para mensuração e posterior avaliação das inclinações dentárias alcançadas em cada um dos tempos, pela ação de cada um dos fios, comparando-se estes valores aos da prescrição utilizada, bem como das diferenças ocorridas entre os tempos. Após a coleta de dados e aplicação dos testes estatísticos, concluiu-se que existe diferença estatística (p<0,05) na maioria dos valores da prescrição e os valores encontrados em cada um dos tempos avaliados; não foram encontradas diferenças estatisticamente significantes quando comparados os tempos estudados. Observou-se também uma tendência dos dentes a expressarem a prescrição apenas em T3.

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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione

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O biótipo gengival, definido como a espessura da gengiva no sentido vestíbulo-lingual, desempenha importante papel na homeostasia dos tecidos periodontais, podendo ser considerado um preditor no sucesso em longo prazo das terapias periodontais e periimplantares. Assim sendo, é de suma importância reconhecer as dimensões do tecido gengival e as diferentes formas de qualificá-lo e principalmente quantificá-lo. Apesar de haver descrito na literatura inúmeros métodos para este fim, existem poucos estudos comparando a efetividade de um método em relação a outro. Desta maneira, este estudo buscou avaliar se há concordância entre avaliações clínicas e tomográficas na classificação do biótipo gengival, se existe correlação entre o biótipo gengival e a espessura óssea subjacente, além de descrever um novo método de tomada tomográfica que permita a análise quantitativa do biótipo gengival. Foram avaliados 12 indivíduos os quais realizaram tomografias computadorizadas de feixe cônico como exame imaginológico de diagnóstico ou planejamento pré-cirúrgico. Em cada paciente foram realizados quatro diferentes métodos de avaliação qualitativa da espessura gengival (transparência a sondagem, transgengival, visual através de fotografia e tomográfico), dois métodos de avaliação quantitativa (transgengival e tomográfico) da espessura gengival e avaliação da espessura óssea através da tomografia computadorizada de feixe cônico. Os resultados foram avaliados estatisticamente através do teste KAPPA, Teste t pareado e coeficiente de correlação de Pearson (pM0.05). O novo método de tomada tomográfica descrito neste estudo é eficaz para avaliação do biótipo gengival, havendo grande concordância (86,1% Kappa 0,51) e forte correlação (r=0,824) entre ele e o método transgengival (padrão ouro). A correlação entre a espessura óssea e a espessura gengival foi moderada quando utilizado o método transgengival e tomográfico (r=0,567 e r=0,653 respectivamente).

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Este trabalho teve o propósito de avaliar a relação entre a cartilagem alar e a abertura piriforme a partir de imagens de tomografia computadorizada cone-beam e a relação do nariz com o padrão esquelético vertical da face. A pesquisa foi realizada com 96 imagens de indivíduos de ambos os sexos (49 masculino e 47 feminino), com idades entre 18 e 65 anos classificados de acordo com sua tipologia facial. Para a realização das marcações e mensurações de interesse foi utilizado o software OsiriX. A tipologia facial foi acessada através de três metodologias: índice facial, ângulo goníaco e proporção entre as alturas faciais. No corte axial da imagem de tomografia computadorizada, foram aferidas quatro grandezas lineares: largura do nariz externo, distância entre as inserções alares, extensão da base da abertura piriforme e máxima largura da abertura piriforme. Todas as grandezas foram mensuradas por dois examinadores em concordância. A análise dos resultados obtidos mostrou que há correlação entre as larguras do nariz externo e da abertura piriforme e entre a base da cavidade nasal e a distância entre as inserções alares. A largura da abertura piriforme aumenta proporcionalmente mais que a do nariz. Além disso, a tipologia facial longa associa-se à largura nasal.

