608 resultados para densité osseuse
Resumo:
Dal 1999 presso il laboratorio del Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli” a Crevalcore (BO) è in corso una sperimentazione finalizzata a verificare la possibilità di attuare la tecnica del maschio sterile (SIT) in Italia contro Aedes albopictus. Alcuni aspetti per migliorare l’efficienza di questa struttura pilota, oggetto della presente ricerca, sono stati: 1) studio degli effetti di determinati costituenti della dieta larvale a) sullo sviluppo larvale stesso, per individuare intervalli limite di densità larvale e di concentrazione di cibo in cui è possibile lo sviluppo di tale specie, e b) sulla qualità dei maschi adulti ottenuti; 2) la valutazione di attrezzatura per l’allevamento massale e 3) la possibilità di migliorare la dieta larvale mediante integrazione di carboidrati. Dalle prove di valutazione della dieta larvale si è potuto osservare che, per quanto riguarda i parametri larvali, le due diete denominate “IAEA” (1 e 2) sono risultate più efficaci rispetto alla dieta standard “CAA”. Tali diete sono perciò da preferirsi nel loro possibile impiego in biofabbriche per l’allevamento massale. Le prove condotte sugli adulti allevati con le diverse diete hanno suggerito la necessità di valutare una possibile integrazione di componenti per migliorarne la longevità. Risulta altresì opportuno continuare la ricerca per ottimizzare la dieta larvale così da ottenere maschi di elevata qualità. Grazie ai risultati ottenuti dalle prove per valutare l’impiego di attrezzatura massale (vassoi di grandi dimensioni e carrello) si è potuto definire un modello per l’allevamento di Ae. albopictus con parametri standardizzati di densità larvale, dose di dieta, temperatura dell’acqua di allevamento, percentuale di maschi passati al setacciamento e rendimento di allevamento. Prove future saranno necessarie per testare altri componenti della dieta ricchi in carboidrati, quali saccarosio, da aggiungere alla dieta larvale per migliorare le qualità degli adulti ottenuti senza provocare effetti negativi sui parametri dello sviluppo larvale.
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Lo scopo della tesi risiede nel caratterizzare film sottili di Rubrene cresciuti per mezzo dell’epitassia molecolare. In particolare si è studiata la densità di stati di trappola con il fine di determinare il grado di purezza di questi campioni. Partendo dalle caratteristiche I-V (Corrente-Tensione) in temperatura è stato possibile utilizzare il modello TM-SCLC (Temperature Modulated Space Charge Limited Current)concludendo che i campioni così cresciuti raggiungono un grado di purezza maggiore rispetto al Rubrene bulk ed escludendo la presenza di difetti estrinseci.
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Sebbene studiati a fondo, i processi che hanno portato alla formazione ed alla evoluzione delle galassie così come sono osservate nell'Universo attuale non sono ancora del tutto compresi. La visione attuale della storia di formazione delle strutture prevede che il collasso gravitazionale, a partire dalle fluttuazioni di densità primordiali, porti all'innesco della formazione stellare; quindi che un qualche processo intervenga e la interrompa. Diversi studi vedono il principale responsabile di questa brusca interruzione della formazione stellare nei fenomeni di attività nucleare al centro delle galassie (Active Galactic Nuclei, AGN), capaci di fornire l'energia necessaria a impedire il collasso gravitazionale del gas e la formazione di nuove stelle. Uno dei segni della presenza di un tale fenomeno all'interno di una galassia e l'emissione radio dovuta ai fenomeni di accrescimento di gas su buco nero. In questo lavoro di tesi si è studiato l'ambiente delle radio sorgenti nel campo della survey VLA-COSMOS. Partendo da un campione di 1806 radio sorgenti e 1482993 galassie che non presentassero emissione radio, con redshift fotometrici e fotometria provenienti dalla survey COSMOS e dalla sua parte radio (VLA-COSMOS), si è stimata la ricchezza dell'ambiente attorno a ciascuna radio sorgente, contando il numero di galassie senza emissione radio presenti all'interno di un cilindro di raggio di base 1 Mpc e di altezza proporzionale all'errore sul redshift fotometrico di ciascuna radio sorgente, centrato su di essa. Al fine di stimare la significatività dei risultati si è creato un campione di controllo costituito da 1806 galassie che non presentassero emissione radio e si è stimato l'ambiente attorno a ciascuna di esse con lo stesso metodo usato per le radio sorgenti. I risultati mostrano che gli ammassi di galassie aventi al proprio centro una radio sorgente sono significativamente più ricchi di quelli con al proprio centro una galassia senza emissione radio. Tale differenza in ricchezza permane indipendentemente da selezioni basate sul redshift, la massa stellare e il tasso di formazione stellare specifica delle galassie del campione e mostra che gli ammassi di galassie con al proprio centro una radio sorgente dovuta a fenomeni di AGN sono significativamente più ricchi di ammassi con al proprio centro una galassia senza emissione radio. Questo effetto e più marcato per AGN di tipo FR I rispetto ad oggetti di tipo FR II, indicando una correlazione fra potenza dell'AGN e formazione delle strutture. Tali risultati gettano nuova luce sui meccanismi di formazione ed evoluzione delle galassie che prevedono una stretta correlazione tra fenomeni di AGN, formazione stellare ed interruzione della stessa.
