974 resultados para McMaster, Gilbert, 1778-1854.
Resumo:
Pós-graduação em Agronomia (Proteção de Plantas) - FCA
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O gênero Astyanax apresenta uma extensa variabilidade em suas fórmulas cariotípicas, as quais acompanham sua diversidade biológica. Estes dados fazem com que a taxonomia do gênero ainda seja confusa, devido à grande plasticidade fenotípica existente entre as populações e a ausência de caracteres morfológicos confiáveis para sua correta identificação. Por outro lado, a análise das sequências e distribuição cromossômica do retrotransposon Rex1 revelou pouca variabilidade. As diferenças encontradas com relação às sequências deste retrotransposon mostram que as variações podem estar associadas à distribuição geográfica das espécies, visto que as espécies mais distantes geograficamente revelaram maiores diferenças em sua composição nucleotídica. A distribuição cromossômica desse elemento mostrou-se conservada entre as espécies do gênero, com marcações dispersas pelos genomas dos mesmos, contribuindo com a ideia de que esses elementos podem se acumular em regiões genômicas específicas dentro de cada grupo de peixes, sendo que esta tendência é maior para peixes do mesmo grupo e menor para grupos diferentes. Deste modo, a ampla distribuição de Rex1 observada nas espécies estudadas sugere que esse elemento pode ter sido incorporado há muito tempo nos genomas desses peixes, e que vem desempenhando um papel importante na evolução do grupo. Ainda assim, devido à grande diversidade encontrada no gênero, mais estudos podem contribuir tanto para o melhor entendimento da taxonomia de Astyanax, como da dinâmica evolutiva dos retrotransposons no gênero e em outros grupos de peixes
Resumo:
Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)
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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)
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Il presente lavoro comincia con una descrizione dettagliata del “McMaster Model of Family Functionig” (MMFF), modello che al suo interno integra una teoria multidimensionale sul funzionamento familiare, diversi strumenti di auto ed etero valutazione e chiare indicazioni terapeutiche racchiuse all’interno della “Problem Centered System Therapy of the Family” (PCSTF). Grazie alla sua completezza il Modello fornisce ai clinici metodi coerenti, pratici ed empiricamente validi per valutare e trattare le famiglie, essi inoltre, sono stati formulati in modo da essere adattabili a differenti setting clinici e di ricerca, applicabili ad un’ampia gamma di problematiche e verificabili empiricamente. Obiettivo finale della presente ricerca è stato quello di porre le basi per l’esportazione del MMFF in Italia e poter quindi procedere alla sua applicazione in ambito clinico. La ricerca è cominciata alla Brown University con la traduzione dall’inglese all’italiano del Family Assessment Device (FAD), uno degli strumenti di autovalutazione compresi nel MMFF, ed è in seguito continuata con la validazione del suddetto strumento in un campione di 317 soggetti appartenenti alla popolazione generale italiana. Il FAD si è dimostrato uno strumento valido ed affidabile, in grado quindi di fornire valutazioni stabili e coerenti anche nella sua versione italiana. Il passo successivo è stato caratterizzato dalla somministrazione di FAD, Symptom Questionnaire (SQ) e delle Psychological Well-Being scales (PWB) a 289 soggetti reclutati nella popolazione generale. In accordo con il modello bipsicosociale che vede l’ambiente familiare come il più immediato gruppo di influenza psicosociale dello stato di benessere o malessere dell’individuo, i nostri dati confermano una stretta relazione tra scarso funzionamento familiare, spesso espresso attraverso difficoltà di comunicazione, di problem solving e scarso coinvolgimento affettivo e distress psicologico esperito con sintomi depressivi, ansiogeni ed ostilità. I nostri dati sottoliano inoltre come un funzionamento familiare positivo sia altamente correlato ad elevati livelli di benessere psicologico. Obiettivo della parte finale del lavoro ed anche il più importante, è stato quello di esplorare l’efficacia della Problem Centered Systems Therapy of the Family nella gestione della perdita di efficacia degli antidepressivi nel trattamento della depressione ricorrente. 20 soggetti con diagnosi di depressione maggiore ricorrente secondo il DSM-IV sono stati randomizzati a due diverse condizioni di trattamento: 1) aumento del dosaggio dell’antidepressivo e clinical management, oppure 2) mantenimento dello stesso dosaggio di antidepressivo e PCSTF. I dati di questo studio mettono in evidenza come, nel breve termine, PCSTF e farmacoterapia sono ugualmente efficaci nel ridurre la sintomatologia depressiva. Diversamente, ad un follow-up di 12 mesi, la PCSTF si è dimostrata altamente superiore all’aumento del farmaco ner prevenire le ricadute. Nel gruppo sottoposto all’aumento del farmaco infatti ben 6 soggetti su 7 ricadono entro l’anno. Nel gruppo assegnato a terapia familiare invece solo 1 soggetto su 7 ricade. Questi risultati sono in linea con i dati della letteratura che sottolineano l’elevata probabilità di una seconda ricaduta dopo l’aumento dell’antidepressivo all’interno di una farmacoterapia di mantenimento e suggeriscono l’efficacia dell’utilizzo di strategie psicoterapiche nella prevenzione della ricaduta in pazienti con depressione ricorrente.
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BACKGROUND: Unconjugated hyperbilirubinemia results from Gilbert syndrome and from antiretroviral therapy (ART) containing protease inhibitors. An understanding of the interaction between genetic predisposition and ART may help to identify individuals at highest risk for developing jaundice. METHODS: We quantified the contribution of UGT1A1*28 and ART to hyperbilirubinemia by longitudinally modeling 1386 total bilirubin levels in 96 human immunodeficiency virus (HIV)-infected individuals during a median of 6 years. RESULTS: The estimated average bilirubin level was 8.8 micromol/L (0.51 mg/dL). Atazanavir increased bilirubin levels by 15 mu mol/L (0.87 mg/dL), and indinavir increased bilirubin levels by 8 micromol/L (0.46 mg/dL). Ritonavir, lopinavir, saquinavir, and nelfinavir had no or minimal effect on bilirubin levels. Homozygous UGT1A1*28 increased bilirubin levels by 5.2 micromol/L (0.3 mg/dL). As a consequence, 67% of individuals homozygous for UGT1A1*28 and receiving atazanavir or indinavir had > or =2 episodes of hyperbilirubinemia in the jaundice range (>43 micromol/L [>2.5 mg/dL]), versus 7% of those with the common allele and not receiving either of those protease inhibitors (P<.001). Efavirenz resulted in decreased bilirubin levels, which is consistent with the induction of UDP-glucuronosyltransferase 1A1. CONCLUSIONS: Genotyping for UGT1A1*28 before initiation of ART would identify HIV-infected individuals at risk for hyperbilirubinemia and decrease episodes of jaundice.