651 resultados para Alte Pinakothek.
Resumo:
Il pirofosfato di vanadile VPP è il catalizzatore utilizzato per l’ossidazione di n-butano ad anidride maleica AM. Durante reazione, il VPP subisce delle modifiche strutturali, soprattutto nella parte superficiale, cataliticamente attiva. Queste modifiche sono funzione della composizione della fase gas e delle caratteristiche del catalizzatore, in particolare del rapporto P/V. Mediante prove di reattività in condizioni stazionarie e non-stazionarie, condotte in cella ambientale accoppiata ad uno spettrofotometro Raman, si è arrivati a capire quali fasi e in che condizioni queste si sviluppano sulla superficie del VPP. Si è inoltre capito che la fase selettiva nel prodotto desiderato, AM, è costituita da δ-VOPO4. Non è ancora noto con esattezza perché questo composto offra le prestazioni migliori; si ipotizza che ciò sia dovuto alla capacità di dare luogo a cicli redox tra V5+ e V4+ con cinetiche veloci, grazie al fatto che ha similarità strutturali con il VPP. La formazione di questa fase avviene più facilmente in presenza di un eccesso di P. Oltre al P, un altro fattore che influisce sulle prestazioni catalitiche è la presenza di elementi promotori. Tra questi, il Nb è uno dei più importanti, come dimostato dalle prove di reattività condotte in miscela butano-aria, utilizzando catalizzatori promossi con diversi quantitativi di Nb. In questo modo si è capito che alle basse temperature occorre un catalizzatore con una maggiore quantità di Nb (per esempio, rapporto V/Nb=46) per favorire la formazione della fase δ-VOPO4; mentre alle alte temperature, sono sufficienti piccole quantità di elemento promotore, in quanto indipendentemente dal rapporto P/V la fase predominante è δ-VOPO4. Una quantità elevata di Nb ha implicazioni negative sulla selettività, sia alle alte che alle basse temperature di reazione, perché favorisce la formazione di una superficie catalitica troppo ossidata. L’obiettivo del mio lavoro di tesi è stato quello di dimostrare una correlazione tra l’effetto del Nb e la formazione della fase δ-VOPO4. Per farlo, si è deciso di partire da VOPO4•2H2O (VPD) promosso con diversi quantitativi di Nb. Infatti, com’era già stato dimostrato in precedenza, il VPD che si forma in ambiente di reazione per ossidazione superficiale del VPP dà luogo a disidratazione a δ-VOPO4. Le trasformazioni del VPD promosso con Nb sono state monitorate utilizzando la spettroscopia Raman. Le prove condotte hanno confermato che l’addizione di Nb al VPP favorisce la formazione del composto desiderato; tuttavia, la medesima trasformazione non è stata osservata partendo dal composto VPD contenente Nb.
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I policlorobifenili (PCB) sono inquinanti tossici e fortemente recalcitranti che contaminano suoli e sedimenti di acqua dolce e marini. Le tecnologie attualmente impiegate per la loro rimozione (dragaggio e trattamento chimoco-fisico o conferimento in discarica) sono molto costose, poco efficaci o ad alto impatto ambientale. L’individuazione di strategie alternative, di natura biologica, consentirebbe lo sviluppo di un processo alternativo più sostenibile. Nel processo di declorurazione riduttiva i congeneri di PCB a più alto grado di clorurazione, che sono i più tossici, recalcitranti e maggiormente tendenti al bioaccumulo, vengono utilizzati da alcuni microrganismi anaerobici come accettori finali di elettroni nella catena respiratoria e bioconvertiti in congeneri a minor grado di clorurazione, meno pericolosi, che possono essere mineralizzati da parte di batteri aerobi. La declorurazione riduttiva dei PCB è stata spesso studiata in colture anaerobiche di arricchimento in terreno minerale ottenute a partire da sedimenti di acqua dolce; questi studi hanno permesso di dimostrare che batteri del phylum dei Chloroflexi e appartenenti al genere Dehalococcoides o filogeneticamente facenti parte del gruppo dei Dehalococcoides-like sono i decloruranti. Sono tuttavia scarse le informazioni riguardanti l'occorrenza della declorurazione dei PCB in ambienti marini, nei quali l'alta salinità e concentrazione di solfati influenzano diversamente l'evoluzione delle popolazioni microbiche. In sedimenti contaminati della laguna di Venezia è stata osservata declorurazione sia dei PCB preesistenti che di congeneri esogeni; questi studi hanno permesso l'ottenimento di colture di arricchimento fortemente attive nei confronti di 5 congeneri di PCB coplanari. In questa tesi, a partire dalle colture capaci di declorurare i PCB coplanari, sono stati allestiti nuovi passaggi di arricchimento su Aroclor®1254, una miscela di PCB più complessa e che meglio rappresenta la contaminazione ambientale. Le colture sono state allestite come microcosmi anaerobici in fase slurry, preparati risospendendo il sedimento nell'acqua superficiale, ricreando in tal modo in laboratorio le stesse condizioni biogeochimiche presenti in situ; gli slurry sterili sono stati inoculati per avviare le colture. Per favorire la crescita dei microrganismi decloruranti e stimolare così la decloruraazione dei PCB sono stati aggiunti inibitori selettivi di metanogeni (Bromoetansulfonato o BES) e solfato-riduttori (molibdato), sono state fornite fonti di carbonio ed energia (eD), quali acidi grassi a corta catena e idrogeno, utilizzate di batteri decloruranti noti, e per semplificare la comunità microbica sono stati aggiunti antibiotici cui batteri decloruranti del genere Dehalococcoides sono resistenti. Con questo approccio sono stati