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Questa tesi è una panoramica di alcuni concetti base su cui si fonda la dinamica delle galassie. Nel primo capitolo vengono messi in evidenza i concetti più generali dal punto di vista morfologico- strutturale attraverso la classificazione di Hubble. Nel secondo capitolo si mette in evidenza come un sistema possa essere definito non collisionale (attraverso la stima del tempo di rilassamento ai due corpi) e le conseguenze che ne derivano come, per esempio, l' anisotropia dello stesso sistema che conferisce alla galassia la sua classica forma “schiacciata”. Vengono poi descritti la collisional Boltzmann equation (CBE) e il teorema del viriale in forma tensoriale . Integrando la CBE nello spazio delle velocità otteniamo tre equazioni note come equazioni di Jeans: queste hanno una struttura del tutto identica a quelle della fluidodinamica ma con alcune eccezioni significative che non permettono di descrivere completamente la dinamica delle galassie attraverso la fluidodinamica. Il terzo capitolo è un excursus generale sulle galassie ellittiche: dalla loro struttura alla loro dinamica. Dall' applicazione del teorema del viriale ad un sistema ellittico si può notare come la forma “schiacciata” delle galassie sia una conseguenza dell' anisotropia del sistema e sia dovuta solo in minima parte alla rotazione. Successivamente viene presentato un modello galattico (quello di Jeans), che ci permette di calcolare una distribuzione di massa del sistema attraverso un' equazione che purtroppo non ha soluzione unica e quindi ci rende impossibile calcolare il rapporto massa- luminosità. Infine viene descritto il fundamental plane che è una relazione empirica tale per cui ad ogni galassia viene associato un determinato valore di raggio effettivo, dispersione di velocità e luminosità. Nel quarto ed ultimo capitolo viene trattata la dinamica delle parti più esterne di una galassia: disco e bracci. La dinamica del disco è descritta attraverso la curva di rotazione che, come vedremo, ha delle caratteristiche abbastanza diverse da una curva di rotazione di tipo kepleriano (quella che ad esempio descrive l' andamento della velocità in funzione della distanza nel nostro sistema solare). Infine viene descritta la dinamica dei bracci e la teoria delle onde di densità di Lin e Shu, due astronomi americani, che riesce a descrivere compiutamente la nascita e l' evoluzione dei bracci a spirale.
Measurement of k(892)*0 resonance production in p-pb collisions with the alice experiment at the lhc
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̀ qui presentato lo studio della produzione della risonanza K∗0 in collisioni p-Pb con l’esperimento ALICE presso LHC. L’elaborato si compone di una introduzione sulla natura del fenomeno studiato: la formazione del Quark Gluon Plasma (QGP), uno stato della materia fortemente interagente ad alte temperatura e densità d’energia. Vengono descritte le segnature studiate ai fini di identificare il suddetto fenomeno, riportando come esempio concreto i risultati sperimentali. Successivamente l’acceleratore di particelle, LHC, e l’esperimento, ALICE, vengono brevemente introdotti. Più in dettaglio ven- gono descritti i rivelatori di ALICE effettivamente usati per l’analisi, a cui sono dedicate sezioni approfondite. Viene infine introdotta l’analisi e le sue motivazioni. Il metodo utilizzato e lo studio degli errori da associare alla misura sono illustrati in ogni loro passo e supportati dai risultati ottenuti. La discussione finale dei risultati include il confronto con i risultati preceden- temente ottenuti da ALICE in collisioni pp e Pb-Pb e da altri esperimenti.
