934 resultados para Badia greca di Grottaferrata di Maria Santissima.
Resumo:
La presente Tesi di Laurea si pone in continuità rispetto al Laboratorio di Sintesi Finale in Urbanistica “Spiagge urbane. Paesaggi, luoghi, architetture nella città balneare adriatica”. Nel corso del Laboratorio si è condotto uno studio delle possibili soluzioni per la riqualificazione dell’area e delle colonie fortemente degradate della “Città delle Colonie del Marano”. Si è anche condotto uno studio di ciò che sono state le Colonie Marine ed il turismo di massa per le realtà balneari della Riviera Romagnola. Il patrimonio delle colonie marine include 246 edifici in Romagna, edifici di altri tempi che guardano il mare da una posizione di privilegio. Infatti da Ravenna a Cattolica le colonie marine testimoniano un patrimonio edilizio ormai perduto ed in certi casi dimenticato. Purtroppo ad oggi risultano in stato di abbandono totale, rimanendo comunque forti testimonianze storiche. Queste città delle colonie sono pertanto aree da riqualificare e da reinventare, in grado di offrire nuove potenzialità e nuovi sviluppi alle città e al turismo della Riviera. La prima fase del Laboratorio ha riguardato l’analisi del territorio compreso tra i Comuni di Rimini e Riccione, cercando di estrapolare qualsiasi caratteristica di queste aree da riutilizzare, da valorizzare e da riprogettare : si sono studiate le colonie, le loro aree di pertinenza, i loro vincoli, le aree fluviali da salvaguardare, le infrastrutture e la potenzialità edificatoria del territorio. In una seconda fase di lavoro, si sono fatti incontri con docenti e professionisti al fine di approfondire gli eventuali progetti di riqualificazione già avviati, semplificando così anche il lavoro di analisi degli strumenti urbanistici vigenti. Queste fasi hanno portato alla redazione di un masteplan dettato dalle linee generali su cui si è voluto impostare tutta la progettazione urbanistica e compositiva: innanzitutto si è immaginato un nuovo waterfront costituito dalla vista delle colonie di valore storico in primo piano, e la nuova città in secondo piano. Si è immaginata inoltre una città balneare diversa, non più caratterizzata dalla presenza di aree fortemente densificate, ma un’area costruita in altezza per mantenere ampie zone a verde : la città balneare deve essere il più possibile accogliente e libera da veicoli, per non essere più vissuta unicamente nella stagione estiva. Si sono sempre tenute in considerazione anche le nuove tecnologie ed i principi guida della sostenibilità urbana, infatti la città si serve dell’ambiente circostante per gli scarichi dei reflui, per illuminare e per l’accumulo dell’acqua piovana.
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The first part of the thesis is a brief review on the most important aspects of HEV infection in human and swine, followed by an update on the laboratory techniques currently in use for the diagnosis of HEV infections in humans and animals. The second part refers on the results of two investigations carried out on the presence of HEV infection in swine farms in Toscana and Piemonte and on the presence of HEV infection in pigs and humans in some rural communities in Bolivia. HEV strains isolated from swine herds in Toscana and Piemonte were all included in the genotype 3, showing particular homology with Dutch porcine isolates, Spanish porcine and human isolates and British human isolates. The investigation carried out, with a random sampling, in the province of Cuneo, detected HEV infection with a prevalence of 46% on farms with a number of pigs greater than 500. HEV was detected in pigs and humans in rural communities in Bolivia and all the viral isolate were included in the genotype 3. Aminoacidic homology of human and swine isolates was estimated to be 92%. Results on the development of a Real Time RT-PCR to detect HEV are also reported. The used Real Time RT-PCR protocols, one step and two steps, exhibited good sensitivity to detect several Italian swine HEV strains with high rate of genetic variability.
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La tesi tratta il tema della riqualificazione sostenibile delle aree della Vallata del Torrente Setta (Comune di Castiglione dei Pepoli, Bologna) in seguito alla mutata situazione dell'assetto viario, dovuta alla costruzione di uno svincolo autostradale "Badia Nuova" e del nuovo tratto appenninico dell'Autostrada del Sole tra Bologna e Firenze. Si è partiti da una profonda analisi del territorio, cercando di capire il contesto attuale dell'Appennino Bolognese, le dinamiche si sviluppo e le prospettive e potenzialità portate dall'arrivo di una nuova infrastruttura viaria autostradale in zona. In seguito all'analisi si è optato per la realizzazione di un progetto integrato di un area di sviluppo sostenibile nelle vicinanze del casello: rispondente alle numerose istanze che erano pervenute in fase di analisi preliminare. Tra gli obiettivi primari che si è cercato di dare maggiore rilievo citiamo: - Criteri di Marketing territoriale, per migliorare l'immagine dell'Appennino Bolognese, e per un discorso commerciale relativo all'area di sviluppo; - Azioni di riqualificazione urbana conseguenti alla fase di cantierizzazione della Variante di Valico; - Attenzione allo sviluppo sostenibile, attraverso l'introduzione di accorgimenti che toccassero diverse realtà locali, quali l'agricoltura, il turismo, le possibilità imprenditoriali insediabili in zona; - Aspetti ecologici, APEA; - aspetti energetico/impiantistici: mediante l'utilizzo di impianti capaci di ottimizzare al massimo l'uso di fonti energetiche tradizionali e l'adozione di fonti energetiche rinnovabili.