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A qualidade óssea, bem como a estabilidade inicial dos implantes, está diretamente relacionada com o sucesso das reabilitações na implantodontia. O presente estudo teve como objetivo analisar a correlação entre índices radiomorfométricos de densidade óssea por meio de radiografias panorâmicas, perfil de qualidade óssea com o auxílio de Tomografia Computadorizada de Feixe Cônico (TCFC) com o uso do software de imagens OsiriX, Análise da Frequência de Ressonância (RFA) e Torque de Inserção do implante. Foram avaliados 160 implantes de 72 indivíduos, com média etária de 55,5 (±10,5) anos. Nas radiografias panorâmicas foram obtidos os índices IM, IPM e ICM, e nas tomografias computadorizadas de feixe cônico, os valores de pixels e a espessura da cortical da crista óssea alveolar, além da estabilidade primária por meio do torque de inserção e análise da frequência de ressonância. Os resultados foram analisados pelo coeficiente de correlação de Spearman, para p<= 0,01 foi obtido entre o torque de inserção e valores de pixels (0.330), o torque de inserção e a espessura da cortical da crista alveolar (0.339), o torque de inserção e o ISQ vestibulo-lingual (0.193), os valores de pixels e espessura da cortical da crista alveolar (0.377), as duas direções vestíbulo-lingual e mesio-distal do ISQ (0.674), o ISQ vestíbulo-lingual e a espessura da cortical da crista alveolar (0.270); os índices radiomorfométricos foram correlacionados entre eles e para p<= 0,05 foi obtido entre torque de inserção e ISQ mesio-distal (0.131), entre o ISQ vestibulo-lingual e os valores de pixels (0.156) e ISQ mesio-distal e IPMI esquerdo (0.149) e ISQ mesio-distal e IPMS esquerdo (0.145). Existe correlação entre a TCFC, o torque de inserção e a RFA na avaliação da qualidade óssea. É possível utilizar, pré-cirurgicamente, os exames de TCFC para avaliar a qualidade e quantidade óssea, tendo em vista as correlações obtidas neste estudo.

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A esteatose hepática, que se caracteriza pelo acúmulo excessivo de gordura nas células do fígado, é um problema que vem preocupando a comunidade médico-científica, pois sua incidência vem aumentando a nível global, com expectativa de se tornar a doença crônica hepática de maior predominância em várias partes do mundo. Apesar de ser considerada uma doença benigna, a esteatose pode evoluir para doenças mais graves como cirrose, fibrose avançada, esteato hepatite (com ou sem fibrose) ou carcinoma. Entretanto, é potencialmente reversível, mesmo em quadros mais graves, o que reforça a urgência de se desenvolver métodos confiáveis para detecção e avaliação, inclusive ao longo de tratamento. Os métodos atuais para diagnóstico e quantificação da gordura hepática ainda são falhos: com a ultrassonografia não se é capaz de realizar quantificação; a tomografia computadorizada faz uso de radiação ionizante; a punção (biópsia), considerada o padrão ouro, é precisa, mas invasiva e pontual. A Ressonância Magnética (RM), tanto com espectroscopia (MRS) como com imagem (MRI), são alternativas completamente não invasivas, capazes de fornecer o diagnóstico e quantificação da gordura infiltrada no fígado. Entretanto, os trabalhos encontrados na literatura utilizam sequências de pulsos desenvolvidas especialmente para esse fim, com métodos de pós-processamento extremamente rebuscados, o que não é compatível com o estado atual dos equipamentos encontrados em ambientes clínicos nem mesmo ao nível de experiência e conhecimento das equipes técnicas que atuam em clínicas de radiodiagnóstico. Assim, o objetivo central do presente trabalho foi avaliar o potencial da RM como candidato a método de diagnóstico e de quantificação de gordura em ambientes clínicos, utilizando, para isso, sequências de pulsos convencionais, disponíveis em qualquer sistema comercial de RM, com protocolos de aquisição e processamento compatíveis com àqueles realizados em exames clínicos, tanto no que se refere à simplicidade como ao tempo total de aquisição. Foram avaliadas diferentes abordagens de MRS e MRI utilizando a biópsia hepática como padrão de referência. Foram avaliados pacientes portadores de diabetes tipo II, que apresentam alta prevalência de esteatose hepática não alcoólica, além de grande variabilidade nos percentuais de gordura. Foram realizadas medidas de correlação, acurácia, sensibilidade e especificidade de cada uma das abordagens utilizadas. Todos os métodos avaliados apresentaram alto grau de correlação positiva (> 87%) com os dados obtidos de maneira invasiva, o que revela que os valores obtidos utilizando RM estão de acordo com aquilo observado pela biópsia hepática. Muito embora os métodos de processamento utilizados não sejam tão complexos quanto seriam necessários caso uma quantificação absoluta fosse desejada, nossas análises mostraram alta acurácia, especificidade e sensibilidade da RM na avaliação da esteatose. Em conclusão, a RM se apresenta, de fato, como uma excelente candidata para avaliar, de forma não invasiva, a fração de gordura hepática, mesmo quando se considera as limitações impostas por um ambiente clínico convencional. Isso sugere que essas novas metodologias podem começar a migrar para ambientes clínicos sem depender das sequências complexas e dos processamentos exóticos que estão descritos na literatura mais atual.