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In questa tesi viene descritto il funzionamento delle sorgenti di luce LED (Light Emitting Diode) a confinamento quantico, che rappresentano la nuova frontiera dell'illuminazione ad alta efficienza e durata. Nei capitoli introduttivi è descritta brevemente la storia dei LEDs dalla loro invenzione agli sviluppi più recenti. Il funzionamento di tali dispositivi fotonici è spiegato a partire dal concetto di sorgente di luce per elettroluminescenza, con particolare riferimento alle eterostrutture a confinamento quantico bidimensionale (quantum wells). I capitoli centrali riguardano i nitruri dei gruppi III-V, le cui caratteristiche e proprietà hanno permesso di fabbricare LEDs ad alta efficienza e ampio spettro di emissione, soprattutto in relazione al fatto che i LEDs a nitruri dei gruppi III-V emettono luce anche in presenza di alte densità di difetti estesi, nello specifico dislocazioni. I capitoli successivi sono dedicati alla presentazione del lavoro sperimentale svolto, che riguarda la caratterizzazione elettrica, ottica e strutturale di LEDs a confinamento quantico basati su nitruri del gruppo III-V GaN e InGaN, cresciuti nei laboratori di Cambridge dal Center for Gallium Nitride. Lo studio ha come obiettivo finale il confronto dei risultati ottenuti su LEDs con la medesima struttura epitassiale, ma differente densità di dislocazioni, allo scopo di comprendere meglio il ruolo che tali difetti estesi ricoprono nella determinazione dell'effcienza delle sorgenti di luce LED. L’ultimo capitolo riguarda la diffrazione a raggi X dal punto di vista teorico, con particolare attenzione ai metodi di valutazioni dello strain reticolare nei wafer a nitruri, dal quale dipende la densità di dislocazioni.
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Nell’ambito della patologia gastroenterica del suino sono comprese alcune malattie sostenute da batteri spirillari gram negativi, di cui sono disponibili numerose trattazioni riguardanti, soprattutto, l'aspetto epidemiologico e patogenetico. Per alcuni di questi agenti microbici, e per le relative manifestazioni patologiche, poco si conosce nel cinghiale selvatico, animale correlato filogeneticamente al suino domestico, ma compreso in un’ecologia completamente differente. Da queste premesse è nato un approccio di ricerca e studio del comportamento di questi microrganismi in una metapopolazione di cinghiali, abbattuti durante il piano di controllo della popolazione densità-dipendente nel Parco dei Gessi e Calanchi dell’Abbadessa (BO), cercando di rapportare le conoscenze riportate in letteratura sul suino domestico con quanto è scaturito dalle indagini condotte sul cinghiale selvatico. In particolare è stata indagata con metodica immunoistochimica la presenza di Lawsonia intracellularis, patogeno del suino responsabile di Enterite Proliferativa (EP), in secondo luogo sono state condotte indagini batteriologiche e istologiche da stomaco e intestino, finalizzate all’isolamento di microrganismi spirillari dei generi Campylobacter e Helicobacter, da correlare all’eventuale presenza di lesioni infiammatorie e ulcerative gastriche o enteriche valutate secondo sistemi a punteggio ottenuti dalla bibliografia o realizzati in base alla tipologia di infiltrato cellulare e alla sua localizzazione. In ultimo, a fini comparativi con uno studio condotto nel 2002-2004 nello steso Parco Regionale, sono stati monitorati i livelli di antibioticoresistenza di indicatori fecali usando metodiche internazionali standardizzate (Escherichia coli e Enterococcus faecium.) nonché su un numero significativo di isolati di Campylobacter lanienae, per ottenere indicazioni preliminari sull’andamento nei 10 anni trascorsi dello stato di inquinamento da farmaco del Parco stesso. I risultati ottenuti permettono di ampliare le conoscenze sulla flora enterica del cinghiale selvatico e pongono questioni di sicurezza pubblica sulla gestione dei mammiferi selvatici.
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Comprensione della città di Bogotá attraverso lo studio del Piano Maestro di Le Corbusier. Trasposizione del sistema di città lineare al caso concreto della città e nuovo modello di settore come metodo di intervento. Piano urbano per la riqualificazione dell’area industriale di Fontibón e approfondimento architettonico e strutturale del grande edificio cruciforme in prossimità della calle 13. Sviluppo di un nuovo isolato residenziale che sia in grado di aumentare la densità abitativa e favorire la socialità.