allestiti passaggi di arricchimento successivi e le popolazioni microbiche delle colture sono state caratterizzate con analisi molecolari di fingerprinting (DGGE). Fin dal primo passaggio di arricchimento nei microcosmi non ammendati ha avuto luogo un'estesa declorurazione dell'Aroclor®1254; nei successivi passaggi si è notato un incremento della velocità del processo e la scomparsa della fase di latenza, mentre la stessa stereoselettività è stata mantenuta a riprova dell’arricchimento degli stessi microrganismi decloruranti. Le velocità di declorurazione ottenute sono molto alte se confrontate con quelle osservate in colture anaerobiche addizionate della stessa miscela descritte in letteratura. L'aggiunta di BES o molibdato ha bloccato la declorurazione dei PCB ma in presenza di BES è stata riscontrata attività dealogenante nei confronti di questa molecola. La supplementazione di fonti di energia e di carbonio ha stimolato la metanogenesi e i processi fermentativi ma non ha avuto effetti sulla declorurazione. Ampicillina e vancomicina hanno incrementato la velocità di declorurazione quando aggiunte singolarmente, insieme o in combinazione con eD. E' stato però anche dimostrato che la declorurazione dei PCB è indipendente sia dalla metanogenesi che dalla solfato-riduzione. Queste attività respiratorie hanno avuto velocità ed estensioni diverse in presenza della medesima attività declorurante; in particolare la metanogenesi è stata rilevata solo in dipendenza dall’aggiunta di eD alle colture e la solfato-riduzione è stata inibita dall’ampicillina in microcosmi nei quali un’estesa declorurazione dei PCB è stata osservata. La caratterizzazione delle popolazioni microbiche, condotte mediante analisi molecolari di fingerprinting (DGGE) hanno permesso di descrivere le popolazioni batteriche delle diverse colture come complesse comunità microbiche e di rilevare in tutte le colture decloruranti la presenza di una banda che l’analisi filogenetica ha ascritto al batterio m-1, un noto batterio declorurante in grado di dealogenare un congenere di PCB in colture di arricchimento ottenute da sedimenti marini appartenente al gruppo dei Dehalococcoides-like. Per verificare se la crescita di questo microrganismo sia legata alla presenza dei PCB, l'ultimo passaggio di arricchimento ha previsto l’allestimento di microcosmi addizionati di Aroclor®1254 e altri analoghi privi di PCB. Il batterio m-1 è stato rilevato in tutti i microcosmi addizionati di PCB ma non è mai stato rilevato in quelli in cui i PCB non erano presenti; la presenza di nessun altro batterio né alcun archebatterio è subordinata all’aggiunta dei PCB. E in questo modo stato dimostrato che la presenza di m-1 è dipendente dai PCB e si ritiene quindi che m-1 sia il declorurante in grado di crescere utilizzando i PCB come accettori di elettroni nella catena respiratoria anche in condizioni biogeochimiche tipiche degli habitat marini. In tutte le colture dell'ultimo passaggio di arricchimento è stata anche condotta una reazione di PCR mirata alla rilevazione di geni per dealogenasi riduttive, l’enzima chiave coinvolto nei processi di dealogenazione. E’ stato ottenuto un amplicone di lughezza analoga a quelle di tutte le dealogenasi note in tutte le colture decloruranti ma un tale amplificato non è mai stato ottenuto da colture non addizionate di PCB. La dealogenasi ha lo stesso comportamento di m-1, essendo stata trovata come questo sempre e solo in presenza di PCB e di declorurazione riduttiva. La sequenza di questa dealogenasi è diversa da tutte quelle note sia in termini di sequenza nucleotidica che aminoacidica, pur presentando due ORF con le stesse caratteristiche e domini presenti nelle dealogenasi note. Poiché la presenza della dealogenasi rilevata nelle colture dipende esclusivamente dall’aggiunta di PCB e dall’osservazione della declorurazione riduttiva e considerato che gran parte delle differenze genetiche è concentrata nella parte di sequenza che si pensa determini la specificità di substrato, si ritiene che la dealogenasi identificata sia specifica per i PCB. La ricerca è stata condotta in microcosmi che hanno ricreato fedelmente le condizioni biogeochimiche presenti in situ e ha quindi permesso di rendere conto del reale potenziale declorurante della microflora indigena dei sedimenti della laguna di Venezia. Le analisi molecolari condotte hanno permesso di identificare per la prima volta un batterio responsabile della declorurazione dei PCB in sedimenti marini (il batterio m-1) e una nuova dealogenasi specifica per PCB. L'identificazione del microrganismo declorurante permette di aprire la strada allo sviluppo di tecnologie di bioremediation mirata e il gene della dealogenasi potrà essere utilizzato come marker molecolare per determinare il reale potenziale di declorurazione di miscele complesse di PCB in sedimenti marini.
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Tesi riguardo la fase preliminare di una campagna sperimentale su elementi rinforzati a flessione e taglio con fibra di basalto e malta e successivamente testati al fuoco. Comprende una parte relativa al comportamento dei comositi allle alte temperature e una sul problema della delaminazione alle alte temperature. Sono inoltre condotte simulazione numeriche relativamente al problema dell trasmissione del calore all'interno della sezione, con particolare attenzione alla modellazione dell'intuemescente. Sono stati eseguite prove di pull-out sui rinforzi e una serie di prove a compressione a caldo sulla malta d'incollaggio.