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INTRODUÇÃO: Tumores indutores de osteomalácia (TIOs) são raros, geralmente apresentam origem mesenquimal, têm produção excessiva de fosfatoninas sendo a mais comum o FGF23 (Fibroblast Growth Factor 23) que, em níveis elevados, provoca osteomalácia hipofosfatêmica. A cura dos TIOs envolve a remoção completa do tumor, o que torna essencial sua localização. OBJETIVOS: (1) caracterizar nove pacientes com TIO ao diagnóstico e avaliá-los evolutivamente em longo prazo; (2) avaliar a eficácia da cintilografia com Octreotida (Octreoscan®) e a da cintilografia de corpo inteiro com Mibi (MIBI) na detecção dos TIOs. MÉTODOS: O acompanhamento dos pacientes consistiu na avaliação clínica, na avaliação laboratorial com ênfase no metabolismo ósseo e na realização de exames de imagem para caracterização das deformidades esqueléticas. Para a localização dos TIOs, os pacientes foram submetidos a exames de Octreoscan®, MIBI, ressonância magnética (RM) e tomografia computadorizada (TC). RESULTADOS: O período de observação dos pacientes variou de dois a 25 anos. Ao diagnóstico, todos exibiam fraqueza muscular, dores ósseas e fraturas de fragilidade. Em relação à avaliação laboratorial, apresentavam: hipofosfatemia com taxa de reabsorção tubular de fosfato reduzida, fosfatase alcalina aumentada e níveis elevados de FGF23. O Octreoscan® permitiu a identificação dos TIOs nos nove pacientes e o MIBI possibilitou a localização dos TIOs em seis pacientes, sendo que ambos os exames foram concordantes entre si e com os exames topográficos (RM ou TC). Os achados histopatológicos das lesões dos nove pacientes confirmaram tratar-se de oito tumores mesenquimais fosfatúricos (PMTs) benignos e um PMT maligno. Após a primeira intervenção cirúrgica para a remoção dos TIOs, quatro pacientes encontram-se em remissão da doença e cinco evoluíram com persistência tumoral. Dos cinco, quatro foram reoperados e um aguarda nova cirurgia. Dos que foram reoperados, um paciente se mantém em remissão da doença, um foi a óbito por complicações clínicas, uma teve doença metastática e o último apresentou recidiva tumoral três anos após a segunda cirurgia. Deformidades ósseas graves foram observadas nos pacientes cujo diagnóstico e/ou tratamento clínico foram tardios. O tratamento da osteomalácia foi iniciado com fosfato e perdurou até a ressecção tumoral, tendo sido reintroduzido nos casos de persistência/recidiva tumoral. Quatro pacientes que fizerem uso regular desse medicamento por mais de seis anos evoluíram com hiperparatireoidismo terciário (HPT). CONCLUSÕES: O estudo revelou que tanto o Octreoscan® como o MIBI foram capazes de localizar os TIOs. Por isso, incentivamos a realização do MIBI nos locais onde o Octreoscan® não for disponível. Uma equipe experiente é indispensável para o sucesso cirúrgico visto que os tumores, embora benignos, costumam ser infiltrativos. Recomendamos o seguimento por tempo indeterminado em função do risco de recidiva tumoral. Assim como o FGF23, consideramos o fósforo um excelente marcador de remissão, persistência e recidiva dos TIOs. O diagnóstico e o tratamento precoce são fundamentais para a melhora dos sintomas podendo minimizar as deformidades esqueléticas e as sequelas ósseas. O uso prolongado do fosfato no tratamento da osteomalácia hipofosfatêmica foi associado ao desenvolvimento do HPT