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Attualmente Usme, caratterizzata come visto da un territorio principalmente a bassa densità, è ancora fortemente relazionata con la campagna perché costituita dall’insieme di aree agricole, o di quelli che una volta erano spazi coltivati più prossimi alla città compatta. Questo tipo di paesaggio rurale che caratterizza Usme è caratterizzato come già visto da un tessuto sfrangiato e discretizzato e rappresenta la porzione di territorio dove la città esercita l’impatto ambientale più intenso dovuto sia alla sua immediata vicinanza al contesto urbano che al carattere di scarsa identità che sembra esprimere. Qualunque intervento architettonico in un territorio di margine come quello di Usme dovrebbe confrontarsi con un sistema di relazioni a grande scala, che si rapporti con la geografia stessa del luoghi e con un orientamento e una misurazione visiva e fisica del territorio stesso. Allo stesso modo è necessario che il progetto comprenda anche il suolo stesso delle grande aree attualmente lasciate libere, ovvero che il progetto architettonico si integri con il progetto paesaggistico creando in questo modo nuove relazioni e nuove geometrie nell’assetto territoriale. In questo senso il progetto può dialogare con il territorio e mettere in relazione differenti situazioni morfologiche, sfruttandone le potenzialità. L’obiettivo è quindi quello di non costruire semplici volumi appoggiati sulla terra ma quello di modificare la terra stessa, entrando in relazione con essa in modo profondo. Il progetto così inteso è concepito, e prima ancora letto, secondo strati, i quali possono contaminarsi o possono semplicemente sovrapporsi. L’area di progetto, come già detto, è essenzialmente all’interno di un vuoto presente tra le due parti di città. Il nuovo edificio si conforma come un segno netto nel territorio, un viadotto, un tronco d’albero caduto che protegge il parco dalla città, un elemento primordiale che da una parte si incunea nel terreno e dall’altra si affaccia sulla valle. Vuole essere il segno di un naturale artificio, proponendosi al tempo stesso come simbolo e funzione. Il museo emerge dalla terra, ma sembra anche immergersi in essa. L’architettura del museo crea un nuovo paesaggio morfologicamente radicato al suolo, attraverso uno spazio parzialmente ipogeo che integra il museo all’interno della montagna attraverso la copertura continua con la topografia esistente, sottolineando il profilo della collina.
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E' stato considerato un High-Dislocation Density Light Emitting Diode (HDD LED)ed è stato analizzato l'andamento di corrente a varie temperature. Dai risultati ottenuti è stato possibile ricavare il coefficiente di Poole-Frenkel, e da esso risalire alla densità di dislocazioni del dispositivo.
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Il contesto nazionale è cambiato recentemente per l’introduzione del nuovo Sistema Geodetico coincidente con quello Europeo (ETRS89, frame ETRF00) e realizzato dalle stazioni della Rete Dinamica Nazionale. Sistema geodetico, associato al cartografico UTM_ETRF00, divenuto per decreto obbligatorio nelle Pubbliche Amministrazioni. Questo cambiamento ha consentito di ottenere rilevamenti dei dati cartografici in coordinate assolute ETRF00 molto più accurate. Quando i dati così rilevati vengono utilizzati per aggiornamenti cartografici perdono le coordinate originarie e vengono adattati a particolari cartografici circostanti. Per progettare una modernizzazione delle mappe catastali e delle carte tecniche finalizzata a consentire l’introduzione degli aggiornamenti senza modificarne le coordinate assolute originarie, lo studio è iniziato valutando come utilizzare sviluppi di strutturazione dei dati topografici presenti nel Database Geotopografico, modellizzazioni 3D di fabbricati nelle esperienze catastali INSPIRE, integrazioni in ambito MUDE tra progetti edilizi e loro realizzazioni. Lo studio è proseguito valutando i servizi di posizionamento in tempo reale NRTK presenti in Italia. Inoltre sono state effettuate sperimentazioni per verificare anche in sede locale la precisione e l’affidabilità dei servizi di posizionamento presenti. La criticità della cartografia catastale deriva sostanzialmente dal due fatti: che originariamente fu inquadrata in 850 Sistemi e successivamente fu trasformata in Roma40 con una esigua densità di punti rimisurati; che fino al 1988 fu aggiornata con modalità non rigorose di bassa qualità. Per risolvere tali criticità si è quindi ipotizzato di sfruttare le modalità di rilevamento NRTK per aumentare localmente la densità dei punti rimisurati e reinquadrare le mappe catastali. Il test, realizzato a Bologna, ha comportato un’analisi preliminare per individuare quali Punti Fiduciali considerare coerenti con le specifiche cartografiche per poi utilizzarli e aumentare localmente la densità dei punti rimisurati. La sperimentazione ha consentito la realizzazione del progetto e di inserire quindi i prossimi aggiornamenti senza modificarne le coordinate ETRF00 ottenute dal servizio di posizionamento.