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Zusammenfassung In der vorliegenden Arbeit wurden 74736 bp genomischer DNA-Sequenzder Hämoglobingen-Gruppe D aus der Chironomiden Art Chironomus tentansentschlüsselt und analysiert. Durch Datenbankrecherchen undSequenz-Vergleiche wurden 29 vollständige Hämoglobin-Geneidentifiziert und klassifiziert. Es zeigt sich, daß alle derzeitbekannten Hämoglobin-Gene der Chironomiden auch in Chironomus tentansvorhanden sind. Zusätzlich konnten in Chironomus tentans sechs neueHämoglobin-Varianten identifiziert werden, die bislang weder aufProtein- noch auf Gen-Ebene in anderen Spezies nachgewiesenwurden. Die Hämoglobin-Gene liegen in dichter Abfolge innerhalbdes Clusters, wobei durchschnittlich etwa alle 2 kb ein Gen zufinden ist. Die Abfolge der Hämoglobin-Gene innerhalb derGengruppe wird nur an einer Stelle durch ein interspergiertes Genaus der Familie der Glukosetransporter unterbrochen. Desweiterenkonnten zwei retrotransponierbare Elemente der SINE-Klasse (CP1)innerhalb des Hämoglobingen-Clusters identifiziert werden. AlleGene besitzen die für ihre Expression erforderlichenSignalsequenzen, so daß es sich höchstwahrscheinlich um aktiveGene handelt. Die abgeleiteten Aminosäure-Sequenzen weisen alleCharakteristika sauerstofftransportierender Moleküle auf. Da es sich bei den Hämoglobinen um eine sehr alte Genfamiliehandelt, kann die vergleichende Analyse derHämoglobin-Genstruktur bei Vertebraten, Invertebraten, Pflanzenund Protozoen zur Rekonstruktion der Intron-Evolution genutztwerden. Die Konservierung von Intronpositionen in homologen Genenverschiedener Taxa gilt dabei als Maß für das relativestammesgeschichtliche Alter der Introns. Eine Vielzahl derHämoglobin-Gene von Invertebraten weisen ein Intron im zentralenGenbereich auf. Auch bei einigen Chironomiden-Arten konntendiese 'zentralen Introns' nachgewiesen werden. DieHämoglobin-Gene von Chironomus tentans galten hingegen bislang als intronlos.Die vorliegende Untersuchung zeigt, daß auch zweiHämoglobin-Gene dieser Spezies je ein kurzes Intron aufweisen.Der Vergleich der Intronverteilung in den Hämoglobin-Genen derChironomiden führt zu dem Ergebnis, daß alle vorhandenen Intronsam sparsamsten (im Sinne des 'maximum parsimony'-Prinzips) durchunabhängige Insertionen in ein intronlosesVorläufer-Hämoglobin-Gen erklärt werden können. Alle bislangin Chironomiden beschriebenen Introns sind mit großerWahrscheinlichkeit nicht ortholog (Hankeln et al., 1997; dieseArbeit). Das Vorläufer-Hämoglobin-Gen in Chironomiden besaßdaher vermutlich kein 'zentrales Intron'. Die in Chironomidengefundenen Verhältnisse stellen somit die von Go (1981)formulierte Hypothese der Ursprünglichkeit des 'zentralenIntrons' in Hämoglobin-Genen in Frage. Die in Invertebraten undPflanzen beschriebenen 'zentralen Introns' sind vermutlich nichthomolog und dementsprechend auch nicht auf ein Intron imanzestralen Globin zurückzuführen. Vielmehr implizieren die inhohem Maße variablen Positionen der 'zentralen Introns' beiPflanzen und Invertebraten ihre unabhängige Insertion in diejeweiligen Globin-Gene nach der Aufspaltung der Taxa. Grundsätzlich können zwei Klassen von Hämoglobin-Genen inChironomiden unterschieden werden. Die überwiegende Mehrzahl derHämoglobine wird von Genen kodiert, die nur in einer Kopie imGenom vorliegen. Sie werden dementsprechend als 'single copy'Varianten bezeichnet. Für andere Hämoglobin-Varianten konntehingegen eine Vielzahl leicht unterschiedlicher Gene beschriebenwerden. Diese bilden sogenannte Gen-Subfamilien. In Chironomus tentans konntegezeigt werden, daß neben den 7B-Genen auch die 7A-Gene eineeigene Subfamilie bilden. Die 'single copy' Varianten zeichnensich im Interspezies-Vergleich durch ihre konservierteNukleotid-Sequenz aus: Sie unterliegen während ihrer Evolutionoffenbar einer stabilisierenden Selektion, d.h. Veränderungenihrer Protein-Sequenzen werden nur in geringem Maße toleriert.Auch ihre räumliche Anordnung innerhalb der Gengruppe istzwischenartlich konserviert. Der Vergleich der 'single copy'Varianten innerhalb einer Art zeigt, daß diese sehr deutlicheSequenz-Unterschiede zueinander aufweisen. Sie bilden somit einkonserviertes Sortiment an Hämoglobin-Genen, das weitgehend vorder Radiation der Arten entstanden ist und eine über dieArtgrenzen hinweg unveränderte 'Hämoglobin-Grundausstattung'gewährleistet. Im Gegensatz hierzu zeichnen sich die Mitglieder vonHämoglobin-Gen-Sub-familien durch eine hohe Variabilität aus:Nukleotid-Sequenz, Anzahl und Organisation der Gene innerhalb derGenfamilie weisen im zwischenartlichen Vergleich zahlreicheUnterschiede auf. Es ist daher nur selten möglich allein aufGrundlage der Nukleotid-Sequenzen orthologe Genpaare zuidentifizieren. Die orthologen Gene der 7B-Subfamilie aus Chironomus tentansund chth konnten ausschließlich anhand korrespondierenderIntergen-Sequenzen einander zugeordnet werden. Somit sind dieGen-Subfamilien präferenziell an der Entstehung einesspeziesspezifischen Gen-Repertoires beteiligt. Variationen derNukleotid-Sequenz, Gen-Anzahl und Gen-Organisation innerhalb derSubfamilie werden im Gegensatz zu den 'single copy' Varianten ineinem hohen Maße toleriert. Aufgrund der hohen Sequenz-Übereinstimmungen zwischen denMitgliedern der Gen-Subfamilien unterliegen diese einer Vielzahlvon Rearrangements, die in Gen-Duplikationen, Deletionen undSequenz-Homogenisierungen resultieren. So führten beispielsweiseGenduplikationen durch ungleiches, homologes Crossing-over mitgroßer Wahrscheinlichkeit zur Entstehung und Expansion der7A-Subfamilie. Auch die Gene Cte12-1 und Cte 12-2 sind vermutlichdas Ergebnis