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A presença da Medicina Nuclear como modalidade de obtenção de imagens médicas é um dos principais procedimentos utilizados hoje nos centros de saúde, tendo como grande vantagem a capacidade de analisar o comportamento metabólico do paciente, traduzindo-se em diagnósticos precoces. Entretanto, sabe-se que a quantificação em Medicina Nuclear é dificultada por diversos fatores, entre os quais estão a correção de atenuação, espalhamento, algoritmos de reconstrução e modelos assumidos. Neste contexto, o principal objetivo deste projeto foi melhorar a acurácia e a precisão na análise de imagens de PET/CT via processos realísticos e bem controlados. Para esse fim, foi proposta a elaboração de uma estrutura modular, a qual está composta por um conjunto de passos consecutivamente interligados começando com a simulação de phantoms antropomórficos 3D para posteriormente gerar as projeções realísticas PET/CT usando a plataforma GATE (com simulação de Monte Carlo), em seguida é aplicada uma etapa de reconstrução de imagens 3D, na sequência as imagens são filtradas (por meio do filtro de Anscombe/Wiener para a redução de ruído Poisson caraterístico deste tipo de imagens) e, segmentadas (baseados na teoria Fuzzy Connectedness). Uma vez definida a região de interesse (ROI) foram produzidas as Curvas de Atividade de Entrada e Resultante requeridas no processo de análise da dinâmica de compartimentos com o qual foi obtida a quantificação do metabolismo do órgão ou estrutura de estudo. Finalmente, de uma maneira semelhante imagens PET/CT reais fornecidas pelo Instituto do Coração (InCor) do Hospital das Clínicas da Faculdade de Medicina da Universidade de São Paulo (HC-FMUSP) foram analisadas. Portanto, concluiu-se que a etapa de filtragem tridimensional usando o filtro Anscombe/Wiener foi relevante e de alto impacto no processo de quantificação metabólica e em outras etapas importantes do projeto em geral.

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Apesar da utilização da ventilação mecânica protetora como estratégia para o tratamento da síndrome do desconforto respiratório agudo, ao menos um quarto dos pacientes com essa síndrome ainda apresentam redução na função pulmonar após 6 meses de seguimento. Não se sabe se esta redução está relacionada com a gravidade da síndrome ou associada com a forma de ventilar o paciente. Nosso objetivo neste trabalho foi avaliar a associação entre alterações funcionais e estruturais do pulmão com parâmetros de gravidade clínica e de ventilação mecânica. Foi realizada uma análise secundária dos dados obtidos em estudo randomizado e controlado que incluiu pacientes com síndrome do desconforto respiratório agudo moderada/grave, internados em seis unidades de terapia intensiva em um hospital terciário da cidade de São Paulo. Foram analisados dados de pacientes que tinham ao menos um teste de função pulmonar no seguimento. O teste funcional incluiu a medida da capacidade vital forçada, volumes pulmonares e a capacidade de difusão do monóxido de carbono após 1, 2 e 6 meses de seguimento. Foram considerados variáveis independentes o volume corrente, a pressão de distensão e a pressão positiva ao final da expiração (todos medidos após 24 horas da randomização) e um sistema de classificação de prognóstico (APACHE II), a relação PaO2/FIO2 e a complacência respiratória estática (todos medidos antes da randomização). Também foi realizada tomografia de alta resolução do tórax juntamente com os testes de função pulmonar, e posterior análise quantitativa das imagens. Na avaliação de 6 meses também foi realizado teste de caminhada de 6 minutos e um questionário de qualidade de vida (SF-36). Um total de 21 pacientes realizaram o teste de função pulmonar após 1 mês e 15 pacientes realizaram após 2 e 6 meses de seguimento. A capacidade vital forçada foi relacionada inversamente com a pressão de distensão na avaliação de 1, 2 e 6 meses (p < 0,01). A capacidade de difusão do monóxido de carbono relacionou-se inversamente com a pressão de distensão e com o APACHE II (ambos p < 0,01) na avaliação de 1 e 2 meses. Após 6 meses de seguimento, houve correlação inversa entre a pressão de distensão e a capacidade vital forçada independente do volume corrente, da pressão de platô e da complacência estática respiratória após ajustes (R2 = 0,51, p = 0,02). A pressão de distensão também se relacionou com o volume pulmonar total, a densidade pulmonar media e a porcentagem de volume pulmonar não aerado ou pobremente aerado medidos através da análise quantitativa da tomografia computadorizada de tórax realizada na avaliação de 6 meses. Também foi observada relação entre a qualidade de vida após 6 meses de seguimento e a pressão de distensão considerando o domínio estado geral de saúde. Nós concluímos que mesmo em pacientes ventilados com reduzido volume corrente e pressão de platô limitada, maiores valores de pressão de distensão relacionaram-se com menores valores de função pulmonar no seguimento de longo prazo

