999 resultados para Inhibiteur de la pompe à proton


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The P-T-differential inclusive production cross section of the prompt charm-strange meson D-s(+) in the rapidity range vertical bar y vertical bar < 0.5 was measured in proton-proton collisions at root s = 7 TeV at the LHC using the ALICE detector. The analysis was performed on a data sample of 2.98 x 10(8) events collected with a minimum-bias trigger. The corresponding integrated luminosity is L-int = 4.8 nb(-1). Reconstructing the decay D-s(+) -> phi pi(+) with phi -> K-K+, and its charge conjugate, about 480 D-s(+/-) mesons were counted, after selection cuts, in the transverse momentum range 2 < P-T < 12 GeV/c. The results are compared with predictions from models based on perturbative QCD. The ratios of the cross sections of four D meson species (namely D-0, D+, D*+ and D-s(+)) were determined both as a function of p(T) and integrated over p(T)after extrapolating to full p(T) range, together with the strangeness suppression factor in charm fragmentation. The obtained values are found to be compatible within uncertainties with those measured by other experiments in e(+)e(-), ep and pp interactions at various centre-of-mass energies. (C) 2012 CERN. Published by Elsevier By. All rights reserved.

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We report a measurement of the proton-air cross section for particle production at the center-of-mass energy per nucleon of 57 TeV. This is derived from the distribution of the depths of shower maxima observed with the Pierre Auger Observatory: systematic uncertainties are studied in detail. Analyzing the tail of the distribution of the shower maxima, a proton-air cross section of [505 +/- 22(stat)(-36)(+28)(syst)] mb is found.

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OBJETIVO: Identificar as escalas utilizadas para avaliação funcional na doença de Pompe (DP) e descrever seu nível de evidência e recomendação. FONTES DE DADOS: Revisão sistemática sobre as escalas de avaliação funcional na DP. Pesquisa realizada nos bancos de dados Medline, Lilacs, Registro Cochrane de Ensaios Controlados Central (CCTR) e SciELO com artigos (exceto artigos de revisão) publicados entre 2000 e 2010. As palavras-chave utilizadas nos idiomas português e inglês foram: doença de depósito de glicogênio tipo II, atividades cotidianas, avaliação. Os artigos foram classificados em nível de evidência e recomendação. SÍNTESE DOS DADOS: Foram incluídos 14 estudos que avaliaram desde recém-nascidos a adultos (amostra total=449). Foram encontradas as seguintes escalas na literatura: Pediatric Evaluation of Disability Inventory (PEDI) e sua forma adaptada para DP (Pompe-PEDI), Alberta Infant Motor Scale (AIMS), Rotterdam Handiscap Scale (RHS), Functional Independence Measure (FIM), Gross Motor Function Measure (GMFM) e Peabody Developmental Motor Scales (PDMS-II). A maioria dos estudos apresentou nível de evidência III, por serem não randomizados. Grau de recomendação das escalas: C para AIMS e Pompe-PEDI; D para GMFM e PDMS-II; E para RHS e FIM. CONCLUSÕES: A maioria das escalas utilizadas para avaliação funcional na DP apresenta baixo nível de evidência e recomendação. As que apresentam melhor grau de recomendação (C) são as escalas AIMS e Pompe-PEDI aplicadas em Pediatria.

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[ES]La aplicación de la espectroscopía de resonancia magnética nuclear de protón (1H-NMR) a medios acuosos se hizo posible mediante un aparato AMX 300 MHz (Bruker) a través de un programa de pulsos incluido en el propio software que controla al espectrómetro. Dado que la secuencia de pulsos habitual (PROTON) produce una se&ntilde;al intensa a &delta; 4.67 debida a la propia agua, se utilizó un programa de pulsos (protonh2o) que la elimina por completo por irradiación a una potencia hl2 de 60 dB. Esto permitió ver y medir las se&ntilde;ales correspondientes tanto a los hidratos de carbono como a los alcanoles.