eines rezenten Duplika-tions-Ereignisses. DerMechanismus der Retrotransposition, der zu einer Duplika-tioneines 3`-untranslatierten Bereichs innerhalb der 7A-Subfamilieführte, scheint für die Entstehung derHämoglobin-Multiplizität in Chironomiden hingegen wenigerbedeutsam zu sein. Innerhalb der 7A-Subfamilie ist eineAngleichung der Gene durch konzertierte Sequenz-Evolution zubeobachten. Der nukleotidweise Vergleich von Gen-Sequenzen zeigtam Beispiel der Gene 7A7 und 7A8, daß die konzertierte Evolutiondieser Gen-Varianten auf dem Mechanismus der Genkonversionberuht. Auch die Gen-Subfamilie 7B unterliegt offenbar in hohemMaße einer solchen Sequenz-Homogenisierung. Im Sinne einer molekularen Uhr sollten synonyme Basenaustauscheweitgehend neutral sein und sich proportional zur Zeit in denGenen anhäufen. Der Vergleich der Hämoglobin-Gen-Sequenzenzeigt, daß große Unterschiede in der Anzahl der synonymenBasenaustausche zwischen orthologen Genen nicht zwangsläufig dasErgebnis einer frühen Trennung dieser Gene sind. Die Übertragungvon Sequenzen zwischen paralogen Genen kann die Anzahl dersynonymen Basenaustausche orthologer Gene in kürzester Zeitverändern und den tatsächlichen Zeitpunkt der Trennung zweierorthologen Gene überdecken. Werden Genkonversionen nichterkannt, weil beispielsweise nicht alle Gene der Gruppevollständig erfaßt werden konnten, führt der Vergleichorthologer Gen-Sequenzen zwangsläufig zu falschen evolutionärenGendistanzen. Da die Mitglieder der Hämoglobin-Genfamiliebesonders häufig Rekombinations-Prozessen unterliegen, sind siedaher möglicherweise weniger nützliche Kanditaten für dieErmittlung evolutionärer Distanzen zwischen den verschiedenenChironomiden-Arten. Insgesamt zeigen die Ergebnisse dieser Arbeit, daß anhanddetaillierter phylogenetischer Analysen sich die Evolution derHämoglobin-Multigenfamilie von Chironomiden umfassendbeschreiben läßt. Ob einzelne, besonders gut konservierteGen-Varianten (wie z. B. die Gene Cte 8 und Cte W) einespezifische physiologische Funktion erfüllen oder ob dieGen-Subfamilien, die ein speziesspezifisches Genrepertoirebilden, an der Einnischung der verschiedenen Arten beteiligtsind, sollte durch weiterführende Untersuchungen (z. B. derGenexpression sowie der physiologischen Eigenschaften einzelnerVarianten) ermittelt werden können.
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I continui sviluppi nel campo della fabbricazione dei circuiti integrati hanno comportato frequenti travolgimenti nel design, nell’implementazione e nella scalabilità dei device elettronici, così come nel modo di utilizzarli. Anche se la legge di Moore ha anticipato e caratterizzato questo trend nelle ultime decadi, essa stessa si trova a fronteggiare attualmente enormi limitazioni, superabili solo attraverso un diverso approccio nella produzione di chip, consistente in pratica nella sovrapposizione verticale di diversi strati collegati elettricamente attraverso speciali vias. Sul singolo strato, le network on chip sono state suggerite per ovviare le profonde limitazioni dovute allo scaling di strutture di comunicazione condivise. Questa tesi si colloca principalmente nel contesto delle nascenti piattaforme multicore ad alte prestazioni basate sulle 3D NoC, in cui la network on chip viene estesa nelle 3 direzioni. L’obiettivo di questo lavoro è quello di fornire una serie di strumenti e tecniche per poter costruire e aratterizzare una piattaforma tridimensionale, cosi come dimostrato nella realizzazione del testchip 3D NOC fabbricato presso la fonderia IMEC. Il primo contributo è costituito sia una accurata caratterizzazione delle interconnessioni verticali (TSVs) (ovvero delle speciali vias che attraversano l’intero substrato del die), sia dalla caratterizzazione dei router 3D (in cui una o più porte sono estese nella direzione verticale) ed infine dal setup di un design flow 3D utilizzando interamente CAD 2D. Questo primo step ci ha permesso di effettuare delle analisi dettagliate sia sul costo sia sulle varie implicazioni. Il secondo contributo è costituito dallo sviluppo di alcuni blocchi funzionali necessari per garantire il corretto funziomento della 3D NoC, in presenza sia di guasti nelle TSVs (fault tolerant links) che di deriva termica nei vari clock tree dei vari die (alberi di clock indipendenti). Questo secondo contributo è costituito dallo sviluppo delle seguenti soluzioni circuitali: 3D fault tolerant link, Look Up Table riconfigurabili e un sicnronizzatore mesocrono. Il primo è costituito fondamentalmente un bus verticale equipaggiato con delle TSV di riserva da utilizzare per rimpiazzare le vias guaste, più la logica di controllo per effettuare il test e la riconfigurazione. Il secondo è rappresentato da una Look Up Table riconfigurabile, ad alte prestazioni e dal costo contenuto, necesaria per bilanciare sia il traffico nella NoC che per bypassare link non riparabili. Infine la terza soluzione circuitale è rappresentata da un sincronizzatore mesocrono necessario per garantire la sincronizzazione nel trasferimento dati da un layer and un altro nelle 3D Noc. Il terzo contributo di questa tesi è dato dalla realizzazione di un interfaccia multicore per memorie 3D (stacked 3D DRAM) ad alte prestazioni, e dall’esplorazione architetturale dei benefici e del costo di questo nuovo sistema in cui il la memoria principale non è piu il collo di bottiglia dell’intero sistema. Il quarto ed ultimo contributo è rappresentato dalla realizzazione di un 3D NoC test chip presso la fonderia IMEC, e di un circuito full custom per la caratterizzazione della variability dei parametri RC delle interconnessioni verticali.