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L'epilessia frontale notturna (EFN) è caratterizzata da crisi motorie che insorgono durante il sonno. Scopo del progetto è studiare le cause fisiopatologiche e morfo-funzionali che sottendono ai fenomeni motori nei pazienti con EFN e identificare alterazioni strutturali e/o metaboliche mediante tecniche avanzate di Risonanza Magnetica (RM). Abbiamo raccolto una casistica di pazienti con EFN afferenti al Centro Epilessia e dei Disturbi del Sonno del Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Bologna. Ad ogni paziente è stato associato un controllo sano di età (± 5 anni) e sesso corrispondente. Tutti sono stati studiati mediante tecniche avanzate di RM comprendenti Spettroscopia del protone (1H-MRS), Tensore di diffusione ed imaging 3D ad alta risoluzione per analisi morfometriche. In particolare, la 1H-MRS è stata effettuata su due volumi di interesse localizzati nei talami e nel giro del cingolo anteriore. Sono stati inclusi nell’analisi finale 19 pazienti (7 M), età media 34 anni (range 19-50) e 14 controlli (6 M) età media 30 anni (range 19-40). A livello del cingolo anteriore il rapporto della concentrazione di N-Acetil-Aspartato rispetto alla Creatina (NAA/Cr) è risultato significativamente ridotto nei pazienti rispetto ai controlli (p=0,021). Relativamente all’analisi di correlazione, l'analisi tramite modelli di regressione multipla ha evidenziato che il rapporto NAA/Cr nel cingolo anteriore nei pazienti correlava con la frequenza delle crisi (p=0,048), essendo minore nei pazienti con crisi plurisettimanali/plurigiornaliere. Per interpretare il dato ottenuto è possibile solo fare delle ipotesi. L’NAA è un marker di integrità, densità e funzionalità neuronale. E’ possibile che alla base della EFN ci siano alterazioni metaboliche tessutali in precise strutture come il giro del cingolo anteriore. Questo apre nuove possibilità sull’utilizzo di strumenti di indagine basati sull’analisi di biosegnali, per caratterizzare aree coinvolte nella genesi della EFN ancora largamente sconosciute e chiarire ulteriormente l’eziologia di questo tipo di epilessia.
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Questa tesi si propone di investigare l'origine di effetti non gaussiani nella distribuzione del segnale del rivelatore Time of Flight (TOF) dell'esperimento A Large Ion Collider Experiment (ALICE). Con la presa dati iniziata nel 2009 si è infatti osservata un'asimmetria nel segnale la cui origine è ancora oggetto di studio. L'analisi svolta mostra come essa sia dovuta a motivi strumentali piuttosto che fenomenologici e permette quindi di correggere in parte questa anomalia migliorando la risoluzione del rivelatore. ALICE è uno dei quattro esperimenti allestiti lungo l'anello del LHC e ha come obiettivo principale verificare l'esistenza di prove sperimentali che confermino l'esistenza di un nuovo stadio della materia, il cosiddetto Quark Gluon Plasma (QGP). Secondo la Cromodinamica Quantistica (QCD), la teoria che descrive l'interazione forte, caratteristica fondamentale di quark e gluoni è il loro confinamento all'interno di adroni. Studi recenti nell'ambito della QCD non-perturbativa hanno tuttavia dimostrato che in condizioni estreme di densità di materia adronica e temperatura sarebbe possibile un'inversione di tendenza nell'andamento della costante di accoppiamento forte. Le condizioni necessarie alla formazione del QGP sono ben riproducibili nelle collisioni ad energie ultrarelativistiche tra ioni pesanti, come quelle che sono state prodotte a LHC negli ultimi due anni, fra ioni di piombo con energie del centro di massa pari a 2.76 TeV per coppia di nucleoni. L'esperimento ALICE si propone di studiarne i prodotti e poiché la molteplicità di particelle che si generano nell'urto e considerevole, e necessario un sistema di rivelazione che permetta l'identificazione di particelle cariche su un grande angolo solido e in un ampio intervallo di impulsi. Il TOF, utilizzando un particolare rivelatore a gas detto Multigap Resistive Plate Chamber (MRPC), svolge brillantemente questo compito permettendo di raggiungere una risoluzione temporale inferiore ai 100 ps.