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Attualmente le tematiche legate alla produzione e all’uso dell’energia rivestono grande importanza, anche in relazione agli obiettivi in termini di riduzione delle emissioni di gas partecipanti all’effetto serra prefissati dal Protocollo di Kyoto, che impongono il contenimento dei consumi energetici. Andando a ricercare i fattori che alterano i consumi energetici dei sistemi acquedottistici, accanto a quelli legati all’efficienza degli impianti e alle condizioni delle condotte, si deve tener conto anche della presenza delle perdite idriche in rete. Infatti nel valutare il problema delle perdite idriche esclusivamente come quantitativo di acqua di elevata qualità dispersa nell’ambiente, si trascura di considerare il contenuto energetico che ad essa viene conferito mediante attività di pompaggio durante le fasi di prelievo, potabilizzazione, adduzione e distribuzione all’utenza. L’efficienza invece varia in funzione di fattori oggettivi strettamente legati alle caratteristiche del territorio da servire, ma anche in funzione delle scelte effettuate in fase di progettazione e di esercizio. Da questa premessa discendono due importanti considerazioni. Il primo aspetto consiste nel poter valutare separatamente l’influenza sul consumo energetico dell’efficienza dei pompaggi e della rete, in modo da identificare l’impatto di singoli interventi, in particolare la riduzione delle perdite idriche (Colombo & Karney, 2002, 2004; Walski, 2004; Artina et al. 2007, 2008) ed il miglioramento dello stato dell’infrastruttura acquedottistica. Alla luce degli studi già svolti, sarà approfondita l’analisi del legame tra perdite idriche e aumento del consumo energetico, valutandola su modello numerico con riferimento a un caso di studio reale, costituito da un distretto monitorato della rete acquedottistica di Mirabello (Ferrara) alimentato mediante un sistema bypass-pompaggio a giri variabili. Il secondo aspetto riguarda la necessità di individuare dei termini di paragone che consentano di formulare un giudizio nei confronti del quantitativo di energia attualmente impiegato in un sistema acquedottistico. Su tale linea saranno analizzati alcuni indicatori per esprimere i consumi energetici dei sistemi acquedottistici.

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Benessere delle popolazioni, gestione sostenibile delle risorse, povertà e degrado ambientale sono dei concetti fortemente connessi in un mondo in cui il 20% della popolazione mondiale consuma più del 75% delle risorse naturali. Sin dal 1992 al Summit della Terra a Rio de Janeiro si è affermato il forte legame tra tutela dell’ambiente e riduzione della povertà, ed è anche stata riconosciuta l’importanza di un ecosistema sano per condurre una vita dignitosa, specialmente nelle zone rurali povere dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. La natura infatti, soprattutto per le popolazioni rurali, rappresenta un bene quotidiano e prezioso, una forma essenziale per la sussistenza ed una fonte primaria di reddito. Accanto a questa constatazione vi è anche la consapevolezza che negli ultimi decenni gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana: consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di “metabolizzare” i nostri scarti. Allo stesso modo aumenta la povertà: attualmente ci sono 1,2 miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, mentre circa metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno (UN). La connessione tra povertà ed ambiente non dipende solamente dalla scarsità di risorse che rende più difficili le condizioni di vita, ma anche dalla gestione delle stesse risorse naturali. Infatti in molti paesi o luoghi dove le risorse non sono carenti la popolazione più povera non vi ha accesso per motivi politici, economici e sociali. Inoltre se si paragona l’impronta ecologica con una misura riconosciuta dello “sviluppo umano”, l’Indice dello Sviluppo Umano (HDI) delle Nazioni Unite (Cfr. Cap 2), il rapporto dimostra chiaramente che ciò che noi accettiamo generalmente come “alto sviluppo” è molto lontano dal concetto di sviluppo sostenibile accettato universalmente, in quanto i paesi cosiddetti “sviluppati” sono quelli con una maggior impronta ecologica. Se allora lo “sviluppo” mette sotto pressione gli ecosistemi, dal cui benessere dipende direttamente il benessere dell’uomo, allora vuol dire che il concetto di “sviluppo” deve essere rivisitato, perché ha come conseguenza non il benessere del pianeta e delle popolazioni, ma il degrado ambientale e l’accrescimento delle disuguaglianze sociali. Quindi da una parte vi è la “società occidentale”, che promuove l’avanzamento della tecnologia e dell’industrializzazione per la crescita economica, spremendo un ecosistema sempre più stanco ed esausto al fine di ottenere dei benefici solo per una ristretta fetta della popolazione mondiale che segue un modello di vita consumistico degradando l’ambiente e sommergendolo di rifiuti; dall’altra parte ci sono le famiglie di contadini rurali, i “moradores” delle favelas o delle periferie delle grandi metropoli del Sud del Mondo, i senza terra, gli immigrati delle baraccopoli, i “waste pickers” delle periferie di Bombay che sopravvivono raccattando rifiuti, i profughi di guerre fatte per il controllo delle risorse, gli sfollati ambientali, gli eco-rifugiati, che vivono sotto la soglia di povertà, senza accesso alle risorse primarie per la sopravvivenza. La gestione sostenibile dell’ambiente, il produrre reddito dalla valorizzazione diretta dell’ecosistema e l’accesso alle risorse naturali sono tra gli strumenti più efficaci per migliorare le condizioni di vita degli individui, strumenti che possono anche garantire la distribuzione della ricchezza costruendo una società più equa, in quanto le merci ed i servizi dell’ecosistema fungono da beni per le comunità. La corretta gestione dell’ambiente e delle risorse quindi è di estrema importanza per la lotta alla povertà ed in questo caso il ruolo e la responsabilità dei tecnici ambientali è cruciale. Il lavoro di ricerca qui presentato, partendo dall’analisi del problema della gestione delle risorse naturali e dal suo stretto legame con la povertà, rivisitando il concetto tradizionale di “sviluppo” secondo i nuovi filoni di pensiero, vuole suggerire soluzioni e tecnologie per la gestione sostenibile delle risorse naturali che abbiano come obiettivo il benessere delle popolazioni più povere e degli ecosistemi, proponendo inoltre un metodo valutativo per la scelta delle alternative, soluzioni o tecnologie più adeguate al contesto di intervento. Dopo l’analisi dello “stato del Pianeta” (Capitolo 1) e delle risorse, sia a livello globale che a livello regionale, il secondo Capitolo prende in esame il concetto di povertà, di Paese in Via di Sviluppo (PVS), il concetto di “sviluppo sostenibile” e i nuovi filoni di pensiero: dalla teoria della Decrescita, al concetto di Sviluppo Umano. Dalla presa di coscienza dei reali fabbisogni umani, dall’analisi dello stato dell’ambiente, della povertà e delle sue diverse facce nei vari paesi, e dalla presa di coscienza del fallimento dell’economia della crescita (oggi visibile più che mai) si può comprendere che la soluzione per sconfiggere la povertà, il degrado dell’ambiente, e raggiungere lo sviluppo umano, non è il consumismo, la produzione, e nemmeno il trasferimento della tecnologia e l’industrializzazione; ma il “piccolo e bello” (F. Schumacher, 1982), ovvero gli stili di vita semplici, la tutela degli ecosistemi, e a livello tecnologico le “tecnologie appropriate”. Ed è proprio alle Tecnologie Appropriate a cui sono dedicati i Capitoli successivi (Capitolo 4 e Capitolo 5). Queste sono tecnologie semplici, a basso impatto ambientale, a basso costo, facilmente gestibili dalle comunità, tecnologie che permettono alle popolazioni più povere di avere accesso alle risorse naturali. Sono le tecnologie che meglio permettono, grazie alle loro caratteristiche, la tutela dei beni comuni naturali, quindi delle risorse e dell’ambiente, favorendo ed incentivando la partecipazione delle comunità locali e valorizzando i saperi tradizionali, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori, al basso costo, alla sostenibilità ambientale, contribuendo all’affermazione dei diritti umani e alla salvaguardia dell’ambiente. Le Tecnologie Appropriate prese in esame sono quelle relative all’approvvigionamento idrico e alla depurazione dell’acqua tra cui: - la raccolta della nebbia, - metodi semplici per la perforazione di pozzi, - pompe a pedali e pompe manuali per l’approvvigionamento idrico, - la raccolta dell’acqua piovana, - il recupero delle sorgenti, - semplici metodi per la depurazione dell’acqua al punto d’uso (filtro in ceramica, filtro a sabbia, filtro in tessuto, disinfezione e distillazione solare). Il quinto Capitolo espone invece le Tecnolocie Appropriate per la gestione dei rifiuti nei PVS, in cui sono descritte: - soluzioni per la raccolta dei rifiuti nei PVS, - soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti nei PVS, - semplici tecnologie per il riciclaggio dei rifiuti solidi. Il sesto Capitolo tratta tematiche riguardanti la Cooperazione Internazionale, la Cooperazione Decentrata e i progetti di