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My project explores and compares different forms of gender performance in contemporary art and visual culture according to a perspective centered on photography. Thanks to its attesting power this medium can work as a ready-made. In fact during the 20th century it played a key role in the cultural emancipation of the body which (using a Michel Foucault’s expression) has now become «the zero point of the world». Through performance the body proves to be a living material of expression and communication while photography ensures the recording of any ephemeral event that happens in time and space. My questioning approach considers the gender constructed imagery from the 1990s to the present in order to investigate how photography’s strong aura of realism promotes and allows fantasies of transformation. The contemporary fascination with gender (especially for art and fashion) represents a crucial issue in the global context of postmodernity and is manifested in a variety of visual media, from photography to video and film. Moreover the internet along with its digital transmission of images has deeply affected our world (from culture to everyday life) leading to a postmodern preference for performativity over the more traditional and linear forms of narrativity. As a consequence individual borders get redefined by the skin itself which (dissected through instant vision) turns into a ductile material of mutation and hybridation in the service of identity. My critical assumptions are taken from the most relevant changes occurred in philosophy during the last two decades as a result of the contributions by Jacques Lacan, Michel Foucault, Jacques Derrida, Gilles Deleuze who developed a cross-disciplinary and comparative approach to interpret the crisis of modernity. They have profoundly influenced feminist studies so that the category of gender has been reassessed in contrast with sex (as a biological connotation) and in relation to history, culture, society. The ideal starting point of my research is the year 1990. I chose it as the approximate historical moment when the intersection of race, class and gender were placed at the forefront of international artistic production concerned with identity, diversity and globalization. Such issues had been explored throughout the 1970s but it was only from the mid-1980s onward that they began to be articulated more consistently. Published in 1990, the book "Gender trouble: feminism and the subversion of identity" by Judith Butler marked an important breakthrough by linking gender to performance as well as investigating the intricate connections between theory and practice, embodiment and representation. It inspired subsequent research in a variety of disciplines, art history included. In the same year Teresa de Lauretis launched the definition of queer theory to challenge the academic perspective in gay and lesbian studies. In the meantime the rise of Third Wave Feminism in the US introduced a racially and sexually inclusive vision over the global situation in order to reflect on subjectivity, new technologies and popular culture in connection with gender representation. These conceptual tools have enabled prolific readings of contemporary cultural production whether fine arts or mass media. After discussing the appropriate framework of my project and taking into account the postmodern globalization of the visual, I have turned to photography to map gender representation both in art and in fashion. Therefore I have been creating an archive of images around specific topics. I decided to include fashion photography because in the 1990s this genre moved away from the paradigm of an idealized and classical beauty toward a new vernacular allied with lifestyles, art practices, pop and youth culture; as one might expect the dominant narrative modes in fashion photography are now mainly influenced by cinema and snapshot. These strategies originate story lines and interrupted narratives using models’ performance to convey a particular imagery where identity issues emerge as an essential part of fashion spectacle. Focusing on the intersections of gender identities with socially and culturally produced identities, my approach intends to underline how the fashion world has turned to current trends in art photography and in some case turned to the artists themselves. The growing fluidity of the categories that distinguish art from fashion photography represents a particularly fruitful moment of visual exchange. Varying over time the dialogue between these two fields has always been vital; nowadays it can be studied as a result of this close relationship between contemporary art world and consumer culture. Due to the saturation of postmodern imagery the feedback between art and fashion has become much more immediate and then increasingly significant for anyone who wants to investigate the construction of gender identity through performance. In addition to that a lot of magazines founded in the 1990s bridged the worlds of art and fashion because some of their designers and even editors were art-school graduates encouraging innovation. The inclusion of art within such magazines aimed at validating them as a form of art in themselves supporting a dynamic intersection for music, fashion, design and youth culture: an intersection that also contributed to create and spread different gender stereotypes. This general interest in fashion produced many exhibitions of and about fashion itself at major international venues such as the Victoria and Albert Museum in London, the Metropolitan Museum of Art and the Solomon R. Guggenheim Museum in New York. Since then this celebrated success of fashion has been regarded as a typical element of postmodern culture. Owing to that I have also based my analysis on some important exhibitions dealing with gender performance like "Féminin-Masculin" at the Centre Pompidou of Paris (1995), "Rrose is a Rrose is a Rrose. Gender performance in photography" at the Solomon R. Guggenheim Museum of New York (1997), "Global Feminisms" at the Brooklyn Museum (2007), "Female Trouble" at the Pinakothek der Moderne in München together with the workshops dedicated to "Performance: gender and identity" in June 2005 at the Tate Modern of London. Since 2003 in Italy we have had Gender Bender - an international festival held annually in Bologna - to explore the gender imagery stemming from contemporary culture. In few days this festival offers a series of events ranging from visual arts, performance, cinema, literature to conferences and music. Being aware that any method of research is neither race nor gender neutral I have traced these critical paths to question gender identity in a multicultural perspective taking account of the political implications too. In fact, if visibility may be equated with exposure, we can also read these images as points of intersection of visibility with social power. Since gender assignations rely so heavily on the visual, the postmodern dismantling of gender certainty through performance has wide-ranging effects that need to be analyzed. In some sense this practice can even contest the dominance of visual within postmodernism. My visual map in contemporary art and fashion photography includes artists like Nan Goldin, Cindy Sherman, Hellen van Meene, Rineke Dijkstra, Ed Templeton, Ryan McGinley, Anne Daems, Miwa Yanagi, Tracey Moffat, Catherine Opie, Tomoko Sawada, Vanessa Beecroft, Yasumasa Morimura, Collier Schorr among others.