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Obiettivo del lavoro è migliorare la lettura della ruralità europea. A fronte delle profonde trasformazioni avvenute, oggi non è più possibile analizzare i territori rurali adottando un mero approccio dicotomico che semplicemente li distingua dalle città. Al contrario, il lavoro integra l’analisi degli aspetti socio-economici con quella degli elementi territoriali, esaltando le principali dimensioni che caratterizzano le tante tipologie di ruralità oggi presenti in Europa. Muovendo dal dibattito sulla classificazione delle aree rurali, si propone dapprima un indicatore sintetico di ruralità che, adottando la logica fuzzy, considera congiuntamente aspetti demografici (densità), settoriali (rilevanza dell’attività agricola), territoriali e geografici (accessibilità e uso del suolo). Tale tecnica permette di ricostruire un continuum di gradi di ruralità, distinguendo così, all’interno dell’Unione Europea (circa 1.300 osservazioni), le aree più centrali da quelle progressivamente più rurali e periferiche. Successivamente, attraverso un’analisi cluster vengono individuate tipologie di aree omogenee in termini di struttura economica, paesaggio, diversificazione dell’attività agricola. Tali cluster risentono anche della distribuzione geografica delle aree stesse: vengono infatti distinti gruppi di regioni centrali da gruppi di regioni più periferiche. Tale analisi evidenzia soprattutto come il binomio ruralità-arretratezza risulti ormai superato: alcune aree rurali, infatti, hanno tratto vantaggio dalle trasformazioni che hanno interessato l’Unione Europea negli ultimi decenni (diffusione dell’ICT o sviluppo della manifattura). L’ultima parte del lavoro offre strumenti di analisi a supporto dell’azione politica comunitaria, analizzando la diversa capacità delle regioni europee di rispondere alle sfide lanciate dalla Strategia Europa 2020. Un’analisi in componenti principali sintetizza le principali dimensioni di tale performance regionale: i risultati sono poi riletti alla luce delle caratteristiche strutturali dei territori europei. Infine, una più diretta analisi spaziale dei dati permette di evidenziare come la geografia influenzi ancora profondamente la capacità dei territori di rispondere alle nuove sfide del decennio.
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Il lavoro è stato strutturato in due parti distinte. La prima riguarda il riordino delle informazioni contenute nella Banca Dati sui Castelli dell’Emilia Romagna ultimata nel 2004, arricchendo le informazioni con nuove fonti sia edite che inedite e fotografie, mettendo poi tutti i dati online sul sito Geologia Storia Turismo della Regione Emilia Romagna. La seconda parte ha riguardato invece l’analisi dell’area reggiana e, in particolare, di tre castelli: Rubiera, Salvaterra e Dinazzano che, a partire dalla fine del XII secolo, hanno costituito quella che è stata definita la Cintura sul Secchia, una vera e propria catena difensiva costruita dal comune di Reggio Emilia a protezione del suo confine orientale, quello con Modena. Nella prima parte si è predisposto l’avvio di un Atlante dei castelli esistenti e scomparsi dell’Emilia Romagna, strutturato provincia per provincia, con corredo di piante e grafici che indicano la consistenza del fenomeno nelle diverse aree della Regione; poi, per l’area reggiana, si è completata la disamina con una serie di grafici che mettono in luce la dislocazione per aree, la localizzazione sicura dei castelli in rapporto alla loro condizione attuale e la densità per aree del fenomeno. Infine si sono inserite informazioni ricavate da materiale inedito per verificare possibili sviluppi della Banca Dati. La seconda parte ha ricostruito non solo le vicende storico-costruttive dei castelli di Rubiera, Salvaterra e Dinazzano, ma ha approfondito anche la genesi e l’evoluzione di questo progetto di difesa territoriale: studiare questo progetto significa capire come il comune di Reggio Emilia, nell’arco di oltre un secolo, ha governato i propri castelli, come ne ha organizzato la difesa e la manutenzione e come ne ha progettato il popolamento.