Sviluppo Umano. Per progetti di sviluppo si intende, nell’ambito della Cooperazione, quei progetti che hanno come obiettivi la lotta alla povertà e il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità beneficiarie dei PVS coinvolte nel progetto. All’interno dei progetti di cooperazione e di sviluppo umano gli interventi di tipo ambientale giocano un ruolo importante, visto che, come già detto, la povertà e il benessere delle popolazioni dipende dal benessere degli ecosistemi in cui vivono: favorire la tutela dell’ambiente, garantire l’accesso all’acqua potabile, la corretta gestione dei rifiuti e dei reflui nonché l’approvvigionamento energetico pulito sono aspetti necessari per permettere ad ogni individuo, soprattutto se vive in condizioni di “sviluppo”, di condurre una vita sana e produttiva. È importante quindi, negli interventi di sviluppo umano di carattere tecnico ed ambientale, scegliere soluzioni decentrate che prevedano l’adozione di Tecnologie Appropriate per contribuire a valorizzare l’ambiente e a tutelare la salute della comunità. I Capitoli 7 ed 8 prendono in esame i metodi per la valutazione degli interventi di sviluppo umano. Un altro aspetto fondamentale che rientra nel ruolo dei tecnici infatti è l’utilizzo di un corretto metodo valutativo per la scelta dei progetti possibili che tenga presente tutti gli aspetti, ovvero gli impatti sociali, ambientali, economici e che si cali bene alle realtà svantaggiate come quelle prese in considerazione in questo lavoro; un metodo cioè che consenta una valutazione specifica per i progetti di sviluppo umano e che possa permettere l’individuazione del progetto/intervento tecnologico e ambientale più appropriato ad ogni contesto specifico. Dall’analisi dei vari strumenti valutativi si è scelto di sviluppare un modello per la valutazione degli interventi di carattere ambientale nei progetti di Cooperazione Decentrata basato sull’Analisi Multi Criteria e sulla Analisi Gerarchica. L’oggetto di questa ricerca è stato quindi lo sviluppo di una metodologia, che tramite il supporto matematico e metodologico dell’Analisi Multi Criteria, permetta di valutare l’appropriatezza, la sostenibilità degli interventi di Sviluppo Umano di carattere ambientale, sviluppati all’interno di progetti di Cooperazione Internazionale e di Cooperazione Decentrata attraverso l’utilizzo di Tecnologie Appropriate. Nel Capitolo 9 viene proposta la metodologia, il modello di calcolo e i criteri su cui si basa la valutazione. I successivi capitoli (Capitolo 10 e Capitolo 11) sono invece dedicati alla sperimentazione della metodologia ai diversi casi studio: - “Progetto ambientale sulla gestione dei rifiuti presso i campi Profughi Saharawi”, Algeria, - “Programa 1 milhão de Cisternas, P1MC” e - “Programa Uma Terra e Duas Águas, P1+2”, Semi Arido brasiliano.

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La sezione d’urto totale adronica gioca un ruolo fondamentale nel programma di fisica di LHC. Un calcolo di questo parametro, fondamentale nell’ambito della teoria delle interazioni forti, non é possibile a causa dell’inapplicabilità dell’approccio perturbativo. Nonostante ciò, la sezione d’urto può essere stimata, o quanto meno le può essere dato un limite, grazie ad un certo numero di relazioni, come ad esempio il Teorema Ottico. In questo contesto, il detector ALFA (An Absolute Luminosity For ATLAS) sfrutta il Teorema Ottico per determinare la sezione d’urto totale misurando il rate di eventi elastici nella direzione forward. Un tale approccio richiede un metodo accurato di misura della luminosità in condizioni sperimentali difficoltose, caratterizzate da valori di luminosità istantanea inferiore fino a 7 ordini di grandezza rispetto alle normali condizioni di LHC. Lo scopo di questa tesi è la determinazione della luminosità integrata di due run ad alto β*, utilizzando diversi algoritmi di tipo Event-Counting dei detector BCM e LUCID. Particolare attenzione è stata riservata alla sottrazione del fondo e allo studio delle in- certezze sistematiche. I valori di luminosità integrata ottenuti sono L = 498.55 ± 0.31 (stat) ± 16.23 (sys) μb^(-1) and L = 21.93 ± 0.07 (stat) ± 0.79 (sys) μb^(-1), rispettivamente per i due run. Tali saranno forniti alla comunità di fisica che si occupa della misura delle sezioni d’urto protone-protone, elastica e totale. Nel Run II di LHC, la sezione d’urto totale protone-protone sarà stimata con un’energia nel centro di massa di 13 TeV per capire meglio la sua dipendenza dall’energia in un simile regime. Gli strumenti utilizzati e l’esperienza acquisita in questa tesi saranno fondamentali per questo scopo.