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Recentemente è stato proposto che i premotoneuroni simpatici deputati al controllo della vasomozione cutanea siano localizzati nel bulbo rostoventromediale, una area che è delimitata rostralmente dal nucleo del nervo faciale (RVMM(io)) e causalmente dal polo rostrale del nucleo olivare inferiore (RVMM(io)). Per esplorare il ruolo che in neuroni contenuti nel RVMM(io) e nel (RVMM(fn) hanno nel controllare la vasomozione periferica, sono state effettuate in ciascuna delle due aree microiniezioni dell’agonista dei recettori GABAA muscimolo, dell’antagonista dei recettori GABAA bicucullina metiodide e di veicolo. La somministrazione di mucimolo induce una massiva vasodilatazione periferica sia se iniettato in RVMM(io) che in RVMM(fn). La disinibizione dei neuroni del RVMM(fn) produce invece una importate vasocostrizione periferica, antagonizzando la vasodilatazione indotta dall’esposizione ad alte temperature ambientali, mentre la disinibizione dei neuroni del RVMM(io) produce una vasodilatazione massimale, che è in grado di antagonizzare anche la vasocostrizione indotta da esposizione a bassa temperatura ambientale. L’inibizione sia dei neuroni del RVMM(io) che del RVMM(fn) induce inoltre modificazioni elettroencefalografiche e ipniche comparabili con quelle osservate durante il torpore. La somministrazione di muscimolo ha prodotto una rapida vasodilatazione periferica, seguita da una profonda ipotermia a da uno spostamento verso sinistra della banda Theta dell’EEG. Durante il periodo di ipotermia, la comparsa sia di sonno NREM che di sonno REM è risultata essere inibita. Questi dati mostrano che: a) a due popolazioni di premotoneuroni simpatici sono localizzati nella regione che va dal RVMM(io) al RVMM(fn), una termoregolatoria, tonicamente attiva e vasocostrittoria, l’altra non termoregolatoria, tonicamente inibita e vasodilatatoria; b) anche in una specie che non è va spontaneamente incontro a torpore, l’ipotermia centrale produce effetti elettroencefalografici simili a quelli osservati durante il torpore.
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Lo studio condotto ha lo scopo di aumentare la vita in esercizio di motori idraulici a pistoni radiali a colonna di fluido, studiandone e migliorandone il comportamento tribologico. Questa tipologia di motori è adatta per generare alte coppie a basse velocità e si impiega in sistemi di movimentazione lenta per carichi pesanti. Il contatto in condizioni di strisciamento fra cilindri telescopici ed albero eccentrico rotante, può portare all’usura dei componenti coinvolti e quindi al trafilamento dell’olio che circola nel motore, causando cali di efficienza. Lo studio ha previsto un’indagine del tipo Failure Analysis su componenti del motore sottoposti a prove a banco. Successivamente, è stato condotto uno studio tribologico, al fine di valutare il comportamento del sistema e definire possibili modifiche ai componenti per il miglioramento del motore. Dalla Failure Analysis, è emerso che il meccanismo di usura prevalente risulta essere l’abrasione a due corpi. Le prove tribologiche di laboratorio, condotte in condizioni che hanno permesso di riprodurre i meccanismi di usura dominanti nelle prove a banco, hanno dato luogo a transizioni sia nell’attrito che nell’usura, il cui verificarsi dipende da: carico applicato, distanza di strisciamento, durezza dei materiali a contatto.