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O estudo do movimento pulmonar é assunto de grande interesse na área médica. A observação direta do mesmo é inviável, uma vez que o pulmão colapsa quando a caixa torácica é aberta. Dentre os meios de observação indireta, escolheu-se o imageamento por ressonância magnética em respiração livre e sem uso de nenhum gás para melhorar o contraste ou qualquer informação de sincronismo. Esta escolha propõe diversos desafios, como: a superar a alta variação na qualidade das imagens, que é baixa, em geral, e a suscetibilidade a artefatos, entre outras limitações a serem superadas. Imagens de Tomografia Computadorizada apresentam melhor qualidade e menor tempo de aquisição, mas expõem o paciente a níveis consideráveis de radiação ionizante. É apresentada uma metodologia para segmentação do pulmão, produzindo um conjunto de pontos coordenados. Isto é feito através do processamento temporal da sequência de imagens de RM. Este processamento consiste nas seguintes etapas: geração de imagens temporais (2DSTI), transformada de Hough modificada, algoritmo de contornos ativos e geração de silhueta. A partir de um dado ponto, denominado centro de rotação, são geradas diversas imagens temporais com orientações variadas. É proposta uma formulação modificada da transformada de Hough para determinar curvas parametrizadas que sejam síncronas ao movimento diafragmático, chamados movimentos respiratórios. Também são utilizadas máscaras para delimitar o domínio de aplicação da transformada de Hough. São obtidos movimentos respiratórios que são suavizados pelo algoritmo de contornos ativos e, assim, permitem a geração de contornos para cada quadro pertencente a sequência e, portanto, de uma silhueta do pulmão para cada sequência.

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A toxocarose humana é uma helmintozoonose, frequente em idade pediátrica, transmitida por ingestão de ovos presentes no solo. Crianças residentes em zonas com condições de saneamento precárias, que coabitem com animais de estimação não desparasitados e que apresentem geofagia, incorrem em eleva- do risco de desenvolvimento de toxocarose. Apresenta-se o caso de um rapaz de 5 anos, residente até há um mês em Cabo Verde, que recorreu ao serviço de urgência por febre, tosse e síndrome de dificuldade respiratória. Analiticamente destacava-se leucocitose e eosinofilia. A tomografia computorizada torácica revelava hiperdensidade irregular na base pulmonar direita. Perante serologia do Toxocara canis sugestiva de infeção aguda admitiu-se o diagnóstico de larva migrans visceral, atuando-se em conformidade terapêutica. A síndrome de larva migrans visceral atinge diversos órgãos, sendo o envolvimento pulmonar grave raro. Apesar de maioritariamente assintomática e autolimitada, quando sintomática a apresentação inespecífica e as limitações da interpretação serológica dificultam o diagnóstico e a abordagem terapêutica adequada.

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Tese de doutoramento, Engenharia Biomédica e Biofísica, Universidade de Lisboa, Faculdade de Ciências, 2016

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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014