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Esta tesis doctoral pretende profundizar en el conocimiento de la ecología de Ulmus laevis Pallas, especie autóctona en peligro de extinción en la Península Ibérica, con el fin de proponer medidas adecuadas para su conservación. Se ha estudiado la distribución natural de la especie atendiendo a aspectos edáficos. Los resultados muestran que U. laevis presenta menor capacidad de acidificación de la rizosfera, menor actividad de la reductasa férrica y menor homeostasis que U. minor Mill. cuando crecen en sustratos con una disponibilidad de hierro limitada. Estas diferencias ayudan a comprender la distribución de ambas especies en la Península Ibérica: U. laevis se ve restringido a suelos ácidos o moderadamente ácidos, mientras que U. minor es capaz de habitar tanto suelos ácidos como básicos. Se han analizado las propiedades hidráulicas y anatómicas de U. laevis, constatando que sus características son favorables en ambientes con gran disponibilidad hídrica y que se trata del olmo ibérico más vulnerable a la cavitación por estrés hídrico, por lo que la aridificación del clima y la pérdida de los freáticos supone un riesgo para sus poblaciones. Para evaluar la capacidad de recuperación de la especie se han estudiado la diversidad y estructura genética espacial de las dos mayores poblaciones españolas. Los resultados evidencian que estas poblaciones mantienen niveles de diversidad equiparables o ligeramente superiores a los europeos, pese a haber sufrido un cuello de botella prolongado durante las glaciaciones y a las reducciones poblacionales recientes. En la actualidad la endogamia no representa un riesgo para estas poblaciones. También se ha analizado la producción, dispersión y predación de semillas en Valdelatas (Madrid). Los resultados han mostrado que el viento dispersa las sámaras a corta distancia (<30 m) y que los años no veceros las probabilidades de establecimiento de regenerado son bajas. Además, la producción de sámaras vanas puede tratarse de un carácter adaptativo que aumenta la eficiencia biológica de la especie, ya que favorece la supervivencia de las semillas embrionadas disminuyendo sus tasas de predación pre- y post-dispersión. La modificación del hábitat de esta especie como consecuencia de las actividades humanas afecta de manera negativa al establecimiento del regenerado. La conservación de esta especie a largo plazo requiere la recuperación de los niveles freáticos y de regímenes hidrológicos que permitan avenidas, ya que estas crean las condiciones adecuadas para el establecimiento de regenerado al eliminar la vegetación preexistente y depositar barro. ABSTRACT Ulmus laevis Pallas is an endangered species in the Iberian Peninsula. Therefore, in order to be able to propose adequate management guidelines for its conservation, this PhD Thesis intends to advance the knowledge on the species ecology in the region. Firstly, the species natural distribution was studied in relation to soil nature. Results show that U. minor Mill. had a higher root ferric reductase activity and proton extrusion capability than U. laevis, and maintained a better nutrient homeostasis when grown under iron limiting conditions. These differences in root Fe acquisition efficiencies proved helpful to understand the distribution of these species in the Iberian Peninsula, where U. laevis is restricted to acid or moderately acid soils, whereas U. minor can grow both in acid and basic soils. Secondly, we studied Ulmus laevis’ xylem anatomy and hydraulic traits. These proved favourable for growing under high water availability, but highly susceptible to drought-stress cavitation. Therefore, this species is vulnerable to the Iberian Peninsula’s aridification. Spatial genetic structure and diversity were evaluated in two of the biggest U. laevis populations in Spain in order to evaluate their recovery capabilities. These populations maintain similar or slightly higher diversity levels than European populations, despite having undergone an ancestral genetic bottleneck and having suffered recent population size reductions. No inbreeding problems have been detected in these populations. Seed production, dispersal and predation were assessed in Valdelatas’ elm grove (Madrid). Despite U. laevis samaras being winged nuts, wind dispersed them short distances from the mother tree (<30 m). The seed shadow models show that non-mast years provide very few chances for the stand to regenerate due to their low full seed flux. Empty samaras deceive pre- and post-dispersal predators increasing full seed survival probabilities. Therefore, empty fruit production might be an adaptive trait that increases plant fitness. Finally, human-induced changes in water-table levels and river regulation may affect U. laevis seed dispersal and regeneration establishment negatively. The long-term conservation and expansion of this species in the Iberian Peninsula requires the recovery of water-tables and of natural hydrological regimes, as flooding eliminates vegetation, creating open microhabitats and deposits mud, creating the ideal conditions for seedling establishment.