Resumo:
Il calcestruzzo è uno dei materiali più utilizzati nell’edilizia, ma il meno sostenibile. Per la sua produzione vengono sfruttate elevate quantità di risorse naturali non rinnovabili con un impatto ambientale non trascurabile, sia per le sostanze emesse in atmosfera, sia per le macerie derivate post utilizzo. L’ingresso nel XXI secolo ha segnato definitivamente l’affermazione del concetto di sviluppo sostenibile nei riguardi di tutti i processi produttivi dei beni, che devono essere necessariamente strutturati secondo una logica di risparmio energetico e di controllo della produzione di scorie e rifiuti, prevedendone un loro riutilizzo in altri settori, o un loro smaltimento senza provocare danni all’ambiente. Anche l’industria del cemento e del calcestruzzo è chiamata a svolgere il proprio ruolo per contribuire ad un miglior bilancio ecologico globale, indirizzando la ricerca verso possibilità d’impiego di materiali “innovativi”, che siano in grado di sostituire parzialmente o totalmente l’uso di materie prime non rinnovabili, tenendo conto dell’enorme richiesta futura di infrastrutture, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Negli ultimi anni si sta sempre più affermando il potenziale del riciclo dei materiali ottenuti dalla demolizione di edifici (C&DW – Construction and Demolition Waste), questo dovuto anche a politiche di gestione dei rifiuti che incentivano il risparmio, il riutilizzo, il riciclo e la valorizzazione dei beni. I calcestruzzi con aggregati di riciclo sono generalmente suddivisi in due macrogruppi: quelli ottenuti da aggregati di riciclo di solo calcestruzzo (RCA – Recycled Coarse Aggregate) e quelli da aggregati da demolizione totale (MRA – Mixed Recycled Aggregate) che però contengono molte impurità. Come anche uno può subito pensare gli aggregati riciclati hanno delle proprietà diverse da quelli naturali, questi contengono oltre l’aggregato naturale anche il legante coeso, polveri di laterizio, vetro, ceramica, plastica eccet., i quali offrono una miscela ricca di cloruri, solfati, silice amorfa ed altri componenti dannosi per la nuova miscela di calcestruzzo. In presenza di questi prodotti, gli aggregati non solo non soddisfano i requisiti chimici, ma influiscono negativamente anche sulle proprietà fisico-meccaniche del calcestruzzo. Per questo vedremmo in questa tesi tramite un accurata analisi degli aggregati, e del loro “contributo” per il corretto comportamento del calcestruzzo, leggendo criticamente come le normative regolano i requisiti che gli aggregati debbono soddisfare, vedendo le varie possibilità di riutilizzo dei materiali di riciclo da demolizione. La tesi mira all'incentivo dei materiali da riciclo, come scelta sostenibile per il futuro dell'edilizia. E' stato calcolato che la produzione totale di macerie da demolizione nel mondo, non supera il 20% in massa degli aggregati che vengono utilizzati per la produzione del calcestruzzo nei paesi sviluppati. Dai vari studi è stato valutato in media che col solo 20% di riciclato sostituito, le caratteristiche del calcestruzzo indurito cambiano di poco dal normale miscelato con aggregati naturali; ovviamente se gli aggregati da riciclo sono stati selezionati e sottoposti ai vari test delle norme europee standardizzate. Quindi uno può subito pensare in linea teorica, tralasciando i costi di gestione, trasporto eccet. , che basta utilizzare per ogni metro cubo di calcestruzzo 20% di riciclato, per rispondere allo smaltimento dei rifiuti da C&D; abbassando cosi i costi degli inerti naturali, sempre parlando di economie di scala. Questo è in linea teorica, ma riflette un dato rilevante. Nel presente lavoro si partirà da una veloce lettura sul comportamento del calcestruzzo, su i suoi principali costituenti, concentrandoci sugli aggregati, analizzandone le sue proprietà fisico-meccaniche, quali la granulometria, la resistenza meccanica e la rigidezza, valutando l’importanza dei legami coesivi tra aggregato alla pasta cementizia. Verranno inoltre analizzate le azioni deleterie che possono instaurarsi tra aggregato di riciclo e pasta cementizia. Dopo aver visto le varie politiche sulla gestione dei rifiuti, la legislazione passata e presente sull’uso dei materiali riciclati, si analizzeranno vari studi sulle proprietà fisico-meccaniche dei calcestruzzi con aggregati di riciclo seguiti da università e poli di ricerca internazionali. Se gli aggregati di riciclo sono selezionati con metodo, in presenza di piani di gestione regionale e/o nazionale, è possibile soddisfare le prestazioni richieste del calcestruzzo, nel rispetto delle politiche di sostenibilità economico-ambientali. Può essere il calcestruzzo riciclato una scelta non solo sostenibile, ma anche economica per il settore edile? Si può avere un calcestruzzo riciclato ad alte prestazioni? Quali sono le politiche da mettere in atto per un mercato di produzione sostenibile del riciclato? Questo e molto altro verrà approfondito nelle pagine seguenti di questa tesi.
Resumo:
Parallel mechanisms show desirable characteristics such as a large payload to robot weight ratio, considerable stiffness, low inertia and high dynamic performances. In particular, parallel manipulators with fewer than six degrees of freedom have recently attracted researchers’ attention, as their employ may prove valuable in those applications in which a higher mobility is uncalled-for. The attention of this dissertation is focused on translational parallel manipulators (TPMs), that is on parallel manipulators whose output link (platform) is provided with a pure translational motion with respect to the frame. The first part deals with the general problem of the topological synthesis and classification of TPMs, that is it identifies the architectures that TPM legs must possess for the platform to be able to freely translate in space without altering its orientation. The second part studies both constraint and direct singularities of TPMs. In particular, special families of fully-isotropic mechanisms are identified. Such manipulators exhibit outstanding properties, as they are free from singularities and show a constant orthogonal Jacobian matrix throughout their workspace. As a consequence, both the direct and the inverse position problems are linear and the kinematic analysis proves straightforward.