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OBJECTIVE: One major problem in counselling couples with a prenatal diagnosis of a correctable fetal anomaly is the ability to exclude associated malformations that may modify the prognosis. Our aim was to assess the precision of fetal sonography in identifying isolated malformations. METHODS: We retrospectively reviewed the prenatal and postnatal records of our center for cases with a prenatal diagnosis of an isolated fetal anomaly in the period 2002-2007. RESULTS: The antenatal diagnosis of an isolated malformation was made in 284 cases. In one of this cases the anomaly disappeared in utero. Of the remaining cases, the prenatal diagnosis was confirmed after birth in 251 (88.7%). In 8 fetuses (7 with a suspected coarctation of the aorta, 1 with ventricular septal defect) the prenatal diagnosis was not confirmed. In 24 fetuses (8.5%) additional malformations were detected at postnatal or post-mortem. In 16 of these cases the anomalies were mild or would not have changed the prognosis. In 8 cases (2.8%) severe anomalies were present (1 hypoplasia of the corpus callosum with ventriculomegaly, 1 tracheal agenesis, 3 cases with multiple anomalies, 1 Opitz Syndrome, 1 with CHARGE Syndrome, 1 COFS Syndrome). Two of these infants died. CONCLUSIONS: the prenatal diagnosis of an isolated fetal anomaly is highly reliable. However, the probability that additional malformations will go undetected albeit small remains tangible. In our experience, it was 2.8%.
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The thesis focuses on the ecological thought of Gregory Bateson and the contributions that such epistemology can offer nowadays to the educational scene, connecting in particular to the problematicistic perspective of Giovanni Maria Bertin with the aim of rethinking and updating it. The writing explicates the meaning of education to an ecological knowledge, that privileges connections, creativity and solidarity with the living world. The work analyzes, moreover, the cultural and epistemological value of relations focusing on ethic commitment as an instrument of promotion of the right to difference. A final part of the work is dedicated to some ecological aspects such as environmental safeguard and development, fundamental topics especially for the educational context.
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L’argomento affrontato nel presente lavoro di tesi dal titolo “Come tradurre il metadiscorso letterario. Esempi di scrittura femminile nell’Ottocento austriaco” è la versione interlinguistica di testi saggistici afferenti all’ambito del metadiscorso letterario. Nello specifico, non vengono analizzati testi di critica e/o metodologia ma scritti funzionali, di forte carattere pragmatico, che pur tuttavia rientrano tra le testimonianze di alta caratura letteraria, perché dovuti ad autrici che hanno fatto dell’espressione estetica la propria finalità primaria. I materiali scelti per l’analisi linguistico-testuale, compresi in un arco temporale tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, sono realizzati da donne che hanno operato in ambito teatrale facendo dell’attività di scrittura lo strumento della propria emancipazione intellettuale ed economica. La necessità di trovare una via alla pubblicazione le ha indotte a strategie di scrittura connotate da particolari stilemi e artifici retorici atti a favorire l’accettazione e la diffusione delle proposte editoriali di cui questi “paratesti” costituivano il momento giustificante. Il “lavoro di penna” è un’esperienza che viene ad assumere molteplici contorni, non privi di ricadute al momento della scelta delle strategie traduttive. Dal punto di vista formale, le testimonianze si collocano in una zona di modalità espressiva contigua alla testimonianza autobiografica. Il periodo storico e l’area di provenienza delle autrici hanno reso necessario un approccio capace di incrociare il piano diacronico con la dimensione diatopica, rendendo conto delle componenti diamesiche di una scrittura che nasce dal teatro per il teatro e ad esso e ai suoi frequentatori deve rapportarsi. Il modello traduttologico applicato ricava le sue linee fondamentali dalle riflessioni della linguistica testuale e dall’approccio integrato/multidisciplinare della “prototipologia dinamica”.