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We have studied the radial dependence of the energy deposition of the secondary electron generated by swift proton beams incident with energies T = 50 keV–5 MeV on poly(methylmethacrylate) (PMMA). Two different approaches have been used to model the electronic excitation spectrum of PMMA through its energy loss function (ELF), namely the extended-Drude ELF and the Mermin ELF. The singly differential cross section and the total cross section for ionization, as well as the average energy of the generated secondary electrons, show sizeable differences at T ⩽ 0.1 MeV when evaluated with these two ELF models. In order to know the radial distribution around the proton track of the energy deposited by the cascade of secondary electrons, a simulation has been performed that follows the motion of the electrons through the target taking into account both the inelastic interactions (via electronic ionizations and excitations as well as electron-phonon and electron trapping by polaron creation) and the elastic interactions. The radial distribution of the energy deposited by the secondary electrons around the proton track shows notable differences between the simulations performed with the extended-Drude ELF or the Mermin ELF, being the former more spread out (and, therefore, less peaked) than the latter. The highest intensity and sharpness of the deposited energy distributions takes place for proton beams incident with T ~ 0.1–1 MeV. We have also studied the influence in the radial distribution of deposited energy of using a full energy distribution of secondary electrons generated by proton impact or using a single value (namely, the average value of the distribution); our results show that differences between both simulations become important for proton energies larger than ~0.1 MeV. The results presented in this work have potential applications in materials science, as well as hadron therapy (due to the use of PMMA as a tissue phantom) in order to properly consider the generation of electrons by proton beams and their subsequent transport and energy deposition through the target in nanometric scales.

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La tagatose-1,6-biphosphate aldolase de Streptococcus pyogenes est une aldolase qui fait preuve d'un remarquable manque de spécificité vis à vis de ses substrats. En effet, elle catalyse le clivage réversible du tagatose-1,6-bisphosphate (TBP), mais également du fructose-1,6-bisphosphate (FBP), du sorbose-1,6-bisphosphate et du psicose-1,6-bisphosphate, quatre stéréoisomères, en dihydroxyacétone phosphate (DHAP) et en glycéraldéhyde-3-phosphate (G3P). Aldolase de classe I, qui donc catalyse sa réaction en formant un intermédiaire covalent obligatoire, ou base de Schiff, avec son susbtrat, la TBP aldolase de S. pyogenes partage 14 % d’identité avec l’enzyme modèle de cette famille, la FBP aldolase de muscle de mammifère. Bien que le mécanime catalytique de la FBP aldolase des mammifères ait été examiné en détails et qu’il soit approprié d’en tirer des renseignements quant à celui de la TBP aldolase, le manque singulier de stéréospécificité de cette dernière tant dans le sens du clivage que celui de la condensation n’est toujours pas éclairci. Afin de mettre à jour les caractéristiques du mécanisme enzymatique, une étude structurale de la TBP aldolase de S. pyogenes, un pathogène humain extrêmement versatile, a été entreprise. Elle a permis la résolution des structures de l’enzyme native et mutée, en complexe avec des subtrats et des inhibiteurs compétitifs, à des résolutions comprises entre 1.8 Å et 2.5 Å. Le trempage des cristaux de TBP aldolase native et mutante dans une solution saturante de FBP ou TBP a en outre permis de piéger un authentique intermédiaire covalent lié à la Lys205, la lysine catalytique. La determination