Resumo:
Gli impianti di incenerimento di rifiuti solidi suscitano preoccupazione nella popolazione per i possibili effetti avversi associati all’esposizione. Gli effetti delle polveri sottili (PM2.5), generate dai processi di combustione, sulla salute umana includono l’insorgenza di patologie a carico del sistema respiratorio e cardiovascolare e l’aumento della mortalità per malattie polmonari e probabilmente cancro al polmone. Lo scopo della tesi è quello di valutare il profilo tossicologico e cancerogeno del particolato atmosferico in prossimità dell’inceneritore di Bologna rispetto alle aree adiacenti mediante l’utilizzo di test alternativi alle metodologie in vivo, come il test di trasformazione cellulare e approcci di tossicogenomica (soprattutto trascrittomica) oltre alla valutazione della variazione del rischio cancerogeno indotto dall’esposizione di PM2.5 in diversi siti (massima ricaduta, controllo, fondo urbano e fondo rurale) e in differenti periodi di campionamento (estate 2008 e inverno 2009). Gli estratti di PM2.5 relativi alla stagione invernale sono risultati più tossici rispetto ai campioni estivi, che inducono tossicità soprattutto alle alte dosi. Per i campioni invernali il numero medio di colonie di cellule BALB/c 3T3 A31-1-1 risulta ridotto in modo significativo anche per le dosi più basse saggiate indipendentemente dal sito di provenienza. Tutti i campioni analizzati sono risultati negativi nel test di trasformazione cellulare in vitro. L’analisi dell’espressione genica delle cellule BALB/c 3T3 A31-1-1, in seguito all’esposizione agli estratti di PM2.5, ha mostrato un effetto stagionale evidente. Relativamente ai campioni invernali è stato evidenziato un maggior effetto tossico da parte del sito di controllo rispetto alla massima ricaduta, poiché nel sito di controllo risultano attivati marcatori di morte cellulare per apoptosi. La valutazione del rischio cancerogeno in tutti i siti valutati non mostra situazioni preoccupanti legate alla predizione di eccessi di rischio di tumori imputabili all’attività dell’inceneritore in quanto le stime di rischio non eccedono mai il valore limite riportato in letteratura.
Resumo:
I materiali compositi a base di fibra di carbonio svolgono un ruolo fondamentale fra i materiali avanzati ad alte prestazioni. Nell’ottica di migliorare le proprietà di resine epossidiche impiegate come matrice per tali compositi, è stato studiato l’effetto che nanocariche come il grafene e l’ossido di grafene hanno sulle prestazioni di una resina commerciale.
Resumo:
The research activities described in the present thesis have been oriented to the design and development of components and technological processes aimed at optimizing the performance of plasma sources in advanced in material treatments. Consumables components for high definition plasma arc cutting (PAC) torches were studied and developed. Experimental activities have in particular focussed on the modifications of the emissive insert with respect to the standard electrode configuration, which comprises a press fit hafnium insert in a copper body holder, to improve its durability. Based on a deep analysis of both the scientific and patent literature, different solutions were proposed and tested. First, the behaviour of Hf cathodes when operating at high current levels (250A) in oxidizing atmosphere has been experimentally investigated optimizing, with respect to expected service life, the initial shape of the electrode emissive surface. Moreover, the microstructural modifications of the Hf insert in PAC electrodes were experimentally investigated during first cycles, in order to understand those phenomena occurring on and under the Hf emissive surface and involved in the electrode erosion process. Thereafter, the research activity focussed on producing, characterizing and testing prototypes of composite inserts, combining powders of a high thermal conductibility (Cu, Ag) and high thermionic emissivity (Hf, Zr) materials The complexity of the thermal plasma torch environment required and integrated approach also involving physical modelling. Accordingly, a detailed line-by-line method was developed to compute the net emission coefficient of Ar plasmas at temperatures ranging from 3000 K to 25000 K and pressure ranging from 50 kPa to 200 kPa, for optically thin and partially autoabsorbed plasmas. Finally, prototypal electrodes were studied and realized for a newly developed plasma source, based on the plasma needle concept and devoted to the generation of atmospheric pressure non-thermal plasmas for biomedical applications.
Resumo:
Lo scopo di questa tesi è quello di valutare l'effetto della salinizzazione dei suoli sugli invertebrati edafici. Nell'ambito di questo obiettivo generale sono state effettuate due distinte attività di ricerca: una indagine sul campo e una serie di esperimenti di laboratorio. Lo studio sul campo è stato condotto nella Pineta di San Vitale (Ravenna, Italia). L'obiettivo specifico è stato quello di valutare la qualità biologica dei suoli attraverso l'analisi del popolamento dei microartropodi edafici, in relazione alla diversità del suolo e in particolare alla salinizzazione. La qualità biologica dei suoli è stata valutata mediante l'indice QBS-ar. La Pineta è stata campionata nella zona Est, più colpita da intrusione salina e nella zona Ovest dove questo fenomeno è meno evidente. I campionamenti sono stati effettuati in primavera ed estate. I risultati confermano che le caratteristiche chimico-fisiche si modificano in base al gradiente sommità dunali-depressioni interdunali. Per quanto riguarda il popolamento dei microartropodi alcune caratteristiche sono comuni alla maggior parte delle stazioni con lo stesso pedotipo. Non è stato evidenziato alcuno stress sui popolamenti attribuibule alla salinizzazione. Nel complesso, i valori di QBS-ar sono piuttosto elevati. Gli esperimenti di laboratorio sono stati finalizzata alla valutazione degli effetti combinati della salinità del suolo e della contaminazione da pesticidi (chlorpyrifos) sul lombrico Eisenia andrei. Nel complesso, i risultati indicano che effetti avversi sui lombrichi sono possibili a livelli di salinizzazione dei suoli ancora compatibili a concentrazioni di chlorpyrifos che sono piuttosto alte in confronto con i tipici risultati di campo, ma ancora compatibili con l'uso consigliato.
Resumo:
Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.