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Il lavoro di ricerca tenta di inquadrare sotto nuove prospettive una problematica ormai classica all’interno della semiotica della pubblicità: l’analisi dello spot. I punti chiave del lavoro – e la pretesa di una certa differenza rispetto a lavori con oggetti affini – consistono sostanzialmente in tre aspetti. Innanzitutto, vi è un ritorno alle origini flochiane nella misura in cui non solo il contesto complessivo e le finalità che la ricerca si propone sono fortemente ancorati all’interno di obiettivi di marketing, ma tutto lo studio nella sua interezza nasce dal dialogo concreto tra metodologia di analisi semiotica e prassi concreta all’interno degli istituti di ricerca di mercato. La tesi non presenta quindi una collezione di analisi di testi pubblicitari condotte in modo autoriferito, quanto piuttosto di “messe alla prova” della metodologia, funzionali alla definizione di disegni di ricerca per la marketing research. Questo comporta un dialogo piuttosto stretto con metodologie affini (sociologia qualitativa e quantitativa, psicologia motivazionale, ecc.) nella convinzione che la priorità accordata all’oggetto di analisi sia sovraordinata rispetto all’ortodossia degli strumenti metodologici. In definitiva, lo spot è sempre e comunque analizzato all’interno di una prospettiva brand-centrica che ha ben in mente la semiotica della situazione di consumo rispetto alla quale lo spot agisce da leva di valorizzazione per l’acquisto. In secondo luogo, gli oggetti analizzati sono piuttosto vari e differenziati: non solo lo spot nella sua versione audiovisiva definitiva (il “girato”), ma anche storyboard, animatic, concept (di prodotto e di comunicazione). La prospettiva generativa greimasiana va a innestarsi su problematiche legate (anche) alla genesi dello spot, alla sua progettazione e riprogettazione/ottimizzazione. La tesi mostra quindi come una semiotica per le consulenze di marketing si diriga sul proprio oggetto ponendogli domande ben circoscritte e finalizzate a un obiettivo specifico, sostanzialmente derivato dal brief contenente le intenzioni comunicazionali del cliente-azienda. Infine, pur rimanendo all’interno di una teoria semiotica generativa (sostanzialmente greimasiana e post greimasiana), la ricerca adotta una prospettiva intrinsecamente multidisciplinare che se da un lato guarda a problematiche legate al marketing, al branding e alla comunicazione pubblicitaria e d’impresa tout court, dall’altro ritorna alle teorie dell’audiovisivo, mostrando affinità e differenze rispetto a forme audiovisive standard (il “film”) e a mutuazioni da nuove estetiche (la neotelevisione, il videoclip, ecc). La tesi si mostra solidamente convinta del fatto che per parlare di efficacia discorsiva sia imprescindibile approfondire le tematiche riguardanti il sincretismo espressivo e le specifiche modalità di manifestazione stilistica. In questo contesto, il lavoro si compone di quattro grandi aree tematiche. Dopo una breve introduzione sull’attualità del tema “spot” e sulla prospettiva analiticometodologica adottata (§ 1.), nel secondo capitolo si assume teoreticamente che i contenuti dello spot derivino da una specifica (e di volta in volta diversa) creolizzazione tra domini tematici derivanti dalla marca, dal prodotto (inteso tanto come concept di prodotto, quanto come prodotto già “vestito” di una confezione) e dalle tendenze socioculturali. Le tre dimensioni vengono valutate in relazione all’opposizione tra heritage, cioè continuità rispetto al passato e ai concorrenti e vision, cioè discontinuità rispetto alla propria storia comunicazionale e a quella dei concorrenti. Si esplorano inoltre altri fattori come il testimonial-endorser che, in quanto elemento già intrinsecamente foriero di elementi di valorizzazione, va a influire in modo rilevante sul complesso tematico e assiologico della pubblicità. Essendo la sezione della tesi che prende in considerazione il piano specificatamente contenutistico dello spot, questa parte diventa quindi anche l’occasione per ritornare sul modello delle assiologie del consumo di Jean-Marie Floch, approntando alcune critiche e difendendo invece un modello che – secondo la prospettiva qui esposta – contiene punti di attualità ineludibili rispetto a schematizzazioni che gli sono successive e in qualche modo debitrici. Segue una sezione (§ 3.) specificatamente dedicata allo svolgimento e dis-implicazione del sincretismo audiovisivo e quindi – specularmente alla precedente, dedicata alle forme e sostanze del contenuto – si concentra sulle dinamiche espressive. Lo spot viene quindi analizzato in quanto “forma testuale” dotata di alcune specificità, tra cui in primis la brevità. Inoltre vengono approfondite le problematiche legate all’apporto di ciascuna specifica sostanza: il rapporto tra visivo e sonoro, lo schermo e la sua multiprospetticità sempre più evidente, il “lavoro” di punteggiatura della musica, ecc. E su tutto il concetto dominante di montaggio, intrinsecamente unito a quello di ritmo. Il quarto capitolo ritorna in modo approfondito sul rapporto tra semiotica e ricerca di mercato, analizzando sia i rapporti di reciproca conoscenza (o non conoscenza), sia i nuovi spazi di intervento dell’analisi semiotica. Dopo aver argomentato contro un certo scetticismo circa l’utilità pragmatica dell’analisi semiotica, lo studio prende in esame i tradizionali modelli di valutazione e misurazione dell’efficacia pubblicitaria (pre- e post- test) cercando di semiotizzarne il portato. Ne consegue la proposta di disegni di ricerca semiotici modulari: integrabili tra loro e configurabili all’interno di progetti semio-quali-quantitativi. Dopo aver ridefinito le possibilità di un’indagine semiotica sui parametri di efficacia discorsiva, si procede con l’analisi di un caso concreto (§ 5.): dato uno spot che si è dimostrato efficace agli occhi dell’azienda committente, quali possono essere i modi per replicarne i fattori di successo? E come spiegare invece quelli di insuccesso delle campagne successive che – almeno teoricamente – erano pensate per capitalizzare l’efficacia della prima? Non si tratta quindi di una semiotica ingenuamente chiamata a “misurare” l’efficacia pubblicitaria, che evidentemente la marketing research analizza con strumenti quantitativi assodati e fondati su paradigmi di registrazione di determinati parametri sul consumatore (ricordo spontaneo e sollecitato, immagine di marca risultante nella mente di user e prospect consumer, intenzione d’acquisto stimolata). Piuttosto l’intervento qui esposto si preoccupa più funzionalmente a spiegare quali elementi espressivi, discorsivi, narrativi, siano stati responsabili (e quindi prospetticamente potranno condizionare in positivo o in negativo in futuro) la ricezione dello spot. L’analisi evidenzia come elementi apparentemente minimali, ancorati a differenti livelli di pertinenza siano in grado di determinare una notevole diversità negli effetti di senso. Si tratta quindi di un problema di mancata coerenza tra intenzioni comunicative e testo pubblicitario effettivamente realizzato. La risoluzione di tali questioni pragmatiche conduce ad approfondimenti teoricometodologici su alcuni versanti particolarmente interessanti. In primo luogo, ci si interroga sull’apporto della dimensione passionale nella costruzione dell’efficacia e nel coinvolgimento dello spettatore/consumatore. Inoltre – e qui risiede uno dei punti di maggior sintesi del lavoro di tesi – si intraprende una proficua discussione dei modelli di tipizzazione dei generi pubblicitari, intesi come forme discorsive. Si fanno quindi dialogare modelli diversi ma in qualche misura coestensivi e sovrapponibili come quelli di Jean Marie Floch, Guido Ferraro, Cosetta Saba e Chiara Giaccardi. Si perviene così alla costruzione di un nuovo modello sintetico, idealmente onnipervasivo e trasversale alle prospettive analizzate.
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La tesi si pone come obiettivo quello di indagare le mostre di moda contemporanee come macchine testuali. Se consideriamo l’attuale panorama del fashion design come caratterizzato da una complessità costitutiva e da rapidi mutamenti che lo attraversano, e se partiamo dal presupposto che lo spettro di significati che uno stile di abbigliamento e i singoli capi possono assumere è estremamente sfuggente, probabilmente risulta più produttivo interrogarsi su come funziona la moda, su quali sono i suoi meccanismi di produzione di significato. L’analisi delle fashion exhibition si rivela quindi un modo utile per affrontare la questione, dato che gli allestimenti discorsivizzano questi meccanismi e rappresentano delle riflessioni tridimensionali attorno a temi specifici. La mostra di moda mette in scena delle eccezionalità che magnificano aspetti tipici del funzionamento del fashion system, sia se ci rivolgiamo alla moda dal punto di vista della produzione, sia se la consideriamo dal punto di vista della fruizione. L’indagine ha rintracciato nelle mostre curate da Diana Vreeland al Costume Institute del Metropolitan Museum di New York il modello di riferimento per le mostre di moda contemporanee. Vreeland, che dal 1936 al 1971 è stata prima fashion editor e poi editor-in-chief rispettivamente di “Harper’s Bazaar” e di “Vogue USA”, ha segnato un passaggio fondamentale quando nel 1972 ha deciso di accettare il ruolo di Special Consultant al Costume Institute. È ormai opinione diffusa fra critici e studiosi di moda che le mostre da lei organizzate nel corso di più di un decennio abbiano cambiato il modo di mettere in scena i vestiti nei musei. Al lavoro di Vreeland abbiamo poi accostato una recente mostra di moda che ha fatto molto parlare di sé: Spectres. When Fashion Turns Back, a cura di Judith Clark (2004). Nell’indagare i rapporti fra il