des profils pH de la TBP aldolase native et mutée, entreprise afin d'évaluer l’influence du pH sur la réaction de clivage du FBP et TBP et ìdentifier le(s) résidu(s) impliqué(s), en conjonction avec les données structurales apportées par la cristallographie, ont permis d’identifier sans équivoque Glu163 comme résidu responsable du clivage. En effet, le mode de liaison sensiblement différent des ligands utilisés selon la stéréochimie en leur C3 et C4 permet à Glu163, équivalent à Glu187 dans la FBP aldolase de classe I, d’abstraire le proton sur l’hydroxyle du C4 et ainsi d’amorcer le clivage du lien C3-C4. L’étude du mécanimse inverse, celui de la condensation, grâce par exemple à la structure de l’enzyme native en complexe avec ses substrats à trois carbones le DHAP et le G3P, a en outre permis d’identifier un isomérisme du substrat G3P comme possible cause de la synthèse des isomères en C4 par cette enzyme. Ce résultat, ainsi que la decouverte d’un possible isomérisme cis-trans autour du lien C2-C3 de la base de Schiff formée avec le DHAP, identifié précedemment, permet de cerner presque complètement les particularités du mécanisme de cette enzyme et d’expliquer comment elle est capable de synthétiser les quatres stéréoisomères 3(S/R), 4(S/R). De plus, la résolution de ces structures a permis de mettre en évidence trois régions très mobiles de la protéine, ce qui pourrait être relié au rôle postulé de son isozyme chez S. pyogenes dans la régulation de l’expression génétique et de la virulence de la bactérie. Enfin, la résolution de la structure du mutant Lys229→Met de la FBP aldolase de muscle en complexe avec la forme cyclique du FBP, de même que des études cristallographiques sur le mutant équivalent Lys205→Met de la TBP aldolase de S. pyogenes et des expériences de calorimétrie ont permis d’identifier deux résidus particuliers, Ala31 et Asp33 chez la FBP aldolase, comme possible cause de la discrimination de cette enzyme contre les substrats 3(R) et 4(S), et ce par encombrement stérique des substrats cycliques. La cristallographie par rayons X et la cinétique enzymatique ont ainsi permis d'avancer dans l'élucidation du mécanisme et des propriétés structurales de cette enzyme aux caractéristiques particulières.

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Tout médicament administré par la voie orale doit être absorbé sans être métabolisé par l’intestin et le foie pour atteindre la circulation systémique. Malgré son impact majeur sur l’effet de premier passage de plusieurs médicaments, le métabolisme intestinal est souvent négligé comparativement au métabolisme hépatique. L’objectif de ces travaux de maîtrise est donc d’utiliser, caractériser et développer différents outils in vitro et in vivo pour mieux comprendre et prédire l’impact du métabolisme intestinal sur l’effet de premier passage des médicaments comparé au métabolisme hépatique. Pour se faire, différents substrats d’enzymes du métabolisme ont été incubés dans des microsomes intestinaux et hépatiques et des différences entre la vitesse de métabolisme et les métabolites produits ont été démontrés. Afin de mieux comprendre l’impact de ces différences in vivo, des études mécanistiques chez des animaux canulés et traités avec des inhibiteurs enzymatiques ont été conduites avec le substrat métoprolol. Ces études ont démontré l’impact du métabolisme intestinal sur le premier passage du métoprolol. De plus, elles ont révélé l’effet sur la vidange gastrique du 1-aminobenzotriazole, un inhibiteur des cytochromes p450, évitant ainsi une mauvaise utilisation de cet outil dans le futur. Ces travaux de maîtrise ont permis d’améliorer les connaissances des différents outils in vitro et in vivo pour étudier le métabolisme intestinal tout en permettant de mieux comprendre les différences entre le rôle de l’intestin et du foie sur l’effet de premier passage.