fashion design contemporaneo e la storia della moda questa mostra ha utilizzato macchine allestitive abitate dai vestiti, per “costruire idee spaziali” e mettere in scena delle connessioni non immediate fra passato e presente. Questa mostra ci è sembrata centrale per evidenziare lo sguardo semiotico del curatore nel suo interrogarsi sul progetto complessivo dell’exhibition design e non semplicemente sullo studio degli abiti in mostra. In questo modo abbiamo delineato due posizioni: una rappresentata da un approccio object-based all’analisi del vestito, che si lega direttamente alla tradizione dei conservatori museali; l’altra rappresentata da quella che ormai si può considerare una disciplina, il fashion curation, che attribuisce molta importanza a tutti gli aspetti che concorrono a formare il progetto allestitivo di una mostra. Un lavoro comparativo fra alcune delle più importanti mostre di moda recentemente organizzate ci ha permesso di individuare elementi ricorrenti e specificità di questi dispositivi testuali. Utilizzando il contributo di Manar Hammad (2006) abbiamo preso in considerazione i diversi livelli di una mostra di moda: gli abiti e il loro rapporto con i manichini; l’exhibition design e lo spazio della mostra; il percorso e la sequenza, sia dal punto di vista della strategia di costruzione e dispiegamento testuale, sia dal punto di vista del fruitore modello. Abbiamo così individuato quattro gruppi di mostre di moda: mostre museali-archivistiche; retrospettive monografiche; mostre legate alla figura di un curatore; forme miste che si posizionano trasversalmente rispetto a questi primi tre modelli. Questa sistematizzazione ha evidenziato che una delle dimensione centrali per le mostre di moda contemporanee è proprio la questione della curatorship, che possiamo leggere in termini di autorialità ed enunciazione. Si sono ulteriormente chiariti anche gli orizzonti valoriali di riferimento: alla dimensione dell’accuratezza storica è associata una mostra che predilige il livello degli oggetti (gli abiti) e un coinvolgimento del visitatore puramente visivo; alla dimensione del piacere visivo possiamo invece associare un modello di mostra che assegna all’exhibition design un ruolo centrale e “chiede” al visitatore di giocare un ruolo pienamente interattivo. L’approccio curatoriale più compiuto ci sembra essere quello che cerca di conciliare queste due dimensioni.
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In the past decade the study of superparamagnetic nanoparticles has been intensively developed for many biomedical applications such as magnetically assisted drug delivery, MRI contrast agents, cells separation and hyperthermia therapy. All of these applications require nanoparticles with high magnetization, equipped also with a suitable surface coating which has to be non-toxic and biocompatible. In this master thesis, the silica coating of commercially available magnetic nanoparticles was investigated. Silica is a versatile material with many intrinsic features, such as hydrophilicity, low toxicity, proper design and derivatization yields particularly stable colloids even in physiological conditions. The coating process was applied to commercial magnetite particles dispersed in an aqueous solution. The formation of silica coated magnetite nanoparticles was performed following two main strategies: the Stöber process, in which the silica coating of the nanoparticle was directly formed by hydrolysis and condensation of suitable precursor in water-alcoholic mixtures; and the reverse microemulsions method in which inverse micelles were used to confine the hydrolysis and condensation reactions that bring to the nanoparticles formation. Between these two methods, the reverse microemulsions one resulted the most versatile and reliable because of the high control level upon monodispersity, silica shell thickness and overall particle size. Moving from low to high concentration, within the microemulsion region a gradual shift from larger particles to smaller one was detected. By increasing the amount of silica precursor the silica shell can also be tuned. Fluorescent dyes have also been incorporated within the silica shell by linking with the silica matrix. The structure of studied nanoparticles was investigated by using transmission electron microscope (TEM) and dynamic light scattering (DLS). These techniques have been used to monitor the syntetic procedures and for the final characterization of silica coated and silica dye doped nanoparticles. Finally, field dependent magnetization measurements showed the magnetic properties of core-shell nanoparticles were preserved. Due to a very well defined structure that combines magnetic and luminescent properties together with the possibility of further functionalization, these multifunctional nanoparticles are potentially useful platforms in biomedical fields such as labeling and imaging.