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Les réactions de transfert de proton se retrouvent abondamment dans la nature et sont des processus cruciaux dans plusieurs réactions chimiques et biologiques, qui se produisent souvent en milieu aqueux. Les mécanismes régissant ces échanges de protons sont complexes et encore mal compris, suscitant un intérêt des chercheurs en vue d’une meilleure compréhension fondamentale du processus de transfert. Le présent manuscrit présente une étude mécanistique portant sur une réaction de transfert de proton entre un acide (phénol fonctionnalisé) et une base (ion carboxylate) en phase aqueuse. Les résultats obtenus sont basés sur un grand nombre de simulations de dynamique moléculaire ab-initio réalisées pour des systèmes de type « donneur-pont-accepteur », où le pont se trouve à être une unique molécule d’eau, permettant ainsi l’élaboration d’un modèle cinétique détaillé pour le système étudié. La voie de transfert principalement observée est un processus ultra-rapide (moins d’une picoseconde) passant par la formation d’une structure de type « Eigen » (H9O4+) pour la molécule d’eau pontante, menant directement à la formation des produits. Une seconde structure de la molécule d’eau pontante est également observée, soit une configuration de type « Zündel » (H5O2+) impliquant l’accepteur de proton (l’ion carboxylate) qui semble agir comme un cul-de-sac pour la réaction de transfert de proton.

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Les encéphalopathies épileptogènes sont des maladies graves de l’enfance associant une épilepsie, souvent réfractaire, et un retard de développement. Les mécanismes sous-tendant ces maladies sont peu connus. Cependant, nous postulons que ces épilepsies puissent être causées par une dysfonction du réseau inhibiteur. En effet, des défauts de migration ou de maturation des interneurones GABAergiques (INs) corticaux induisent l’épilepsie, tant chez l’humain que chez la souris. Dans le but d’étudier les causes génétiques des encéphalopathies épileptogènes sporadiques inexpliquées, le laboratoire de la Dre Rossignol a procédé au séquençage d’exome entier d’une cohorte d’enfants atteints. Cela a permis d’identifier, chez un patient, une nouvelle mutation de novo, possiblement pathogène, dans le gène MYO9b. MYO9b est impliqué dans la migration de cellules immunitaires et cancéreuses et est exprimée durant le développement cérébral. Nous émettons l’hypothèse voulant que MYO9b puisse être importante pour la migration des INs corticaux. Les résultats présentés dans ce mémoire démontrent que Myo9b est exprimé dès le stade embryonnaire par les progéniteurs des INs corticaux et que son expression se restreint aux INs dans le cortex mature. De plus, nous démontrons que la répression ex vivo de Myo9b sélectivement dans les INs au sein de tranches corticales organotypiques embryonnaires mène à des défauts morphologiques majeurs de ces cellules en migration. En effet, ces cellules présentent une morphologie multipolaire et des neurites rostraux plus longs et plus complexes. Ces changements morphologiques pourraient avoir un impact majeur sur la migration des INs et ainsi perturber le développement des réseaux inhibiteurs.

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Les réactions de transfert de proton se retrouvent abondamment dans la nature et sont des processus cruciaux dans plusieurs réactions chimiques et biologiques, qui se produisent souvent en milieu aqueux. Les mécanismes régissant ces échanges de protons sont complexes et encore mal compris, suscitant un intérêt des chercheurs en vue d’une meilleure compréhension fondamentale du processus de transfert. Le présent manuscrit présente une étude mécanistique portant sur une réaction de transfert de proton entre un acide (phénol fonctionnalisé) et une base (ion carboxylate) en phase aqueuse. Les résultats obtenus sont basés sur un grand nombre de simulations de dynamique moléculaire ab-initio réalisées pour des systèmes de type « donneur-pont-accepteur », où le pont se trouve à être une unique molécule d’eau, permettant ainsi l’élaboration d’un modèle cinétique détaillé pour le système étudié. La voie de transfert principalement observée est un processus ultra-rapide (moins d’une picoseconde) passant par la formation d’une structure de type « Eigen » (H9O4+) pour la molécule d’eau pontante, menant directement à la formation des produits. Une seconde structure de la molécule d’eau pontante est également observée, soit une configuration de type « Zündel » (H5O2+) impliquant l’accepteur de proton (l’ion carboxylate) qui semble agir comme un cul-de-sac pour la réaction de transfert de proton.